Nella causa C-65/01,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. A.
Aresu, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Repubblica italiana, rappresentata dal sig. U. Leanza, in qualità
di agente, assistito dal sig. D. Del Gaizo, avvocato dello Stato, con
domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuta,
avente ad oggetto il ricorso diretto a far constatare che, non
adottando le disposizioni legislative e regolamentari necessarie per
recepire nell'ordinamento interno i requisiti minimi vincolanti e, quindi,
non garantendo la protezione dei lavoratori, la Repubblica italiana è
venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'art. 4, n. 1, e
dell'allegato I, punti 2.1, sesta frase, 2.2, seconda frase, 2.3, dalla
seconda alla quarta frase, e 2.8, seconda frase, dal secondo al quinto
trattino, della direttiva del Consiglio 30 novembre 1989, 89/655/CEE,
relativa ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l'uso di
attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori durante il lavoro (seconda
direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della
direttiva 89/391/CEE) (GU L 393, pag. 13), come modificata dalla direttiva
del Consiglio 5 dicembre 1995, 95/63/CE (GU L 335, pag. 28),
LA CORTE (Sesta Sezione),
composta dai sigg. J.-P. Puissochet, presidente di sezione, C. Gulmann,
dalle sig.re F. Macken e N. Colneric (relatore), e dal sig. J.N. Cunha
Rodrigues, giudici,
avvocato generale: sig. J. Mischo
cancelliere: sig. R. Grass
vista la relazione del giudice relatore,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza
del 26 settembre 2002,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1.
Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 14
febbraio 2001, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, ai sensi
dell'art. 226 CE, un ricorso diretto a far constatare che, non adottando
le disposizioni legislative e regolamentari necessarie per recepire
nell'ordinamento interno i requisiti minimi vincolanti e, quindi, non
garantendo la protezione dei lavoratori, la Repubblica italiana è venuta
meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'art. 4, n. 1, e
dell'allegato I, punti 2.1, sesta frase, 2.2, seconda frase, 2.3, dalla
seconda alla quarta frase, e 2.8, seconda frase, dal secondo al quinto
trattino, della direttiva del Consiglio 30 novembre 1989, 89/655/CEE,
relativa ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l'uso di
attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori durante il lavoro (seconda
direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della
direttiva 89/391/CEE) (GU L 393, pag. 13), come modificata dalla direttiva
del Consiglio 5 dicembre 1995, 95/63/CE (GU L 335, pag. 28; in prosieguo:
la "direttiva 89/655").
Ambito normativo
Normativa comunitaria
2.
L'art. 4, n. 1, lett. a) e b), della direttiva 89/655 dispone quanto
segue:
"Fatto salvo l'articolo 3, il datore di lavoro deve procurarsi e/o
usare:
a) attrezzature di lavoro che, messe per la prima volta a disposizione
dei lavoratori nell'impresa e/o nello stabilimento dopo il 31 dicembre
1992, soddisfino:
(...)
ii) i requisiti minimi previsti nell'allegato I, sempreché nessun'altra
direttiva comunitaria sia applicabile ovvero lo sia solo parzialmente;
b) attrezzature di lavoro [che], già messe a disposizione dei
lavoratori nell'impresa e/o nello stabilimento alla data del 31 dicembre
1992, soddisfino, al più tardi quattro anni dopo tale data, i requisiti
minimi previsti nell'allegato I".
3.
Il punto 2.1 dell'allegato I della direttiva 89/655 dispone, al suo
terzo comma, cioè alla sue frasi quarta, quinta e sesta:
"Se necessario, dal posto di comando principale, l'operatore deve
essere in grado di accertarsi dell'assenza di persone nelle zone
pericolose. Se ciò non dovesse essere possibile, qualsiasi messa in moto
deve essere preceduta automaticamente da un segnale d'avvertimento sonoro
e/o visivo. La persona esposta deve avere il tempo e/o i mezzi di
sottrarsi rapidamente ad eventuali rischi causati dalla messa in moto e/o
dall'arresto dell'attrezzatura di lavoro".
4.
L'allegato I, punto 2.2, della direttiva 89/655 recita:
"La messa in moto di un'attrezzatura deve poter essere effettuata
soltanto mediante un'azione volontaria su un organo di comando concepito a
tal fine.
Lo stesso vale:
- per la rimessa in moto dopo un arresto, indipendentemente dalla sua
origine,
- per il comando di una modifica rilevante delle condizioni di
funzionamento (ad esempio, velocità, pressione, ecc.)1,
salvo che questa rimessa in moto o modifica di velocità non presenti
nessun pericolo per il lavoratore esposto.
La rimessa in moto o la modifica delle condizioni di funzionamento
risultanti dalla normale sequenza di un ciclo automatico è esclusa da
questa disposizione".
5.
Ai sensi dell'allegato I, punto 2.3, della detta direttiva:
"Ogni attrezzatura di lavoro deve essere dotata di un dispositivo di
comando che ne permetta l'arresto generale in condizioni di sicurezza.
Ogni postazione di lavoro deve essere dotata di un dispositivo di
comando che consenta di arrestare, in funzione dei rischi esistenti, tutta
l'attrezzatura di lavoro, oppure soltanto una parte di essa, in modo che
l'attrezzatura si trovi in condizioni di sicurezza. L'ordine di arresto
dell'attrezzatura di lavoro deve essere prioritario rispetto agli ordini
di messa in moto. Ottenuto l'arresto dell'attrezzatura di lavoro, o dei
suoi elementi pericolosi, l'alimentazione degli azionatori deve essere
interrotta".
6.
Quanto alle protezioni ed ai sistemi protettivi per gli elementi mobili
di un'attrezzatura di lavoro che presentano rischi di contatto meccanico
che possono causare incidenti, il detto allegato, punto 2.8, seconda
frase, dal secondo al quinto trattino, dispone quanto segue:
"Le protezioni ed i sistemi protettivi:
(...)
- non devono provocare rischi supplementari,
- non devono essere facilmente elusi o resi inefficaci,
- devono essere situati ad una sufficiente distanza dalla zona
pericolosa,
- non devono limitare più del necessario l'osservazione del ciclo di
lavoro,
(...)".
Normativa nazionale
7.
L'art. 2087 del codice civile italiano recita:
"L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le
misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la
tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità
morale dei prestatori di lavoro".
8.
Il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, sull'attuazione delle
direttive del Consiglio 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE,
90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE in materia di sicurezza e
salute dei lavoratori durante il lavoro (GURI n. 265 del 12 novembre 1994,
Supplemento ordinario n. 141, pag. 5), come modificato dal decreto
legislativo 19 marzo 1996, n. 242 (GURI n. 104 del 6 maggio 1996,
Supplemento ordinario n. 75, pag. 5; in prosieguo: il "decreto legislativo
n. 626/94"), dispone, al suo art. 4, n. 5, quanto segue:
"Il datore di lavoro, il dirigente, e il preposto che esercitano,
dirigono o sovrintendono le attività indicate all'art. 1 [ossia tutti i
settori di attività privati o pubblici, salvo le eccezioni previste],
nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, adottano le misure
necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ed in particolare:
(...)
b) aggiornano le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti
organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e
della sicurezza del lavoro, ovvero in relazione al grado di evoluzione
della tecnica, della prevenzione e della protezione".
9.
Il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547 (GURI
n. 158 del 12 luglio 1955, Supplemento ordinario, pag. 3), come modificato
dai decreti legislativi n. 626/94, nella versione del 19 settembre 1994, e
n. 242 del 19 marzo 1996 (in prosieguo: il "DPR n. 547/55"), dispone, ai
suoi artt. 43, 44, 48, 49, 69, 71, 77, 80, 133, 157, 165, 209, 220 e 374,
quanto segue:
"Articolo 43
Gli organi per la trasformazione del movimento rotativo in alternativo
o viceversa, quali i corsoi, le bielle, gli eccentrici, le manovelle e
simili devono essere adeguatamente protetti.
La protezione può omettersi nei telai per il taglio delle pietre, marmo
e simili salvo che sussistano particolari condizioni di pericolo, quando
gli organi di movimento si trovino in posizione inaccessibile o la forza
motrice non sia superiore ad un cavallo-vapore o la velocità non sia
superiore ai 60 giri al minuto primo.
Articolo 44
I tratti degli alberi sporgenti dalle macchine o dai supporti per più
di un quarto del loro diametro devono essere ridotti sino a tale limite
oppure protetti con custodia fissata a parti non soggette a movimento.
(...)
Articolo 48
E' vietato pulire, oliare o ingrassare a mano gli organi e gli elementi
in moto delle macchine, a meno che ciò non sia richiesto da particolari
esigenze tecniche, nel quale caso deve essere fatto uso di mezzi idonei ad
evitare ogni pericolo.
Del divieto stabilito dal presente articolo devono essere resi edotti i
lavoratori mediante avvisi chiaramente visibili.
Articolo 49
E' vietato compiere su organi in moto qualsiasi operazione di
riparazione o
registrazione.
Qualora sia necessario eseguire tali operazioni durante il moto, si
devono adottare adeguate cautele a difesa della incolumità del lavoratore.
Del divieto indicato nel primo comma devono essere resi edotti i
lavoratori mediante avvisi chiaramente visibili.
(...)
Articolo 69
Quando per effettive ragioni tecniche o di lavorazione, non sia
possibile conseguire una efficace protezione o segregazione degli organi
lavoratori o delle zone di operazione pericolose delle macchine, si devono
adottare altre misure per eliminare o ridurre il pericolo, quali idonei
attrezzi, alimentatori automatici, dispositivi supplementari per l'arresto
della macchina e congegni di messa in marcia a comando multiplo
simultaneo.
(...)
Articolo 71
Nei casi previsti negli articoli 69 e 70, quando gli organi lavoratori
non protetti o non completamente protetti possono afferrare, trascinare o
schiacciare e sono dotati di notevole inerzia, il dispositivo di arresto
della macchina, oltre ad avere l'organo di comando a immediata portata
delle mani o di altre parti del corpo del lavoratore, deve comprendere
anche un efficace sistema di frenatura che consenta l'arresto nel più
breve tempo possibile.
(...)
Articolo 77
I comandi di messa in moto delle macchine devono essere collocati in
modo da evitare avviamenti o innesti accidentali o essere provvisti di
dispositivi atti a conseguire lo stesso scopo.
(...)
Articolo 80
Ogni avviamento di macchine complesse, alle quali sono addetti più
lavoratori dislocati in posti diversi e non perfettamente visibili da
colui che ha il compito di metter in moto la macchina, deve essere
preceduto da un segnale acustico convenuto.
(...)
Articolo 133
I laminatoi e le calandre che, in relazione alle loro dimensioni,
potenza, velocità o altre condizioni, presentano pericoli specifici
particolarmente gravi, quali i laminatoi (mescolatori) per gomma, le
calandre per foglie di gomma e simili, debbono essere provvisti di un
dispositivo per l'arresto immediato dei cilindri avente l'organo di
comando conformato e disposto in modo che l'arresto possa essere
conseguito anche mediante semplice e leggera pressione di una qualche
parte del corpo del lavoratore nel caso che questi venga preso con le mani
dai cilindri in moto.
Il dispositivo di arresto di cui al comma precedente oltre al freno
deve comprendere anche un sistema per la contemporanea inversione del moto
dei cilindri prima del loro arresto definitivo.
(...)
Articolo 157
Le bobine delle macchine per trafilare fili metallici devono essere
provviste di un dispositivo, azionabile direttamente dal lavoratore, che
consenta l'arresto immediato della macchina in caso di necessità.
(...)
Articolo 165
Le macchine tipografiche a platina e le macchine simili che non siano
munite di alimentatore automatico devono essere provviste di un
dispositivo atto a determinare l'arresto automatico della macchina per
semplice urto della mano del lavoratore, quando questa venga a trovarsi in
posizione di pericolo fra la tavola fissa e il pianomobile, ovvero devono
essere munite di altro idoneo dispositivo di sicurezza di riconosciuta
efficacia.
(...)
Articolo 209
Presso ogni posto di carico e scarico dei trasportatori verticali a
piani mobili deve essere predisposto un dispositivo per il rapido arresto
dell'apparecchio.
(...)
Articolo 220
I piani inclinati devono essere provvisti di dispositivo di sicurezza
atto a provocare il pronto arresto dei carrelli o dei convogli in caso di
rottura o di allentamento degli organi di trazione, quando ciò sia
necessario in relazione alla lunghezza, alla pendenza del percorso, alla
velocità di esercizio o ad altre particolari condizioni di impianto, e
comunque quando siano usati, anche saltuariamente, per il trasporto delle
persone.
Quando per ragioni tecniche connesse con le particolarità dell'impianto
o del suo esercizio, non sia possibile adottare il dispositivo di cui al
primo comma, gli organi di trazione e di attacco dei carrelli devono
presentare un coefficiente di sicurezza, almeno uguale a otto; in tale
caso è vietato l'uso dei piani inclinati per il trasporto delle persone.
In ogni caso, gli organi di trazione e di attacco, come pure i
dispositivi di sicurezza, devono essere sottoposti a verifica mensile.
(...)
Articolo 374
(...)
Gli impianti, le macchine, gli apparecchi, le attrezzature, gli
utensili, gli strumenti, compresi gli apprestamenti di difesa devono
possedere, in relazione alle necessità della sicurezza del lavoro, i
necessari requisiti di resistenza e di idoneità ed essere mantenuti in
buono stato di conservazione e di efficienza.
(...)".
Procedimento precontenzioso
10.
Considerando che la direttiva 89/655 non era stata integralmente
trasposta nel diritto italiano entro il termine prescritto, la Commissione
ha avviato il procedimento per inadempimento. Dopo aver diffidato la
Repubblica italiana ingiungendole di presentare le sue osservazioni, in
particolare per quanto riguarda i requisiti minimi di cui all'allegato I
della detta direttiva, il 4 agosto 1999 la Commissione ha emesso un parere
motivato con il quale tale Stato membro veniva invitato ad adottare i
provvedimenti necessari per conformarvisi entro un termine di due mesi a
decorrere dalla sua notifica.
11.
La Repubblica italiana si è astenuta dal rispondere a tale parere.
Poiché l'esame della normativa comunicata da parte delle autorità italiane
all'inizio del procedimento precontenzioso aveva condotto la Commissione a
considerare che la direttiva 89/655 non era stata trasposta in modo
soddisfacente, essa ha deciso di proporre il ricorso in esame.
Sul ricorso
12.
Dopo aver preso atto delle osservazioni formulate dalla Repubblica
italiana nel suo controricorso, la Commissione ha rinunciato a far valere
l'addebito attinente all'allegato I, punto 2.3, seconda frase, della
direttiva 89/655.
Sulla mancata trasposizione dell'allegato I, punto 2.1, sesta frase,
della direttiva 89/655
Argomenti delle parti
13.
Il governo italiano sostiene di aver trasposto l'allegato I, punto 2.1,
sesta frase, della direttiva 89/655 con l'art. 80 del DPR n. 547/55.
14.
Secondo il governo italiano la Commissione sottovaluta il nesso
esistente, nell'allegato I, punto 2.1, della direttiva 89/655, fra le tre
frasi che costituiscono il terzo comma di tale disposizione. La frase alla
quale fa riferimento la Commissione per far valere l'inadempimento, cioè
la sesta frase del detto punto, rappresenterebbe il complemento delle
prime due, essendo stata integrata nel detto comma come terza ed ultima
frase, ed avrebbe, pertanto, la funzione di precisare quali devono essere
il senso e lo scopo dell'avvertimento prescritto dalla seconda frase di
tale comma.
15.
L'art. 80 del DPR n. 547/55 riguarderebbe macchine alle quali sono
addetti più lavoratori (persone esposte) non perfettamente visibili da
colui che ha il compito di mettere in moto le macchine. Ora, secondo il
governo italiano, è a queste ultime che si riferisce l'allegato I, punto
2.1, terzo comma, della direttiva 89/655 quando menziona attrezzature
dotate di un "posto di comando principale"; così facendo, essofarebbe
necessariamente riferimento ad attrezzature configurate in modo da
richiedere più postazioni di lavoro o di comando, cioè quelle di fatto
considerate dall'art. 80 del DPR n. 547/55.
16.
Il governo italiano sottolinea che l'avvertimento previsto da tale
articolo non è un generico avviso, bensì un segnale acustico "convenuto".
Esso sostiene che tale segnale informa le persone esposte dell'inizio di
una procedura che, entro tempi noti e congruenti con le caratteristiche di
pericolosità delle evenienze da essa determinate, porta all'effettiva
messa in moto dell'attrezzatura di lavoro. Grazie alla conoscenza dei
detti tempi le persone esposte potrebbero sottrarsi ai rischi
corrispondenti, se le operazioni di avvertimento vengono effettuate
correttamente.
17.
Secondo il detto governo non potrebbe essere accolta una lettura
dell'allegato I, punto 2.1, sesta frase, della direttiva 89/655 avulsa
dalla quarta e dalla quinta frase dello stesso punto.
18.
La Commissione fa valere che il governo italiano si basa su una
premessa palesemente erronea presupponendo che l'esigenza di avvertimento,
di cui si lamenta il mancato recepimento, abbia la funzione di "precisare
quali devono essere il senso e lo scopo dell'avvertimento sonoro" previsto
per la messa in moto nel caso in cui l'operatore non sia in grado di
accertarsi dell'assenza di persone nelle zone pericolose. Non sarebbe
corretto affermare che l'allegato I, punto 2.1, sesta frase, della
direttiva 89/655 è una sorta di complemento delle frasi quarta e quinta
dello stesso punto e tale norma non rappresenterebbe neanche una
precisazione del contenuto delle dette frasi. Al contrario, secondo la
Commissione è proprio tale sesta frase che, attraverso la possibilità per
la persona esposta di sottrarsi rapidamente al rischio, svolge il ruolo
qualificante di esigenza fondamentale da rispettare imperativamente.
19.
La Commissione sottolinea che l'art. 80 del DPR n. 547/55 prevede
solamente la necessità del "segnale acustico convenuto". Esso
rappresenterebbe così una trasposizione non dell'allegato I, punto 2.1,
sesta frase, della direttiva 89/655, bensì della quinta frase di
quest'ultimo. Se la detta sesta frase non venisse efficacemente recepita,
si potrebbe facilmente incorrere in casi in cui gli eventuali segnali di
avvertimento relativi alla messa in moto o all'arresto delle attrezzature
di lavoro risultano insufficienti per permettere ai lavoratori di mettersi
rapidamente in salvo. L'esigenza secondo cui questi ultimi devono avere la
possibilità di sottrarsi rapidamente a situazioni di rischio mancherebbe
completamente nella normativa italiana. Quest'ultima prevederebbe il solo
obbligo del "segnale acustico convenuto". La Commissione ritiene che un
siffatto obbligo sia insufficiente a colmare la grave lacuna risultante
dalla mancata previsione di un'esigenza generalizzata riguardante la
possibilità pratica per gli interessati di sottrarsi con celerità ai
rischi.
Giudizio della Corte
20.
Occorre rammentare che, secondo una giurisprudenza consolidata, in caso
di trasposizione di una direttiva nell'ordinamento giuridico di uno Stato
membro, è indispensabile che l'ordinamento nazionale di cui trattasi
garantisca effettivamente la piena applicazione della direttiva, che la
situazione giuridica scaturente da tale ordinamento sia sufficientemente
precisa e chiara e che i destinatari siano posti in grado di conoscere la
piena portata dei loro diritti ed eventualmente di avvalersene dinanzi ai
giudici nazionali (v., in particolare, sentenze 23 marzo 1995, causa
C-365/93, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-499, punto 9, e 10 maggio 2001,
causa C-144/99, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I-3541, punto 17).
21.
Alla luce di tali considerazioni, occorre esaminare se le disposizioni
dell'ordinamento italiano siano tali da soddisfare le condizioni poste
dalla direttiva 89/655.
22.
Ai sensi del requisito minimo previsto all'allegato I, punto 2.1, sesta
frase, della direttiva 89/655, nelle zone pericolose "[l]a persona esposta
deve avere il tempo e/o i mezzi di sottrarsi rapidamente ad eventuali
rischi causati dalla messa in moto e/o dall'arresto dell'attrezzatura di
lavoro". Tale esigenza si aggiunge alla necessità di prevedere un "segnale
d'avvertimento sonoro e/o visivo" derivante dalla quinta frase del detto
punto 2.1.
23.
Nel caso di specie, se la necessità di far precedere l'avviamento di
macchine complesse da un "segnale acustico convenuto", prevista all'art.
80 del DPR n. 547/55, costituisce una trasposizione dell'allegato I, punto
2.1, quinta frase, della direttiva 89/655, tale disposizione non soddisfa
invece le condizioni poste dalla sesta frase dello stesso punto.
24.
Di conseguenza, si deve constatare che la Repubblica italiana è venuta
meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'allegato I, punto 2.1,
sesta frase, della direttiva 89/655.
Sulla mancata trasposizione dell'allegato I, punto 2.2, seconda frase,
della direttiva 89/655
Argomenti delle parti
25.
Il governo italiano sostiene di avere trasposto l'allegato I, punto
2.2, seconda frase, della direttiva 89/655 con l'art. 77 del DPR n.
547/55.
26.
Secondo tale governo, il detto articolo esige in sostanza che, da una
lato, sulla macchina vi sia un dispositivo (cioè un complesso coordinato
di elementi fisici finalizzato all'ottenimento di un determinato
risultato) per comandare l'avviamento, composto da un organo (quello sul
quale l'operatore deve esercitare fisicamente il comando) che, per
conformazione fisica e dislocazione sulla macchina, sia tale da
nondeterminare azionamenti fisici accidentali e da un sistema "logico" di
attuazione che impedisca "funzionalmente" la rimessa in moto non voluta.
27.
Il governo italiano sostiene che l'art. 77 del DPR n. 547/55 raggiunge
gli stessi obiettivi definiti all'allegato I, punto 2.2, prima frase,
della direttiva 89/655. Infatti, da una lato, la detta disposizione
nazionale imporrebbe in negativo (che siano evitati avviamenti
accidentali) ciò che la direttiva chiede in positivo (l'esecuzione di
un'azione volontaria) e, dall'altro, rappresenterebbe una disposizione a
carattere assolutamente generale, non essendo limitata agli specifici casi
individuati dalla seconda frase del detto punto 2.2.
28.
La Commissione fa valere che l'art. 77 del DPR n. 547/55 si riferisce,
in termini molto vaghi e generali, alla localizzazione dei comandi sulle
macchine, mentre la direttiva 89/655 stabilisce l'esigenza dell'azione
volontaria per la rimessa in moto o per la modifica delle condizioni di
funzionamento di una macchina. La disposizione italiana e quella
comunitaria avrebbero quindi contenuti diversi e non coincidenti e lo
scopo di quest'ultima non sarebbe perseguito dalla prima con tutta
l'efficacia necessaria. Rammentando la sentenza 9 aprile 1987 (causa
363/85, Commissione/Italia, Racc. pag. 1733, punto 7), la Commissione
considera l'art. 77 del DPR n. 547/55 troppo vago e di carattere troppo
generale per ben recepire il livello minimo di tutela stabilito dalla
direttiva 89/655. Pretendere di recepire una specifica esigenza di tutela
come quella indicata nell'allegato I, punto 2.2, seconda frase, di tale
direttiva con una disposizione di carattere generale come quella di cui al
detto art. 77 le appare insoddisfacente, in quanto vi è il rischio di un
serio pregiudizio per la sicurezza effettiva dei lavoratori interessati.
Di conseguenza, questi ultimi non sarebbero posti in grado di conoscere
appieno i loro diritti e di farli valere dinanzi al giudice competente.
Giudizio della Corte
29.
Secondo il requisito minimo previsto all'allegato I, punto 2.2, seconda
frase, della direttiva 89/655, la rimessa in moto dopo un arresto,
indipendentemente dalla sua origine, e il comando di una modifica
rilevante delle condizioni di funzionamento (ad esempio, velocità,
pressione, ecc.) devono poter essere effettuati soltanto mediante
un'azione volontaria su un organo di comando concepito a tal fine, salvo
che questa rimessa in moto o questa modifica di velocità non presenti
alcun pericolo per il lavoratore esposto.
30.
Nel caso di specie, l'art. 77 del DPR n. 547/55 prevede che i comandi
di avviamento delle macchine devono essere disposti in modo da evitare
avviamenti o innesti accidentali o essere dotati di dispositivi idonei a
svolgere la stessa funzione.
31.
Tale disposizione di carattere generale non traspone in modo
sufficientemente chiaro e preciso i requisiti specifici previsti
all'allegato I, punto 2.2, seconda frase, della direttiva 89/655. In
particolare essa non fa alcuna allusione alla modifica rilevante delle
condizioni di funzionamento della macchina.
32.
Si deve pertanto constatare che la Repubblica italiana è venuta meno
agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'allegato I, punto 2.2,
seconda frase, della direttiva 89/655.
Sulla mancata trasposizione dell'allegato I, punto 2.3, terza e quarta
frase, della direttiva 89/655
Argomenti delle parti
33.
Il governo italiano asserisce di aver trasposto l'allegato I, punto
2.3, terza e quarta frase, della direttiva 89/655 con gli artt. 69 e 71,
redatti in modo assolutamente generale, nonché con gli artt. 133, 157,
165, 209 e 220 del DPR n. 547/55.
34.
Secondo il governo italiano l'art. 69 del DPR n. 547/55 dispone che,
nel caso in cui sussistano rischi a causa dell'impossibilità di conseguire
altrimenti una protezione efficace o una segregazione degli organi
lavoratori o delle zone di operazione pericolose delle macchine, si devono
adottare altre misure, come l'impiego di attrezzi idonei, alimentatori
automatici o dispositivi supplementari ai dispositivi normali per
l'arresto della macchina, considerato che le prime misure sono dirette a
eliminare il rischio e le seconde a ridurlo.
35.
L'art. 71 del DPR n. 547/55 conterrebbe disposizioni ancor più
restrittive non solo per quanto riguarda la presenza del dispositivo di
arresto della macchina in movimento, ma anche rispetto alla localizzazione
del sistema di comando ed alle caratteristiche della frenatura che deve
essere ottenuto dopo l'avvio del dispositivo.
36.
Il governo italiano sostiene che gli artt. 133, 157, 165, 209 e 220 del
DPR n. 547/55 concretizzano in misura ancora maggiore il principio
definito dall'allegato I, punto 2.3, seconda frase, della direttiva
89/655, modulandolo in rapporto allo specifico rischio presente sulle
macchine di volta in volta considerate da tali disposizioni.
37.
Secondo la Commissione nessuna delle disposizioni fatte valere dal
governo italiano garantisce la trasposizione dell'allegato I, punto 2.3,
terza e quarta frase, della direttiva 89/655. Essa sostiene che tale
direttiva ha optato, in materia, per una soluzione che comporta esigenze
tecniche dettagliate, idonee a coprire ogni tipo di rischio, e impone agli
Stati membri di recepirle con un grado elevato di precisione e puntualità,
per evitare ogni ambiguità in sede di applicazione pratica delle
disposizioni nazionali destinate a salvaguardare la sicurezza dei
lavoratori. Ad avviso della Commissione le disposizioni nazionali italiane
non possono essere considerate conformi alle esigenze di chiarezza e di
precisione richieste per un corretto recepimento delle dette frasi terza e
quarta.
Giudizio della Corte
38.
Secondo i requisiti minimi previsti all'allegato I, punto 2.3, terza e
quarta frase, della direttiva 89/655, l'ordine di arresto
dell'attrezzatura di lavoro deve essere prioritario rispetto agli ordini
di messa in moto; ottenuto l'arresto dell'attrezzatura di lavoro o dei
suoi elementi pericolosi, l'alimentazione degli azionatori deve essere
interrotta.
39.
Nel caso di specie, nessuna delle disposizioni nazionali fatte valere
dalla Repubblica italiana menziona tali esigenze tecniche specifiche. Le
dette disposizioni recepiscono solo l'allegato I, punto 2.3, prima e
seconda frase, della direttiva 89/655.
40.
Si deve pertanto constatare che la Repubblica italiana è venuta meno
agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'allegato I, punto 2.3,
terza e quarta frase, di tale direttiva.
Sulla mancata trasposizione dell'allegato I, punto 2.8, seconda frase,
dal secondo al quinto trattino, della direttiva 89/655
Argomenti delle parti
41.
Il governo italiano asserisce di avere recepito l'allegato I, punto
2.8, seconda frase, dal terzo al quinto trattino, della direttiva 89/655
con una disposizione a carattere generale, cioè l'art. 374, secondo comma,
del DPR n. 547/55, la cui violazione è penalmente sanzionata, e con
quattro disposizioni specifiche di quest'ultimo, cioè gli artt. 43, 44, 48
e 49.
42.
Inoltre, il governo italiano sostiene che, in materia di sicurezza,
l'applicazione nell'ordinamento giuridico nazionale delle disposizioni
della normativa ordinaria, come i decreti emanati nel tempo in materia di
prevenzione degli infortuni, costituisce solo il livello minimo di
adempimento richiesto ai datori di lavoro, ai quali è rivolta la detta
normativa, di modo che, al di sotto di tale livello, la condotta di questi
ultimi integra una fattispecie di reato. Tale principio sarebbe stato
sancito dall'art. 2087 del codice civile italiano e sarebbe ripreso
altresì all'art. 4, n. 5, lett. b), del decreto legislativo n. 626/94.
Inoltre, il detto governo rammenta che i soggetti obbligati a dare
compiuto adempimento al principio dell'art. 374 del DPR n. 547/55 devono
ricercare ed applicare le migliori soluzioni di sicurezza disponibili al
momento. Pertanto, la genericità delle disposizioni di quest'ultimo
sarebbe solo apparente.
43.
Il governo italiano riconosce di avere scelto un approccio differente
rispetto a quello della direttiva 89/655, ma fa valere che la normativa
nazionale di riferimento raggiunge lo stesso obiettivo di sicurezza
perseguito dalla detta direttiva. Il suo approccio favorirebbe
l'acquisizione del progresso in termini di sicurezza conseguente allo
sviluppo della tecnica della prevenzione.
44.
La Commissione ritiene che nessuna delle cinque disposizioni del DPR n.
547/55 cui si richiama il governo italiano recepisca in modo congruo le
esigenze tecniche previste dalla direttiva 89/655. L'approccio prescelto
dalle autorità italiane si risolverebbe, in pratica, nella predisposizione
di un quadro normativo comprendente, da un lato, disposizioni specifiche
aventi un contenuto oggettivamente diverso da quello delle esigenze
dell'allegato I, punto 2.8, seconda frase, dal terzo al quinto trattino,
della direttiva 89/655 e, dall'altro, tre principi di carattere generale
che non garantiscono in modo chiaro e inequivoco il livello minimo di
protezione voluto da quest'ultima. La Commissione sostiene che il sistema
italiano obbedisce ad una logica che, sebbene rispettabile, è diversa e
incompatibile con quella della detta direttiva, offrendo agli interessati
un grado inferiore di chiarezza e precisione e finendo con il
compromettere il diritto di questi ultimi a conoscere i diritti loro
spettanti e ad avvalersene dinanzi ai giudici nazionali.
Giudizio della Corte
45.
I requisiti minimi previsti all'allegato I, punto 2.8, seconda frase,
dal secondo al quinto trattino, della direttiva 89/655 riguardano le
protezioni ed i sistemi protettivi per gli elementi mobili di
un'attrezzatura di lavoro che presentano rischi di contatto meccanico che
possono causare incidenti. Tali sistemi non devono provocare rischi
supplementari, né essere facilmente elusi o resi inefficaci e non devono
limitare più del necessario l'osservazione del ciclo di lavoro. Inoltre,
essi devono essere situati ad una distanza sufficiente dalla zona
pericolosa.
46.
Nel caso di specie, le disposizioni specifiche fatte valere dalla
Repubblica italiana, cioè gli artt. 43, 44, 48 e 49 del DPR n. 547/55, non
impongono il rispetto delle esigenze menzionate al punto precedente.
47.
Quanto alle disposizioni nazionali a carattere generale, cioè gli artt.
2087 del codice civile italiano, 4, n. 5, lett. b) del decreto legislativo
n. 626/94 e 374 del DPR n. 547/55, nessuna di queste recepisce in modo
sufficientemente chiaro e preciso le dette esigenze.
48.
Il governo italiano non può giustificare l'inadempimento contestato
facendo valere l'argomento secondo cui la normativa introdotta sarebbe
fondata sul necessario adeguamento al progresso delle norme di sicurezza.
Infatti, un simile approccio, che del resto deriva già dalla direttiva del
Consiglio 12 giugno 1989, 89/391/CEE, concernente l'attuazione di misure
volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei
lavoratori durante il lavoro (GU L 183, pag. 1), non dispensa uno Stato
membro dal mettere in vigore i requisiti minimi previsti dalla direttiva
89/655.
49.
Si deve pertanto constatare che la Repubblica italiana è venuta meno
agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'allegato I, punto 2.8,
seconda frase, dal secondo al quinto trattino, della direttiva 89/655.
50.
Non recependo in modo completo i requisiti minimi previsti
dall'allegato I della direttiva 98/655, la Repubblica italiana è altresì
venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'art. 4, n. 1,
della detta direttiva, che vi fa rinvio.
51.
Si deve quindi constatare che, non adottando le disposizioni
legislative e regolamentari necessarie per recepire nell'ordinamento
interno taluni requisiti minimi vincolanti della direttiva 89/655, la
Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai
sensi dell'art. 4, n. 1, e dell'allegato I, punti 2.1, sesta frase, 2.2,
seconda frase, 2.3, terza e quarta frase, e 2.8, seconda frase, dal
secondo al quinto trattino, della detta direttiva.
Sulle spese
52.
Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte
soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la
Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta
soccombente, va condannata alle spese.
Per questi motivi,
LA CORTE (Sesta Sezione)
dichiara e statuisce:
1) Non adottando le disposizioni legislative e regolamentari necessarie
per recepire nell'ordinamento interno taluni requisiti minimi vincolanti
della direttiva del Consiglio 30 novembre 1989, 89/655/CEE, relativa ai
requisiti minimi di sicurezza e di salute per l'uso di attrezzature di
lavoro da parte dei lavoratori durante il lavoro (seconda direttiva
particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva
89/391/CEE), come modificata dalla direttiva del Consiglio 5 dicembre
1995, 95/63/CE, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa
incombenti ai sensi dell'art. 4, n. 1, e dell'allegato I, punti 2.1, sesta
frase, 2.2, seconda frase, 2.3, terza e quarta frase, e 2.8, seconda
frase, dal secondo al quinto trattino, della detta direttiva.
2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.
(Firme)
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 10 aprile 2003.
Il cancelliere
Il presidente della Sesta Sezione
R. Grass
J.-P. Puissochet