Il danno da mobbing come ipotesi di un’azione criminosa
( Articolo di Sergio Sabetta 22.06.2004 )
 



 

Il danno da mobbing come ipotesi di un’azione criminosa

Dr. Sergio Sabetta
(CONSULENTE DI DIREZIONE)


 


 

Il mobbing consiste in atti o comportamenti che per il loro carattere persecutorio e vessatorio protratti nel tempo finiscono per danneggiare la personalità del lavoratore. Esso è causa di danno psicofisico che, per effetto di una diminuita autostima, si traduce in forma depressiva o ansiosa con profondi riflessi sulla capacità lavorativa o di relazione.

Responsabile del danno è il datore di lavoro sia per un divieto generale di provocare ad altri un danno ingiusto, sia per quello specifico relativo alla responsabilità contrattuale del rapporto di lavoro.

La Corte di Cassazione a SS.UU. con Sentenza n. 8438 del 4/5/2004 ha individuato nella violazione di specifici obblighi contrattuali derivanti dal rapporto di lavoro la causa giuridica del mobbing e, in particolare, in quegli atti di potere datoriale posti in essere in violazione del principio di protezione delle condizioni lavorative nonché della tutela della professionalità così come prevista dall’art. 2103 cc. Questo indipendentemente dalla durata nel tempo dei comportamenti e dei loro effetti.

Poste queste premesse di carattere generale, deve osservarsi che solo recentemente l’INAIL ha emanato delle direttive, Circolare n. 71 del 17/12/2003, aventi per oggetto disturbi psichici da costrittività organizzativa sul lavoro, a cui si collega il decreto 27/4/04 (G.U. 10/6/04, n. 134) del ministero del Lavoro che ha aggiornato l’elenco delle malattie che fanno scattare l’obbligo di denuncia all’INAIL di cui all’art. 139 del D.P.R. 1124/65 da parte del medico curante, tra le quali sono state inserite le malattie psichiche e psicosomatiche; i disturbi dell’adattamento cronico quali ansia, depressione, alterazione della condotta e i disturbi post-traumatici cronici da stress derivanti da disfunzione dell’organizzazione del lavoro quali per esempio demansionamento e dequalificazione.

Accertato che su un campione di 200 casi esaminati dal 2001 al 2003 solo nel 15% è stata diagnosticata la natura professionale della patologia in questione, l’evoluzione della nozione di causa lavorativa consente di ricomprendere tra le nocività anche i disturbi psichici di origine professionale causati da particolari condizioni di “costrittività organizzativa” grazie a un’interpretazione estensiva dell’art.10, comma 4 del D. Lgs. n.38/2000.

Le situazioni di costrittività organizzativa più ricorrenti anche se non esaustive, avendo l’elenco un puro valore orientativo, sono:


 


 

Le incongruenze organizzative devono essere strutturali, durature ed oggettive pertanto come tali verificabili e documentabili tramite riscontri oggettivi e non suscettibili di discrezionalità interpretativa.


 

Sono al contrario esclusi dalla fattispecie del mobbing :


 


 

Va tenuta sempre presente la difficoltà di dimostrare la patologia in esame, in particolare da parte del singolo interessato, da questo ne deriva la necessità di procedere ad indagini ispettive da parte dell’INAIL per raccogliere le prove testimoniali dalle varie fonti e gli ulteriori elementi documentali in sede giudiziale, di vigilanza ispettiva da parte della Direzione Provinciale del Lavoro o dai competenti uffici delle AA.SS.LL. Tali indagini ispettive dovranno essere comunque sempre effettuate, a differenza di altre malattie professionali, proprio a causa della particolare fattispecie.

Deve considerarsi che il mobbing può rispondere a varie finalità che vanno dal “mobbing strategico”, specificamente ricollegabile a finalità lavorative, a un mobbing puramente patologico.

Vi sono aspetti che avvicinano il fenomeno in esame agli studi sulla personalità del delinquente dal colletto bianco, in particolare alla teoria del Sutherland delle associazioni differenziali che vengono a scostarsi dai modelli legati alla patologia individuale. Egli afferma che questo tipo di criminalità ha come origine il contatto e l’apprendimento dei modelli e delle tecniche dell’ambiente di appartenenza e sebbene il comportamento sia criminale, come nel caso del mobbing, l’autore dello stesso non si considera criminale né subisce lo stigma del crimine in quanto beneficia della larga impunità di cui godono i colletti bianchi né del resto il soggetto corrisponde allo stereotipo comune del crimine.

Interessante al riguardo è l’adattamento operato dal Kellens della teoria dell’etichettamento.

Partendo dall’osservazione che è il gruppo che crea la devianza definendo il soggetto come outsider, sostiene il Kellens che il tipo di delitto anonimo e facilmente occultabile oltre all’impossibilità di definire una salda identità negativa nei confronti di chi fa parte di un gruppo difficilmente identificabile permette di sottrarsi all’etichettamento e di mantenere intatta la propria immagine, come nel caso di colui che effettua opera di mobbing. Ma questo gioco, afferma l’Autore, potrà durare fino al momento in cui non sarà oltrepassata la soglia della tolleranza sociale, a questo punto i comportamenti saranno giudicati negativamente come violazione delle regole del gioco e, pertanto, stigmatizzati, circostanza che viene a realizzarsi per la devianza in esame in questa epoca di minori certezze comportamentali, riduzione delle risorse da ripartirsi affiancate alla crescita di una maggiore sensibilità culturale.

Si evidenzia un altro possibile aspetto già sottolineato da Donald R. Cressey come motivazione dell’agire, il mantenimento o la ricerca di uno status sociale nell’ambito del gruppo a scapito del soggetto mobbizzato.

Si entra per tale via nell’aspetto complesso della Personalitat di colui che esercita il mobbing, nella combinazione contraddittoria tra realtà e sogno quotidiano di potere, tra comportamento adulto e infantile ( Bromberg ), in cui si esplica, nelle forme patologiche, una “personalità divorante” nella quale vi è una volontà di architettare un’azione in cui la vittima viene simbolicamente divorata ( Garavaglia ), con una forte struttura narcisistica che si esalta nella distruzione dell’altro.

Questo aspetto unito alle dinamiche di gruppo portano all’individuazione e annichilimento del terzo.

Le dinamiche, quando non strategiche, vengono facilitate nei momenti di incertezze strutturali per riorganizzazioni in atto non accompagnate dalla presenza di forti valori aziendali diffusi e di leadership strategica.

Il risultato è la distruzione tramite l’aggressività accompagnata dalla menzogna, oltre che del rapporto di stima in sé stessi, del rapporto di fiducia nelle relazioni interpersonali e pertanto lo sfaldamento del tessuto sociale aziendale.

Deve, infatti, tenersi presente che oltre alla Personalitat vi è una Personlichket in cui l’individuo come espressione di un “contesto” segnala agli altri via rituale che aderisce alle regole del momento, in altre parole nell’ambiente prossimale all’individuo vi è il fattore di origine del fabbisogno di controllo e predizione dell’individuo ( Goffman ).

La personalità svuotata delle sue istanze ( Es, Io, identità personale ), viene di volta in volta riempita da tanti sé fluidi e negoziabili interpersonalmente ( Hagan ).

Afferma Riemer che tre sono gli aspetti che entrano in gioco nelle situazioni di conflitto :

 

  1. l’opportunità di passare all’atto;
  2. la situazione di emergenza, che l’autore individua come il solo modo per uscire da una situazione economica, ma che può intendersi anche in senso lato come emergenza organizzativa;
  3. gli elementi psicologici già sopra descritti.


 

Già da queste brevi note si può intendere la complessità del fenomeno in esame, oltre alle serie conseguenze individuali e organizzative tali da indurre ad un controllo sempre più stretto dello stesso al fine di ridurre inutili sofferenze individuali, sociali e organizzative, anche in funzione di un miglioramento dell’ambiente lavorativo con le conseguenti positive ricadute economiche.

Recenti studi pubblicati dall’ “American Journal of Physiology”dimostrano in maniera inequivocabile l’impatto negativo sul sistema cardiocircolatorio di situazioni di tensioni sociali causate dalla presenza di stress a seguito di rapporti con individui indisponenti e aggressivi, l’elemento base è la mancanza di scelta nella tipologia del rapporto in cui vi è in obbligo di “coabitazione” protratto nel tempo. ( Le Scienze 429/ maggio 2004 – pag. 34 – Paola Emilia Cicerone – Il Cuore sotto stress). Viene, pertanto, riconfermata la necessità ed urgenza di affrontare le problematiche del mobbing, circostanza che appare per la prima volta rilevata anche in ambito pubblico, seppure incidentalmente, con la direttiva in data 24/3/2004 del Ministro della Funzione Pubblica sulle misure finalizzate al miglioramento del benessere organizzativo nelle pubbliche amministrazioni ( G.U. 5/4/2004, n. 80).


 


 


 


 

NOTE