Tfr, che cosa succederà con l'introduzione
del silenzio assenso?
a cura di Sante Moretti
tratto dal quotidiano Liberazione  6 novembre 2004
 

 

 

 

 

Egregio direttore, le chiedo cortesemente di poter chiarire ai lettori del suo giornale un argomento di forte attualità, che riguarda il trattamento di fine rapporto di lavoro. Tale mia volontà deriva dalle dichiarazioni del ministro del Lavoro Maroni, rilasciate nel merito, che mi induce a cercare di scongiurare il nuovo danno economico che si tenta di imporre principalmente a quei lavoratori appartenenti alle fasce di età prossime al pensionamento.

In qualità di lavoratore autoferrotranviere esprimo la mia disapprovazione per tale volontà governativa perché trovo semplicemente vergognoso sentirsi persino proporre di "risarcire" le aziende per poter così trasferire tali somme del Tfr (oggi gestite dalle aziende, ma di proprietà del dipendente) nei fondi pensionistici delle varie categorie.

Ritengo sia illecito e immorale che lo Stato, con il denaro dei cittadini contribuenti, possa persino "indennizzare" coloro che non sono assolutamente legittimi proprietari di tali somme accantonate, e non è certo passata inosservata ai più la colpevole e interessata latitanza sia dei sindacati confederali (Cgil, Cisl, Uil) che delle aziende stesse, interessate in primis a tale scelta. In effetti costoro non hanno ancora preso posizione per mettere in condizione il lavoratore iscritto o dipendente di poter fare ufficialmente e regolarmente in tempo, la propria libera e consapevole scelta.

Prova ne sia che nel caso del fondo autoferrotranvieri "Priamo", voluto e creato dai sindacati confederali Cgil, Cisl, Uil e snobbato da moltissimi lavoratori (ed anche dai loro stessi iscritti, memori delle fallimentari esperienze passate), ora invece si ricerca questa forma scorretta e occulta di compromesso nel tentativo di evitarne il fallimento, con l'inserimento di considerevoli somme fresche di denaro prelevate dalle aziende, dimenticando però che gli iscritti agli altri sindacati e non solo, non condividono assolutamente tale inopinata volontà e vorranno certamente essere liberi di decidere nel merito.

Colgo questa favorevole occasione per invitare espressamente tutti i lavoratori a prendere coscienza di tale situazione e ad agire in tempo utile (entro la fine anno 2004), a salvaguardia dei propri diritti e rammentando a loro, ai politici e agli addetti ai lavori, che già in molti stati esteri ed europei il Tfr viene dato in possesso e gestione ai lavoratori, mensilmente e direttamente in busta paga.

Giovanni Candusso, Udine

Sui Fondi pensione e sul Tfr ci sono pervenute numerose richieste di chiarimento, sollecitazioni a denunciare la truffa del silenzio assenso, vari conteggi sui rendimenti (Condusso, Fioretti, Valdannini, Vento, Besozi, ed altri).

La lettera del friulano Giovanni Candusso ci pare riassuma efficacemente le preoccupazioni e un comune sentire dei lavoratori e delle lavoratrici. Precisiamo che l'attuazione delle norme in materia di previdenza complementare avverrà attraverso una o più decreti da emanare entro 12 mesi dall'entrata in vigore della legge (la legge è stata approvata il 28 luglio e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 21 settembre 2004). Dalla data di pubblicazione del decreto le lavoratrici ed i lavoratori hanno sei mesi di tempo per prendere una decisione. Il ministro Maroni ha fretta, è opinione comune che il decreto sul silenzio-assenso sarà varato entro l'anno. In ogni caso nessuna norma obbliga i lavoratori e le lavoratrici ad assumere una decisione in materia di utilizzo del Tfr entro il 31 dicembre 2004.

Intanto viene spontanea una domanda: il Tfr di quanti restano in silenzio, cioè non assentono o dissentono, che fine fa? In quale fondo confluisce?

E' bene precisare che con uno o più decreti sarà di fatto ridisegnata la previdenza complementare, in particolare si definirà il risarcimento alle aziende per la "perdita" del Tfr (semplicemente scandaloso), la parificazione dei fondi privati con quelli sindacali, ulteriori incentivi fiscali, non meno precisate regole e garanzie.

Se i fondi entreranno in sofferenza, se i mercati finanziari rimarranno a bocca asciutta, crollerà la cosiddetta gamba della pensione integrativa e tornerà centrale, anche per i sindacati e più in generale per la sinistra, la pensione pubblica.