Nella causa C-455/00,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. A. Aresu,
in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Repubblica italiana, rappresentata dal sig. U. Leanza, in qualità
di agente, assistito dal sig. D. Del Gaizo, avvocato dello Stato, con
domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuta,
avente ad oggetto un ricorso diretto a far dichiarare che:
- non garantendo esami periodici degli occhi e della vista a tutti i
lavoratori che utilizzano attrezzature dotate di videoterminali di cui
all'art. 2, lett. c), della direttiva del Consiglio 29 maggio 1990,
90/270/CEE, relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di
salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di
videoterminali (quinta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16,
paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (GU L 156, pag. 14),
- non assicurando un esame oculistico supplementare in tutti i casi in
cui ciò risulti necessario in base ai periodici esami degli occhi e della
vista, e
- non definendo le condizioni alle quali devono essere forniti ai
lavoratori interessati dispositivi speciali di correzione in funzione
dell'attività svolta,
la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti a
norma dell'art. 9, nn. 1-3, della detta direttiva,
LA CORTE (Sesta Sezione),
composta dal sig. R. Schintgen, presidente della Seconda Sezione,
facente funzione di presidente della Sesta Sezione, dal sig. V. Skouris,
dalle sig.re F. Macken e N. Colneric (relatore) e dal sig. J.N. Cunha
Rodrigues, giudici,
avvocato generale: D. Ruiz-Jarabo Colomer
cancelliere: R. Grass
vista la relazione del giudice relatore,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza
del 21 marzo 2002,
ha pronunciato la seguente
Sentenza 1. Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria
della Corte il 13 dicembre 2000, la Commissione delle Comunità europee ha
proposto, ai sensi dell'art. 226, secondo comma, CE, un ricorso diretto a
far dichiarare che: - non garantendo esami periodici degli occhi e della
vista a tutti i lavoratori che utilizzano attrezzature dotate di
videoterminali nel senso di cui all'art. 2, lett. c), della direttiva del
Consiglio 29 maggio 1990, 90/270/CEE, relativa alle prescrizioni minime in
materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su
attrezzature munite di videoterminali (quinta direttiva particolare ai
sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (GU L 156,
pag. 14), - non assicurando un esame oculisito supplementare in tutti i
casi in cui ciò risulti necessario in base ai periodici esami degli occhi
e della vista, e - non definendo le condizioni alle quali devono essere
forniti ai lavoratori interessati dispositivi speciali di correzione in
funzione dell'attività svolta, la Repubblica italiana è venuta meno agli
obblighi ad essa incombenti a norma dell'art. 9, nn. 1-3, della detta
direttiva. Contesto normativo Normativa comunitaria 2. Ai
sensi dell'art. 16, n. 1, della direttiva del Consiglio 12 giugno 1989,
89/391/CEE, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il
miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il
lavoro (GU L 183, pag. 1), "[i]l Consiglio, su proposta della Commissione,
fondata sull'articolo 118 A del trattato, stabilisce direttive particolari
riguardanti, fra l'altro, i settori di cui all'allegato". L'allegato della
direttiva 89/391 riguarda, in particolare, "[l]avori con attrezzature
dotate di video-terminali". 3. L'art. 9 della direttiva 90/270, intitolato
"Protezione degli occhi e della vista dei lavoratori", prevede ai nn. 1-4:
"1. I lavoratori beneficiano di un adeguato esame degli occhi e della
vista, effettuato da una persona che abbia le competenze necessarie: -
prima di iniziare l'attività su videoterminale, - periodicamente, in
seguito, e - allorché subentrino disturbi visivi attribuibili al lavoro su
videoterminale. 2. I lavoratori beneficiano di un esame oculistico,
qualora l'esito dell'esame di cui al paragrafo 1 ne evidenzi la necessità.
3. I lavoratori devono ricevere dispositivi speciali di correzione in
funzione dell'attività svolta, qualora i risultati dell'esame di cui al
paragrafo 1 o dell'esame di cui al paragrafo 2 ne evidenzino la necessità
e non sia possibile utilizzare dispositivi di correzione normali. 4. Le
misure prese in applicazione del presente articolo non devono
assolutamente comportare oneri finanziari supplementari a carico dei
lavoratori". Normativa italiana 4. L'art. 377 del decreto del
Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547 (GURI n. 158 del 12
luglio 1995, Supplemento ordinario; in prosieguo: il "DPR n. 547/55"),
prevede: "Il datore di lavoro (...) deve mettere a disposizione dei
lavoratori mezzi personali di protezione appropriati ai rischi inerenti
alle lavorazioni ed operazioni effettuate". 5. L'art. 16, n. 2, del
decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, di attuazione delle
direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE,
90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, riguardanti il miglioramento della
sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GURI n. 265 del
12 novembre 1994, Supplemento ordinario n. 141), come modificato dal
decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242 (GURI n. 104 del 6 maggio 1996,
Supplemento ordinario n. 75, in prosieguo: il "decreto legislativo n.
626/94"), dispone che la sorveglianza sanitaria è effettuata dal medico
competente e comprende: "a) accertamenti preventivi intesi a constatare
l'assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati,
ai fini della valutazione della loro idoneità alla mansione specifica; b)
accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori
ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica". 6. L'art.
41 del decreto legislativo n. 626/94, che compare nel titolo IV: "Uso dei
dispositivi di protezione individuale", prevede l'obbligo di usare
dispositivi di protezione individuale (in prosieguo: i "DPI") "quando i
rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure
tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure,
metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro". 7. Gli artt. 43 e
44 del decreto legislativo n. 626/94, che compaiono del pari nel titolo IV,
dispongono: "Articolo 43 Obblighi del datore di lavoro. 1. Il datore di
lavoro ai fini della scelta dei DPI: a) effettua l'analisi e la
valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi; b)
individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinché questi siano
adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle eventuali
ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI; c) valuta,
sulla base delle informazioni a corredo dei DPI fornite dal fabbricante e
delle norme d'uso di cui all'art. 45 le caratteristiche dei DPI
disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera
b); d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione
significativa negli elementi di valutazione. 2. Il datore di lavoro, anche
sulla base delle norme d'uso di cui all'art. 45, individua le condizioni
in cui un DPI deve essere usato, specie per quanto riguarda la durata
dell'uso, in funzione di: a) entità del rischio; b) frequenza
dell'esposizione al rischio; c) caratteristiche del posto di lavoro di
ciascun lavoratore; d) prestazioni del DPI. 3. Il datore di lavoro
fornisce ai lavoratori i DPI conformi ai requisiti previsti dall'art. 42 e
dal decreto di cui all'art. 45, comma 2. 4. Il datore di lavoro: a)
mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d'igiene,
mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie; b)
provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo
casi specifici ed eccezionali, conformemente alle informazioni del
fabbricante; c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori; d)
destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze richiedano
l'uso di uno stesso DPI da parte di più persone, prende misure adeguate
affinché tale uso non ponga alcun problema sanitario e igienico ai vari
utilizzatori; e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai
quali il DPI lo protegge; f) rende disponibile nell'azienda ovvero unità
produttiva informazioni adeguate su ogni DPI; g) assicura una formazione
adeguata e organizza, se necessario, uno specifico addestramento circa
l'uso corretto e l'utilizzo pratico dei DPI. 5. In ogni caso
l'addestramento è indispensabile: a) per ogni DPI che, ai sensi del D. Lgs.
4 dicembre 1992, n. 475, appartenga alla terza categoria; b) per i
dispositivi di protezione dell'udito. Articolo 44 Obblighi dei lavoratori.
1. I lavoratori si sottopongono al programma di formazione e addestramento
organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti necessari ai sensi
dell'art. 43, commi 4, lettera g), e 5. 2. I lavoratori utilizzano i DPI
messi a loro disposizione conformemente all'informazione e alla formazione
ricevute e all'addestramento eventualmente organizzato. 3. I lavoratori:
a) hanno cura dei DPI messi a loro disposizione; b) non vi apportano
modifiche di propria iniziativa. 4. Al termine dell'utilizzo i lavoratori
seguono le procedure aziendali in materia di riconsegna dei DPI. 5. I
lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o
al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI
messi a loro disposizione". 8. L'art. 55 del decreto legislativo n.
626/94, che compare nel titolo VI: "Uso di attrezzature munite di
videoterminali", è del seguente tenore: "Sorveglianza sanitaria 1. I
lavoratori, prima di essere addetti alle attività di cui al presente
titolo, sono sottoposti ad una visita medica per evidenziare eventuali
malformazioni strutturali e ad un esame degli occhi e della vista
effettuati dal medico competente. Qualora l'esito della visita medica ne
evidenzi la necessità, il lavoratore è sottoposto ad esami specialistici.
2. In base alle risultanze degli accertamenti di cui al comma 1 i
lavoratori vengono classificati in: a) idonei, con o senza prescrizioni;
b) non idonei. 3. I lavoratori classificati come idonei con prescrizioni
ed i lavoratori che abbiano compiuto il quarantacinquesimo anno di età
sono sottoposti a visita di controllo con periodicità almeno biennale. 4.
Il lavoratore è sottoposto a controllo oftalmologico a sua richiesta, ogni
qualvolta sospetta una sopravvenuta alterazione della funzione visiva,
confermata dal medico competente. 5. La spesa relativa alla dotazione di
dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta è a
carico del datore di lavoro". Procedimento precontenzioso 9.
Considerando che l'art. 9, nn. 1-3, della direttiva 90/270 non era stato
trasposto correttamente nell'ordinamento italiano, la Commissione ha
avviato il procedimento per inadempimento ai sensi dell'art. 226, primo
comma, CE. Dopo aver invitato la Repubblica italiana a presentare le sue
osservazioni, il 9 luglio 1999 la Commissione ha emesso un parere motivato
chiedendo a tale Stato membro di adottare i provvedimenti necessari per
conformarvisi entro due mesi dalla sua notifica. 10. Non essendo pervenuta
risposta al detto parere da parte del governo italiano, la Commissione ha
proposto il ricorso in esame. Sul ricorso 11. Nel suo controricorso
la Repubblica italiana ha informato la Corte del fatto che la legge 29
dicembre 2000, n. 422, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi
derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge
comunitaria 2000 (GURI n. 16 del 20 gennaio 2001, Supplemento ordinario n.
14, pag. 14; in prosieguo: la "legge n. 422/2000"), ha sostituito, in
particolare, i nn. 3 e 4 dell'art. 55 del decreto legislativo n. 626/94
con i nuovi nn. 3, 3 bis, 3 ter e 4. 12. Dopo aver esaminato tali
disposizioni nazionali di trasposizione, la Commissione, nella sua
replica, ha reso noto alla Corte che rinunciava a due addebiti ed ai capi
delle conclusioni corrispondenti. 13. Con l'addebito mantenuto, la
Commissione contesta alla Repubblica italiana di aver violato l'art. 9, n.
3, della direttiva 90/270 non avendo definito le condizioni alle
qualidevono essere forniti ai lavoratori interessati dispositivi speciali
di correzione in funzione dell'attività svolta. Argomenti delle parti
14. La Commissione sostiene che l'art. 55 del decreto legislativo n.
626/94 non contiene disposizioni che garantiscano espressamente ai
lavoratori il diritto di ricevere "dispositivi speciali di correzione in
funzione dell'attività svolta", qualora ciò risulti necessario in seguito
agli esami svolti e non sia possibile utilizzare dispositivi di correzione
normali. Trattandosi della protezione della sicurezza e della salute dei
lavoratori, il diritto ad ottenere tali dispositivi dovrebbe essere
definito con assoluta chiarezza. Ebbene, la normativa italiana sarebbe
ambigua e imprecisa. 15. L'art. 55, n. 5, del decreto legislativo n.
626/94 si limiterebbe a indicare che "[l]a spesa relativa alla dotazione
di dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta è a
carico del datore di lavoro", il che sarebbe chiaro, ma non sufficiente a
individuare la "condizione costitutiva" del diritto del lavoratore ad
usufruire di tali dispositivi. 16. Il governo italiano sostiene che
l'obbligo del datore di lavoro di fornire al lavoratore adeguate misure di
protezione individuale è previsto al titolo IV del decreto legislativo n.
626/94. Gli artt. 41, 43 e 44 di tale decreto, correlati al nuovo testo
dell'art. 55 dello stesso decreto, nella versione risultante dalla legge
n. 422/2000, prevederebbero l'obbligo a carico del datore di lavoro di
fornire al lavoratore i dispositivi di correzione che il medico competente
può prescrivere in sede di visita preventiva o periodica. 17. Tale governo
sostiene inoltre che l'obbligo era già previsto nell'ordinamento giuridico
nazionale in forza dell'art. 377 del DPR n. 547/55. 18. La Commissione
replica che la Repubblica italiana fa manifestamente confusione tra i
"dispositivi speciali di correzione", previsti dalla direttiva 90/270 per
le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali, ed
i "dispositivi di protezione individuale", che sono previsti e
disciplinati dalla direttiva del Consiglio 30 novembre 1989, 89/656/CEE,
relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e salute per
l'uso da parte dei lavoratori di attrezzature di protezione individuale
durante il lavoro (terza direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16,
paragrafo 1 della direttiva 89/391) (GU L 393, pag 18). 19. Nella sua
controreplica il governo italiano ribadisce di aver correttamente
trasposto l'art. 9, n. 3, della direttiva 90/270, tenuto conto delle
modifiche che la legge n. 422/2000 ha apportato all'art. 55 del decreto
legislativo n. 626/94. Esso afferma che, alla stregua del principio
generale di interpretazione logico-sistematica delle norme, secondo il
quale il senso e la ratio delle disposizioni contenute in un unico testo
legislativo - e a fortiori in un solo articolo, come nella fattispecie -
non possono evincersi dalla mera lettura delle singole disposizioni, ma
dall'interpretazione delle une alla luce delle altre, le misure di cui
all'art. 55, nn. 3, 3 bis, 3 ter e 4, del decretolegislativo n. 626/94,
nella versione risultante dalla legge n. 422/2000, devono essere
interpretate alla luce tanto dei nn. 1, 2 e 5 dello stesso articolo quanto
dell'art. 16 del detto decreto, al quale l'art. 55, n. 3, fa del pari
rinvio. 20. Tali disposizioni sancirebbero il diritto del lavoratore ad
ottenere dispositivi speciali di correzione ogniqualvolta, a seguito di
controlli effettuati mediante visite specialistiche, il medico competente
ne prescriva l'utilizzo, e altresì porrebbero a carico del datore di
lavoro l'onere della spesa relativa a questo tipo di dispositivi.
Giudizio della Corte 21. Da un lato, occorre ricordare che, per
giurisprudenza costante, l'esistenza di un inadempimento dev'essere
valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si
presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e la
Corte non può tener conto dei mutamenti successivi (v., in particolare,
sentenze 30 gennaio 2002, causa C-103/00, Commissione/Grecia, Racc. pag.
I-1147, punto 23, e 30 maggio 2002, causa C-323/01, Commissione/Italia,
non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 8). 22. Nella fattispecie, la
legge n. 422/2000, del 29 dicembre 2000, è stata adottata oltre un anno
dallo scadere del termine di due mesi previsto nel parere motivato datato
9 luglio 1999. Le modifiche da essa introdotte nell'ordinamento giuridico
italiano non possono pertanto essere prese in considerazione nell'ambito
dell'esame della fondatezza del presente ricorso per inadempimento
effettuato dalla Corte. 23. D'altro lato, va pure ricordato che, secondo
una consolidata giurisprudenza, in relazione alla trasposizione di una
direttiva nell'ordinamento giuridico di uno Stato membro, è indispensabile
che l'ordinamento nazionale di cui trattasi garantisca effettivamente la
piena applicazione della direttiva, che la situazione giuridica scaturente
da tale ordinamento sia sufficientemente precisa e chiara e che i
destinatari siano posti in grado di conoscere la piena portata dei loro
diritti e, eventualmente, di avvalersene dinanzi ai giudici nazionali (v.,
in particolare, sentenze 23 marzo 1995, causa C-365/93,
Commissione/Grecia, Racc. pag. I-499, punto 9, e 10 maggio 2001, causa
C-144/99, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I-3541, punto 17). 24. Alla
luce delle considerazioni che precedono, occorre esaminare se le
disposizioni di diritto italiano vigenti all'epoca del termine previsto
nel parere motivato rispondevano ai requisiti della direttiva. 25. Risulta
da tale esame che le disposizioni del DPR n. 547/55 e quelle del decreto
legislativo n. 626/94, invocate dal governo italiano, non prescrivono in
maniera sufficientemente chiara e precisa che i lavoratori devono ricevere
dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta
qualora i risultati dell'esame degli occhi e della vista e di un esame
oculistico, laddove quest'ultimo sia necessario, ne evidenzino la
necessità e non sia possibile utilizzare dispositivi di correzione
normali. 26. E' vero che l'art. 55, n. 5, del decreto legislativo n.
626/94 prevede che la spesa relativa alla dotazione di dispositivi
speciali di correzione in funzione dell'attività svolta sia a carico del
datore di lavoro, tuttavia tale disposizione si limita a recepire
nell'ordinamento italiano l'art. 9, n. 4, della direttiva 90/270. Essa, di
per sé, non costituisce la trasposizione dell'art. 9, n. 3, della stessa
direttiva, in quanto non prevede, come prescritto invece da tale articolo,
che i lavoratori abbiano diritto a dispositivi speciali di correzione
qualora i risultati dell'esame degli occhi e della vista o i risultati
dell'esame oculistico, eventualmente indispensabile, ne evidenzino la
necessità. 27. La lettura dell'art. 55 del decreto legislativo n. 626/94
in combinato disposto con l'art. 16 dello stesso decreto non consente di
pervenire ad una diversa constatazione. 28. Riguardo all'argomento del
governo italiano secondo cui l'art. 55 del decreto legislativo n. 626/94
deve essere interpretato in correlazione con gli artt. 41 e segg. dello
stesso decreto, è sufficiente constatare che i "dispositivi speciali di
correzione", previsti all'art. 9, n. 3, della direttiva 90/270, riguardano
la correzione di danni già esistenti, mentre i "dispositivi di protezione
individuale", contemplati da tali articoli, sono diretti a prevenire tali
danni. 29. Non può essere neppure accolto l'argomento del governo italiano
secondo il quale l'obbligo imposto dall'art. 9, n. 3, della direttiva
90/270 era già previsto nell'ordinamento giuridico nazionale in forza
dell'art. 377 del DPR n. 547/55. I mezzi personali di protezione ai quali
si riferisce tale disposizione non sono, ancora una volta, mezzi destinati
a impedire che si realizzi un rischio. 30. Alla luce delle considerazioni
che precedono, occorre dichiarare che, non definendo le condizioni alle
quali devono essere forniti ai lavoratori interessati dispositivi speciali
di correzione in funzione dell'attività svolta, la Repubblica italiana è
venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'art. 9, n. 3,
della direttiva 90/270. Sulle spese 31. Ai sensi dell'art. 69, n.
2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle
spese se ne è stata fatta domanda. 32. Poiché la Commissione ne ha fatto
domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente, va condannata alle
spese. Per questi motivi, LA CORTE (Sesta Sezione) dichiara e statuisce:
1) Non definendo le condizioni alle quali devono essere forniti ai
lavoratori interessati dispositivi speciali di correzione in funzione
dell'attività svolta, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi
ad essa incombenti ai sensi dell'art. 9, n. 3, della direttiva del
Consiglio 29 maggio 1990, 90/270/CEE, relativa alle prescrizioni minime in
materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su
attrezzature munite di videoterminali (quinta direttiva particolare ai
sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE). 2) La
Repubblica italiana è condannata alle spese. (Firme) Così deciso e
pronunciato a Lussemburgo il 24 ottobre 2002.