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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria

N. 849/02 R.G.R.

N. 823 Reg.Sent.

ANNO 2003

 
 

Sezione Prima 

nelle persone dei Signori:

Renato            VIVENZIO                     Presidente

Antonio            BIANCHI                      Consigliere, rel. ed est.

Davide             PONTE                         Primo Referendario

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 849/02 R.G.R. proposto da Damiano Franco, rappresentato e difeso dagli avvocati G. Giorgi e A. Bava ed elettivamente domiciliato nello studio del secondo in Genova, Via alla Porta degli Archi, n. 10/27;

      ricorrente

CONTRO

il MINISTERO della GIUSTIZIA, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso ope-legis dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Genova, domiciliataria;

resistente

per l’annullamento

del decreto del Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria n. 40193-2002/14647 del 3 maggio 2002, disponente l’irrogazione della sanzione disciplinare della destituzione dal servizio del ricorrente, nonchè di tutti gli atti ad esso presupposti.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia intimato;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Nominato relatore il Consigliere Antonio Bianchi;

Uditi alla pubblica udienza del 3 aprile 2003 l’avvocato A. Bava per il ricorrente e l’avvocato dello Stato Rocchitta per l’amministrazione resistente.

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

1. Il ricorrente presta servizio da diversi anni alle dipendenze della Amministrazione della Giustizia quale Agente scelto dal Corpo di Polizia Penitenziaria.

2. Il medesimo avrebbe sopportato negli ultimi anni notevoli carichi di lavoro, tanto da accumulare, nell’ultimo periodo di servizio, ben 68 giorni di ferie arretrate. 

3. Recentemente il ricorrente, già stressato per la situazione suddetta, si é trovato ad affrontare una difficile situazione familiare, con il padre che, caduto ammalato, necessitava di cure.

4. Il medesimo inoltre si é impugnato per aiutare il cugino, tempo fa implicato in una brutta questione di detenzione di sostanze stupefacenti, a reinserirsi, supportandolo in una attività di commercio di materiale per l’edilizia, in cui il fratello si era inserito.

5. Il complesso delle circostanze, ossia la stanchezza accumulata, la malattia del padre, e le difficoltà economiche connesse al supporto alla attività in cui lavorava il fratello, si ripercuotevano sullo stato psicofisico del ricorrente, che cadeva malato e, in data 4 settembre 2001, non si presentava a prestare servizio, senza avere l’accortezza di documentare il proprio stato di malattia, ma solo telefonando per avvisare.

6. Il giorno successivo all’inizio dell’assenza dal servizio la Casa Circondariale di prato inviava visita fiscale presso l’abitazione del ricorrente il medico all’uopo intervenuto riscontrava lo stesso effettivamente presente in casa ed effettivamente malato.

7. Egualmente accadeva in altre due successive occasioni venendo attestata la persistenza dello stato di malattia fino a tutto il 14 settembre 2001.

8. L’Amministrazione tuttavia ometteva di inviare nuovi controlli, fino alla data di ripresa del servizio del Sig. Damiano, 5 ottobre 2001.

9. In data 3 ottobre 2001 il Direttore della Casa Circondariale inviava al domicilio del Sig. Damiano richiesta di documentazione atta a giustificare la assenza dal servizio dal 4 settembre 2001 alla data stessa.

10. Ripresentandosi in servizio, con lettera 5 ottobre 2001 il Direttore gli chiedeva di documentare l’assenza da servizio dal 14 settembre 2001 al 3 ottobre 2001.

11. Il Comandante del reparto a questo punto indirizzava al Direttore comunicazione di attivazione della procedura disciplinare 12 ottobre 2001 allegandovi segnalazioni delle assenze copia dei tre referti redatti in occasione delle visite fiscali foglio matricolare ed elenco sanzioni.

12. Il tutto veniva inviato in data 16 ottobre 2001 al Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria sulla base della valutazione da parte del Direttore della possibile applicazione della sanzione espulsiva.

13. Con lettera il 16 ottobre 2001, notificata al Damiano il 20.10.2001 si comunicava allo stesso l’inoltro del rapporto disciplinare.

14. Il Direttore dell’Ufficio Centrale del Personale con provvedimento 10.12.2001 nominava il funzionario istruttore ex art. 15 D.Lgs. 449/92.

15. Questi con lettera prot. 2692/01 DF, ricevuta dal Damiano in data 13.12.2001, elevava la contestazione degli addebiti sulla seguente veste letterale. “la S.V. è risultata assente ingiustificata per il seguente periodo: dal 14.09.2001 al 03.10.2001 (....) e che ha intrapreso una non meglio identificata “attività” investendo una cospicua somma di denaro intestata al cugino, pregiudicato per la detenzione a fini di spaccio di cocaina, ove presta lavoro un’altra persona pregiudicata per lo stesso reato” e dava il termine di 10 giorni, salvo proroga, per presentare giustificazioni e documenti;

16. Il Sig. Damiano sulle prime chiedeva con nota 14.12.2001 consegnata in data 21.12.2001 una proroga per il deposito di giustificazioni chiedendo anche di esaminare gli atti.

17. Con nota 28.12.2001 il funzionario incaricato concedeva la proroga richiesta fissando per l’8 gennaio 2002 la data di comparizione, a cui il Damiano peraltro, non si presentava.

18. Con relazione 24.01.2002 il funzionario istruttore relazionava su quanto sopra e, senza dare atto di qualunque ulteriore valutazione o indagine, concludeva ritenendo “Congrua la previsione di cui all’art. 6, co. 2, lettera A), B), C), D), F) e G), del d.lvo. 449/92”.

19. Sulla base di tale relazione il Sig. Damiano veniva convocato dinanzi al Consiglio Centrale di Disciplina di cui all’art. 16 D.L.vo 449/92, per il giorno 5 aprile 2002.

20. Nominato un difensore per l’occasione, il Damiano compariva nanti il Consiglio di Disciplina, contestando la veridicità della contestata frequentazione, e difendendosi in punto di assenza arbitraria come segue: “relativamente all’assenza dal servizio fa presente che in quel periodo il Damiano era pressato da gravi problemi familiari dovuti alla malattia del padre che necessitava di cure costanti che soltanto lui era in grado di corrispondere. Rappresenta che per tale situazione ha contratto una patologia tipo stato ansioso depressivo con la conseguente assunzione di farmaci specifici tipo Lexotan. Viene prodotta certificazione sanitaria attestante quanto dichiarato”.

21. Il Consiglio a quel periodo esprimeva il parere, per i motivi illustrati nella redigenda deliberazione, di irrogarsi la sanzione della destituzione.

22. Il Capo del Dipartimento, con decreto 03.05.202 decretava l’irrogazione della sanzione della destituzione, “considerato che il Consiglio Centrale di Disciplina....... ha proposto di irrogare ... la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio;

Ritenuto di decidere in conformità atteso che nel comportamento tenuto nel caso di cui si argomenta é insito l’estremo della mancanza del senso morale, trattandosi di comportamento contrario ai doveri assunti con il giuramento e della dolosa violazione dei doveri con grave pregiudizio per l’Amministrazione penitenziaria;

Considerato altresì che il comportamento tenuto dal medesimo é manifestazione di una condotta non irreprensibile, che non può essere letto in termini di palese violazione dei doveri di correttezza e di rispetto delle leggi;

Tenuto conto, peraltro, che in sede di arruolamento l’Amministrazione effettua una selezione tra gli aspiranti con lo scopo di assumere soggetti che, nello spirito che disciplina la materia (R.D. 12/41, richiamato dall’art. 26 della legge n. 53/89) siano tali da indurre considerazione sociale, ancor più ciò vale e va attuato in costanza di rapporto di servizio, nei confronti di coloro i quali hanno già prestato solenne giuramento di fedeltà ai principi fondamentali del Corpo”.

Tenuto, altresì, conto cha la sanzione disciplinare inflitta, come evidenziato, non ha in alcun modo fornito elementi di riflessione all’agente che, incurante delle sue sorti lavorative, ha continuato, senza ravvedersi, in un comportamento lesivo del prestigio e dell’immagine dell’Amministrazione penitenziaria, nonché del Corpo cui appartiene”:

Ritenendo illegittima tale destituzione l’istante, con il ricorso in epigrafe, ha adito questo T.A.R. chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

1. Violazione di legge (art. 15 comma 6 D.L.vo. 449/92) Violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost.

Gli atti acquisiti dovrebbero essere esattamente quelli utilizzati nel procedimento disciplinare.

Questi ultimi avrebbero dovuto essere trasmessi al Consiglio di Disciplina dall’autorità che ha emesso la richiesta (art. 16,  comma 1 1. cit.) che a sua volta avrebbe dovuto riceverli dal funzionario istruttore, che avrebbe dovuto previamente (ai sensi dell’art. 15 comma 6 1. cit.) riunirli in un fascicolo, numerandoli progressivamene in ordine cronologico e apponendo su ciascun foglio la propria firma. Tale fascicolo avrebbe poi dovuto esser appunto trasmesso con la relazione stesa dal funzionario istruttore medesimo.

La discarica della documentazione, viceversa, porta a far rilevare che gli atti disponibili al ricorrente non recano traccia nè della numerazione nè della firma del funzionario medesimo.

2. Violazione di legge (art. 16 D.L.vo 449/92) Eccesso di potere per carenza di istruttoria.

Dall’esame degli atti acquisiti tramite l’accesso esercitato, non é dato desumere l’osservanza della procedura, che appare non essere stata rispettata, di cui all’art. 16 commi 1 e 2 D.L.vo 449/92. In particolare, posto che in base al comma 2 l’avviso di convocazione – nella fattispecie datato 5 marzo 2002, - deve essere steso il giorno stesso della prima riunione del consiglio di disciplina, avrebbe dovuto esistere agli atti la documentazione dell’espletamento in data 5 marzo 2002 della procedura di cui al primo comma, ossia, la documentazione della dichiarazione, da parte del Presidente e dei Membri del Consiglio, della disamina degli atti.

3. Eccesso di potere per carenza di motivazione. Contraddittorietà con precedenti provvedimenti della medesima amministrazione. Violazione art. 6 e 11 D.L.vo 449/92.

Scendendo nel merito dei provvedimenti impugnati, é da porre in evidenza in primo luogo il fatto che nessuno degli organi interessati alla vicenda, né in funzionario istruttore, nè la commissione di disciplina, nè infine il Capo del Dipartimento, si sono posti il problema di valutare complessivamente la vicenda del Damiano.

In effetti il ricorrente non si é semplicemente assentato in modo ingiustificato dal servizio dal 14 settembre 2001 al 3 ottobre 2001, come erroneamente portato in contestazione degli addebiti e come poi posto al centro sella sanzione, ma egli (nel contesto di un quadro complessivo, meglio descritto in narrativa, che coinvolgeva anche la sua famiglia) era effettivamente ammalato, ed era assente dal servizio dal 4 settembre 2001.

Fin tale data, prostrato fisicamente (epigastroalgia) e psicologicamente (stato ansioso depressivo, come poi istruttoria avrebbe documentato, leggasi prod. 23) il ricorrente cominciava la sua assenza dal servizio.

Eppure il periodo preso in considerazione per comminare la destituzione al ricorrente é stato fatto decorrere da 10 giorni più tardi.

E ciò non perché durante quei 10 giorni il ricorrente avesse fatto pervenire certificati, ma perché durante quei medesimi giorni il ricorrente venne fatto oggetto di ben tre visite fiscali, che confermarono la sua malattia e giustificarono l’assenza (tanto è vero appunto che quei dieci giorni non vennero calcolati come assenza arbitraria).

4. Eccesso di potere per carenza di motivazione. Carenza di istruttoria. Violazione artt. 5 e 6 D.L.vo 449/92. Carenza dei presupposti.

Quanto appena osservato dovrebbe portare indefettibilmente all’annullamento del provvedimento impugnato, e ciò a prescindere dal fatto che la decadenza sia stata comminata anche per un’altra situazione.

In effetti non è certo detto che in presenza di una sola condotta sanzionabile il risultato sarebbe stato lo stesso.

Ciò non di meno, in relazione si deve rilevare che essa, in sé, avrebbe dovuto essere inquadrata nella fattispecie dell’art. 5 (D.L.vo cit., laddove, al punto e) si porta “assidua frequenza, senza necessità di servizio, di persone dedite ad attività illecite o di pregiudicati”) con possibilità di comminatoria della sola sospensione dal servizio.

In realtà la fattispecie é stata ricondotta egualmente all’art. 6, valutandole sotto profili passibili di destituzione, seppure tipicamente inquadrata in tutt’altra situazione (e passibile di sanzione ben meno grave).

In pratica si é inteso dapprima contestare, e poi punire il ricorrente costruendo la tesi secondo la quale la “frequentazione” del cugino e dell’altro pregiudicato sarebbe atto che rivela “mancanza del senso dell’onore e del senso morale” nonché atto che sarebbe “in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento”, fattispecie punite ex art. 6 con la destituzione.

In questo modo tuttavia si é completamente ignorata la tassatività che le disposizioni in esame contengono, e dunque una situazione punita con la semplice sospensione é stata posta alla base ella destituzione.

5. Violazione di legge (art. 11 comma 2 D.L.vo 449/92). Carenza di motivazione. Carenza di istruttoria.

Nè gli organi consultivi, nè l’autorità provvedente hanno speso la minima parola in relazione alle difese del ricorrente, nè hanno tenuto nella minima considerazione in particolare la documentazione prodotta, attestante l’esistenza di una patologia di stato ansioso depressivo in cura con medicinali specifici.

Una patologia consimile possiede una rilevanza tale che la circostanza dell’accertamento di un simile stato di malattia avrebbe dovuto portare l’amministrazione ad effettuare quegli accertamenti istruttori che avrebbero dovuto condurre a far determinare la gravità della situazione.

Conclude l’istante, chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato, con vittoria di spese.

Si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato di Genova per il Ministero della Giustizia intimato, la quale, con memoria del 10.03.2003, ha contestato la fondatezza del gravame chiedendone il rigetto.

Con memoria del 19.03.2003, l’istante ha insistito per l’accoglimento del ricorso, confermandone i motivi.

Alla pubblica udienza del 3 aprile 2003, il ricorso é stato posto in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso é fondato sotto gli assorbenti profili di censura dedotti con il terzo, quanto e quinto motivo, che possono essere trattati congiuntamente attesa la loro connessione.

2. Con il provvedimento impugnato il Vice Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, facendo propria la proposta del Consiglio Centrale di disciplina di cui alla delibera del 05.04.2002, ha irrogato al ricorrente la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio, in base alle seguenti considerazioni:

-“per assenza ingiustificata protrattasi dal 14.09.2001 al 03.10.2001”;

-“per aver intrapreso una non meglio identificata attività, nella quale ha investito una cospicua somma di denaro, intestata al cugino, pregiudicato per detenzione ai fini di spaccio di cocaina, ove presta lavoro un’altra persona pregiudicata per lo stesso reato, integrando gli estremi della frequentazione di persone dedite ad attività illecite o di pregiudicati”.

Tale comportamento, infatti, è stato ritenuto “contrario ai doveri assunti con il giuramento tra cui si annovera, appunto, la responsabilità nel rispetto dell’orario di servizio con annesse quella di comunicare e di produrre idonea motivazione delle assenze”, nonché connotato della “mancanza del senso dell’onore e del senso morale........... con grave pregiudizio all’Amministrazione penitenziaria”.

Ritiene il Collegio che le esposte argomentazioni non siano idonee a dare ragione della determinazione assunta, in quanto basate su una istruttoria carente e comunque prive di un adeguato supporto motivazionale. 

3. Ed invero, in relazione alla contestata “assenza ingiustificata” dal servizio, il Collegio non può non rilevare come l’amministrazione abbia considerato tale episodio in modo del tutto scollegato rispetto al contesto in cui é avvenuto, omettendo di valutare complessivamente la vicenda che ha ingenerato il procedimento disciplinare per cui é causa.

Come infatti risulta dalla documentazione versata in atti:

-nel periodo considerato il ricorrente, a causa di gravi problemi familiari e personali, era affetto da una patologia di stato ansioso-depressivo, trattata mediante assunzione di farmaci specifici tipo Lexotan,

-a seguito di ciò non si presentava in servizio sin dal 4 settembre 2001, senza documentare tempestivamente il proprio stato di servizio;

-per quanto sopra la Casa Circondariale di appartenenza, disponeva ben tre visite fiscali in cui veniva accertato l’effettivo stato di malattia in cui versava il ricorrente, e la sua persistenza sino a tutto il 14 settembre 2001;

-successivamente a tale data, peraltro, non venivano disposte ulteriori visite fiscali, fino alla data di ripresa dal servizio del ricorrente avvenuto il successivo 5 ottobre.

Nel descritto contesto, pertanto, in modo irragionevole l’Amministrazione ha ritenuto che l’assenza dal servizio del ricorrente dal 14 settembre al 3 ottobre 2001 fosse del tutto priva di “giustificato motivo”, e come tale idonea a determinare di per sè l’irrogazione della sanzione della destituzione.

Per avvalorare tale tesi, infatti, l’Amministrazione avrebbe dovuto adeguatamente circostanziare le specifiche ragioni per cui:

-lo stato di malattia del ricorrente accertato sino al 14 settembre 2001, potesse essere del tutto ignorato nonostante la sua particolare natura atta a giustificare potenzialmente il comportamento tenuto dal ricorrente;

-fosse da ritenere corretta la mancanza di ulteriori visite fiscali che, come per il pregresso, avrebbero accertato il reale stato di salute del ricorrente;

-potesse essere completamente ignorata l’intervenuta conoscenza (maturata tramite l’acquisizione di specifica certificazione medica) della malattia del ricorrente, e la sua possibile refluenza causale o concausale sul periodo di assenza posto a base della sanzione disciplinare adottata.

Ma tali argomentazioni é appena il caso di ribadirlo, non vengono minimamente sviluppate nel provvedimento impugnato, il quale pertanto si appalesa sul punto carente della necessaria motivazione.

4. Ad analoghe conclusioni, deve poi pervenirsi in relazione alla contestata attività che il ricorrente avrebbe intrapreso, integrando gli estremi della frequentazione di persone dedite ad attività illecite e di pregiudicati.

Ed invero, come risulta dalla relazione del Comandante della Casa Circondariale di appartenenza del 12.10.2001, il ricorrente ha investito una cospicua somma di danaro in un laboratorio di lavorazione marmi intestato al cugino, pregiudicato per spaccio di cocaina, ed ove presta lavoro un’altra persona pregiudicata per lo stesso reato.

In tale comportamento, peraltro, l’amministrazione ha ravvisato la sussistenza degli “estremi della frequentazione di persone dedite ad attività illecite o di pregiudiati”, e conseguentemente ha ritenuto il ricorrente passibile della destituzione ai sensi dell’art. 6 comma 2 del DLGS 449/92.

Sennonchè, come esattamente dedotto in ricorso, la condotta contestata avrebbe dovuto essere inquadrata, sussistendone i presupposti, nella fattispecie prevista dall’art. 5 del medesimo DLGS 449/92 laddove alla lettera e) espressamente si contempla la “assidua frequenza, senza necessità di servizio, di persone dedite ad attività illecite o di pregiudicati”, con possibilità di comminatoria della sola sospensione dal servizio e non della destituzione.

Senza alcuna circostanziata argomentazione, pertanto, l’amministrazione ha ritenuto di dover ricondurre la “frequentazione” da parte del ricorrente di persone pregiudicate nell’ambito delle diverse fattispecie punite ai sensi dell’art. 6 con la destituzione, e ciò in palese violazione del principio di tipicità (e tassatività) delle sanzioni disciplinari.

A ciò aggiungasi che l’Amministrazione non si é minimamente curata di verificare se, nel caso di specie, la contestata frequentazione assumesse quel valore negativo che la norma intende perseguire, ovvero se rispondesse a finalità di diversa natura idonee a scriminare il comportamento del ricorrente, o comunque a connotarlo in modo meno grave ai fini della adozione delle conseguenti misure disciplinari.

5. Per le ragioni esposte il ricorso é fondato e va accolto, potendo le ulteriori censure dedotte restare assorbite.

Sussistono tuttavia giusti motivi, per disporre l’integrale compensazione tra le parti le spese di giudizio.   

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, Sezione Prima, ACCOGLIE il ricorso in epigrafe, e per l’effetto annulla il provvedimento tramite questo impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla Autorità Amministrativa.

Così deciso in Genova, nella Camera di Consiglio del 3 aprile 2003 con l’intervento dei Signori Magistrati:

Renato            VIVENZIO                     Presidente

Antonio            BIANCHI                      Consigliere, rel. ed est.

Davide             PONTE                         Primo Referendario 
 
 

Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria

Depositato in Segreteria il 26 GIU. 2003

                            Il Direttore di Segreteria

                             (Dott.ssa A. Calcagno)