INPDAP - Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell’Amministrazione Pubblica Nota Operativa n. 4 - Roma, 22 marzo 2006 OGGETTO: Proroga del termine per l’esercizio dell’opzione per il TFR. Accordo ARAN Sindacati del 2 marzo 2006.

1. Proroga del termine per l’opzione per il TFR

È stato differito al 31/12/2010 il termine per esercitare l’opzione riguardante il passaggio dal trattamento di fine servizio al trattamento di fine rapporto. Nell’accordo del 2 marzo 2006 si legge che "il termine del 31/12/2001 già prorogato al 31/12/2005, viene ulteriormente differito al 31/12/2010, salvo che non intervengano, nel frattempo, disposizioni legislative diverse ovvero ulteriori proroghe".

A questo proposito è utile richiamare le principali norme in materia che disciplinano il passaggio dal trattamento di fine servizio (TFS) al trattamento di fine rapporto (TFR).

La facoltà di chiedere la trasformazione del trattamento di fine servizio in trattamento di fine rapporto è stata introdotta, come ricordato nella NotaOperativa n. 11 del 25 maggio 2005 [1], dall’*art. 59, comma 56, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, al fine di favorire il processo di attuazione delle disposizioni in materia di previdenza complementare per i dipendenti pubblici.

La disciplina dell’opzione è stata, però, dettagliata dall’articolo 1 delDPCM 20 dicembre 1999 [2] e successive modificazioni. In base a questa norma, l’opzione avviene mediante la sottoscrizione del modulo di adesione al fondo pensione ed è, pertanto, strettamente connessa e non separabile rispetto all’adesione stessa. In altre parole, non è possibile optare per il TFR senza aderire al fondo e, viceversa, non è possibile aderire al fondo se non si esercita l’opzione per il TFR in tutti quei casi in cui il lavoratore sia in regime TFS

L’opzione riguarda tutti quei lavoratori pubblici in regime di trattamento di fine servizio (buonuscita, indennità premio di servizio, indennità di anzianità) che hanno un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, costituito prima del 1° gennaio 2001.

Va rilevato che il termine per l’esercizio dell’opzione per l’iscrizione ai Fondi pensione, fissato inizialmente al 31/12/2001 dall’articolo 2, comma 3, dell’Accordo Quadro Nazionale 29 luglio 1999, era stato differito al 31/12/2005 dall’Accordo del 18 dicembre 2001. Tale termine risulta quindi differito ulteriormente al 31 dicembre 2010 dall’Accordo del 2 marzo 2006.

Anche se l’articolo 1 del DPCM [2], così come formulato, non sembrerebbe richiedere una dichiarazione specifica per l’esercizio dell’opzione, per una maggiore trasparenza si stima opportuno prevedere una formale presa d’atto da parte del lavoratore. A questo proposito l’INPDAP ha predisposto il testo di un apposito quadro (allegato nota operativa del 25/05/2005 n. 11 alla quale si rinvia) che è messo a disposizione dei fondi pensione affinché possa essere inserito nel modulo di adesione. In questo quadro sono richiamate le conseguenze dell’adesione circa la trasformazione del TFS in TFR ed è richiesto al lavoratore di apporre la propria firma anche su questa parte.

In proposito, si ricorda che il Fondo pensione complementare Espero, accogliendo la proposta dell’INPDAP, ha già inserito il quadro in questione nei rispettivi moduli di adesione rispetto ai quali la COVIP non ha sollevato rilievi avendo verificato la rispondenza di questo documento e della scheda informativa alla normativa vigente e allo schema generale definito dalla Commissione stessa (cfr. nota operativa 11 del 25/05/2005 già richiamata).

Nei casi in cui si rilevi che il lavoratore aderente al fondo pensione, rientra nella categoria degli optanti per il TFR, pur avendo omesso di compilare e sottoscrivere il quadro del modulo di adesione relativo all’opzione, la sottoscrizione della sezione può essere chiesta al lavoratore e successivamente acquisita, utilizzando il modulo che riporta la sola sezione relativa all’opzione, riprodotta secondo il facsimile contenuto nell’allegato alla nota operativa 11 del 25/05/2005 più volte richiamata. Per segnalare alle amministrazioni datrici di lavoro la mancanza della firma nella sezione del modulo di adesione relativa all’opzione e per la conseguente richiesta di sottoscrizione da parte del lavoratore, si può usare il modulo a scelta multipla di segnalazione delle anomalie allegato alla nota operativa del 6 dicembre 2005, n. 27. (tale modulo annulla e sostituisce quello allegato alla nota del 25 marzo 2005 n. 5, alla quale si rinvia per le istruzioni in materia di segnalazione delle anomalie).

Va infine precisato che il citato termine del 31 dicembre 2010 non è da ricollegare in alcun modo al termine che il Decreto Legislativo del 5 dicembre 2005, n. 252, di revisione della disciplina delle forme pensionistiche complementari, ha previsto per il conferimento tacito per la destinazione del TFR.

Si segnala che il decreto 252 citato, per il momento, non trova applicazione per i pubblici dipendenti, per i quali continua ad applicarsi la previgente normativa.

Il Dirigente Generale - Dr. Maurizio Manente

 

Principali circolari, informative e note già emanate contenenti riferimenti all’estensione del TFR e alla previdenza complementare per i dipendenti pubblici: Circolare dell’8 giugno 2000, n. 29 (per le parti non modificate dalla circolare n. 30 del 1° agosto del 2002); Circolare del 26 ottobre 2000, n. 45 (per le parti non modificate dalla circolare n. 30 del 1° agosto del 2002); Informativa dell’11 gennaio 2001, n. 1; Circolare del 12 marzo 2001, n. 11; Informativa del 31 maggio 2001, n. 414; Informativa del 12 ottobre 2001, n. 562 (*); Informativa del 19 marzo 2002, n. 7; Circolare del 1° agosto 2002, n. 30; Informativa del 18 marzo 2003, n. 5; Informativa del 10 aprile 2003, n. 7; Informativa del 10 aprile 2003, n. 16 (*); Informativa del 7 luglio 2003, n. 9; Informativa del 5 agosto 2003, n. 12; Circolare congiunta MIUR - INPDAP del 21 luglio 2004, n. 58; Circolare del 27 ottobre 2004, n. 59; Nota del Direttore Generale del 3 novembre 2004, prot .n. 277 (*); Nota operativa del 3 dicembre 2004, n. 15 (*); Nota operativa del 25 marzo 2005, n. 5 (*); Nota operativa del 29 aprile 2005, n. 9 (*); Nota operativa del 25 maggio 2005, n. 11; Nota operativa del 25 luglio 2005, n. 16; Circolare del 26 agosto 2005, n. 36 (*); Nota operativa del 26 settembre 2005, n. 20; Nota operativa del 30 settembre 2005, n. 22; Nota operativa del 4 novembre 2005, n. 25 (*); Nota operativa del 06 dicembre 2005, n. 27(*).

1] INPDAP - Nota Operativa n. 11 - Roma, 25 maggio 2005

Oggetto: L’opzione per il TFR: Istruzioni e modalità operative.

 

Con la presente nota operativa si forniscono le prime indicazioni ed istruzioni circa le modalità dell’opzione del TFR per i dipendenti pubblici che aderiscono ad un fondo di previdenza complementare.

La descrizione degli adempimenti operativi tiene conto della normativa vigente alla data di emanazione della presente nota. Normativa che sarà interessata dalle novità introdotte dalla legge del 23 agosto 2004, n. 243, solo dopo che saranno stati emanati i decreti legislativi di attuazione delle deleghe in materia, contenute nella citata legge.

1. NORME DI RIFERIMENTO

Si richiamano, di seguito, le principali disposizioni in materia di previdenza complementare nel pubblico impiego.

Sia la legge delega 23 ottobre 1992, n. 421 sia il Decreto Legislativo 21 aprile 1993, n. 124 (d’ora innanzi richiamato per brevità come decreto), di attuazione della delega, che hanno introdotto la disciplina delle forme pensionistiche complementari prevedono, tra i destinatari di queste forme, i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni. In particolare, l’art. 3, comma 2, del decreto ha previsto che l’istituzione di fondi pensione a carattere negoziale per i dipendenti pubblici, il cui rapporto di lavoro è disciplinato da contratti collettivi di lavoro, può avvenire mediante gli stessi contratti collettivi le cui regole sono dettate dal titolo III del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modifiche. I fondi pensione a carattere negoziale dei dipendenti pubblici cosiddetti contrattualizzati, pertanto, possono essere istituiti tramite i contratti collettivi nazionali di comparto ovvero dai contratti di secondo livello ma solo nell’eventualità in cui a questi ultimi contratti tale materia sia stata demandata in modo esplicito dai contratti collettivi nazionali di lavoro.

L’art. 40, comma 3, del Decreto Legislativo 165/2001 dispone, infatti, che la contrattazione di secondo livello nel pubblico impiego si svolge sulle materie e nei limiti stabiliti dal contratto collettivo nazionale. Anche i contratti collettivi di comparto delle Regioni e province Autonome a statuto speciale, titolari della competenza primaria e concorrente rispettivamente in materia di ordinamento del personale e di previdenza complementare, possono prevedere l’istituzione di forme di previdenza complementare per i dipendenti pubblici.

Nell’art. 8, comma 4, del decreto è precisato che i contributi ai fondi pensione di cui siano destinatari dipendenti pubblici sono definiti in sede di determinazione del trattamento economico ed in conformità ai principi del decreto.

Nell’ambito dell’armonizzazione dei trattamenti tra lavoratori dipendenti privati e pubblici, la legge 8 agosto 1995, n. 335 (di riforma del sistema pensionistico), all’art. 2, commi 5-8, ha disposto l’estensione del TFR ai dipendenti pubblici anche al fine di consentire a questi lavoratori la possibilità di devolvere il trattamento di fine rapporto al finanziamento della previdenza complementare. In base alle norme contenute in questa legge i dipendenti pubblici assunti a partire dal 1° gennaio 1996 sarebbero entrati nel regime del trattamento di fine rapporto, come regolato dall’art. 2120 del codice civile. Per gli altri dipendenti pubblici assunti prima del 1° gennaio 1996, il passaggio dai trattamenti di fine servizio (TFS) vigenti (indennità di buonuscita, indennità premio di servizio, indennità di anzianità) sarebbe avvenuto secondo le modalità definite dalla contrattazione collettiva, i cui contenuti avrebbero dovuto essere recepiti da un apposito decreto del presidente del consiglio dei ministri, finalizzato a dettare le norme esecutive di attuazione del passaggio.

La previsione normativa sull’estensione del TFR rimase, tuttavia, inapplicata fino al 1999. La complessità tecnica, oltre ai non secondari effetti sulla finanza pubblica connessi alla sostituzione dei TFS con il TFR, ha concorso a determinare un rallentamento dell’ iter che avrebbe dovuto condurre, entro il 30 novembre 1995, alla definizione delle modalità applicative del citato art. 2 della legge n. 335. Per queste ragioni, sono intervenute, successivamente, norme che hanno legato direttamente l’estensione del TFR alle trattative per l’istituzione della previdenza complementare e, a questo scopo, le stesse norme hanno disposto stanziamenti specifici per il finanziamento dei fondi pensione per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni.

L’art. 59, comma 56, della legge 23 dicembre 1997, n. 449, al fine di favorire l’adesione ai fondi pensione, ha previsto la possibilità di optare per il trattamento di fine rapporto in luogo del trattamento di fine servizio e di poter beneficiare, contestualmente, di un’aliquota contributiva aggiuntiva dell’1,5%, calcolata sulla base utile per i trattamenti di fine servizio, da destinare al finanziamento della previdenza complementare. Con l’art. 26, commi 18 e 19, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 si è poi provveduto a stanziare 200 miliardi di lire annui per il finanziamento della previdenza complementare e si è demandata alla contrattazione collettiva la definizione dei criteri e delle modalità di passaggio al TFR (compresi quelli relativi all’opzione, alla permanenza in regime di TFS e all’adeguamento della struttura retributiva e contributiva, fatta salva l’invarianza della retribuzione netta), diversamente da quanto originariamente previsto dalla legge n. 335/95 che estendeva il TFR in modo generalizzato a tutti i dipendenti.

Sulla base dei criteri indicati nell’art. 26 della legge n. 448/1998, il 29 luglio 1999 è stato stipulato un accordo quadro tra l’ARAN e le organizzazioni sindacali (d’ora innanzi richiamato per brevità come accordo quadro) al fine di estendere ai dipendenti pubblici la previdenza complementare ed il TFR.

L’accordo, secondo quanto previsto dall’art. 26, comma 18, della legge n. 448/1998, è stato recepito dal DCPM 20 dicembre 1999 (d’ora innanzi richiamato per brevità come DCPM). In base all’accordo quadro ed al DCPM è stato stabilito, tra l’altro, che tutti i lavoratori assunti a partire dalla data di entrata in vigore del DCPM stesso (30 maggio 2000) sarebbero passati al TFR, mentre per i dipendenti assunti prima di tale data ed in regime di TFS, il passaggio al TFR sarebbe stato contestuale e subordinato all’adesione ad un fondo pensione negoziale.

Disposizioni successive hanno modificato alcuni elementi del quadro normativo scaturente dall’accordo quadro e dal DCPM. Si tratta delle norme contenute nel decreto legge del 24 novembre 2000, n. 346 (decaduto senza essere convertito in legge ma i cui effetti sono stati fatti salvi dall’art. 78 della legge 23 dicembre 2000, n. 388) e soprattutto dell’ art. 74 della legge n. 23 dicembre 2000, n. 388. Queste disposizioni hanno spostato alcuni termini relativi all’estensione del TFR (in particolare per i dipendenti a tempo indeterminato, tale termine è stato fissato al 1° gennaio 2001) ed hanno incrementato i finanziamenti (a 300 mld di lire annui più ulteriori 100, una tantum, per le spese di avvio dei fondi) a favore della previdenza complementare, stabilendo, altresì la loro finalizzazione a copertura del contributo a carico delle amministrazioni statali datrici di lavoro per i propri dipendenti iscritti ai fondi.

Queste novità sono state successivamente recepite nel DCPM 2 marzo 2001 che ha modificato, in alcune parti, il DCPM 20 dicembre 1999, precisando le funzioni dell’INPDAP nell’ambito del ruolo già assegnato dalle norme di legge e, infine, indicando i criteri di riparto delle risorse stanziate annualmente per la previdenza complementare dei dipendenti pubblici.

Le funzioni dell’INPDAP possono essere così sintetizzate: accantonamento figurativo ed erogazione del TFR; accantonamento e conferimento ai fondi pensione delle quote figurative di TFR destinate a previdenza complementare; riparto delle risorse stanziate per la previdenza complementare; versamento ai fondi pensione dei contributi gravanti sulle amministrazioni dello Stato, datrici di lavoro.

Quanto finora descritto riguarda i dipendenti dalle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, vale a dire il personale cosiddetto contrattualizzato.

Il personale pubblico il cui rapporto di lavoro continua ad essere disciplinato da norme di legge (magistrati, avvocati e procuratori dello Stato, docenti e ricercatori universitari, personale appartenente alle carriere prefettizie e diplomatiche, personale delle Camere del Parlamento e della Segreteria della Presidenza della Repubblica) non è interessato dalla disciplina introdotta dall’accordo quadro e dal DCPM.

Per questi dipendenti, pertanto, non c’è stato il passaggio al TFR, continuando a trovare applicazione la disciplina dei TFS. Secondo quanto previsto dall’art. 3, comma 2, del decreto, l’istituzione di forme pensionistiche complementari può avvenire in virtù di norme modificative dei rispettivi ordinamenti ovvero, in mancanza, mediante accordi tra i dipendenti stessi promossi da loro associazioni.

Parzialmente differente è la posizione del personale dei comparti difesa e sicurezza (appartenenti alle forze armate ed alle forze di polizia civile e militare). Anche per questo personale non trovano applicazione né l’accordo quadro né il DCPM e, tuttavia, l’art. 26, comma 20 della legge n. 448/1998 ha previsto che, in base alle procedure di negoziazione e di concertazione previste dal decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, si potrà definire la disciplina del trattamento di fine rapporto ai sensi dell’art. 2, commi da 5 a 8, della legge n. 335/1995 e l’istituzione di forme pensionistiche complementari.

Un’altra situazione particolare è quella dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche a carattere locale delle Province autonome di Trento e Bolzano che può iscriversi al fondo pensione complementare Laborfonds. Al personale dipendente da alcune di queste amministrazioni (Regione Autonoma Trentino Alto Adige, Consiglio regionale del Trentino Alto Adige, Azienda sanitaria locale del Trentino, Amministrazione scolastica della Provincia di Trento) si applica il DCPM. Per il personale, invece, delle Province di Trento e Bolzano e degli enti collegati trovano applicazione le norme previgenti al DCPM. In particolare questo personale è riguardato, rispettivamente, dalle leggi della Provincia di Trento del 3 febbraio 1997, n. 2 e del 31 dicembre 2000, n. 1 e dalle leggi della Provincia di Bolzano del 3 maggio 1999, n. 1 e dell’8 aprile 2004, n. 1 . Queste leggi, in forza della competenza legislativa concorrente di cui dispongono le due Province in materia di ordinamento del personale, hanno stabilito il passaggio dal TFS al TFR per i dipendenti in parola, in attuazione dell’art. 2, commi 5-8, della legge n. 335/1995 prima che intervenisse il DCPM.

Queste leggi provinciali prevedono che le amministrazioni interessate, conservando l’iscrizione all’INPDAP per il proprio personale, per il quale continuano a versare la contribuzione all’Istituto, erogano il TFR cosiddetto provinciale. Questa prestazione si configura come istituto a carattere ibrido in quanto ai lavoratori viene liquidato, in base all’art. 2120 del codice civile, il TFR da parte del datore di lavoro e non dall’INPDAP. L’INPDAP, tuttavia, in base alla normativa previgente al DCPM, continua a liquidare le prestazioni di fine servizio non al lavoratore ma all’ente datore di lavoro, per effetto di un mandato alla riscossione rilasciato dal lavoratore stesso. Restano fermi gli obblighi contributivi nei confronti di INPDAP in base alla disciplina delle indennità premio di servizio.

Il quadro normativo di riferimento può essere completato con il richiamo di due atti di normazione secondaria. Si tratta del decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali del 24 giugno 2003 (pubblicato nella G.U. del 7 luglio 2003) e del DCPM 2 maggio 2003 (pubblicato nella G.U. del 30 agosto 2003). Con il primo decreto, relativo ai requisiti di professionalità dei componenti dei Consigli di amministrazione dei fondi, è stata data, tra l’altro, la possibilità alla pubblica amministrazione di nominare come componenti di parte datoriale anche persone che abbiano svolto per almeno un triennio funzioni dirigenziali presso amministrazioni o enti pubblici. Il DCPM 2 maggio 2003, individua, invece, i soggetti competenti a designare per la parte datoriale le rappresentanze nei primi organi dei fondi pensione dei dipendenti delle amministrazioni statali o che accorpino, oltre al personale statale, anche quello dipendente da amministrazioni diverse dallo Stato.

Il quadro delineato potrebbe subire rilevanti modifiche per effetto delle norme di legislazione delegata che saranno emanate per dare attuazione alla legge del 23 agosto 2004, n. 243 "Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all’occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria".

2. IL TFR E L’OPZIONE

Come è stato evidenziato, poiché il trattamento di fine rapporto costituisce una voce fondamentale di finanziamento della previdenza complementare secondo la disciplina vigente, si è resa necessaria l’estensione del TFR anche ai dipendenti pubblici. Si analizzano, ora, gli effetti prodotti da questa estensione che non ha interessato tutto il personale ma solo una parte di esso. Per la parte rimanente il passaggio avviene all’atto dell’adesione ad un fondo pensione di previdenza complementare. Si sottolinea che il passaggio al TFR, anche mediante opzione, non comporta il venir meno del principio della volontarietà dell’adesione alle forme di previdenza complementare.

2.1 Il personale in regime di TFR Sono in regime di TFR: i dipendenti assunti con contratto di lavoro a tempo determinato in corso o successivo al 30 maggio 2000 (data di entrata in vigore del DCPM); i dipendenti assunti a tempo indeterminato per la prima volta presso una pubblica amministrazione successivamente al 31 dicembre 2000; i dipendenti assunti a tempo indeterminato presso pubbliche amministrazioni successivamente al 31 dicembre 2000, anche se non per la prima volta, purché ci sia stata soluzione di continuità (almeno 1 giorno di intervallo) rispetto a precedenti rapporti di lavoro (a tempo indeterminato) con pubbliche amministrazioni, iscritte all’INPDAP, con riferimento ai quali il lavoratore rientrava nel regime TFS; in altri termini, se un lavoratore ha cessato il servizio prima o dopo il 31 dicembre 2000 e viene riassunto dopo un intervallo di tempo di almeno 1 giorno e in periodi successivi al 31 dicembre 2000 presso pubbliche amministrazioni rientra comunque nel regime TFR, anche se, con riferimento al precedente rapporto di lavoro, rientrava nel regime TFS.

Per questi lavoratori l’INPDAP provvede ad accantonare figurativamente ed a liquidare, alla cessazione dal servizio, il trattamento di fine rapporto secondo quanto disposto dall’art. 2120 del codice civile. Le quote di accantonamento annuale sono determinate applicando l’aliquota del 6,91% con riferimento alle voci retributive indicate nell’art. 4 dell’accordo quadro, di seguito elencate: l’intero stipendio tabellare; l’intera indennità integrativa speciale; la retribuzione individuale di anzianità; la tredicesima mensilità; gli altri emolumenti considerati utili ai fini del calcolo del TFS.

Ulteriori voci retributive possono essere considerate utili dalla contrattazione collettiva di comparto. In tal caso il relativo contributo dovrà essere rideterminato per effetto dell’art. 4, comma 2, dell’accordo quadro nazionale del 29 luglio 1999. Per i lavoratori dipendenti del settore privato l’aliquota di computo nominale è pari al 7,41% della retribuzione di riferimento.

L’aliquota di computo effettiva, tuttavia, è, in linea di massima, pari al 6,91% (come per i pubblici) poiché sconta il versamento dello 0,50% quale contributo al Fondo pensioni lavoratori dipendenti dell’INPS, ai sensi dell’art. 3 della legge 29 maggio 1982, n. 297.

2.2 Il personale in regime TFS

Sono in regime di TFS i dipendenti assunti a tempo indeterminato prima del 1° gennaio 2001, ovvero assunti anche dopo ma senza soluzione di continuità rispetto a precedenti servizi presso pubbliche amministrazioni che già rientravano nel regime TFS.

È in regime di TFS anche il personale assunto a tempo indeterminato anteriormente al 1° gennaio 2001, anche se solo ai fini giuridici e con decorrenza economica successiva al 31 dicembre 2000.

Gli insegnanti di religione, titolari di un contratto di lavoro rinnovato annualmente, per la particolarità della posizione giuridica rivestita, se già iscritti ai fini TFS conservano tale iscrizione. Se questo stesso personale risulta assunto dopo il 31 dicembre 2000 è in regime di TFR.

Il personale in regime TFS, prima individuato, transita nel regime del TFR, attraverso l’opzione che si perfeziona, come si vedrà poco oltre, mediante la sottoscrizione della domanda di adesione al fondo pensione.

Come precisato nella informativa INPDAP del 5 agosto 2003, si ricorda che il riscatto di periodi valutabili ai fini del TFS può essere esercitato solo prima dell’adesione ad un fondo pensione complementare perché tale facoltà è preclusa una volta che il TFS si è trasformato in TFR.

2.3 L’opzione per il TFR

La facoltà di chiedere la trasformazione del trattamento di fine servizio in trattamento di fine rapporto è stata introdotta, come già ricordato, dall’art. 59, comma 56, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 al fine di favorire il processo di attuazione delle disposizioni in materia di previdenza complementare per i dipendenti pubblici.

La disciplina dell’opzione è stata, però, dettagliata dall’art. 1 del DCPM. In base a questa norma, l’opzione avviene mediante la sottoscrizione del modulo di adesione al fondo pensione ed è, pertanto, strettamente connessa e non separabile rispetto all’adesione stessa. In altre parole, non è possibile optare per il TFR senza aderire al fondo e, viceversa, non è possibile aderire al fondo se non si esercita l’opzione per il TFR in tutti quei casi in cui il lavoratore sia in regime TFS.

Ancora una volta si sottolinea che l’adesione ad un fondo pensione, a maggior ragione quando determina la trasformazione del TFS in TFR, rimane un atto volontario. Va rilevato che il termine per l’esercizio dell’opzione per l’iscrizione ai Fondi pensione, fissato inizialmente al 31/12/2001, dall’articolo 2, comma 3, dell’accordo quadro, è stato differito al 31/12/2005 dall’Accordo del 18 dicembre 2001, salvo successive proroghe che potranno essere disposte dalla contrattazione collettiva.

Anche se l’art. 1 del DCPM, così come formulato, non sembrerebbe richiedere una dichiarazione specifica per l’esercizio dell’opzione, per una maggiore trasparenza si stima opportuno prevedere una formale presa d’atto da parte del lavoratore. A questo proposito l’Istituto ha predisposto il testo di un apposito quadro (allegato alla presente nota) che è messo a disposizione dei fondi pensione affinché possa essere inserito nel modulo di adesione. In questo quadro sono richiamate le conseguenze dell’adesione circa la trasformazione del TFS in TFR ed è richiesto al lavoratore di apporre la propria firma anche su questa parte.

Si segnala, in proposito, che il Fondo pensione complementare Espero, accogliendo la proposta dell’INPDAP ha già inserito il quadro in questione nel modulo di adesione rispetto al quale la COVIP non ha sollevato rilievi avendo verificato la rispondenza di questo documento e della scheda informativa alla normativa vigente ed allo schema generale definito dalla Commissione stessa.

Nei casi in cui è rilevabile che il lavoratore, aderendo al fondo pensione, abbia optato per il TFR, pur avendo omesso di compilare e sottoscrivere il quadro del modulo di adesione relativo all’opzione, la sottoscrizione della sezione può essere chiesta al lavoratore e, successivamente acquisita, utilizzando il modulo che riporta la sola sezione relativa all’opzione, riprodotta secondo il fac simile contenuto nell’allegato alla presente nota. Per segnalare la mancanza della firma nella sezione del modulo di adesione relativa all’opzione e la conseguente richiesta di sottoscrizione da parte del lavoratore, si può usare il modulo a scelta multipla di segnalazione delle anomalie allegato nella nota operativa del 25 marzo 2005, n. 5.

L’opzione determina la trasformazione del TFS in TFR con effetto dalla data di sottoscrizione della domanda di adesione.

In linea di massima, compatibilmente con le disposizioni stabilite dagli statuti dei fondi, la data di sottoscrizione coinciderà con: la data di apposizione della firma da parte del rappresentante dell’amministrazione; la domanda è produttiva di effetti, infatti, solo se sottoscritta dal datore di lavoro; la data di sottoscrizione da parte del lavoratore, nel caso in cui manchi la data di sottoscrizione da parte dell’amministrazione ovvero se questa stessa data fosse anteriore alla data della firma del lavoratore; la data di ricevimento del modulo indicata dal fondo, in caso di mancanza di tutte le date di riferimento per le sottoscrizioni (datore di lavoro e lavoratore).

È bene ribadire che gli statuti dei fondi pensione possono prevedere regole diverse di cui si deve tenere conto. Il fondo Pensione complementare Espero, infatti, ha assunto come unico criterio il primo (data di sottoscrizione da parte dell’amministrazione), come precisato nella nota operativa del 25 marzo 2005, n. 5.

Si tenga presente, infine, che la data di sottoscrizione non può comunque essere antecedente alla data di inizio dell’operatività del fondo.

Si ravvisa, pertanto, l’opportunità che la scheda informativa ed il modulo di adesione: contengano indicazioni ed appositi campi relativi alla data di sottoscrizione del modulo che identifica quella dell’opzione; prevedano, per quanto possibile, la coincidenza tra la data di sottoscrizione apposta dal lavoratore e quella apposta dal datore di lavoro.

Va precisato, inoltre, che per quei dipendenti pubblici ai quali si applica il DCPM e che si sono iscritti ai fondi pensione negoziali prima del 30 maggio 2000 (potrebbe essere il caso, per esempio, del fondo pensione Laborfonds), l’opzione decorre comunque dal 30 maggio 2000, data di entrata in vigore del DCPM istitutivo del TFR per i dipendenti pubblici.

L’INPDAP effettua il computo del TFS maturato fino alla data di sottoscrizione dell’opzione e lo rivaluta, ai sensi dell’art. 2120 del codice civile, unitamente alle quote di TFR, maturate successivamente alla data di opzione e che non sono destinate a previdenza complementare.

Le quote di TFR destinate a previdenza complementare sono accantonate con la stessa decorrenza valevole per le altre componenti della contribuzione al fondo pensione (contributi a carico del datore di lavoro e del lavoratore) secondo le regole del fondo. Pertanto, se lo statuto del fondo prevede che la contribuzione decorre con effetto differito rispetto alla data di adesione, le quote di TFR maturate dopo la sottoscrizione della domanda entrano integralmente nel montante del TFR fino all’avvio della contribuzione, data a partire dalla quale una parte delle quote stesse sono destinate a previdenza complementare.

Per i dipendenti iscritti all’INPDAP che hanno esercitato l’opzione, è prevista un’ulteriore quota per la previdenza complementare, pari all’1,5% della base contributiva utile ai fini del TFS.

È opportuno ribadire che, ai fini della corretta individuazione del regime di appartenenza (TFS o TFR), il criterio guida è costituito dal tipo di contratto e dalla data di assunzione relativi al rapporto di lavoro in corso, se costituito con soluzione di continuità o meno rispetto a precedenti rapporti sempre presso pubbliche amministrazioni iscritte all’INPDAP.

A questo criterio guida (descritto nei punti. 2.1 e 2.2), gli enti insieme con il lavoratore interessato dovranno fare riferimento per verificare l’appartenenza al regime TFS o TFR e, conseguentemente, se va sottoscritta o meno la parte del modulo di adesione relativa all’opzione.

Per quanto riguarda gli adempimenti e le modalità operative relativi all’acquisizione, da parte delle sedi provinciali INPDAP, dei moduli di adesione (o di eventuale documentazione successiva) contenenti la manifestazione dell’opzione, si fa rinvio alle indicazioni fornite nella nota operativa del 3 dicembre 2004, n. 15.

Il Direttore Generale - Dr. Luigi Marchione

 

 

 



[2] DPCM 20 dicembre 1999 (Trattamento di fine rapporto e istituzione dei fondi pensione dei pubblici dipendenti).

Art. 1. Trattamento di fine rapporto.

1. L’esercizio dell’opzione di cui all’art. 59, comma 56, della legge n. 449 del 1997 avviene mediante sottoscrizione del modulo di adesione al fondo pensione e comporta l’applicazione della disciplina prevista dall’art. 1 della legge 29 maggio 1982, n. 297. Il computo dell’indennità di fine servizio maturata fino a tale data sarà effettuato secondo le regole della previgente normativa. La rivalutazione e la liquidazione della quota così calcolata, unitamente alle quote di trattamento di fine rapporto maturate a far tempo dalla data dell’opzione saranno effettuate secondo le norme previste dall’art. 1 della citata legge n. 297 del 1982. All’indennità di fine servizio maturata fino alla data dell’opzione per il trattamento di fine rapporto e alla sua rivalutazione dovranno applicarsi gli stessi abbattimenti di imponibile previsti dalla previgente normativa fiscale in materia di indennità di fine servizio.

2. A decorrere dalla data dell’opzione prevista dall’art. 59, comma 56, della legge n. 449 del 1997 ai dipendenti che transiteranno dal pregresso regime di trattamento di fine servizio, comunque denominato, al regime di trattamento di fine rapporto non si applica il contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5 per cento della base retributiva previsto dall’art. 11 della legge 8 marzo 1968, n. 152, e dall’art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032. La soppressione del contributo non determina effetti sulla retribuzione imponibile ai fini fiscali.

3. Per assicurare l’invarianza della retribuzione netta complessiva e di quella utile ai fini previdenziali dei dipendenti nei confronti dei quali si applica quanto disposto dal comma 2, la retribuzione lorda viene ridotta in misura pari al contributo previdenziale obbligatorio soppresso e contestualmente viene stabilito un recupero in misura pari alla riduzione attraverso un corrispondente incremento figurativo ai fini previdenziali e dell’applicazione delle norme sul trattamento di fine rapporto, ad ogni fine contrattuale nonché per la determinazione della massa salariale per i contratti collettivi nazionali.

4. Per garantire la parità di trattamento contrattuale dei rapporti di lavoro, prevista dall’art. 49, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni e integrazioni, ai dipendenti assunti dal giorno successivo all’entrata in vigore del presente decreto, si applica la disciplina prevista dai commi 2 e 3.

5. Per gli enti il cui personale non è iscritto alle gestioni INPDAP per i trattamenti di fine servizio e per i quali conseguentemente non opera la trattenuta del 2,5% della base retributiva prevista dall’art. 11 della legge n. 152 del 1968 e dall’art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032, non si applica quanto previsto dai commi 2 e 3.

6. Il trattamento di fine rapporto sarà accantonato figurativamente e verrà liquidato dall’Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica (INPDAP) alla cessazione dal servizio del lavoratore secondo quanto disposto dalla legge 29 maggio 1982, n. 297. Per i dipendenti degli enti pubblici non economici, degli enti di ricerca e sperimentazione e degli enti per il cui personale non è prevista l’iscrizione all’INPDAP per i trattamenti di fine servizio il predetto adempimento è effettuato dall’ente datore di lavoro. Le quote di accantonamento annuale saranno determinate applicando l’aliquota del 6,91 per cento in vigore per i dipendenti privati, ai sensi dell’art. 3, comma 16, della legge 29 maggio 1982, n. 297 e sulla base di quanto previsto dall’art. 4 dell’accordo quadro sottoscritto il 29 luglio 1999. Nell’accantonamento annuale non saranno computate le quote di trattamento di fine rapporto destinate ai fondi pensione.

7. In attuazione di quanto disposto dall’art. 2, comma 8, della legge 8 agosto 1995, n. 335, la gestione del fondo per il trattamento di fine rapporto dei dipendenti dello Stato, delle aziende di Stato, della scuola, delle università, della sanità e degli enti locali è affidata all’INPDAP. Il contributo previdenziale a favore dell’INPDAP da parte delle amministrazioni pubbliche resta fissato per il personale dello Stato nella misura del 9,60 per cento della attuale base contributiva di riferimento prevista dall’art. 18 della legge 20 marzo 1980, n. 75, e nella misura del 6,10 per cento della attuale base contributiva di riferimento prevista dall’art. 11 della legge 8 marzo 1968, n. 152, per il personale degli enti locali.

8. Il trattamento di fine rapporto dei dipendenti degli enti pubblici non economici, degli enti di ricerca e sperimentazione e degli enti per il cui personale non è prevista l’iscrizione all’INPDAP per i trattamenti di fine servizio resta a totale carico degli enti medesimi, ai quali è affidata la gestione di tali trattamenti.

9. Ai fini dell’armonizzazione al regime generale del trattamento di fine rapporto, per i periodi di lavoro prestato a tempo determinato presso le amministrazioni di cui all’art. 1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni e integrazioni nonché presso enti sottoposti alla disciplina della legge 20 marzo 1975, sarà erogato il trattamento di fine rapporto ai sensi della legge 29 maggio 1982, n. 297 con le modalità definite dall’accordo quadro sottoscritto il 29 luglio 1999, a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. A far tempo dalla stessa data non si applica l’art. 7, primo comma, della legge 29 aprile 1976, n. 177, nonché ogni altra disposizione incompatibile con quanto previsto dal presente comma. Resta ferma la possibilità per i dipendenti interessati di riscattare, secondo le modalità previste dalle norme di riferimento, i periodi di lavoro prestato a tempo determinato svolto precedentemente alla predetta data.