REPUBBLICA ITALIANA N. 1775   Reg.Sent.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Anno 2003
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA N 575       Reg.Ric.
SEDE DI BARI – SEZ. I Anno 1992
ha pronunciato la seguente  
SENTENZA  

 
 

sul ricorso (n. 575/1992)  proposto dal signor  Carmine Gagliardi, rappresentato  e difeso dall’avv.  Donato Grasso e elettivamente domiciliato in Bari, Corso Cavour n. 113, presso lo studio dell’avv. Mario Carriero,

contro

il Ministero dell’interno,  in persona del Ministro pro tempore,  rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato presso i cui uffici in Bari, Via  Melo n. 97, è per legge domiciliato,

per l’annullamento

del decreto del Ministero dell’interno 9 agosto 1991 n. 2375, con il quale è stato liquidata al ricorrente, a titolo di equo indennizzo per invalidità riconosciuta dipendente da causa di servizio ed ascritta a IV categoria di menomazioni, la somma di £ 39.816.000, nonché

per   l’accertamento

del  diritto del ricorrente di vedersi riconosciuto l’equo indennizzo nella misura   massima prevista per la  I^ categoria di menomazioni di cui alla Tab. A) allegata al D.P.R. n. 834 del 1981

per  la condanna

dell’Amministrazione al pagamento del relativo importo, oltre interessi legali dalla data di maturazione  del diritto fino all’effettivo soddisfo..      

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio  del Ministero dell’interno;

Vista la memoria depositata in data 25 marzo 2003  dal Ministero dell’interno;

Visti  gli atti  tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del  16 aprile  2003  il  Pres.  Gennaro  Ferrari;  uditi i difensori presenti delle parti in causa,  come da verbale.

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:

FATTO 

1. - Con  atto (n. 575/92) notificato in data  30 gennaio 1992 e depositato il successivo 27 febbraio il signor Carmine Gagliardi, già Assistente capo della Polizia di Stato e collocato  in congedo permanente assoluto con effetto dal 4 marzo 1990 per inidoneità fisica  al servizio, ha proposto ricorso a questo Tribunale  per il riconoscimento del proprio diritto ad ottenere l’equo indennizzo, per infermità già riconosciuta dipendente da causa di servizio, nella misura massima prevista per le menomazioni ascrivibili alla I categoria di cui alla Tab. A) all.ta al D.P.R. n. 834 del 1981 e per il conseguenziale annullamento del decreto ministeriale, in epigrafe indicato, che ha invece ritenuto di dover ascrivere l’infermità da lui sofferta (“esiti di intervento per impianto di 4 by-pass aorto coronarico per pregresso infarto miocardico”) alla IV categoria, con notevole riduzione della somma a lui spettante.

Premessa una brevissima ricostruzione dei fatti che  hanno dato origine alla controversia, deduce censure di eccesso di potere per mancata e/o insufficiente motivazione ed inopportunità e di violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 834 del 1981.

2. - Si è costituito in giudizio il Ministero dell’interno, il quale ha depositato ampia documentazione ed una memoria nella quale ha contestato la fondatezza delle censure dedotte dal ricorrente, con richiamo anche a precedenti giurisprudenziali, ed ha concluso per il rigetto del ricorso.

DIRITTO

1. – Il ricorso deve essere respinto,  risultando prive di pregio le censure dedotte al fine di contestare la conformità a legge e a criteri di corretta amministrazione  del provvedimento impugnato.

Ed invero:

a) non esiste contraddizione alcuna fra il giudizio di permanente inidoneità al servizio, assunto come presupposto per il collocamento in congedo assoluto del ricorrente in ragione della menomazione sofferta per causa di servizio, e la valutazione che di detta menomazione ha fatto il C.P.P.O. al fine di stabilire la misura dell’indennizzo dovuto, trattandosi di giudizi che partono da presupposti diversi ed hanno finalità diverse: nel primo caso verificare se una determinata patologia a carattere permanente è compatibile con le funzioni  che il singolo dipendente è tenuto a svolgere, nel secondo caso accertare, a fini indennitari, l’incidenza cha la stessa menomazione ha avuto sulla integrità psico-fisica del soggetto, con compromissione non solo della sua capacità lavorativa  ma anche della sua vita di relazione.

Risulta pertanto niente affatto irragionevole che la stessa forma invalidante sia valutata in diversa misura a seconda dell’ ambito  sul quale essa interferisce.

Aggiungasi che il C.P.P.O., proprio partendo dall’esame della documentazione sanitaria  proveniente dalla C.M.O., ha puntualmente indicato le ragioni  per le quali l’affezione morbosa  al suo esame non presentava rilevanti segni di insufficienza di circolo, e le ha individuate “nell’itto in sede, nell’aia cardiaca nei limiti, nei toni puri, nelle pause libere, nei segni stabilizzati di pregresso infarto del miocardio in sede antero settale e diaframmatico”,  cioè  in  una serie di elementi che,  pur svolgendo un ruolo fondamentale in sede di formulazione  del parere medico legale e pur risultando a detto fine assorbenti di ogni altra questione, non hanno formato oggetto né di attenzione né tanto meno di contestazione da parte del ricorrente;

b) nel procedimento per la liquidazione dell’equo indennizzo l’Amministrazione non è affatto tenuta a spiegare le ragioni per le quali aderisce al parere del C.P.P.O., ma deve solo verificare se il Comitato, nel pronunciare, ha tenuto conto delle argomentazioni, eventualmente di segno opposto, svolte dagli altri organi tecnici intervenuti nel precedente procedimento preordinato a verificare l’esistenza di un nesso di dipendenza causale o anche solo concausale fra l’infermità e il servizio svolto dal pubblico dipendente (Cons. Stato, VI Sez., 13 agosto 1999 n. 1053; T.A.R. Bari, I Sez., 2 febbraio 2000 n. 411;  T.A.R. Salerno 3 febbraio 2000 n. 54; T.A.R. Basilicata 14 febbraio 2000 n. 82).

Un obbligo di motivazione incombe sull’Amministrazione solo nel caso in cui ritenga di non poter aderire al parere dell’unico organo consultivo (il C.P.P.O.),  che essa è tenuta ad interpellare nel procedimento finalizzato  alla verifica della sussistenza dei presupposti per la liquidazione dell’equo indennizzo (Cons: Stato, VI Sez:, 12 gennaio 2000 n. 204),  parere che è obbligatorio ma non vincolante (T.A.R. Bari, I Sez:, 12 gennaio 2001 n. 113);

c) la  individuazione delle categorie di menomazioni,  nelle quali vanno ascritte le diverse forme invalidanti riconosciute dipendenti da  infermità contratta per causa di servizio,  rientra nella specifica ed esclusiva  competenza  del C.P.P.O., il quale gode di ampissima discrezionalità tecnica  nello svolgimento di tale funzione; può quindi  non solo motivatamente disattendere l’avviso espresso dalla C.M.O., ma anche assegnare una determinata  patologia ad una categoria di menomazioni diversa e inferiore a quella nella quale essa risulta menzionata, ove  nel singolo caso di specie il quadro clinico generale  giustifichi  tale conclusione.

2. - Il ricorso deve pertanto essere respinto, ma le spese e gli onorari del giudizio possono essere integralmente compensati fra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia  - Sede di Bari, Sez. I  rigetta il ricorso in epigrafe.

Compensa integralmente fra le parti in causa le spese e gli onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso in Bari, nella camera di consiglio del  16 aprile 2003, con l’intervento dei signori:

Gennaro Ferrari  est.           Presidente

Amedeo Urbano               Consigliere

Leonardo  Spagnoletti        Consigliere.