L'avvio del procedimento che crea una servitù deve essere comunicato agli interessati
Informazione preventiva ai cittadini sugli elettrodotti PAGINA PRECEDENTE
(Consiglio di Stato 1077/2004)
   
   
Non si può realizzare una servitù permanente di elettrodotto a favore dell'Enel per la costruzione di una linea elettrica senza comunicare ai soggetti interessati l'avvio del procedimento, poiché questo è destinato a produrre effetti nei loro confronti. Il Consiglio di Stato ha così respinto il ricorso con il quale l'Enel sosteneva che non fosse necessario comunicare l'avvio del procedimento che si sarebbe concluso con la dichiarazione di pubblica utilità alle singole persone, essendo stata soddisfatta l'esigenza di pubblicità con la pubblicazione del procedimento sul bollettino regionale e nell'albo pretorio del comune. I supremi giudici amministrativi hanno chiarito che il procedimento che si conclude con una dichiarazione di pubblica utilità deve essere comunicato ai soggetti interessati perché coinvolge gli interessi di destinatari specifici che devono avere la possibilità di tutelare i loro interessi nei confronti dell'amministrazione, soprattutto quando si tratta di procedimenti che hanno carattere espropriativo. Nel caso in esame, secondo il Consiglio di Stato, occorreva comunicare l'avvio del procedimento ai singoli interessati individualmente anche perché il numero dei destinatari non era così elevato da giustificare l'adozione di una forma di pubblicità collettiva. (2 aprile 2004)  


Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, sentenza n. 1077/2004

 

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 10489/1998, proposto dalla S.P.A. ENEL rappresentata e difesa dall’Avv. Ennio Manlio Colombo e dall’Avv. Luigi Manzi con domicilio eletto in Roma Via Federico Confalonieri n. 5, presso lo studio del secondo;

contro

- G.. G., G. A. rappresentati e difesi dall’Avv. Alessio Petretti e dall’Avv. Ignazio Bonomi con domicilio eletto in Roma Via degli Scipioni n. 268/A, presso lo studio del primo;

- REGIONE LOMBARDIA rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio in Roma Via dei Portoghesi n. 12;

per la riforma

della sentenza del TAR Lombardia - Brescia n.774/1998, resa tra le parti, concernente Dichiarazione di Pubblica Utilita' ed Urgenza Lavori Costruzione Linea Elettrica;

Visto l’atto di appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di G. G., G. A. e della REGIONE LOMBARDIA

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 12 Dicembre 2003, relatore il Consigliere Francesco Caringella ed uditi, altresì, l’avv. Manzi, l’avv. Petretti e l’avv. dello Stato Mangia;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

 

FATTO E DIRITTO

1. Con la sentenza appellata i Primi Giudici hanno accolto il ricorso proposto da alcuni comproprietari avverso gli atti relativi alla procedura culminata nella costituzione di una servitù permanente di elettrodotto inamovibile in favore di ENEL s.p.a. ai fini della realizzazione e dell’esercizio della linea elettrica 132 KW nel territorio del Comune di Nembro. Il Tribunale ha reputato fondato ed assorbente il motivo inteso a stigmatizzare la violazione dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento relativo alla dichiarazione di pubblica utilità; ha al riguardo escluso la possibilità di qualificare idoneo ai fini di soddisfare le garanzie procedurali cristallizzate dagli articoli 7 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 il rispetto delle formalità pubblicitarie sancite dalla legge regionale della Lombardia 17 agosto 1982, n. 52, constanti della pubblicazione dell’avviso di presentazione della domanda su bollettino ufficiale della Regione e dell’affissione dell’avviso stesso, in uno con la corografia dei lavori, per trenta giorni consecutivi, all’albo pretorio del Comuni interessati.

L’ENEL s.p.a appella contestando gli argomenti posti a sostengo del decisum.

Resistono i ricorrenti originari.

Le parti hanno affidato al deposito di memorie l’illustrazione delle rispettive tesi difensive.

All’udienza del 12 dicembre 2003 la causa è sta trattenuta per la decisione.

2. Si deve preliminarmente considerare infondato il primo motivo di appello con il quale la società ricorrente ripropone l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, sante la nullità della notifica effettuata non nella sede legale della società in Roma, ma presso il Compartimento di Milano, esercizio distrettuale della Lombardia orientale. La Sezione non ravvisa motivo per discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale a guisa del quale deve ritenersi applicabile, anche al giudizio amministrativo, il principio secondo il quale il vizio della notificazione conseguente all'inosservanza della predetta previsione normativa concreti una nullità sanabile "ex tunc" per effetto della costituzione in giudizio della parte cui la notificazione stessa era diretta, ove non diretta elusivamente alla formulazione dell’eccezione di inammissibilità (Consiglio Stato, sez. VI, 15 gennaio 2002, n. 184). Aggiungasi che nella specie alla prospettata soluzione della radicale inammissibilità del ricorso originario è dato modo di pervenire anche sulla scorta della considerazione che la notifica è stata effettuata all’indirizzo della sede operativa dell’articolazione organizzativa della società deputata alla gestione della procedura di che trattasi, sì da escludere l’emersione di un’assenza radicale di notifica e da mettere in rilevo una non ritualità suscettibile di sanatoria alla luce delle rammentare coordinate pretorie.

2.1. Nel merito la società ricorrente contesta le argomentazioni svolte dai primi Giudici al fine di pervenire alla ricordata conclusione della violazione dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento. Le considerazioni all’uopo svolte dall’appellante sono così sintetizzabili:

a) l'obbligo di dare ai controinteressati avviso dell'inizio del procedimento è stato adempiuto a mezzo delle formalità pubblicitarie previste dalla normativa regionale;

b) il procedimento in esame è finalizzato all’adozione di atti di pianificazione esonerati dall’obbligo di comunicazione personale giusta il dettato dell’articolo 13 della legge n. 241/1990;

c) la comunicazione personale non è in ogni caso concretamente esigibile in relazione all’elevato numero dei destinatari ed al carattere non sufficientemente dettagliato del progetto allegato alla domanda di autorizzazione;

d) ricorre infine la causa di esonero dalla comunicazione dell’avvio del procedimento data dalle particolari esigenze di celerità del procedimento.

Le censure non meritano accoglimento.

La tesi della non soggezione del procedimento inaugurato dalla richiesta di autorizzazione alla realizzazione di una linea elettrica, culminato negli atti ablatori prima ricordati, non può essere condivisa alla luce dell’insegnamento dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (cfr. decisione n. 14 del 15 settembre 1999) secondo cui "il procedimento che si conclude con la dichiarazione di P. U. è un procedimento autonomo, e non un sub procedimento del più generale procedimento amministrativo, e, pertanto, è necessario l'invio della comunicazione di avvio del procedimento, prevista dall'art. 7 l. 7 agosto 1990 n. 241" [1]. L’obbligo di siffatta comunicazione ai soggetti nei cui confronti il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti, ha innestato nell'attività amministrativa un elemento di riqualificazione consistente nell'introduzione nel procedimento amministrativo di un principio del contraddittorio personalizzato (vedi, con riferimento alla procedura in esame, Consiglio Stato, sez. IV, 24 dicembre 1999, n. 1948)

L’esigenza di assicurare agli interessati la possibilità di esercitare le guarentigie offensive e partecipative plasmate dalla legge n. 241/1990 non può allora essere soddisfatta mercé le formalità pubblicitarie date dalla pubblicazione nel bollettino ufficiale della Regione e dall’affissione dell’avviso sull’albo pretorio. Si deve al riguardo osservare che un sistema di pubblicità volto ad informare la collettività nel suo complesso non costituisce, sul piano formale come su quello sostanziale, un equipollente della comunicazione individuale da indirizzarsi nei confronti dei soggetti direttamente incisi dall’esplicarsi dell’azione amministrativa di stampo ablatorio. La disciplina speciale introdotta dalla legge regionale del 1982, ricalcando gli stilemi previsti dalla normativa statale di cui al TU 11 dicembre 1933, n. 1775, va quindi integrata dall’applicazione delle più garantiste e specifiche disposizioni dettate, in una logica di garanzia del contraddittorio tenuto in non cale dalla regolamentazione anteriore, dagli articoli 7 e seguenti della legge n. 241/1990.

Le formalità pubblicitarie in esame non possono poi trovare fondamento nella disciplina dettata da 8. comma 3, della legge n. 241/1990, se solo si considera che le forme di comunicazione non individualizzata ivi contemplate richiedono i presupposti, nella specie all’evidenza mancanti, della concreta valutazione della gravosità dell’avviso personale e della valutazione altrettanto puntuale delle modalità di informazione idonee a soddisfare l’interesse alla conoscenza dell’avvio della procedura amministrativa. Si aggiunga poi che il numero di proprietari interessati dalla procedura, pari a 44 secondo le indicazioni della parte appellante, non assume una dimensione talmente rilevante da configurare in re ipsa una situazione idonea a delineare l’inesigibilità della comunicazione individualizzata. Può essere utile osservare che la disciplina dettata dal sopravvenuto TU in materia di espropriazioni, varato con il D.P.R 8 giugno 2001, n. 327 [2], all’articolo 11, comma 2, ammette la percorribilità della strada dei pubblici proclami per i procedimenti che vedano un numero di destinatari superiore a 50.

Non convince neanche il tentativo di qualificare il procedimento in esame alla stregua di procedura volta alla definizione di atti di pianificazione, evidente essendo che la domanda di autorizzazione all’installazione di una linea elettrica, con i risvolti correlati in termini di ablazione, è diretta all’adozione di un provvedimento puntuale capace al tempo stesso di soddisfare l’interesse pretensivo dell’istante e incidere la sfera oppositiva dei destinatari dell’atto ablatorio, senza che possa assumere rilievo contrario il diverso profilo della armonizzazione degli atti di pianificazione con le determinazioni in parola.

Non colgono nel segno, infine, i rammentati rilievi svolti dall’appellante in punto di inidoneità della corografia allegata all’istanza di autorizzazione a consentire l’identificazione dei destinatari nonché di ricorrenza di profili di urgenza ai sensi dell’articolo 7 della legge n. 241/1990. In merito al primo aspetto, è sufficiente osservare, per un verso, che le carenze degli elaborati progettuali non possono costituire valido motivo per depotenziare l’applicazione delle garanzie procedimentali e, per altro assorbente profilo, che una rituale comunicazione dell’avvio del procedimento non risulta intervenuta neanche nella fase successiva all’intervento della dichiarazione di pubblica utilità fino all’emanazione del decreto di occupazione di urgenza con decreto 10.2.1993, n. 1071, necessitante per definizione dell’identificazione compiuta dei destinatari. In ordine al secondo aspetto si deve sottolineare che, per costante giurisprudenza, l’urgenza presupposta dall’articolo 7 comma 1 della legge n. 241 non costituisce una situazione astratta definita in relazione ad una tipologia provvedimentale, ma deve trovare la sua radice in una valutazione concreta dell’interesse pubblico in relazione alla specifica situazione di fatto; valutazione nella specie omessa sia con riferimento all’atto che ha dichiarato la pubblica utilità sia in riferimento al successivo decreto che ha disposto l’occupazione d’urgenza.

3. Le considerazioni che precedono impongono la reiezione del ricorso.

Sulle spese si provvede come da dispositivo già pubblicato.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il ricorso.

Condanna l’ente appellante alla liquidazione, in favore dei ricorrenti originari, delle spese relative al presente grado di giudizio, nella misura di euro 3.000 (tremila).

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2003 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

 

Salvatore GIACCHETTI Presidente

 

Sergio SANTORO Consigliere

 

Alessandro PAJNO Consigliere

 

Giuseppe ROMEO Consigliere

 

Francesco CARINGELLA Consigliere Est.

Presidente

Consigliere Segretario

 

 

 

Depositata in Segreteria l'8 marzo 2004