Il divieto di fumo passivo in tutti i luoghi di lavoro chiusi (1/2)
Articolo a cura di Rolando Dubini, avvocato in Milano.
 

 

 

 

 

1. Il divieto assoluto di fumo nei locali chiusi: la nozione di utente e il divieto nei luoghi di lavoro
Come è noto nel nostro paese vige il divieto assoluto di fumo nei locali chiusi, con la sola eccezione delle abitazioni private e dei locali attrezzati conformemente al regolamento [DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - 23 dicembre 2003 - Attuazione dell'art. 51, comma 2 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, come modificato dall'art. 7 della legge 21 ottobre 2003, n. 306, in materia di «tutela della salute dei non fumatori». (GU n. 300 del 29-12-2003) ]:

Legge 16 gennaio 2003, n. 3 - Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione. (Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20 gennaio 2003 - Suppl.Ord. n. 5)
Articolo 51 - Tutela della salute dei non fumatori.
1. È vietato fumare nei locali chiusi, ad eccezione di:
a) quelli privati non aperti ad utenti o al pubblico;
b) quelli riservati ai fumatori e come tali contrassegnati.
2. Gli esercizi e i luoghi di lavoro di cui al comma 1, lettera b), devono essere dotati di impianti per la ventilazione ed il ricambio di aria regolarmente funzionanti. Al fine di garantire i livelli essenziali del diritto alla salute, le caratteristiche tecniche degli impianti per la ventilazione ed il ricambio di aria sono definite, entro centottanta giorni dalla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale, con regolamento, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro della salute. Con lo stesso regolamento sono definiti i locali riservati ai fumatori nonché i modelli dei cartelli connessi all'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo.
3. Negli esercizi di ristorazione, ai sensi del comma 1, lettera b), devono essere adibiti ai non fumatori uno o più locali di superficie prevalente rispetto alla superficie complessiva di somministrazione dell'esercizio.
4. Con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro della salute, possono essere individuati eventuali ulteriori luoghi chiusi nei quali sia consentito fumare, nel rispetto delle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3. Tale regolamento deve prevedere che in tutte le strutture in cui le persone sono costrette a soggiornare non volontariamente devono essere previsti locali adibiti ai fumatori.
5. Alle infrazioni al divieto previsto dal presente articolo si applicano le sanzioni di cui all'articolo 7 della legge 11 novembre 1975, n. 584, come sostituito dall'articolo 52, comma 20, della legge 28 dicembre 2001, n. 448.
6. Al fine di consentire una adeguata attività di informazione, da attivare d'intesa con le organizzazioni di categoria più rappresentative, le disposizioni di cui ai commi 1, 2, primo periodo, 3 e 5 entrano in vigore decorso un anno dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 2.
7. Entro centoventi giorni dalla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale, con accordo sancito in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, su proposta del Ministro della salute di concerto con i Ministri della giustizia e dell'interno, sono ridefinite le procedure per l'accertamento delle infrazioni, la relativa modulistica per il rilievo delle sanzioni nonché l'individuazione dei soggetti legittimati ad elevare i relativi processi verbali, di quelli competenti a ricevere il rapporto sulle infrazioni accertate ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e di quelli deputati a irrogare le relative sanzioni.
8. Le disposizioni di cui al presente articolo non comportano maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
Rimangono in vigore, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 3, 5, 6, 8, 9, 10 e 11 della legge 11 novembre 1975, n. 584.
10. Restano ferme le disposizioni che disciplinano il divieto di fumo nei locali delle pubbliche amministrazioni.

Una recente e preziosa circolare ministeriale finalmente pone fine ad alcune interpretazioni che serpeggiavano tra gli addetti ai lavori, peraltro ab origine inattendibili, destituite di ogni fondamento logico-giuridico, improvvisate e superficiali, e che miravano ad escludere i luoghi di lavoro privati dal divieto generalizzato di fumo nei locali chiusi
Il divieto di fumo vale anche per tutti i luoghi di lavoro, come chiarisce in modo esemplare la citata circolare ministeriale del 17 dicembre 2004 (Gazzetta Ufficiale n. 300 del 23 Dicembre 2004) in particolare al punto 2.

Si può fumare dunque. oltre che nelle residenze private, unicamente all'aperto e nei locali riservati ai fumatori. Questi ultimi devono essere dotati di impianti, per la ventilazione ed il ricambio di aria, regolarmente funzionanti, aventi le caratteristiche tecniche fissate con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 dicembre 2003.

La Circolare del Ministero della Sanità 17 dicembre 2004 (Gazzetta Ufficiale N. 300 del 23 Dicembre 2004) reca indicazioni interpretative e attuative dei divieti conseguenti all'entrata in vigore dell'articolo 51 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, sulla tutela della salute dei non fumatori, che decorre dal 10 gennaio 2005, ai sensi dell'art. 19 del decreto-legge 9 novembre 2004, n. 266.
Il quadro normativo di riferimento e' rappresentato dai seguenti provvedimenti:
a) legge n. 584 dell'11 novembre 1975 (in Gazzetta Ufficiale 5 dicembre 1975, n. 322);
b) direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 dicembre 1995 (in Gazzetta Ufficiale 15 gennaio 1996, n. 11);
c) art. 52, comma 20, della legge n. 448 del 2001 (in Gazzetta Ufficiale 29 dicembre 2001, n. 301);
d) art. 51 della legge 16 gennaio 2003, n. 3 (in Gazzetta Ufficiale 20 gennaio 2003, n. 15);
e) accordo Stato-regioni del 24 luglio 2003;
f) decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 dicembre 2003 (in Gazzetta Ufficiale 29 dicembre 2003, n. 300);
g) art. 19 del decreto-legge 9 novembre 2004, n. 266.

Finalità di tali norme è la «tutela della salute dei non fumatori», “con l'obiettivo della massima estensione possibile del divieto di fumare, che, come tale, deve essere ritenuto di portata generale, con la sola, limitata esclusione delle eccezioni espressamente previste”.
La circolare ribadisce che “il divieto di fumare trova applicazione non solo nei luoghi di lavoro pubblici, ma anche in tutti quelli privati, che siano aperti al pubblico o ad utenti”, e, confutando interpretazioni ingiustificata mente limitative del campo di applicazione della norma, che “tale accezione comprende gli stessi lavoratori dipendenti in quanto «utenti» dei locali nell'ambito dei quali prestano la loro attivita' lavorativa”
E' infatti “interesse del datore di lavoro mettere in atto e far rispettare il divieto, anche per tutelarsi da eventuali rivalse da parte di tutti coloro che potrebbero instaurare azioni risarcitorie per danni alla salute causati dal fumo”.
Secondo il Dizionario De Mauro della Lingua Italiana:
utente è un sostantivo maschile e femminile che designa “chi fa uso di qcs.; chi usufruisce di un bene o di un servizio, spec. pubblico: gli utenti del servizio telefonico, della televisione, della rete autostradale; l’u. tipo | estens., chi usa un patrimonio collettivo”.
Nel diritto civile, peraltro, utente designa colui che fa uso di una cosa (e specialmente di un diritto reale). In effetti il termine deriva dal latino utentem, participio passato di uti, che significa giovarsi di qualcosa, servirsi, adoperare, ed è precisamente in questo senso che il Ministero della Sanità ha inteso, correttamente, interpretare la norma di legge sul divieto di fumo nei locali chiusi, ed in particolare nei luoghi di lavoro: difatti l'art. 51 della legge n. 3/2003, al comma 1 lettera a) tutela gli utenti e il pubblico, ora è chiaro che in base ad un criterio di interpretazione conservativa, nel dubbio va scelta l'interpretazione che preserva un senso compiuto a tutti i termini utilizzati dal legislatore (anche conformemente al criterio dell'interpretazione letterale, e a quello dell'intenzione del legislatore, che è quello di impedire il fumo in tutti i luoghi chiusi, con la sola esclusione delle abitazioni private e dei locali attrezzati tecnicamente di impianti come previsto dal regolamento applicativo dell'art. 51 della legge n. 3/2003: Art. 12 Preleggi al Codice Civile - Interpretazione della legge - Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore), così come ha fatto il Ministero della Sanità prima, e la conferenza unificata Stato Regioni, poi..

Vi è chi ha cercato di vanificare l'intenzione del legislatore di proteggere il bene costituzionalmente protetto della salute dagli effetti aggressivi, nocivi e cancerogeni del fumo passivo enucleando definizioni di comodo di pubblico ed utente, senza peraltro riuscire a distinguerle qualora non si addivenga alla medesima soluzione indicata dal Ministero della Sanità.
Il quale ultimo, in senso molto preciso e corretto, ha invece sottolineato la differenza tra pubblico e utenti, sulle Faq contenute nel proprio sito, precisando, negli stessi termini di cui alla citata circolare, che “il termine “utenti” (comma 1, lettera a) nella accezione della legge si riferisce oltre che al pubblico, anche agli stessi lavoratori dipendenti, in quanto “utenti” delle attrezzature e dei locali nei quali prestano la loro attività lavorativa e la cui salute deve essere comunque tutelata dall’esposizione al fumo passivo”
Che il lavoratore sia non solo prestatore di lavoro in senso proprio, ma anche utente (interno) del luogo di lavoro che frequenta, è circostanza pacifica: difatti i rischi lavorativi ai quali è soggetto, e che il datore di lavoro deve identificare e valutare tramite il documento di valutazione dei rischi lavorativi di cui all'art. 4 del D. Lgs. n. 626/94, e prevenire attraverso idonee misure di sicurezza e prevenzione, non esauriscono l'ambito dei rischi che lo riguardano.
Esistono difatti rischi relativi all'ambiente di lavoro in senso lato, ad esempio le aree aziendali interne che attraversa anche senza svolgere alcuna specifica attività lavorativa, o i servizi igienici, la mensa, i locali di riposo, ecc. dei quali lui è esclusivamente utente, mentre nel luogo di lavoro che frequenta per prestare la propria attività lavorativa, è utente per tutto ciò che in esso è presente, siano attrezzature di lavoro, macchine e altri dispositivi, perché, come insegna l'etimologia del termine utente, si tratta di tutto quello che lui utilizza a qualunque titolo.
Dunque il lavoratore come utente interno dei luoghi di lavoro che frequenta, usa, utilizza, durante la sua presenza per lo svolgimento dell'attività lavorativa. Lo stesso rischio da fumo passivo, prima della presente legge, doveva essere oggetto della valutazione di rischio da esposizione ad agente cancerogeno, esposizione che non nasceva dall'essere il lavoratore esposto a tale rischio in ragione della mansione lavorativa,ma in quanto persona presente nel luogo di lavoro, utente interno dello stesso..

Non solo, l'articolo 2 comma 1 lettera a del D. Lgs. 19 settembre 1994 n. 626 contiene una definizione di lavoratore che richiama esplicitamente, a vario titolo, la nozione di utente (laddove richiama allievi e partecipanti a corsi di formazione che usino macchine e laboratori, dopo aver richiamato gli utenti di servizi di formazione ecc.).
Art. 2. - Definizioni.
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intendono per:
a) lavoratore: persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari, con rapporto di lavoro subordinato anche speciale. Sono equiparati i soci lavoratori di cooperative o di società, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società e degli enti stessi, e gli utenti dei servizi di orientamento o di formazione scolastica, universitaria e professionale avviati presso datori di lavoro per agevolare o per perfezionare le loro scelte professionali. Sono altresì equiparati gli allievi degli istituti di istruzione ed universitari, e i partecipanti a corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, macchine, apparecchi ed attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici. I soggetti di cui al precedente periodo non vengono computati ai fini della determinazione del numero di lavoratori dal quale il presente decreto fa discendere particolari obblighi;


Come si vede il termine utente non ha una definizione fissa, ma dipende dal contesto, lavoristico, penalistico, civilistico, amministrativistico, nel quale viene per l'appunto usato.
Nell'ambito della disciplina antifumo, dunque, abbiamo uno specifico contesti definitorio (imposto dalla lettera della norma e dall'intenzione del legislatore di cui all'art. 12 delle preleggi del codice civile) che vieta di fare ricorso a definizioni, più limitative, correnti in altre discipline del diritto positivo, Nell'ambito della legge antifumo utente è dunque il lavoratore (mentre il non lavoratore, che accede ad un servizio pubblico, è co9nfigurabile come pubblico (e non come utente del servizio, perché è utente nel rapporto contrattuale con chi gli eroga il servizio, ma mentre si trova negli uffici di chi fornisce il servizio pubblico, la sua figura rientra nel concetto di pubblico presente, e non a caso gli orari di apertura degli sportelli sono indicati come orari di apertura al pubblica, e non certo agli utenti).
Sempre sul proprio sito, il Ministero della sanità precisa opportunamente quanto segue:
“Il divieto di fumare, con la precedente legislazione, trovava applicazione solo nei luoghi di lavoro pubblici aperti al pubblico e nei luoghi specificamente indicati nella Legge 11 novembre 1975 n. 584. L’art. 51 della legge 12 gennaio 2003, n. 3 estende il divieto anche a tutti i luoghi di lavoro privati ed agli esercizi commerciali.
Il Decreto Legislativo 626 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro obbliga il datore di lavoro ad attivarsi per la tutela della salute dei lavoratori. L’articolo 4 comma 1 (modificato dalla L. 39/2002 art. 21 c. 2) estende l’obbligo a tutti i rischi incluso il fumo di sigarette che è cancerogeno. Tuttavia la norma non fa riferimento esplicito al fumo di sigaretta e non introduce il divieto di fumare in tutti i luoghi di lavoro, e ciò ha generato conflittualità e ricorso ai tribunali.
Tra le diverse sentenze, bisogna segnalare quella della Corte Costituzionale del 11 Dicembre 1996 n. 339 che ha affermato due principi: a) il datore di lavoro ha l’obbligo di tutelare i dipendenti dal fumo passivo; b) il diritto alla salute prevale sul libero comportamento di fumare “
Nel vano tentativo di contrastare questa limpida e irreprensibile interpretazione della norma sul divieto assoluto di fumo passivo, vi è chi ha cercato di obiettare che in realtà anche le abitazioni private sono luoghi di lavoro, poiché frequentate dai lavoratori domestici, e questo farebbe venir meno una delle interpretazioni del ministero, che esclude eccezionalmente le private abitazioni dai luoghi soggetti al divieto assoluto di fumo.
Scordando però, in modo incongruo e incomprensibile, che i lavoratori domestici non sono lavoratori ai sensi del D. Lgs. n. 626/94, come afferma chiaramente e inequivocabilmente l'art. 2 comma 1 lettera a) del D. Lgs. n. 626/94:
“Art. 2. - Definizioni.
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intendono per:
a) lavoratore: persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari, ...”.

D'altro canto l'Accordo 16 dicembre 2004 (in G.U. 28 dicembre 2004, n. 303) sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, nel fissare le linee guida per la tutela della salute dei non fumatori, ha ribadito in modo netto quale sia la finalità della norma antifumo, e l'intenzione del legislatore, laddove afferma che
“Lo Stato e le regioni e le province autonome, pertanto, concordano che:
a) è indispensabile perseguire l'obiettivo di rendere gli ambienti lavorativi più salubri e che - oltre all'acquisizione da parte dei lavoratori di una maggiore consapevolezza dei danni derivanti dall'esposizione al fumo passivo - è necessario garantire il rispetto delle norme di divieto, sanzionando le eventuali infrazioni;
b) al fine di garantire un'uniforme ed efficace applicazione delle disposizioni in materia di divieto di fumo nei locali chiusi e di non vanificare il potere deterrente delle sanzioni, è necessario definire in modo condiviso le procedure di massima per l'accertamento e l'applicazione delle sanzioni stesse e le modalità di adempimento degli obblighi posti a carico del responsabile della struttura, in ottemperanza a quanto disposto dall'art. 51, comma 7, della legge n. 3 del 2003”.

Questo dimostra, a maggior ragione, come l'interpretazione che il divieto assoluto di fumo sia legge anche nei luoghi di lavoro chiusi, non sia solo una opinione del ministero della Sanità, ma sia condivisa anche dalla conferenza Stato Regioni, la quale per di più aggiunge, in modo estremamente eloquente, che
“5. Nei luoghi di lavoro pubblici e privati, si raccomanda ai datori di lavoro, come definiti nel decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modifiche e integrazioni, di fornire anche una adeguata informazione ai lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute derivanti dal fumo attivo e passivo, sulle misure di prevenzione del fumo adottate nel luogo di lavoro, sulle procedure previste dalla normativa vigente per la violazione del divieto di fumare e sulle modalità efficaci per smettere di fumare, avvalendosi dei servizi competenti in materia.”
Quindi, oltre al divieto, vanno fornite ai lavoratori anche ulteriori informazioni.


 

Approfondimento sul divieto di fumo (2/2)
Articolo a cura di Rolando Dubini, avvocato in Milano.
2. I compiti e le responsabilità in materia di divieto di fumo
Per quanto attiene specificamente le responsabilita' a carico dei gestori degli esercizi pubblici, l'art. 7 della legge n. 584/1975, come espressamente disposto dal comma 5 dell'art. 51 della legge n. 3/2003, è stato sostituito dall'art. 52, comma 20, della legge n. 448 del 28 dicembre 2001 che prevede un inasprimento delle sanzioni amministrative per i trasgressori al divieto di fumo e per coloro cui spetta, in base all'art. 2 della legge n. 584/1975, di curare l'osservanza del divieto, qualora non ottemperino al loro compito.
E' questo un punto particolarmente degno di nota, che impone ai responsabili aziendali di provvedere attivamente a garantire il rispetto del divieto.

In tal senso è utile richiamare l'art. 4, lettera c), della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 dicembre 1995, ai sensi del quale «per i locali condotti da soggetti privati, il responsabile della struttura, ovvero dipendente o collaboratore da lui incaricato, richiamerà i trasgressori all'osservanza del divieto e curerà che le infrazioni siano segnalate ai pubblici ufficiali ed agenti competenti a norma dell'art. 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689».

Dunque, in tale contesto, la circolare “precisa che sui soggetti responsabili della struttura o sui loro delegati ricadono gli obblighi di:
1) richiamare formalmente i trasgressori all'osservanza del divieto di fumare;
2) segnalare, in caso di inottemperanza al richiamo, il comportamento del o dei trasgressori, ai pubblici ufficiali e agenti ai quali competono la contestazione della violazione del divieto e la conseguente redazione del verbale di contravvenzione”.

Sarà, inoltre, loro cura “anche esporre cartelli, come indicato nell'accordo stipulato in sede di Conferenza Stato-regioni nella seduta del 16 dicembre 2004”.
Ovvero, come precisato oltre, con l’indicazione nominativa del soggetto che deve far rispettare il divieto di fumo.
Chi si trovi in un luogo pubblico o privato e trovi persone intente a fumare, può “rivolgersi all’addetto alla vigilanza (il cui nome deve essere indicato sul cartello di divieto) e chiedere il suo intervento. In caso di mancato intervento, di assenza della persona di riferimento si può chiedere l’intervento della polizia amministrativa locale (es. Vigili urbani) o di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria (es. polizia, carabinieri, guardia di finanza, funzionario dei Dipartimenti di prevenzione delle ASL) o delle guardie giurate della struttura adibite all’incarico” (Faq Ministero della Sanità).
In presenza di violazioni a detta disposizione si applicano le misure sanzionatorie previste dall'art. 7, secondo comma, della legge 11 novembre 1975, n. 584, recante «Divieto di fumare in determinati locali e su mezzi di trasporto pubblico» con particolare riferimento all'art. 2 della medesima legge.

L'art. 2 della legge n. 584 dell'11 novembre 1975 “porta ad escludere limitazioni agli obblighi dei gestori, i quali pertanto non sono tenuti soltanto alla materiale apposizione del cartello di divieto di fumo ma anche ad attuare interventi attivi di dissuasione nei confronti dei trasgressori osservando così gli adempimenti previsti dal richiamato art. 4, lettera c), della direttiva 14 dicembre 1995”.

Infatti detto art. 2 L. n. 584/1975 recita testualmente «... curano l'osservanza del divieto ...», e dunque non avrebbe senso logico-giuridico alcuno e “ risulterebbe assolutamente privo di concreto significato pratico” qualora venisse, erroneamente, inteso “nel senso di limitare gli obblighi dei gestori alla mera esposizione del cartello”, poichè ciò non giustificherebbe in alcun modo la applicazione delle misure sanzionatorie, piuttosto severe e “comprese tra un minimo di 200 e un massimo di 2000 euro, previste dall'art. 52, comma 20, della legge n. 448 del 28 dicembre 2001”.

A ciò si aggiunge che il comma 9 dell'art. 51 della legge n. 3/2003 ha fra l'altro mantenuto in vigore anche l'art. 5 della citata legge n. 584/1975, e dunque “qualora non siano osservati gli obblighi che ricadono sui gestori, il questore può sospendere, per un periodo da tre giorni a tre mesi, o revocare la licenza di esercizio del locale”.
La severità delle misure sanzionatorie è un fortissimo elemento che porta a dedurre l'obbligo di un impegno attivo dei gestori nel far rispettare il divieto nei loro locali.

Per quanto attiene la previsione di aumenti degli importi delle sanzioni, misura contemplata nella legge finanziaria 2005, la circolare opportunamente ricorda “il principio che si debbono applicare le misure sanzionatorie vigenti al momento dell'accertamento della violazione”, e per quanto riguarda le modalità di aggiornamento dei cartelli di divieto, si constata che “ogni presunta difficoltà al riguardo può essere agevolmente superata con l'apposizione, di semplici talloncini autoadesivi indicatori delle variazioni intervenute agli importi delle sanzioni”.

L'Accordo 16 dicembre 2004 (in G.U. 28 dicembre 2004, n. 303) sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, indica in che modo i soggetti pubblici e privati ai quali spetta far osservare l'obbligo di vietare il fumo devono operare (occorre sottolineare che i cartelli devono essere completi di tutte le indicazioni necessarie, e dunque, ad esempio, anche dei nominativi, nel senso di nome e cognome, dei soggetti che devono far rispettare il divieto)

“2.1. Nei locali chiusi nei quali si applica il divieto di fumo, di cui all'art. 51 della legge n. 3 del 2003, sono apposti cartelli con l'indicazione del divieto stesso, della norma che lo impone, delle sanzioni applicabili, del soggetto cui spetta vigilare sull'osservanza del divieto e dell'autorità cui compete accertare e contestare le infrazioni.
2.2. I dirigenti preposti alle strutture amministrative e di servizio di locali di pubbliche amministrazioni, aziende e agenzie pubbliche o di privati esercenti servizi pubblici, ovvero i responsabili di strutture private, fanno predisporre ed apporre i cartelli di divieto completi delle suddette indicazioni nei locali in cui vige il divieto, secondo le modalità previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 dicembre 2003, in attuazione dell'art. 51, comma 2, della legge 16 gennaio 2003, n. 3, come modificato dall'art. 7 della legge 21 ottobre 2003, n. 306, in materia di tutela della salute dei non fumatori.
2.3. I dirigenti preposti alle strutture amministrative e di servizio di pubbliche amministrazioni, di aziende e agenzie pubbliche individuano, altresì, con atto formale i soggetti cui spetta vigilare sull'osservanza del divieto, accertare e contestare le infrazioni. Ove non abbiano proceduto a nomina specifica, spetta ai dirigenti medesimi l'attività di vigilanza ed accertamento e contestazione.
2.4. Nei locali privati, ove si svolge comunque un servizio per conto dell'amministrazione pubblica i soggetti preposti a vigilare sul rispetto del divieto, ad accertare e contestare la violazione sono individuati in coloro cui spetta per legge, regolamento o disposizioni d'autorità assicurare l'ordine all'interno dei locali.
2.5. Nelle strutture pubbliche e private soggette al divieto di fumare - fatto salvo quanto previsto dai successivi punti 3 e 4 - i soggetti incaricati della vigilanza e dell'accertamento e contestazione delle infrazioni, come pure il personale dei Corpi di polizia amministrativa locale, conformemente alle disposizioni vigenti, nonché le guardie giurate espressamente adibite a tale servizio, su richiesta dei responsabili o di chiunque intenda far accertare infrazioni al divieto svolgono le seguenti attività:
a) vigilare sull'osservanza dell'applicazione del divieto;
b) accertare le infrazioni, contestando immediatamente al trasgressore la violazione;
c) redigere in triplice copia il verbale di contestazione, il quale deve contenere, oltre agli estremi del trasgressore, della violazione compiuta e delle modalità con le quali può farsi luogo a pagamento in misura ridotta, l'indicazione dell'autorità cui far pervenire scritti difensivi;
d) notificare il verbale ovvero, quando non sia possibile provvedervi immediatamente, assicurare la notifica del verbale a mezzo posta (entro 90 giorni dall'accertamento), secondo la procedura di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890”.


3. Gli obblighi dei conduttori privati
Riassumendo la disciplina della legge antifumo (art. 51 L. n. 3/2003), il Ministero della sanità ha chiarito, nel modo che segue, gli obblighi antifumo dei conduttori privati.
“ I conduttori dei locali privati (gestori, proprietari, direttori di struttura, ecc.) non sono tenuti solo ad informare la clientela, mediante i cartelli di divieto di fumo, ma anche ad attuare interventi attivi di dissuasione nei confronti dei trasgressori. Infatti, i conduttori, come prevede l’articolo 2 della legge n 584/1975 tuttora vigente: “…curano l’osservanza del divieto…”.
Il conduttore quindi non si limita ad apporre il cartello regolamentare e, se gli avventori non rispettano il divieto di fumo, evitano di preoccuparsene lasciando che l’aria all’interno del locale diventi irrespirabile. In questo caso, sarebbe soggetto a misure sanzionatorie, comprese tra un minimo di 200 e un massimo di 2000 euro, previste dall’articolo 52, comma 20, della legge 448 del 28 dicembre 2001.
Il conduttore deve attenersi alla seguente norma riportata dall’articolo 4, lettera c) della Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 dicembre 1995: “Per i locali condotti da soggetti privati, il responsabile della struttura, ovvero dipendente o collaboratore da lui incaricato, richiamerà i trasgressori all’osservanza del divieto …”.
Nel caso le persone che fumano, richiamate al rispetto del divieto, continuano a fumare il conduttore farà in modo di segnalare l’infrazione ai pubblici ufficiali.

Se il conduttore tralascia di garantire la qualità dell’aria che si respira nel locale, consentendo alla clientela di fumare ed omettendo di segnalarlo, il Questore può sospendere, per un periodo da tre giorni a tre mesi, o revocare la licenza di esercizio del locale (art. 5 della legge n. 584/1975).
Nei locali privati i soggetti cui spetta vigilare sul rispetto del divieto si identificano nei conduttori dei locali stessi (es. proprietari o gestori, direttori di alberghi o ristoranti o esercizi commerciali) o nei collaboratori da essi formalmente delegati che hanno l’obbligo di richiamare i trasgressori all’osservanza del divieto e provvedono, se il trasgressore non smette di fumare, a segnalare immediatamente le infrazioni ad uno dei soggetti pubblici incaricati della vigilanza, dell’accertamento e della contestazione delle violazioni.
Nei locali privati, in cui vige il divieto, il conduttore è tenuto ad avvertire chi fuma chiedendo di smettere e, se questi non smette, segnalare al personale dei Corpi di polizia amministrativa locale, al Dipartimento di Prevenzione dell’Azienda Sanitaria Locale o a guardie giurate espressamente adibite a tale servizio.
Quindi l’accertamento, la contestazione e la verbalizzazione delle trasgressioni al divieto di fumo sono compito di soggetti pubblici ai quali l’infrazione è segnalata dal conduttore o da privati cittadini. Le sanzioni possono essere anche elevate da ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, di propria iniziativa o nell’ambito dei servizi di cui sono incaricati”.
Andranno applicate “le misure sanzionatorie vigenti al momento dell’accertamento della violazione. Attualmente, le sanzioni sono comprese tra un minimo di 27,5 e un massimo di 275 euro per i trasgressori; tra un minimo di 220 e un massimo di 2200 euro per i responsabili che omettono di curare l’applicazione della Legge, a tutela della salute di tutti”.


4. I soggetti accertatori delle infrazioni
L'accordo definito nella seduta della Conferenza Stato-regioni del 16 dicembre 2004 ha dato attuazione al comma 7 dell'art. 51 della legge n. 3/2003, ridefinendo in particolare le procedure per l'accertamento delle infrazioni e l'individuazione dei soggetti legittimati ad elevare i relativi processi verbali.
Sulla scorta di tale accordo, “i dirigenti preposti alle strutture amministrative e di servizio di pubbliche amministrazioni, di aziende e di agenzie pubbliche individuano con atto formale i soggetti cui spetta vigilare sull'osservanza del divieto, accertare e contestare le infrazioni”.
Qualora i dirigenti non provvedano a tale incombente, “spetta ad essi stessi esercitare tale attività di vigilanza, di accertamento e di contestazione”.

Nei locali privati in cui si svolge comunque un servizio per conto dell'amministrazione pubblica “sono invece tenuti a vigilare sul rispetto del divieto di fumare, ad accertare le infrazioni ed a contestare la violazione i soggetti cui spetta per legge, regolamento o disposizioni di autorità assicurare l'ordine interno dei locali”.

La Circolare precisa anche che “nelle strutture pubbliche e private soggette al divieto di fumare i soggetti incaricati della vigilanza, dell'accertamento e della contestazione delle infrazioni, come pure il personale dei corpi di polizia amministrativa locale, conformemente alle disposizioni vigenti, nonché le guardie giurate espressamente adibite a tale servizio, su richiesta dei responsabili o di chiunque intenda far accertare infrazioni al divieto:
- vigilano sull'osservanza dell'applicazione del divieto;
- accertano le infrazioni, contestando immediatamente al trasgressore la violazione;
- redigono in triplice copia il verbale di contestazione, che deve dare atto dell'avvenuto richiamo da parte del responsabile della struttura o suo delegato e contenere - oltre agli estremi del trasgressore, della violazione compiuta e delle modalità con le quali può avvenire il pagamento della sanzione pecuniaria in misura ridotta - l'indicazione dell'autorità cui far pervenire scritti difensivi;
- notificano il verbale ovvero, quando non sia possibile provvedervi immediatamente, ne assicurano la notifica a mezzo posta (entro novanta giorni dall'accertamento dell'infrazione), secondo la procedura prevista dalla legge 20 novembre 1982, n. 890”.

Inoltre va aggiunto che nulla pregiudica “la possibilità degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, normalmente impegnati in altri compiti istituzionali di maggior rilievo, di svolgere tali attività di accertamento e di contestazione delle infrazioni di propria iniziativa ovvero nell'ambito dei servizi di cui sono incaricati, come previsto dall'art. 13, quarto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689”.

Chi si trovi in un luogo pubblico o privato e trovi persone intente a fumare, può perciò “rivolgersi all’addetto alla vigilanza (il cui nome deve essere indicato sul cartello di divieto) e chiedere il suo intervento. In caso di mancato intervento, di assenza della persona di riferimento si può chiedere l’intervento della polizia amministrativa locale (es. Vigili urbani) o di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria (es. polizia, carabinieri, guardia di finanza, funzionario dei Dipartimenti di prevenzione delle ASL) o delle guardie giurate della struttura adibite all’incarico” (Faq Ministero della Sanità).
Ma non ad altri ufficiali di polizia giudiziaria aventi competenza speciale, come ad esempio gli ispettori antincendio dei vigili del fuoco, che potranno intervenire contro color che fumano, ad esempio nei luoghi di lavoro, solo qualora il fumo sia vietato a causa della presenza di sostanze e preparati esplosivi o incendiabili presenti sul luogo di lavoro.

Per quanto riguarda i locali privati, “i soggetti cui spetta vigilare sul rispetto del divieto si identificano nei conduttori dei locali stessi o nei collaboratori da essi formalmente delegati che richiamano i trasgressori all'osservanza del divieto e provvedono a segnalare immediatamente le infrazioni ad uno dei soggetti pubblici incaricati della vigilanza, dell'accertamento e della contestazione delle violazioni in precedenza indicati”.

Al di là di tutto la circolare conclude sottolineando il principio fondamentale al quale qualunque interpretazione della norma dovrà in futuro rigorosamente attenersi: «e' proibito fumare in tutti i locali chiusi, ad eccezione delle abitazioni private e dei locali riservati ai fumatori se esistenti e purché dotati delle caratteristiche previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 dicembre 2003».

L'Accordo 16 dicembre 2004 (in G.U. 28 dicembre 2004, n. 303) sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, identifica in modo estremamente chiaro le modalità di accertamento della violazione del divieto di fumo, e dell'ammissione al pagamento della sanzione amministrativa:
“3. Gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria svolgono le attività di cui ai punti 2.5 e 4 di propria iniziativa, ovvero nell'ambito dei servizi di cui sono incaricati, secondo quanto previsto dall'art. 13, quarto comma della legge 24 novembre 1981, n. 689.
4. Nei locali privati, i soggetti cui spetta la vigilanza sul rispetto del divieto si identificano nei conduttori dei locali stessi o nei collaboratori da essi formalmente delegati, i quali richiamano i trasgressori all'osservanza del divieto e curano che le infrazioni siano immediatamente segnalate ai soggetti pubblici incaricati a norma dei punti 2.5 e 3.
5. [omissis]
6. Le misure sanzionatorie applicabili alla mancata ottemperanza dell'obbligo di curare l'osservanza del divieto e alle infrazioni al divieto di fumare - per tutte le tipologie di locali ed ambienti, ivi compresi tutti i mezzi di trasporto pubblici - sono quelle previste dall'art. 7 della legge 11 novembre 1975, n. 584, come modificato dall'art. 52, comma 20, della legge 28 dicembre 2001, n. 448.
7. L'art. 16 della legge n. 689 del 1981, e successive modificazioni, ammette il pagamento della sanzione pecuniaria prevista in misura ridotta, pari ad 1/3 del massimo o al doppio del minimo della sanzione, se più favorevole, oltre alle spese del procedimento, nel caso in cui il versamento sia effettuato entro sessanta giorni dalla contestazione immediata ovvero, se questa non vi è stata, dalla data di notifica della violazione.
8. Trascorso il termine di cui all'art. 16 della legge n. 689 del 1981, e successive modificazioni, senza che sia avvenuto il pagamento, l'operatore che ha accertato la violazione - o il responsabile dell'organo dal quale questi dipende - presenta rapporto all'autorità competente con la prova delle eseguite contestazioni o notificazioni, ai sensi dell'art. 17 della stessa legge n. 689 del 1981.
9. Ai sensi dell'art. 18 della legge n. 689 del 1981, e successive modificazioni, entro trenta giorni dalla data di contestazione o di notificazione della violazione, gli interessati possono ricorrere con scritti difensivi e documenti all'autorità competente a ricevere il rapporto, eventualmente chiedendo anche di essere sentiti. L'autorità competente, sentiti gli interessati che ne abbiano fatto richiesta ed esaminati i documenti inviati, se ritiene fondato l'accertamento, determina con ordinanza motivata la somma dovuta per la violazione, integrata dalle spese per il procedimento, ingiungendone il pagamento; in caso contrario emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti.
10. Il pagamento delle sanzioni amministrative, nel caso di infrazione al divieto di fumare inflitte da organi statali, è effettuato:
in banca o presso gli uffici postali, utilizzando il modello F23, codice tributo 131 T, e indicando la causale del versamento (Infrazione al divieto di fumo) ed il codice ufficio;

direttamente presso la Tesoreria provinciale competente per territorio o presso gli uffici postali tramite bollettino di c/c postale intestato alla Tesoreria provinciale competente per territorio, indicando la causale del versamento (Infrazione al divieto di fumo).
11. Il pagamento delle sanzioni amministrative nel caso di infrazione al divieto di fumare inflitte da organi non statali è effettuato con modalità disciplinate da normative regionali.
12. Qualora non sia stato effettuato il pagamento nei termini previsti dalla legge, nel caso di infrazioni accertate nell'ambito di amministrazioni statali o di enti di rilevanza nazionale, colui che ha accertato la violazione presenta rapporto, con la prova delle eseguite contestazioni, al Prefetto, quale organo competente a ricevere il rapporto dei soggetti accertatori e l'eventuale ricorso dei trasgressori.
13. Il rapporto è presentato all'Ufficio di sanità marittima, aerea e di frontiera e all'Ufficio veterinario di confine, di porto e aeroporto, quando le violazioni siano state rilevate negli ambiti di rispettiva competenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 571.
14. Negli altri casi detto rapporto - con la prova delle relative contestazioni - è inviato al Presidente della regione o ad altra autorità competente individuata dalle disposizioni regionali.
15. Lo Stato e le regioni provvedono, per gli ambiti di rispettiva competenza, al monitoraggio degli interventi attuati ed acquisiscono i dati, in merito all'osservanza delle norme sul divieto di fumare e al numero delle infrazioni contestate. I dati regionali sono trasmessi al Ministero della salute, che ne cura la diffusione ai cittadini.
16. Il Ministero della salute e le regioni curano, nelle forme ritenute più opportune e come tali concordate, un'adeguata informazione dei cittadini sulle procedure adottate.
17. In assenza di disposizioni normative emanate dalle regioni e province autonome di Trento e Bolzano, in merito alle procedure di propria competenza richiamate dal presente accordo, si applicano le disposizioni previste per le amministrazioni statali e gli enti pubblici su cui lo Stato esercita le proprie competenze organizzative esclusive”.

5. La facoltà di realizzare aree per fumatori
Anche l'altra discussa questione connessa a tale “generalizzato divieto”, trova una logica soluzione nella constatazione che “la realizzazione di aree per fumatori non rappresenta affatto un obbligo, ma una facoltà, riservata ai pubblici esercizi e ai luoghi di lavoro che qualora ritengano opportuno attrezzare locali riservati ai fumatori devono adeguarli ai requisiti tecnici dettati dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 dicembre 2003”.

Dunque vige un divieto generale di fumo in tutti i locali chiusi pubblici e privati aperti ad utenti o al pubblico.
Per quelli pubblici, il comma 10 dell'art. 51 della legge n. 3/2003 mantiene in vigore le attuali disposizioni in materia, confermando il divieto totale di fumo in scuole, ospedali, uffici della pubblica amministrazione, autoveicoli di proprieta' dello Stato, di enti pubblici e di privati concessionari di pubblici servizi per il trasporto collettivo di persone, taxi, metropolitane, treni, sale di attesa di aeroporti, stazioni ferroviarie, autofilotranviarie e portuali-marittime, biblioteche, musei, pinacoteche.
L'estensione generalizzata a tutti i locali chiusi è data dal art. 51 (tutela della salute dei non fumatori) della legge n. 3 del 16 gennaio 2003, e il divieto vale ed è vincolante per la generalità dei «locali chiusi» privati aperti ad utenti o al pubblico, di cui al comma 1 del medesimo articolo, ivi compresi, oltre a bar e ristoranti, circoli privati e tutti i locali di intrattenimento, come le discoteche, e quelli ad essi assimilati, come le palestre, le sale corse, le sale gioco, le sale video games, le sale Bingo, i cinema multisala, i teatri, salva solo la facoltà di attrezzare a norma aree riservate a fumatori.
Resta fermo che, “considerata la libera accessibilità a tutti i locali di fumatori e non fumatori, la possibilità di fumare non può essere consentita se non in spazi di inferiore dimensione attrezzati all'interno dei locali, proprio per la definizione «riservati ai fumatori» utilizzata al comma 1b dell'art. 51 della legge n. 3/2003”.

I locali riservati ai fumatori, di cui all’articolo 51, comma 1, lettera b) della legge 16 gennaio 2003, n. 3 devono essere contrassegnati come tali e realizzati in modo da risultare adeguatamente separati da altri ambienti limitrofi, dove è vietato fumare. A tal fine i locali per fumatori devono rispettare i seguenti, severi, requisiti strutturali (DPCM 23 dicembre 2003):

- essere delimitati da pareti a tutta altezza su quattro lati;
- essere dotati di ingresso con porta a chiusura automatica, abitualmente in posizione di chiusura;
- essere dotati di apposita segnaletica;
- non rappresentare un locale di passaggio per i non fumatori;
- essere dotati di idonei mezzi meccanici di ventilazione forzata. La portata d'aria supplementare minima da assicurare è pari a 30 litri/secondo per ogni persona che può essere ospitata, sulla base di un indice di affollamento pari allo 0,7 persone mq;
- l'aria deve essere espulsa all'esterno attraverso idonei impianti e aperture funzionali;
all'ingresso dei locali è indicato il numero massimo di persone ammissibili, in base alla portata dell'impianto;
- devono essere mantenuti in depressione non inferiore a 5 Pascal rispetto alle zone circostanti;
la superficie destinata ai fumatori negli esercizi di ristorazione deve essere inferiore alla metà della superficie complessiva di somministrazione dell’esercizio;
-la progettazione, l'installazione, la manutenzione ed il collaudo dei sistemi di ventilazione devono essere conformi alle disposizioni legislative e regolamentari in tema di sicurezza e di risparmio energetico, come pure alle norme dell’Ente italiano di unificazione (UNI) e del comitato elettrotecnico italiano (CEI).

6. Caratteristiche del cartello di divieto (Indicazioni Asl Alto Vicentino)
Il comma 7 del DPCM 23 dicembre 2003 precisa solo che i cartelli devono essere adeguatamente visibili. Il Dlgs 493/1996, applicativo della L. 626/1994, prevede peraltro specifiche caratteristiche di forma, colore e dimensione per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro. Nello specifico occorre tenere conto che:
-va utilizzato il colore rosso per la scritta "VIETATO FUMARE" in quanto si tratta di un segnale di divieto;
-i pittogrammi devono risultare conformi a quanto indicato nell'Allegato II al DLgs 493/1996.
-per le dimensioni si fa riferimento alla seguente formula: A > L²/2000 Ove A rappresenta la superficie del cartello espressa in m2 ed L è la distanza, misurata in metri, alla quale il cartello deve essere ancora riconoscibile.
-La formula è applicabile fino ad una distanza di circa 50 metri.
-Ad esempio il logo di divieto di fumo inserito in un cartello di dimensioni UNI-A4 (210 x 297 mm) risulta adeguatamente visibile fino a distanze ca. 3 m se il diametro del logo ha le dimensioni di un cerchio di 7,0 cm di diametro.
-Nelle strutture con più locali, oltre al cartello con le caratteristiche sopra riportate da situare nei luoghi di accesso o comunque di particolare evidenza, sono adottabili cartelli con la sola scritta «VIETATO FUMARE».