R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A

N.6951/2004

Reg. Dec.

N. 5118 Reg. Ric.

Anno 1999

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E

sul ricorso in appello n. 5118/1999 proposto da ......., rappresentato e difeso dall’avvocato prof. Ferdinando Pinto ed elettivamente domiciliato in Roma Via Vittorio Veneto n. 7 presso lo studio Serges;

contro

il Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia in Roma Via dei Portoghesi n. 12;

per l'annullamento

   della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale  per il Lazio – Sez. I 11.3.1999 n. 660;

   Visto il ricorso con i relativi allegati;

   Vista la memoria di costituzione dell’Amministrazione appellata;


 

    Visti gli atti tutti della causa;

   Relatore alla Camera di consiglio del 25 maggio 2004 il Consigliere Antonino Anastasi; nessuno è comparso per le parti;

   Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO

Con la sentenza in epigrafe indicata il Tribunale ha respinto il ricorso proposto dal vice ispettore della Polizia di Stato ......avverso il DM 504 del 1988 col quale l’Amministrazione, deliberando su istanza dell’interessato, gli ha concesso su parere del CPPO l’equo indennizzo di V ctg. per cumulo delle infermità riconosciute dipendenti da causa di servizio, anziché di III ctg., come invece ritenuto dalla CMO.

La sentenza è impugnata dall’interessato che ne chiede l’integrale riforma, riproponendo, in opportuna rimodulazione rispetto al decisum di primo grado, le doglianze già versate nel ricorso originario.

Con la memoria di costituzione l’Amministrazione ha insistito per la conferma della sentenza impugnata.

Alla Udienza del 25 maggio 2004 l’appello è stato trattenuto in decisione.


 

DIRITTO

L’appello non è fondato.

Con il primo motivo l’appellante torna a dedurre il difetto di motivazione che vizia il parere del Comitato, osservando che solo una adeguata enunciazione dei motivi specifici in base ai quali il CPPO abbia ritenuto di discostarsi dal giudizio in precedenza formulato dalla CMO consente all’Organo di secondo grado di sovvertire legittimamente la valutazione tecnica della Commissione.

Con il secondo motivo l’appellante osserva che in ogni caso l’Amministrazione avrebbe dovuto esternare le ragioni alla stregua delle quali ha ritenuto di recepire il suddetto parere, ancorchè palesemente contrastante con il pregresso giudizio della Commissione.

Le doglianze ora compendiate non sono fondate, in quanto, alla luce dell’indirizzo giurisprudenziale obiettivamente maggioritario e dal quale il Collegio non ritiene di potersi discostare, in materia di equo indennizzo l'ordinamento non mette a disposizione dell'Amministrazione una serie di pareri pariordinati resi da organi consultivi diversi e dotati di identica competenza, sui quali orientarsi, ma affida al Comitato pensioni privilegiate ordinarie il compito di esprimere un giudizio conclusivo anche sulla base di quello reso dalla Commissione medica ospedaliera.

Ciò fra l’altro comporta che il parere del Comitato, in quanto momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi espressi da altri organi precedentemente intervenuti, s'impone all'Amministrazione, la quale è tenuta solo a verificare se l'organo in questione, nell'esprimere le proprie valutazioni, ha tenuto conto delle considerazioni svolte dagli altri organi e, in caso di disaccordo, se le ha confutate, con la conseguenza che un obbligo di motivazione in capo all'Amministrazione è ipotizzabile solo per l'ipotesi in cui essa, per gli elementi di cui dispone e che non sono stati vagliati dal Comitato, ritenga di non poter aderire al suo parere, che è obbligatorio ma non vincolante (cfr. VI Sez. 13.11.2001 n. 5808).

In tal senso, deve rilevarsi che al procedimento di concessione dell’equo indennizzo per cui è controversia risulta applicabile l’art. 5 bis del decreto legge 21.9.1987 n. 387, aggiunto dalla legge di conversione 20.11.1987 n. 472.

Come è noto, tale articolo dispone al comma 1 che “ I giudizi collegiali adottati dalle commissioni mediche ospedaliere sono da considerarsi definitivi, nei riguardi del personale della difesa e delle forze di polizia nonché degli altri dipendenti statali, ai fini del riconoscimento delle infermità per la dipendenza da causa di servizio, salvo il parere del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie di cui all'articolo 166 del D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092, in sede di liquidazione della pensione privilegiata e dell'equo indennizzo.”.

Come risulta evidente dal suo tenore letterale ed in particolare dall’espresso richiamo all’art. 166 T.U. n. 1092 del 1973, l’articolo ora richiamato disegna un complesso regime nel contesto del quale l'accertamento sulla dipendenza dell'infermità da causa di servizio del pubblico dipendente effettuato dalla Commissione Medica Ospedaliera può considerarsi definitivo solo ad alcuni limitati fini (ad es. la concessione dell'aspettativa, la misura degli assegni durante tale periodo, il rimborso delle spese di cura e di decesso per causa di servizio, il mantenimento del premio incentivante nel periodo di assenza dal servizio, ecc.,) mentre per quanto riguarda il procedimento relativo alla concessione dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata - essendo espressamente previsto il parere del Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie di cui appunto all’art. 166 T.U.- compete funzionalmente a tale organo l'accertamento della dipendenza e della classifica dell'infermità da causa di servizio.

Giudicando sulla legittimità della normativa in rassegna – che obiettivamente introduce una disciplina giuridica del riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una infermità e delle menomazioni d'integrità fisica connesse comportante la possibile coesistenza della affermazione e della negazione di tale dipendenza in relazione all'una o all'altra delle misure riparatorie previste dall'ordinamento – la Corte costituzionale con sentenza 21.6.1996 n. 209 ha chiarito che la normativa suddetta non contrasta con gli artt. 3 e 97 Cost., né col principio di ragionevolezza (secondo il metro di giudizio riguardante l'eventuale sussistenza, nei differenti modelli procedimentali riferiti a provvedimenti collegabili agli stessi presupposti di fatto, di elementi di diversificazione non giustificati).

Traendo le fila dalle considerazioni sin qui esposte, deve concludersi in sostanza, e per quanto qui interessa, che nell’ambito del procedimento finalizzato alla concessione dell’equo indennizzo la funzione demandata al CPPO (come rende evidente la peculiare composizione dell’Organo) è diversa da quella attribuita alla CMO e non si configura quale mera revisione del precedente giudizio sanitario, fondandosi su ulteriori profili di complessiva valutazione tecnico-amministrativa: di talchè al Comitato, allorchè disattende il precedente giudizio, incombe non tanto uno specifico e diffuso onere motivazionale quanto – più semplicemente - l’obbligo di articolare il proprio parere su una  concreta considerazione delle risultanze istruttorie e diagnostiche già valorizzate dalla Commissione.

A sua volta l’Amministrazione, ove si adegui al parere del Comitato in ipotesi difforme da quella della Commissione, non è tenuta ad esplicitare le ragioni dell’adesione, vista la funzione di sintesi e di chiusura che l’ordinamento assegna all’Organo consultivo sopraordinato nell’ambito dello specifico procedimento.

In concreto, nel caso in esame emerge dagli atti che il Comitato è pervenuto ad una diversa classificazione del cumulo delle infermità da cui è affetto l’appellato proprio partendo da una diversa valutazione in ordine alla gravità non tanto delle patologie in sé considerate, ma piuttosto degli esiti invalidanti da esse derivanti, e dunque sulla base di un apprezzamento dal quale – come risulta da quanto sin qui esposto – l’Amministrazione attiva non poteva discostarsi.

Con l’ultimo motivo l’appellante deduce la contraddittorietà che vizia il parere del Comitato nella parte in cui, dopo aver ascritto a tab. B l’infermità artrosica (già classificata dalla CMO in VIII ctg.), ha giudicato che tale classificazione non dovesse comportare variazione sulla categoria complessiva.

Il mezzo è infondato, in quanto, come evidenziato dal Tribunale, il rilievo formulato dal Comitato costituisce non già il presupposto della valutazione, ma la mera ricognizione – in realtà del tutto conforme al disposto della normativa sul cumulo delle infermità dettata dal DPR 23.12.1978 n. 915 – delle conseguenze derivanti dalla classificazione (ovviamente meno favorevole rispetto a quella formulata dalla Commissione) della conseguenza invalidante riconnessa alla patologia di che trattasi.

Sulla base delle considerazioni che precedono l’appello va perciò respinto.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione IV, definitivamente pronunciando, respinge l’appello.

Spese del giudizio compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 25 maggio 2004 con l’intervento dei Signori:

Paolo SALVATORE    Presidente

Filippo PATRONI GRIFFI   Consigliere

Antonino ANASTASI estensore  Consigliere

Aldo SCOLA     Consigliere

Carlo DEODATO     Consigliere

      L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE

Antonino Anastasi    Paolo Salvatore

 

                               IL SEGRETARIO

Giuseppe Testa

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

22 ottobre 2004

(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)

     Il Dirigente

     Antonio Serrao

- - 

N.R.G.  5118/1999


 

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