In Europa 12 milioni di persone vittime del mobbing
Approvata Risoluzione dal Parlamento europeo
Un sondaggio svolto tra 21500 lavoratori della Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (Fondazione di Dublino), ha stabilito che l' 8% dei lavoratori dell'Unione europea, pari a circa 12 milioni di persone, è stato vittima di mobbing sul posto di lavoro. Tenendo conto del fatto che la Fondazione di Dublino rileva che le persone esposte al mobbing subiscono uno stress notevolmente più elevato rispetto agli altri lavoratori in generale, sviluppando frequentemente patologie correlate e che i dati nazionali sul mobbing nella vita professionale, disaggregati per generi, non offrono un quadro uniforme della situazione, il Parlamento europeo esorta il Consiglio e la Commissione ad includere indicatori quantitativi relativi al mobbing sul posto di lavoro negli indicatori relativi alla qualità del lavoro, che dovranno essere definiti in vista del Consiglio europeo di Laeken.
Allo scopo di completare la legislazione vigente in materia, nonché a verificare e ad uniformare la definizione della fattispecie di "mobbing", il Parlamento europeo ha approvato, il 20 settembre 2001, la Risoluzione A5-0283-2001.
La Risoluzione contro la violenza e le molestie nei luoghi di lavoro fa il punto sui dati a disposizione degli esperti, sottolineando la necessità di rafforzare le misure di prevenzione, anche attraverso un sistema di scambio di esperienze e l'individuazione di nuove procedure in grado di sanzionare i colpevoli.
Dal sito dell’Unione Europea
PARLAMENTO EUROPEO 1999 - 2004
Documento di seduta FINALE A5-0283/2001 16 luglio 2001
RELAZIONE SUL MOBBING SUL POSTO DI LAVORO
(2001/2339(INI))
Commissione per l'occupazione e gli affari sociali
Relatore: Jan Andersson.PE 305.695 2/24 RR\445949IT.docINDICE
Pagina
PAGINA REGOLAMENTARE................................................................................................. 4
PROPOSTA DI RISOLUZIONE............................................................................................... 5
MOTIVAZIONE ...................................................................................................................... 10
PARERE DELLA COMMISSIONE PER I DIRITTI DELLA DONNA E LE PARI
OPPORTUNITÀ ...................................................................................................................... 20
PAGINA REGOLAMENTARE
Nella seduta del 28 febbraio 2001 la Presidente del Parlamento ha comunicato che la
commissione per l'occupazione e gli affari sociali era stata autorizzata a elaborare una
relazione di iniziativa, a norma dell'articolo 163 del regolamento, sul mobbing sul posto di
lavoro.
Nella seduta del 28 febbraio 2001 la Presidente del Parlamento ha comunicato di aver
consultato per parere anche la commissione per i diritti della donna e le pari opportunità.
Nella riunione del 15 febbraio la commissione per l'occupazione e gli affari sociali ha
nominato relatore Jan Andersson.
Nelle riunioni del 20 giugno, 9 luglio e 10 luglio 2001 ha esaminato il progetto di relazione.
Nell'ultima riunione indicata ha approvato la proposta di risoluzione all'unanimità.
Erano presenti al momento della votazione Michel Rocard, (presidente), Winfried Menrad
(vicepresidente), Marie-Thérèse Hermange (vicepresidente), Jan Andersson (relatore), María
Antonia Avilés Perea, Regina Bastos, Alejandro Cercas, Elisa Maria Damião, Harald Ettl,
Carlo Fatuzzo, Ilda Figueiredo, Fiorella Ghilardotti, Anne-Karin Glase, Stephen Hughes,
Karin Jöns, Piia-Noora Kauppi (in sostituzione di Ilkka Suominen), Ioannis Koukiadis, Rodi
Kratsa-Tsagaropoulou, Jean Lambert, Elizabeth Lynne, Thomas Mann, Mario Mantovani,
Claude Moraes, Camilo Nogueira Román (in sostituzione di Jillian Evans, a norma
dell'articolo 153, paragrafo 2, del regolamento), Ria G.H.C. Oomen-Ruijten (in sostituzione di
Guido Podestà), Paolo Pastorelli (in sostituzione di Raffaele Lombardo), Manuel Pérez
Álvarez, Bartho Pronk, Tokia Saïfi, Herman Schmid, Inger Schörling (in sostituzione di Ian
Stewart Hudghton , a norma dell'articolo 153, paragrafo 2, del regolamento, Miet Smet, Helle
Thorning-Schmidt, Bruno Trentin (in sostituzione di Barbara Weiler), Ieke van den Burg e
Anne E.M. Van Lancker.
Il parere della commissione per i diritti della donna e le pari opportunità è allegato.
La relazione è stata presentata il 16 luglio 2001.
Il termine per la presentazione di emendamenti sarà indicato nel progetto di ordine del giorno
della tornata nel corso della quale la relazione sarà esaminata
PROPOSTA DI RISOLUZIONE
Risoluzione del Parlamento europeo sul mobbing sul posto di lavoro (2001/2339(INI))
Il Parlamento europeo,
- visti gli articoli 2, 3, 13, 125-129, 136-140 e 143 del trattato CE,
- viste le sue risoluzioni del 13 aprile 1999 sulla modernizzazione dell'organizzazione del
lavoro - un atteggiamento positivo nei confronti dei cambiamenti 1 , del 24 ottobre 2000sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione per il 2001
- relazione congiunta sull'occupazione 2000 2 e del 25 ottobre 2000 sull'Agenda per la politica sociale 3 ,- viste le parti pertinenti delle conclusioni dei Consigli europei di Nizza e di Stoccolma,
- visto l'articolo 163 del suo regolamento,
- visti la relazione della commissione per l'occupazione e gli affari sociali e il parere della
commissione per i diritti della donna e le pari opportunità (A5-283/2000),
A. considerando che, secondo un sondaggio svolto tra 21 500 lavoratori dalla Fondazione di
Dublino, nel corso degli ultimi 12 mesi l’8% dei lavoratori dell’Unione europea,
corrispondente a 12 milioni di persone, è stato vittima di mobbing sul posto di lavoro, e
che si devono presupporre percentuali sommerse assai più elevate,
B. considerando che la presenza di fenomeni di violenza e molestie sul lavoro, tra cui la
Fondazione include il mobbing, varia tra gli Stati membri e che ciò è dovuto, secondo la
Fondazione, al fatto che in alcuni paesi sono pochi i casi dichiarati, che in altri la
sensibilizzazione al fenomeno è maggiore e che esistono differenze nei sistemi giuridici
nonché differenze culturali; che la precarietà delle condizioni di lavoro costituisce una
delle cause principali dell’aumento della frequenza di suddetti fenomeni; che le vittime di
vessazioni sono soggette a stress in misura di gran lunga maggiore rispetto ai lavoratori in
generale,
C. considerando che la Fondazione di Dublino rileva che le persone esposte al mobbing
subiscono uno stress notevolmente più elevato rispetto agli altri lavoratori in generale e
che le molestie costituiscono dei rischi potenziali per la salute che spesso sfociano in
patologie associate allo stress; che i dati nazionali sul mobbing nella vita professionale,
disaggregati per generi, non offrono, secondo l’Agenzia, un quadro uniforme della
situazione;
D. considerando che dai dati provenienti da uno degli Stati membri risulta che i casi di
mobbing sono di gran lunga più frequenti in professioni caratterizzate da un elevato
livello di tensione, professioni esercitate più comunemente da donne che da uomini e
1 GU C 219 del 30.7.1999, pag. 37-40. 2 GU C 197 del 12.7.2001, pag. 68-73. 3 GU C 197 del 12.7.2001, pag. 180-183..PE 305.695 6/24 RR\445949IT.doc
aumentate considerevolmente nel corso degli anni 90,
E. considerando che gli studi e l’esperienza empirica convergono nel rilevare un chiaro
nesso tra, da una parte, il fenomeno del mobbing nella vita professionale e, dall’altra, lo
stress o il lavoro ad elevato grado di tensione, l’aumento della competizione, la riduzione
della sicurezza lavorativa nonché uno stato di occupazione precario;
F. considerando che tra le cause del mobbing vanno ad esempio annoverate le carenze a
livello di organizzazione lavorativa, di informazione interna e di direzione; che problemi
organizzativi irrisolti e di lunga durata si traducono in pesanti pressioni sui gruppi di
lavoro e possono condurre all’adozione della logica del iecapro espiatoriole e al mobbing;
che le conseguenze per il singolo e per il gruppo di lavoro possono essere rilevanti, così
come i costi per i singoli, le imprese e la società;
1. ritiene che il mobbing, fenomeno di cui al momento non si conosce la reale entità,
costituisca un grave problema nel contesto della vita professionale e che sia opportuno
prestarvi maggiore attenzione e rafforzare le misure per farvi fronte, ideando anche nuove
forme di lotta al fenomeno;
2. richiama l'attenzione sul fatto che il continuo aumento dei contratti a termine e della
precarietà del lavoro, in particolare tra le donne, crea condizioni propizie alla pratica di
varie forme di molestia;
3. richiama l’attenzione sugli effetti devastanti del mobbing sulla salute fisica e psichica
delle vittime, nonché delle loro famiglie, che necessitano spesso di un trattamento medico
e psicoterapeutico comportante generalmente un’assenza dal lavoro per motivi di malattia
o le dimissioni;
4. richiama l’attenzione sul fatto che, secondo alcune inchieste, le donne sono più
frequentemente vittime che non gli uomini dei fenomeni di mobbing, che si tratti di
molestie verticali: discendenti (dal superiore al subordinato) o ascendenti (dal
subordinato al superiore), di molestie orizzontali (tra colleghi di pari livello) o di molestie
miste;
5. richiama l’attenzione sul fatto che false accuse di mobbing possono trasformarsi a loro
volta in un temibile strumento di mobbing;
6. pone l’accento sul fatto che le misure contro il mobbing sul luogo di lavoro vanno
considerate una componente importante degli sforzi finalizzati all’aumento della qualità
del lavoro e al miglioramento delle relazioni sociali nella vita lavorativa; ritiene che esse
contribuiscano altresì a combattere l’esclusione sociale, il che può giustificare l’adozione
di misure comunitarie e risulta in sintonia con l’Agenda sociale europea e gli
orientamenti in materia di occupazione;
7. rileva che i problemi di mobbing sul posto di lavoro vengono probabilmente ancora
sottovalutati in molte parti dell’Unione e che vi sono molti argomenti a favore di
iniziative comuni a livello dell’Unione, quali ad esempio la difficoltà di trovare strumenti
efficaci per prevenire ed impedire l’insorgere del fenomeno, il fatto che gli orientamenti
sulle misure per combattere il mobbing sul posto di lavoro possano produrre effetti
normativi ed influire sugli atteggiamenti e che vi siano anche ragioni di equità a far
ritenere opportuna l’adozione di tali orientamenti comuni;
8. esorta la Commissione a prendere ugualmente in considerazione, nelle sue comunicazioni
relative a una strategia comune in materia di salute e sicurezza sul lavoro e al
rafforzamento della dimensione qualitativa della politica occupazionale e sociale nonché
nel libro verde sulla responsabilità sociale delle imprese, fattori psichici, psicosociali e
sociali connessi all’ambiente lavorativo, inclusa l’organizzazione lavorativa, invitandola
pertanto ad attribuire importanza a misure di miglioramento dell’ambiente lavorativo che
siano lungimiranti, sistematiche e preventive, finalizzate tra l’altro a combattere il
mobbing sul posto di lavoro e a valutare l’esigenza di un’iniziativa legislativa in tal senso;
9. esorta il Consiglio e la Commissione ad includere indicatori quantitativi relativi al
mobbing sul posto di lavoro negli indicatori relativi alla qualità del lavoro, che dovranno
essere definiti in vista del Consiglio europeo di Laeken;
10. esorta gli Stati membri a procedere a esaminare, e, se del caso, ad integrare, la propria
legislazione vigente sotto il profilo della lotta contro il mobbing e le molestie sessuali sul
posto di lavoro, nonché a verificare e a caratterizzare in maniera unitaria la definizione
della fattispecie del "mobbing";
11. sottolinea espressamente la responsabilità degli Stati membri e dell'intera società per il
mobbing e la violenza sul posto di lavoro, ravvisando in tale responsabilità il punto
centrale di una strategia di lotta a tale fenomeno;
12. raccomanda agli Stati membri di imporre alle imprese, ai pubblici poteri nonché alle parti
sociali l'attuazione di politiche di prevenzione efficaci, l'introduzione di un sistema di
scambio di esperienze, e l'individuazione di procedure atte a risolvere il problema per le
vittime e ad evitare che esso si ripresenti; raccomanda, in tale contesto, la messa a punto
di un’informazione e di una formazione dei lavoratori dipendenti, del personale di
inquadramento, delle parti sociali e dei medici del lavoro, sia nel settore privato che nel
settore pubblico; ricorda a tale proposito la possibilità di nominare sul luogo di lavoro una
persona di fiducia alla quale i lavoratori possono eventualmente rivolgersi;
13. esorta la Commissione ad esaminare la possibilità di chiarificare o estendere il campo di
applicazione della direttiva quadro per la salute e la sicurezza sul lavoro oppure di
elaborare una nuova direttiva quadro, come strumento giuridico per combattere il
fenomeno delle molestie, nonché come meccanismo di difesa del rispetto della dignità
della persona del lavoratore, della sua intimità e del suo onore; sottolinea pertanto che è
importante che la questione del miglioramento dell’ambiente di lavoro venga affrontata in
modo sistematico e con l’adozione di misure preventive;
14. sottolinea che una base statistica migliore può agevolare e ampliare la conoscenza e la
ricerca e segnala il ruolo che l’Eurostat e la Fondazione di Dublino possono svolgere in
tale contesto; esorta la Commissione, la Fondazione di Dublino e l’Agenzia europea per la
sicurezza e la salute sul lavoro a prendere iniziative affinché vengano condotti studi
approfonditi in materia di mobbing;
15. sottolinea l’importanza di studiare più da vicino il fenomeno del mobbing sul posto di
lavoro in relazione sia agli aspetti attinenti all’organizzazione del lavoro sia a quelli legati
a fattori quali genere, età, settore e tipo di professione; chiede che lo studio in questione
comprenda un’analisi della situazione particolare delle donne vittime di mobbing;
16. constata che uno Stato membro ha già adottato una normativa mirante a lottare contro il
mobbing sul posto di lavoro e che altri Stati sono impegnati nel mettere a punto una
legislazione che reprima questo fenomeno, richiamandosi il più delle volte alle
legislazioni adottate per reprimere le molestie sessuali; esorta gli Stati membri a prestare
attenzione al problema del mobbing sul luogo di lavoro e a tenerne conto nel contesto
delle rispettive legislazioni nazionali e di altre azioni;
17. esorta le istituzioni europee a fungere da modello sia per quanto riguarda l’adozione di
misure per prevenire e combattere il mobbing all’interno delle loro stesse strutture che per
quanto riguarda l’aiuto e l’assistenza a individui o gruppi di lavoro, prevedendo
eventualmente un adeguamento dello statuto dei funzionari nonché un'adeguata politica di
sanzioni;
18. constata che le persone esposte al mobbing nelle istituzioni europee beneficiano
attualmente di un aiuto insufficiente e si compiace al riguardo con l'amministrazione per
aver istituito da tempo un corso destinato in particolare alle donne amministratrici
intitolato inLa gestione al femminilelt e, più recentemente, un comitato consultivo sul
mobbing;
19. chiede che si esamini in quale misura la consultazione a livello comunitario tra le parti
sociali può contribuire a combattere il mobbing sul posto di lavoro e ad associare a tale
lotta le organizzazioni dei lavoratori;
20. esorta le parti sociali negli Stati membri a elaborare, tra di loro e a livello comunitario,
strategie idonee di lotta contro il mobbing e la violenza sul luogo di lavoro, procedendo
altresì a uno scambio di esperienze in merito secondo il principio delle "migliori
pratiche";
21. ricorda che il mobbing comporta altresì conseguenze nefaste per i datori di lavoro per
quanto riguarda la produttività e l’efficienza economica dell’impresa a causa
dell’assenteismo che esso provoca, della riduzione della produttività dei lavoratori a
motivo della confusione mentale, della mancanza di concentrazione e del pagamento delle
indennità ai lavoratori licenziati;
22. sottolinea l’importanza di ampliare e chiarire la responsabilità del datore di lavoro per
quanto concerne la messa in atto di misure sistematiche atte a creare un ambiente di
lavoro soddisfacente;
23. chiede che abbia luogo una discussione in merito alle modalità di sostegno alle reti e
organizzazioni di volontariato impegnate nella lotta al mobbing;
24. invita la Commissione a presentare, entro il marzo 2002, un libro verde recante un’analisi
dettagliata della situazione relativa al mobbing sul posto di lavoro in ogni Stato membro e, sulla base di detta analisi, a presentare successivamente, entro l’ottobre 2002, un programma d’azione concernente le misure comunitarie contro il mobbing sul posto di
lavoro; chiede che tale piano d’azione venga corredato di uno scadenzario;
25. incarica la sua Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione e al
Consiglio.
MOTIVAZIONE
1. Antefatti
La presente relazione analizza la necessità di un impegno nel campo della prevenzione e della
lotta al mobbing sul lavoro. Negli ultimi tempi l’attenzione all’interno dell’Unione su tale
questione è aumentata per diversi motivi:
•L’insorgere di nuovi rischi per la salute e la sicurezza e maggiori possibilità di distinguere
ed identificare certe forme di tali rischi hanno determinato un aumento delle
rivendicazioni di misure di tutela, non solo in relazione a rischi connessi ad agenti fisici o
chimici, ma anche ad forme di rischi, fra cui il mobbing.
•Nell’ambito della cooperazione all’interno dell’Unione viene sottolineata con forza
l’importanza di un impegno volto alla creazione di nuovi e migliori posti di lavoro e al
miglioramento della qualità del lavoro e delle relazioni sociali sul posto di lavoro, nonché
l’importanza di misure atte a combattere l’emarginazione dal mercato del lavoro e la
disoccupazione di lunga durata. La prevenzione e la lotta al mobbing sul posto di lavoro
sono considerate un elemento di tale impegno.
•Il mobbing sul posto di lavoro è chiaramente collegato con la discriminazione e le
molestie sessuali sul lavoro, due settori in cui l’Unione ha già intrapreso iniziative.
Il relatore auspica che la presente relazione contribuisca all’adozione di misure rapide ed
energiche contro il mobbing sul posto di lavoro, il che produrrà effetti positivi per gli
individui, le organizzazioni e la società.
L’8 per cento dei lavoratori dell’Unione, vale a dire 12 milioni di persone, riferisce di essere
stato oggetto di mobbing sul posto di lavoro negli ultimi 12 mesi. A titolo di paragone si noti
che il 4 per cento riferisce di essere stato oggetto di violenze fisiche, mentre il 2 per cento è
stato oggetto di molestie sessuali sul lavoro. Ciò viene riferito dal terzo Studio europeo sulle
condizioni di lavoro condotto dalla Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni
di vita e di lavoro (Fondazione di Dublino), pubblicato nel dicembre 2000. I risultati dello
studio si basano su interviste condotte direttamente su un campione di 21.500 lavoratori negli
Stati membri.
I dati nazionali di diversi Stati membri confermano che il mobbing è molto diffuso in ambito
lavorativo. I dati riportati qui di seguito indicano che vi è uno stretto legame fra il mobbing e
lo stress o le tensioni sul lavoro.
2. Definizioni
Non sembra esservi una definizione comunemente accettata a livello nazionale di mobbing.
Vi è invece una serie di definizioni elaborate da singoli ricercatori, organizzazioni, autorità
nazionali eccetera, che differiscono in parte per orientamenti ed enfasi.
Sebbene non esista una definizione universalmente riconosciuta, si può certamente affermare
che le diverse definizioni e descrizioni esistenti nel complesso gettano luce su ciò che è la
realtà per molte persone sul posto di lavoro, ovvero un ambiente di lavoro inumano, l’essere
oggetto di mobbing, la sensazione di essere esclusi dalle relazioni sociali nell’ambiente di
lavoro, nonché l’essere posto di fronte a richieste inconciliabili senza essere in possesso dei
requisiti per soddisfarle.
La questione della definizione è inoltre importante per poter raccogliere sistematicamente
informazioni e cercare soluzioni relative ai problemi legati al mobbing sul posto di lavoro,
motivo per cui viene affrontata in diversi contesti nel seguito del presente documento.
Anche all’interno dell’Unione europea non è stata data alcuna definizione di mobbing sul
posto di lavoro. Dalle informazioni avute dal relatore risulta che il gruppo ad hoc della
Commissione europea sulla violenza sul posto di lavoro abbia recentemente discusso le misure
da adottare contro il mobbing con i rappresentanti delle autorità degli Stati membri
responsabili della salute e della sicurezza sul lavoro, affrontando tra l’altro la questione della
definizione.
Negli Stati membri viene adottata tutta una serie di definizioni relative al mobbing sul posto
di lavoro (1) .La discriminazione nella vita professionale, così come le molestie sessuali e di altro genere
sul lavoro sono chiaramente connesse al mobbing sul posto di lavoro. La definizione di
molestie sessuali è presente in una proposta di modifica della direttiva sul pari trattamento 2 . (1) Sono indicati di seguito alcuni esempi di definizioni.Nel codice britannico ACAS, che disciplina le procedure disciplinari e di composizione delle controversie, per
vessazione si intende un comportamento offensivo, intimidatorio, intenzionale o oltraggioso, un abuso o un uso
scorretto di potere perpetrato con mezzi tesi a indebolire, umiliare denigrare o ingiuriare il destinatario.
In Francia un disegno di legge sulla modernizzazione sociale comprende un capitolo sull’intimidazione sul
posto di lavoro, in cui è riportata la seguente definizione: nessun lavoratore subordinato deve subire atti reiterati
di molestia psicologica, mirati o destinati a ledere la dignità e a creare condizioni di lavoro umilianti o
degradanti.
Una Task Force irlandese sulla prevenzione dell’intimidazione sul posto di lavoro nell’aprile 2000 ha proposto
la seguente definizione: un comportamento inopportuno e reiterato, diretto o indiretto, verbale, fisico o altro,
assunto da una o più persone contro un’altra o altre sul posto di lavoro e/o in ambito lavorativo, che può essere
ragionevolmente considerato in contrasto con il diritto della persona alla dignità sul posto di lavoro. Un incidente
isolato connesso al comportamento descritto nella presente definizione può essere considerato un affronto contro
la dignità professionale, ma un simile caso isolato non è considerato intimidazione.
In un discorso sul programma legislativo contro le vessazioni sul posto di lavoro, il Ministro del lavoro belga ha
utilizzato la seguente definizione: molestia psicologica sul posto di lavoro, vale a dire condotta indebita e
reiterata di ogni sorta, esterna o interna all’impresa o all’istituzione, che si manifesta in particolare tramite
comportamenti, parole, intimidazioni, atti, gesti, modi di organizzazione del lavoro e scritti unilaterali, atti o volti
a ledere la personalità, la dignità o l’integrità fisica o psichica di un lavoratore durante l’esecuzione del proprio
lavoro, a mettere in pericolo il suo posto di lavoro o a creare un ambiente intimidatorio, ostile, degradante,
umiliante o offensivo.
In un’ordinanza svedese, la vessazione/vittimizzazione sul posto di lavoro è definita come azioni reiterate,
riprovevoli o marcatamente negative dirette conto dipendenti singoli in maniera offensiva e che possono risultare
nell’allontanamento di detti lavoratori dalla comunità lavorativa (Ente svedese per l’ambiente di lavoro, AFS
1993:17).
2 i.Le molestie sessuali sono considerate discriminazione fondata sul sesso sul luogo di lavoro in presenza di uncomportamento indesiderato a carattere sessuale avente lo scopo o l'effetto di ledere la dignità di una persona e/o
di creare un ambiente intimidatorio, ostile, offensivo o molesto, in particolare quando il rifiuto o la sottomissione
di una persona a tale comportamento vengono usati come base di una decisione che interessa questa persona"
La cosiddetta direttiva sulla vita lavorativa indica cosa si intende rispettivamente per
discriminazione diretta e indiretta (3) e molestie (4) .3. Insorgenza, cause ed effetti e interventi a carattere preventivo
Lo studio della Fondazione di Dublino citata inizialmente include una lunga serie di fattori
relativi all’ambiente di lavoro, fra cui la violenza e le molestie. In tale settore (nel quale la
Fondazione inserisce il mobbing) vi sono grandi differenze fra gli Stati membri, il che
secondo la Fondazione dipende da un flusso ridotto di informazioni in alcuni paesi, da un
maggiore grado di consapevolezza in altri e da differenze fra i sistemi giuridici nonché a
livello culturale, cosa che può influire sulla percezione che si ha di una data questione.
Il risultato dello studio condotto negli Stati membri mostra come le donne siano
maggiormente oggetto di mobbing rispetto agli uomini (9 per cento contro 7 per cento), e
come i precari lo siano in misura maggiore rispetto a chi ha un impiego fisso. Secondo lo
studio, la percentuale più elevata di persone che subiscono il mobbing è localizzata
nell’amministrazione pubblica (13 per cento), ma la percentuale è alta anche fra i dipendenti
del settore terziario e commerciale (11 per cento) e bancario (10 per cento). Dalle valutazioni
e dagli studi nazionali emergono inoltre altre categorie professionali e settori dell’economia
che sono ad alto rischio. La mancanza di sicurezza nelle condizioni di lavoro è, secondo la
Fondazione di Dublino, una delle cause principali del proliferare di diverse forme di violenza
sul posto di lavoro, fra le quali la Fondazione annovera il mobbing.
La Fondazione di Dublino ritiene che le vittime di mobbing siano più colpite dallo stress di
quanto non lo siano i lavoratori in generale. Il 47 per cento delle persone oggetto di mobbing
sostiene di avere un lavoro stressante, mentre fra la totalità degli intervistati tale percentuale è
del 28 per cento. Le assenze per malattia sono più frequenti fra le persone vittime di mobbing
(34 per cento) rispetto alla totalità degli intervistati (23 per cento).
In un’analisi specifica dei dati nazionali riportati nello studio sull’ambiente di lavoro condotto
nel 1999 in Svezia (5) , viene stabilito un nesso fra stress e mobbing. Un indice che misura la(3) Ai sensi della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, sussiste discriminazione diretta
quando, sulla base della religione o delle convinzioni personali, degli handicap, dell'età o delle tendenze sessuali,
una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un'altra in una situazione
analoga.
Ai sensi della medesima direttiva, sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una
prassi apparentemente neutri possono mettere in una posizione di particolare svantaggio le persone che
professano una determinata religione o ideologia di altra natura, le persone portatrici di un particolare handicap,
le persone di una particolare età o di una particolare tendenza sessuale, rispetto ad altre persone.
Sussistono alcune deroghe in relazione a quanto sopra riportato sulla discriminazione indiretta.
(4) Ai sensi della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale perla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, le molestie sono da considerarsi una discriminazione in caso di comportamento indesiderato adottato sulla base della religione o delle convinzionipersonali, degli handicap, dell'età o delle tendenze sessuali e avente lo scopo o l'effetto di violare la dignità di
una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo. In questo contesto, il
concetto di molestia può essere definito conformemente alle leggi e prassi nazionali degli Stati membri.
(5) Statistiche raccolte in Svezia, marzo 2001.
combinazione fra aspettative e controllo interno sul posto di lavoro evidenzia i seguenti
elementi:
Combinazione |
Percentuale persone
soggette mobbing, % Donne |
Uomini |
Lavoro con alto livello di tensione= esigenze elevate e
scarsa autonomia |
12,6 |
15,9 |
Lavoro attivo = esigenze elevate e autonomia elevata |
8,4 |
6,8 |
Lavoro passivo = esigenze ridotte e autonomia elevata |
6,9 |
9,3 |
Lavoro con basso livello di tensione = esigenze ridotte e
scarsa autonomia |
4,5 |
5,7 |
Dalla tabella risulta che coloro che sono oggetto di grandi aspettative sul lavoro e al contempo
hanno un basso grado di autonomia, vale a dire che hanno un lavoro con un elevato tasso di
stress, sono di gran lunga i più a rischio di mobbing. Il lavoro ad alto tasso di stress è
notevolmente aumentato nel corso degli anni novanta. Sono più le donne degli uomini ad
avere un lavoro di tale genere e negli anni novanta anche il mobbing ha seguito la stessa
tendenza.
Dall’analisi specifica condotta dallo studio svedese emerge inoltre che la percentuale delle
vittime di mobbing è di quattro - cinque volte superiore fra coloro che non hanno alcun
sostegno da parte dei datori di lavoro o dei colleghi di lavoro rispetto a coloro che invece
possono contare su tale sostegno. Ci si pone pertanto una domanda: il mobbing è più diffuso
laddove il lavoro è talmente pressante da non lasciare tempo alla socializzazione e ove chi non
risponde alle aspettative costituisce un peso? Il lavoro ad alto tasso di stress è più diffuso
laddove il lavoro è organizzato secondo metodi flessibili, moderni?
A tale riguardo è di interesse anche lo studio pilota dell'Agenzia europea sullo stato di salute e
sicurezza sul lavoro nell’Unione europea. Lo studio pubblicato nel settembre del 2000 è stato
condotto con l’ausilio delle relazioni nazionali elaborate dagli Stati membri, unitamente alle
statistiche nazionali ed europee relative alle condizioni vigenti nell’ambiente di lavoro. Sono
stati utilizzati sia dati quantitativi sia dati qualitativi. Fra i dati quantitativi sono comprese le
statistiche del secondo studio europeo sull’ambiente di lavoro della Fondazione di Dublino
del 1996.
Lo studio giunge alla conclusione che il mobbing, la violenza fisica e l’ergonomia
rappresentano nuovi fattori di rischio con implicazioni psicologiche, anche se rimane ancora
molto da fare per eliminare i rischi chimici e fisici per la salute. L’Agenzia ritiene che il
mobbing e le molestie siano causa di malattie legate allo stress e che quindi rappresentino un
potenziale rischio per la salute.
Secondo quanto riportato dalla sezione qualitativa dello studio, sei organi di contatto
dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro dislocati negli Stati membri
ritengono che il mobbing si sia intensificato negli ultimi 3-5 anni (Austria, Belgio, Paesi
Bassi, Irlanda, Spagna e Svezia), una ritiene che sia diminuito (Grecia), mentre otto, vale a
dire i rimanenti Stati membri, non hanno risposto o non hanno rilevato alcun cambiamento.
I dati nazionali sul mobbing nella vita professionale disaggregati per generi non offrono,
secondo l’Agenzia, un quadro uniforme della situazione, in quanto in alcuni paesi risultano
essere le donne le principali vittime di mobbing, in altri gli uomini.
L’insieme degli studi effettuati e l’esperienza diretta dimostrano come vi sia un chiaro nesso
fra, da una parte, il mobbing sul posto di lavoro e, dall’altra, lo stress o il lavoro ad alto tasso
di stress, l’elevata competitività e la diminuzione della sicurezza nella vita lavorativa.
E’ opinione del relatore che vi possano essere diverse cause che possono spiegare il mobbing
sul posto di lavoro. Possono, ad esempio, identificare le lacune nell’organizzazione del
lavoro, nel sistema informativo interno e/o nella direzione del lavoro, si può trattare di un
carico di lavoro o di un livello di aspettative troppo alti o troppo bassi, così come di carenze
nella politica del personale del datore di lavoro o dell’atteggiamento assunto nei confronti dei
dipendenti. I problemi irrisolti o di lunga data sono fonte di forte stress nei gruppi di lavoro.
La tolleranza allo stress diminuisce e può portare alla ricerca di un capro espiatorio, al
tentativo di emarginare singoli lavoratori. A volte alla base del mobbing o dei tentativi di
emarginazione vi sono anche cause diverse da quelle organizzative, da ricercarsi negli
atteggiamenti e nel modo di agire delle singole persone.
Nel caso di singoli lavoratori, l’emarginazione unita al mobbing può avere serie conseguenze
come l’aumento delle difficoltà a cooperare, bassa tolleranza allo stress, problemi fisici, abuso
o reazioni psichiche come ad esempio difficoltà di dormire oppure depressione, sindromi
maniacali, a volte forte aggressività, forte stanchezza o tendenze suicide. Se non verrà posto
immediatamente fine al mobbing sul lavoro e i problemi fondamentali sul lavoro non
verranno risolti oppure se non si prenderanno provvedimenti in tal senso, si corre il rischio
che i problemi diventino talmente gravi da richiedere l’intervento permanente di esperti nel
campo della medicina e della psicologia.
Il mobbing determina una serie conseguenze anche per il gruppo di lavoro. Tali ricadute
possono assumere la forma di una diminuzione dell’efficienza e della produttività, di un
atteggiamento maggiormente critico e di una mancanza di fiducia nel datore di lavoro, di una
insicurezza diffusa, di un aumento dei problemi a cooperare, di frequenti assenze per malattia,
dell’abuso, dell’impegno personale, di un disadattamento generale, dell’ingigantimento dei
piccoli problemi e della continua ricerca di nuovi capri espiatori.
Per quanto concerne i costi del mobbing, i calcoli effettuati portano a risultati molto
divergenti. Il mobbing sul posto di lavoro può comportare in generale costi sotto forma di
diminuzione dell’efficienza e della produttività, di una maggiore frequenza delle assenze per
malattia e della motivazione personale. A ciò si possono aggiungere costi come, ad esempio,
un peggioramento della qualità, dell’immagine dell’impresa e la perdita di clienti. A livello
sociale il mobbing può comportare costi dovuti a cure mediche e psicologiche, all’assenza per
malattia e al prepensionamento.
La descrizione precedente non vuole essere un rendiconto esaustivo delle cause e degli effetti
del mobbing sul lavoro, bensì intende attirare l’attenzione sull’importanza degli aspetti
collettivi ed organizzativi del problema, nonché sulle misure preventive da adottare. Tali
misure nell’ottica del relatore sono estremamente importanti per combattere il fenomeno del
mobbing sul posto di lavoro e altre forme di rischi presenti negli ambienti di lavoro.
4. Misure comunitarie
La lotta e l’attività di contrasto al mobbing sul posto di lavoro devono essere considerate un
elemento importante degli sforzi volti a raggiungere una più elevata qualità sul lavoro e a
migliorare le relazioni sociali sul posto di lavoro. Tali provvedimenti contribuiscono inoltre a
contrastare l’emarginazione sociale e la disoccupazione di lunga durata, elemento che può
essere ulteriormente addotto per suffragare l’impegno da parte dell’Unione e che fra l’altro è
in linea con l’Agenda sociale europea e le direttive relative all’occupazione.
Vi sono chiaramente grandi differenze fra gli Stati membri in materia di consapevolezza dei
problemi connessi al mobbing e in termini di attenzione ad essi riservata sia per quanto
riguarda il sistema di norme sia per quanto riguarda altri provvedimenti volti a prevenire e
combattere tale fenomeno. Il relatore ritiene che vi siano fondati motivi per credere che i
problemi legati al mobbing sul posto di lavoro siano sottovalutati in molte aree dell’Unione
europea. Ciò può essere ritenuto un ulteriore motivo per elaborare direttive comuni. Un altro
argomento che giustifica un impegno comune sono le difficoltà nell’individuazione di
strumenti efficaci per prevenire e combattere il mobbing; a tale fine gli Stati membri
potrebbero scambiare le loro esperienze. Le direttive relative alle misure da adottare contro il
mobbing sul posto di lavoro potrebbero inoltre contribuire all’elaborazione di norme e
esercitare un’influenza sui comportamenti, perlomeno in prospettiva. Un ulteriore ragione per
adottare tali direttive è garantire che vi sia giustizia.
Le lacune in materia di salute e di sicurezza nell’ambiente di lavoro non devono essere
utilizzate come strumenti concorrenziali e non devono costringere i lavoratori ad andarsene
anzitempo. Una migliore qualità sul lavoro, invece, garantisce una più alta competitività delle
imprese europee, come ha constatato la Commissione nella comunicazione sull’agenda per la
politica sociale (COM(2000) 379 definitivo).
Una serie di rischi confermano la necessità di inserire le misure contro il mobbing sul posto di
lavoro nelle misure volte a garantire una buona qualità degli ambienti di lavoro in materia di
salute e sicurezza ed a combattere l’emarginazione sociale e la disoccupazione di lunga
durata. Tali provvedimenti potrebbero migliorare le condizioni di lavoro e contrastare
l’insorgere di conflitti sul lavoro, contribuire alla risoluzione dei conflitti e pertanto facilitare
le relazioni sociali sul posto di lavoro.
Nel quadro dell’impegno mirato a creare nuovi e migliori posti di lavoro nell’Unione europea,
la Commissione intende presentare a breve una comunicazione su una strategia comunitaria
relativa alla salute e alla sicurezza sul lavoro e una sul rafforzamento della dimensione
qualitativa nell’occupazione e nella politica sociale, nonché e un Libro verde sulla
responsabilità sociale delle imprese. Il relatore ritiene che la Commissione debba tenere conto
a tale riguardo anche di fattori relativi alla salute e alla sicurezza definiti come fattori psichici,
psicosociali o sociali, i quali comprendono fra l’altro l’organizzazione del lavoro. A tal
proposito è necessario attribuire grande importanza a misure di miglioramento dell’ambiente
lavorativo che siano lungimiranti, sistematiche e preventive, finalizzate tra l’altro a
combattere il mobbing sul posto di lavoro. Tali misure dovranno tra l’altro rispondere
all’esigenza di un’iniziativa legislativa in tal senso.
Le conclusioni del Consiglio europeo di Stoccolma sottolineano l’importanza di migliorare la
qualità del lavoro e segnalano che le misure volte al conseguimento della piena occupazione.
non devono concentrarsi soltanto sulla creazione di nuovi posti di lavoro, ma anche su posti di
lavoro migliori. A tal fine è necessario che vengano definiti approcci comuni per mantenere e
migliorare la qualità del lavoro, da inserire come obiettivo generale nelle linee direttrici
sull'occupazione del 2002. Il Consiglio inoltre, di concerto con la Commissione, elaborerà
indicatori sulla qualità del lavoro e preciserà ulteriormente gli indicatori quantitativi, per
presentare il tutto in tempo utile per il Consiglio europeo di Laeken del 2001.
Il relatore ritiene che il Consiglio e la Commissione vadano esortati ad includere indicatori
quantitativi relativi al mobbing sul posto di lavoro negli indicatori relativi alla qualità del
lavoro, che dovranno essere definiti in vista del Consiglio europeo di Laeken.
5. La necessità di acquisire conoscenze e scambiare esperienze
Nell’Unione vi sono oggi grandi lacune nelle conoscenze relative al mobbing sul lavoro. Il
materiale statistico è insufficiente, si fa poca ricerca nel settore e le conoscenze relative alle
cause del mobbing e ai nessi che esistono con altre condizioni di lavoro, così come
all’efficacia di diversi tipi di provvedimenti sono limitate. Le conseguenze economiche sia per
il singolo posto di lavoro sia per la società nel suo insieme non sono ancora state
sufficientemente chiarite. Il relatore ritiene che un approfondimento delle conoscenze nel
campo possa facilitare l’elaborazione di contromisure efficaci.
Tramite un miglioramento della qualità del materiale statistico a disposizione è possibile
facilitare e migliorare l’acquisizione di conoscenze e la ricerca. A tale fine sono necessarie
definizioni autorevoli. E’ inoltre importante che le statistiche sul mobbing sul posto di lavoro
analizzino, oltre alle relazioni esistenti fra tale fenomeno e altri fattori esistenti nell’ambiente
di lavoro, anche l’incidenza del mobbing ripartendola, ad esempio, in categorie come il sesso,
le fasce di età eccetera.
Il fatto che le conoscenze debbano essere migliorate è condiviso dallo studio relativo allo
stato di salute e sicurezza sul lavoro nell’Unione europea condotto dall'Agenzia europea per la
salute e la sicurezza sul lavoro, nel quale vengono altresì riportate proposte di rappresentanti
delle autorità responsabili per la salute e la sicurezza di diversi Stati membri su provvedimenti
di prevenzione adeguati nei confronti del mobbing sul lavoro.
E’ opinione del relatore che sia opportuno raccogliere statistiche per acquisire una conoscenza
più ampia del fenomeno. L’Eurostat e la Fondazione di Dublino devono svolgere un ruolo
guida in tale ambito.
Studi approfonditi sulle condizioni legate all’organizzazione del lavoro e su altri tipi di
condizioni di lavoro devono contribuire ad un miglioramento della conoscenza del fenomeno
del mobbing sul posto di lavoro. Sarebbe particolarmente interessante disporre di validi
esempi sia di provvedimenti per prevenire il mobbing sia di provvedimenti per contrastare
efficacemente e risolvere il problema, così come di studi sulle conseguenze economiche. Il
relatore è dell’opinione che spetti alla Commissione, alla Fondazione di Dublino e all'Agenzia
europea per la salute e la sicurezza assumere l’iniziativa relativamente a tali studi
approfonditi, così come spetta a tali istituzioni far sì che i risultati di tali studi siano diffusi nel
mercato del lavoro. Per quanto concerne l’impegno della Fondazione di Dublino il relatore
desidera far notare come essa abbia una responsabilità particolare per le questioni legate
all’organizzazione del lavoro.
Per quanto concerne l’acquisizione di conoscenze e lo scambio di esperienze il relatore
intende inoltre sottolineare il metodo aperto di coordinamento che, come è noto, include
l’analisi e la diffusione di esempi significativi. Stabilendo criteri quantitativi e qualitativi,
parametri e indicatori è possibile acquisire conoscenze migliori e raffrontabili nonché
promuovere l’apprendimento reciproco. Il Parlamento europeo nella risoluzione (A5-
0291/2000) sulla comunicazione della Commissione relativa ad una nuova agenda per la
politica sociale ha espresso parere positivo riguardo al metodo aperto di coordinamento. Il
Parlamento ha al contempo sottolineato quanto sia importante che la normativa comunitaria
sia utilizzata come strumento per fissare norme di base a livello comunitario.
6. Legislazione
Nella maggioranza degli Stati membri e dei paesi candidati è possibile intervenire ricorrendo
alla legislazione soltanto se si riesce a stabilire che certi aspetti isolati nell’insieme del
fenomeno mobbing possono essere riconosciuti come umiliazioni o molestie. Il mobbing
tuttavia è un fenomeno più ampio, il che rende difficile dimostrarne l’esistenza. In certi Stati
membri esiste già una legislazione mirata contro il mobbing nel mercato del lavoro, oppure è
in fase di elaborazione o di esame. Ciò vale per la Svezia, dove le disposizioni delle autorità
sono entrate in vigore nel 1994, così come per il Belgio e la Francia. In altri paesi si è scelto
di porre l’accento su un’attuazione più efficace della normativa generale applicabile in caso di
mobbing, nonché sugli esempi significativi e sulla cooperazione fra le parti.
Non si può ritenere del tutto chiarito se la direttiva quadro della Comunità europea per la
salute e la sicurezza sul lavoro (89/391/CEE) possa essere applicata nei casi di mobbing sul
posto di lavoro, anche se molti elementi suggeriscono tale interpretazione. Stando alle
informazioni in possesso del relatore, la questione è stata recentemente discussa in seno al
gruppo ad hoc della Commissione sulla violenza nella vita lavorativa.
Il relatore ritiene che sia opportuno intavolare un dibattito più a lungo termine sulla necessità
di adottare misure legislative a livello europeo volte alla prevenzione ed alla lotta contro i
rischi per la salute e la sicurezza esistenti negli ambienti di lavoro, incluso il mobbing sul
posto di lavoro. E’ necessario eliminare l’insicurezza relativa all’applicabilità della direttiva
quadro nei casi di mobbing, tema sul quale il relatore tornerà più tardi.
Nell’articolo 1 della direttiva quadro si afferma che lo scopo è di adottare provvedimenti che
promuovano migliori condizioni di sicurezza e di salute per i lavoratori nell’ambiente di
lavoro. Senza addentrarsi nel dettaglio dei contenuti della direttiva è possibile constatare come
le condizioni di lavoro psichiche, sociali o psicosociali non siano menzionate. L’articolo 6 si
sofferma sulla responsabilità del datore di lavoro di valutare i rischi ed adottare provvedimenti
per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori, senza però chiarire se la responsabilità
comprenda ad esempio fattori inerenti all’ambiente di lavoro di carattere psichico, sociale o
psicosociale.
Nella sua risoluzione su una nuova agenda per la politica sociale, il Parlamento ha invitato la
Commissione a valutare il quadro legislativo attualmente in vigore e a porre in essere gli
strumenti scelti per attuare l’agenda. Il Parlamento ha inoltre invitato la Commissione a
istituire una strategia comunitaria concreta per la salute e la sicurezza sul posto di lavoro, che
dovrà essere basata sulla fissazione di obiettivi comuni e comprendere un piano d’azione per
consolidare l’attuazione, il controllo e la valutazione delle direttive esistenti, prevedendo
inoltre l’adozione di provvedimenti legislativi in materia di rischi non compensati o non
compensati a sufficienza e l’elaborazione di analisi dei rischi.
Come già menzionato, la Commissione intende presentare a breve alcune comunicazioni e un
Libro verde sull’impegno volto alla creazione di nuovi e migliori posti di lavoro. Il relatore è
dell’opinione che sia opportuno in tale campo un dibattito incentrato in parte sui rischi
esistenti negli ambienti di lavoro in senso lato nonché sulla necessità di adottare
provvedimenti legislativi in tale materia, in parte sull’applicabilità della direttiva quadro. E’
necessario invitare la Commissione a prendere in esame una chiarificazione di tale direttiva, o
un ampliamento del campo di applicazione della stessa, oppure in alternativa l’elaborazione di
una nuova direttiva quadro con un campo di applicazione più ampio. A tale riguardo il
relatore desidera sottolineare l’importanza di un lavoro sistematico in materia di ambiente di
lavoro e dell’adozione di provvedimenti di carattere preventivo, nondimeno perché è difficile
dimostrare la presenza di angherie, così come lo è anche per diversi tipi di cosiddetti nuovi
rischi negli ambienti di lavoro.
A tale riguardo si può anche ponderare la necessità di una direttiva particolare
complementare, una raccomandazione o altro, che sia specifica per il mobbing sul posto di
lavoro.
La questione della definizione di mobbing sul lavoro dovrebbe, nell’opinione del relatore,
essere ponderata in concomitanza dell’elaborazione di una proposta legislativa o altro nel
settore. In tale campo, analogamente a quanto viene fatto in materia di definizione delle
molestie (vedi sopra), si può lasciare lo spazio per una definizione conforme alla normativa e
alla prassi degli Stati membri.
7. Le parti sociali Œ misure a livello locale
Il relatore ha già sottolineato i legami esistenti fra il mobbing e l’organizzazione del lavoro.
Le parti sociali svolgono un ruolo decisivo e hanno una notevole responsabilità a livello
europeo e nazionale, ovvero la responsabilità di intervenire sul piano negoziale nei settori
chiave, fra cui l’organizzazione del lavoro. Ciò è stato evidenziato dal Parlamento nella
risoluzione su una nuova agenda per la politica sociale. Il Parlamento è dell’opinione che il
dialogo sociale vada promosso e consolidato e che debba rivestire un ruolo importante
nell’elaborazione di idee e prassi migliori. Il relatore è dell’avviso che si debba valutare in
quale misura il coordinamento fra le parti sociali a livello europeo possa contribuire alla lotta
contro il mobbing sul posto di lavoro.
La direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di
misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori
durante il lavoro, stabilisce che il datore di lavoro ha la responsabilità esplicita di valutare e,
in caso di necessità, di prevenire i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, iafra l’altro
la scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici e nella
sistemazione dei luoghi di lavoro.
E’ convinzione del relatore che siano necessari una prospettiva più ampia nell’ambito dei
provvedimenti relativi alla salute e alla sicurezza e una maggiore rilevanza delle misure di
prevenzione per poter combattere efficacemente il mobbing sul posto di lavoro nonché altre
forme di problemi presenti negli ambienti di lavoro. Le responsabilità del datore di lavoro in
materia di salute e sicurezza dovranno pertanto essere ampliate e chiarite. Un lavoro nel
campo della salute e della sicurezza di tipo moderno presuppone da parte del datore di lavoro
un impegno costante, impegno che comprende uno studio, un’attuazione e una verifica
dell’attività tali da consentire di prevenire i pericoli per la salute e gli infortuni sul lavoro,
nonché di garantire un ambiente di lavoro soddisfacente.
Il lavoro sistematico in materia di salute e sicurezza deve essere parte integrante dell’attività
quotidiana e comprendere tutte le condizioni, fra cui anche quelle psichiche e sociali, che
siano rilevanti per la salute e la sicurezza. E’ opinione del relatore che ciò debba emergere
dagli atti giuridici della Comunità.
Esistono già organizzazioni di sostegno e reti per le vittime del mobbing. Anche le
organizzazioni sindacali aiutano i membri che sono vittime del mobbing. Il relatore ritiene che
sia opportuno discutere di come le reti o le organizzazioni su base volontaria possano essere
sostenute per sviluppare ulteriormente la propria attività e per integrarla, se necessario, con
risorse professionali. Le risorse integrative e il lavoro di volontariato possono diminuire in
prospettiva le sofferenze umane ma anche i costi inferiori per la cura, la riabilitazione
eccetera.
8. Conclusione
L’Agenda sociale europea adottata al Consiglio di Nizza sottolineava che per essere attuata
sarebbe stato necessario usare tutti gli strumenti comunitari: vale a dire la legislazione, il
dialogo sociale, il metodo aperto di coordinamento, i fondi strutturali, i programmi di
sostegno, la strategia politica integrata, l’analisi e la ricerca. Il relatore nelle sue proposte per
provvedimenti comunitari da adottare per combattere il mobbing sul posto di lavoro ha
indicato diverse fra queste alternative.
La speranza è che la relazione possa stimolare l’adozione in tempi brevi di misure energiche
contro il mobbing sul posto di lavoro. È opportuno esortare la Commissione a presentare,
entro il marzo 2002, un libro verde recante un’analisi dettagliata della situazione relativa al
mobbing sul posto di lavoro in ogni Stato membro e, sulla base di detta analisi, a presentare
successivamente, entro l’ottobre 2002, un programma d’azione concernente le misure
comunitarie contro il mobbing sul posto di lavoro, corredato di uno scadenzario.
26 giugno 2001
PARERE DELLA COMMISSIONE PER I DIRITTI DELLA DONNA E LE PARI
OPPORTUNITÀ
destinato alla commissione per l'occupazione e gli affari sociali sul mobbing sul posto di lavoro
(2001/2339(INI))
Relatrice per parere: Miet Smet
PROCEDURA
Nella riunione del 27 febbraio 2001 la commissione per i diritti della donna e le pari
opportunità ha nominato relatrice per parere Miet Smet.
Nelle riunioni del 28 maggio 2001 e 21 giugno 2001 ha esaminato il progetto di parere.
In quest'ultima riunione ha approvato le conclusioni in appresso all'unanimità.
Erano presenti al momento della votazione Maj Britt Theorin, presidente; Miet Smet, relatrice
per parere; María Antonia Avilés Perea, Maria Berger (in sostituzione di Christa Prets), Lone
Dybkjær, Lissy Gröner, Heidi Anneli Hautala, Mary Honeyball, Anna Karamanou, Thomas
Mann, Maria Martens, Patsy Sörensen e Joke Swiebel.
BREVE GIUSTIFICAZIONE
Il mobbing o molestie sul posto di lavoro o non è un fenomeno nuovo. E’ particolarmente
preoccupante che si diffonda sempre più sia nel settore pubblico che in quello privato. Gli
studi sul mobbing sono iniziati nei paesi in cui le leggi sulla protezione dei lavoratori
dipendenti sono più progredite, mentre nei paesi in cui questa protezione non è
sufficientemente garantita, i dati su questo fattore a rischio mancano, in particolare per quanto
riguarda i metodi e i mezzi da porre in essere per prevenire il fenomeno e far fronte alle
conseguenze ove la situazione lo richieda.
Vi sono diverse definizioni di mobbing. A titolo di esempio, si può citare la definizione data
dalla dr. Hirigoyern, psichiatra, psicanalista e psicoterapeuta familiare 1 : iail mobbing si
definisce come comportamento abusivo (gesti, parole, comportamento, atteggiamento –) che
minaccia, con la sua ripetizione o la sua sistematizzazione, la dignità o l’integrità psichica o
fisica di una persona, mettendo in pericolo il suo posto di lavoro o degradando il clima di
lavoroln. Il fenomeno può essere affrontato in vari modi. Il mobbing designa piuttosto la
pressione esercitata dal gruppo dei lavoratori su uno dei suoi membri. Il bullismo designa una
pratica di gestione che consiste nell’assoggettare i lavoratori di un dato servizio ad una
pressione costante. Ma vi sono anche la derisione e l’emarginazione, e addirittura
comportamenti abusivi a connotazione sessuale o aggressioni fisiche.
I metodi utilizzati in una situazione di mobbing consistono in atteggiamenti ostili miranti ad
isolare la persona presa di mira, a minare le sue condizioni di lavoro (privandola della sua
autonomia, assegnandole troppo o poco lavoro, spingendola a commettere errori, non
prendendola in considerazione per le promozioni), ad attentare alla sua dignità (critiche,
ingiurie, diffamazione), ad esercitare nei suoi confronti una violenza verbale o fisica. Il
molestatore può essere una persona o un gruppo di persone. Nella maggior parte dei casi, il
molestatore è un membro della gerarchia dell’impresa o dell’amministrazione, ma il mobbing
può essere esercitato anche dai subordinati nei confronti di un superiore gerarchico.
Secondo un’inchiesta realizzata dalla Fondazione europea per il miglioramento delle
condizioni di vita e di lavoro nel 1996 2 , 12 milioni di lavoratori in Europa si considerano
vittime di mobbing. Inoltre, i risultati di varie inchieste dimostrano che le donne ne sono le
principali vittime. Il parere del Comitato economico e sociale francese (CES) adottato il 21
aprile 2001 ritiene che, secondo le indagini nazionali e internazionali, è possibile stabilire un
profilo tipo della vittima. Questa è il più delle volte di sesso femminile e di età superiore ai 40
anni, cosa che solleva il problema dell’ultima fase della carriera; il parere richiama altresì
l’attenzione sul destino dei giovani lavoratori. Secondo uno studio realizzato in Francia dalla
dr. Hirigoyen (cfr. supra), è interessato il 70% delle donne rispetto al 30% degli uomini. Le
donne più colpite sono quelle appartenenti a minoranze razziali, le donne portatrici di
handicap o aventi un diverso orientamento sessuale, nonché le donne incinte. La dr. Hirigoyen
considera che non solo le donne costituiscono la maggioranza delle vittime, ma che esse sono
molestate in modo diverso dagli uomini, intervenendo spesso connotazioni maschiliste o
sessiste. L’autrice opera una distinzione teorica tra mobbing e molestie sessuali, anche se
(1) Marie-France Hirigoyen, iiLe harcèlement moral, la violence perverse au quotidienlt, Syros, 1998. Cfr. anche
della stessa autrice, iuMaladie dans le travail, harcèlement moral: demêler le vrai du fauxle, Syros, 2001. 2 Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, iaLa deuxième enquête
européenne sur les conditions de travailln, 1997, Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee.
dimostra che i passaggi dall’uno alle altre sono frequenti. Le molestie sessuali non sono che il
passo successivo del mobbing. Nei due casi si tratta di umiliare l’altro e di considerarlo alla
stregua di un oggetto a propria disposizione. Per quanto riguarda la specificità del mobbing
nei confronti delle donne, la dr. Hirigoyen descrive diversi casi di specie: in primo luogo, le
donne che rifiutano le profferte di un superiore o di un collega e che si fanno pertanto
emarginare, umiliare o strapazzare; in secondo luogo, la discriminazione verso le donne. Le
donne sono semplicemente messe da parte oppure molestate o viene loro impedito di lavorare
per il solo fatto di essere donne. Secondo il CES, le situazioni di molestie sessuali presentano
notevoli somiglianze con quelle del mobbing come, ad esempio, la difficoltà, per la vittima, di
esprimersi, difendersi e presentare querela o quella di fornire le prove e di trovare testimoni.
Gli effetti del mobbing sulla salute sono devastanti. La vittima soffre di stress, nervosismo,
emicranie, depressione; sviluppa malattie psicosomatiche (ulcere gastriche, coliti, problemi di
tiroide, insonnia, ipertensione arteriosa, malattie della pelle, ecc.). Nella maggior parte dei
casi, le persone vittime di mobbing prendono un congedo di malattia di lunga durata o,
addirittura, si fanno licenziare. Come se non bastasse, il mobbing si ripercuote pesantemente
sulla produttività e l’efficienza economica dell’impresa o dell’amministrazione a causa
dell’assenteismo che provoca e delle spese e indennità che devono essere versate per causa di
malattia o di licenziamento. Questo tipo di molestie comporta pertanto un prezzo elevatissimo
per le imprese e la società.
Giova inoltre notare che, secondo la summenzionata indagine della Fondazione di Dublino, il
notevole divario tra gli Stati Œ dal 4 al 15% - in materia di violenza e di mobbing sul luogo di
lavoro riflette probabilmente le differenze di sensibilità e il fatto che tali questioni formino
oggetto di dibattiti pubblici o no. Si può dunque supporre che in taluni paesi le cifre siano al
di sotto dei valori reali. Occorre mettere un accento particolare sull’informazione delle
gerarchie delle imprese e delle amministrazioni. Secondo il sito Internet inbullybustersl.
(www.bullybusters.org), un’inchiesta sul iuUS Hostile Workplace Survey 2000ly ha indicato
che la gerarchia ha appoggiato direttamente i molestatori nel 42% dei casi e ha fornito un
tacito appoggio nel 40% dei casi. Solo il 7% dei bulli sono trasferiti ed essi godono
generalmente di impunità. Nel 36% dei casi si arriverebbe addirittura al punto che la gerarchia
penalizzi la vittima. Il sito indica inoltre che numerose vittime si pentono di aver presentato
una querela, in quanto ciò aveva comportato il loro licenziamento. Tutti gli autori citati dal
sito iibullybusterslr rilevano che le vittime soffrono altrettanto, se non di più, della passività
della gerarchia che degli atti di mobbing veri e propri (doppia vittimizzazione).
Vista la portata del problema posto dal mobbing, la vostra relatrice per parere considera che si
tratti ora di definire i metodi e i mezzi da porre in essere per garantire la prevenzione e
l’assistenza alle vittime e sradicare tale flagello nel medio e lungo termine, sia nel settore
pubblico che nel settore privato. A tal fine occorrerebbe incoraggiare le imprese e i pubblici
poteri a porre in essere politiche di prevenzione efficaci e procedure idonee a risolvere il
problema e ad evitare che si ripresenti.
Considerando che l’azione prevista potrà contribuire a garantire ai lavoratori dipendenti salute
e sicurezza sul posto di lavoro nella Comunità, si invita la Commissione ad esaminare il
problema e a proporre una direttiva o una raccomandazione sul mobbing sul luogo di lavoro,
sull’esempio della sua raccomandazione del 27novembre 1991 sulla tutela della dignità delle
donne e degli uomini sul lavoro e del codice di condotta mirante a combattere le molestie.
sessuali 3 .
CONCLUSIONI
La commissione per i diritti della donna e le pari opportunità invita la commissione per
l'occupazione e gli affari sociali, competente per il merito, a includere nella proposta di
risoluzione che approverà i seguenti elementi:
Paragrafi
1. considera che il mobbing sul posto di lavoro da parte di superiori, subordinati
gerarchici o di colleghi, è un problema grave e inaccettabile in quanto attenta alla
dignità delle persone che ne sono vittime e genera condizioni di lavoro umilianti e
degradanti; che esso rappresenta un problema preoccupante nella misura in cui tende
ad espandersi negli ultimi anni sia nel settore pubblico che nel settore privato;
2. richiama l'attenzione sul fatto che il continuo aumento dei contratti a termine e della
precarietà del lavoro, in particolare tra le donne, crea condizioni propizie alla pratica
di varie forme di molestia;
3. richiama l’attenzione sugli effetti devastanti del mobbing sulla salute fisica e psichica
delle vittime, nonché delle loro famiglie, che necessitano spesso di un trattamento
medico e psicoterapeutico comportante generalmente un’assenza dal lavoro per motivi
di malattia o le dimissioni;
4. ricorda che il mobbing comporta altresì conseguenze nefaste per i datori di lavoro per
quanto riguarda la produttività e l’efficienza economica dell’impresa a causa
dell’assenteismo che esso provoca, della riduzione della produttività dei lavoratori a
motivo della confusione mentale, della mancanza di concentrazione e del pagamento
delle indennità ai lavoratori licenziati;
5. sottolinea che la lotta al mobbing sul posto di lavoro deve essere considerata come un
elemento degli sforzi volti a rafforzare la dimensione qualitativa nell'occupazione e a
migliorare le relazioni sociali sul luogo di lavoro, coerentemente agli impegni assunti
dall'UE con l'Agenzia Sociale;
6. richiama l’attenzione sul fatto che, secondo la totalità delle inchieste, le donne sono
più frequentemente vittime che non gli uomini dei fenomeni di mobbing, che si tratta
di molestie verticali: discendenti (dal superiore al subordinato) o ascendenti (dal
subordinato al superiore), di molestie orizzontali (tra colleghi di pari livello) o di
molestie miste;
7. chiede alla Commissione europea di realizzare uno studio, basandosi sul contributo
della fondazione di Dublino e dell'Agenzia europea per la salute e la sicurezza sul
luogo di lavoro, sui vari tipi di mobbing, la ripartizione per sesso e per età dei vari tipi
di mobbing, la definizione dei metodi e dei mezzi applicati per garantire la
3 GU L 49 del 24.2.1992, pag. 1.
prevenzione e la riabilitazione delle vittime per combattere questo fenomeno nel
medio o nel lungo termine, sia nel settore pubblico che nel settore privato; chiede che
lo studio in questione comprenda un’analisi della situazione particolare delle donne
vittime di mobbing;
8. raccomanda agli Stati membri di imporre alle imprese, ai pubblici poteri nonché alle
parti sociali l'attuazione di politiche di prevenzione efficaci, l'introduzione di un
sistema di scambio di esperienze, e l'individuazione di procedure atte a risolvere il
problema per le vittime e ad evitare che esso si ripresenti; raccomanda, in tale
contesto, la messa a punto di un’informazione e di una formazione dei lavoratori
dipendenti, del personale di inquadramento, delle parti sociali e dei medici del lavoro,
sia nel settore privato che nel settore pubblico; ricorda a tale proposito la possibilità di
nominare sul luogo di lavoro una persona di fiducia alla quale i lavoratori possono
eventualmente rivolgersi;
9. auspica che le istituzioni europee realizzino inchieste sul mobbing all’interno delle
proprie strutture, in particolare sul mobbing contro le donne, che lo combattano più
energicamente e che individuino soluzioni per questo grave problema, prevedendo
eventualmente un adeguamento dello statuto dei funzionari nonché un'adeguata
politica di sanzioni;
10. constata che le persone esposte al mobbing nelle istituzioni europee beneficiano
attualmente di un aiuto insufficiente e si compiace al riguardo con l'amministrazione
per aver istituito da tempo un corso destinato in particolare alle donne amministratrici
intitolato inLa gestione al femminilelt e, più recentemente, un comitato consultivo sul
mobbing;
11. richiama l’attenzione sul fatto che false accuse di mobbing possono trasformarsi a loro
volta in un temibile strumento di mobbing;
12. constata che uno Stato membro ha già adottato una normativa mirante a lottare contro
il mobbing sul posto di lavoro e che altri Stati sono impegnati nel mettere a punto una
legislazione che reprima questo fenomeno, richiamandosi il più delle volte alle
legislazioni adottate per reprimere le molestie sessuali;
13. invita la Commissione europea ad esaminare il problema nel cotesto più ampio e
appropriato della salute e sicurezza sul posto di lavoro, con riferimento in particolare
alla direttiva 89/391/CEE, e ponderando anche la possibilità di una direttiva
particolare di integrazione o di una raccomandazione che sia specifica per il mobbing
ed il mercato del lavoro.
Mobbing sul posto di lavoro. Risoluzione A5-0283/2001. (2001/2339(INI))
Il Parlamento europeo,
- visti gli articoli 2, 3, 13, 125-129, 136-140 e 143 del trattato CE,
- viste le sue risoluzioni del 13 aprile 1999 sulla comunicazione della Commissione "Modernizzare l'organizzazione del lavoro - Un atteggiamento positivo nei confronti dei cambiamenti", del 24 ottobre 2000 su "Orientamenti a favore dell'occupazione per il 2001 - Relazione congiunta sull'occupazione 2000"e del 25 ottobre 2000 sull'Agenda per la politica sociale,
- viste le parti pertinenti delle conclusioni del Consiglio europeo in occasione dei vertici di Nizza e di Stoccolma,
- visto l'articolo 163 del suo regolamento,
- visti la relazione della commissione per l'occupazione e gli affari sociali e il parere della
commissione per i diritti della donna e le pari opportunità (A5-0283/2000)
A. considerando che, secondo un sondaggio svolto tra 21.500 lavoratori dalla Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (Fondazione di Dublino), nel corso degli ultimi 12 mesi l'8% dei lavoratori dell'Unione europea, pari a 12 milioni di persone, è stato vittima di mobbing sul posto di lavoro, e che si può presupporre che il dato sia notevolmente sottostimato,
B. considerando che l'incidenza di fenomeni di violenza e molestie sul lavoro, tra cui la Fondazione include il mobbing, presenta sensibili variazioni tra gli Stati membri e che ciò è dovuto, secondo la Fondazione, al fatto che in alcuni paesi soltanto pochi casi vengono dichiarati, che in altri la sensibilità verso il fenomeno è maggiore e che esistono differenze tra i sistemi giuridici nonché differenze culturali; che la precarietà dell'impiego costituisce una delle cause principali dell'aumento della frequenza di suddetti fenomeni,
C. considerando che la Fondazione di Dublino rileva che le persone esposte al mobbing subiscono uno stress notevolmente più elevato rispetto agli altri lavoratori in generale e che le molestie costituiscono dei rischi potenziali per la salute che spesso sfociano in patologie associate allo stress;
che i dati nazionali sul mobbing nella vita professionale, disaggregati per generi, non offrono,
secondo l'Agenzia, un quadro uniforme della situazione;
D. considerando che dai dati provenienti da uno degli Stati membri risulta che i casi di mobbing
sono di gran lunga più frequenti nelle professioni caratterizzate da un elevato livello di tensione, professioni esercitate più comunemente da donne che da uomini e che hanno conosciuto una grande espansione nel corso degli anni 90,
E. considerando che gli studi e l'esperienza empirica convergono nel rilevare un chiaro nesso tra, da una parte, il fenomeno del mobbing nella vita professionale e, dall'altra, lo stress o il lavoro ad elevato grado di tensione, l'aumento della competizione, la riduzione della sicurezza dell'impiego nonché l'incertezza dei compiti professionali,
F. considerando che tra le cause del mobbing vanno ad esempio annoverate le carenze a livello di organizzazione lavorativa, di informazione interna e di direzione; che problemi organizzativi
irrisolti e di lunga durata si traducono in pesanti pressioni sui gruppi di lavoro e possono condurre all'adozione della logica del "capro espiatorio" e al mobbing; che le conseguenze per l'individuo e per il gruppo di lavoro possono essere rilevanti, così come i costi per i singoli, le imprese e la società;
1. ritiene che il mobbing, fenomeno di cui al momento non si conosce la reale entità, costituisca un grave problema nel contesto della vita professionale e che sia opportuno prestarvi maggiore
attenzione e rafforzare le misure per farvi fronte, inclusa la ricerca di nuovi strumenti per
combattere il fenomeno;
2. richiama l'attenzione sul fatto che il continuo aumento dei contratti a termine e della precarietà del lavoro, in particolare tra le donne, crea condizioni propizie alla pratica di varie forme di molestia;
3. richiama l'attenzione sugli effetti devastanti del mobbing sulla salute fisica e psichica delle
vittime, nonché delle loro famiglie, in quanto essi impongono spesso il ricorso ad un trattamento medico e psicoterapeutico e conducono generalmente a un congedo per malattia o alle dimissioni;
4. richiama l'attenzione sul fatto che, secondo alcune inchieste, le donne sono più frequentemente vittime che non gli uomini dei fenomeni di mobbing, che si tratti di molestie verticali: discendenti (dal superiore al subordinato) o ascendenti (dal subordinato al superiore), di molestie orizzontali (tra colleghi di pari livello) o di molestie miste;
5. richiama l'attenzione sul fatto che false accuse di mobbing possono trasformarsi a loro volta in un temibile strumento di mobbing;
6. pone l'accento sul fatto che le misure contro il mobbing sul luogo di lavoro vanno considerate una componente importante degli sforzi finalizzati all'aumento della qualità del lavoro e al miglioramento delle relazioni sociali nella vita lavorativa; ritiene che esse contribuiscano altresì a combattere l'esclusione sociale, il che può giustificare l'adozione di misure comunitarie e risulta in sintonia con l'Agenda sociale e gli orientamenti in materia di occupazione dell'Unione europea;
7. rileva che i problemi di mobbing sul posto di lavoro vengono probabilmente ancora sottovalutati in molti settori all'interno dell'UE e che vi sono molti argomenti a favore di iniziative comuni a livello dell'Unione, quali ad esempio la difficoltà di trovare strumenti efficaci per prevenire e contrastare il fenomeno, il fatto che gli orientamenti sulle misure per combattere il mobbing sul posto di lavoro possano produrre effetti normativi ed influire sugli atteggiamenti e che l'adozione di tali orientamenti comuni sia giustificata anche da ragioni di equità;
8. esorta la Commissione a prendere ugualmente in considerazione, nelle sue comunicazioni relative a una strategia comune in materia di salute e sicurezza sul lavoro e al rafforzamento della dimensione qualitativa della politica occupazionale e sociale nonché nel libro verde sulla
responsabilità sociale delle imprese, fattori psichici, psicosociali e sociali connessi all'ambiente
lavorativo, inclusa l'organizzazione lavorativa, invitandola pertanto ad attribuire importanza a
misure di miglioramento dell'ambiente lavorativo che siano lungimiranti, sistematiche e preventive, finalizzate tra l'altro a combattere il mobbing sul posto di lavoro e a valutare l'esigenza di iniziative legislative in tal senso;
9. esorta il Consiglio e la Commissione ad includere indicatori quantitativi relativi al mobbing sul posto di lavoro negli indicatori relativi alla qualità del lavoro, che dovranno essere definiti in vista del Consiglio europeo di Laeken;
10. esorta gli Stati membri a rivedere e, se del caso, a completare la propria legislazione vigente
sotto il profilo della lotta contro il mobbing e le molestie sessuali sul posto di lavoro, nonché a
verificare e ad uniformare la definizione della fattispecie del "mobbing" ;
11. sottolinea espressamente la responsabilità degli Stati membri e dell'intera società per il mobbing e la violenza sul posto di lavoro, ravvisando in tale responsabilità il punto centrale di una strategia di lotta a tale fenomeno;.12. raccomanda agli Stati membri di imporre alle imprese, ai pubblici poteri nonché alle parti sociali l'attuazione di politiche di prevenzione efficaci, l'introduzione di un sistema di scambio di esperienze e l'individuazione di procedure atte a risolvere il problema per le vittime e ad evitare sue recrudescenze; raccomanda, in tale contesto, la messa a punto di un'informazione e di una formazione dei lavoratori dipendenti, del personale di inquadramento, delle parti sociali e dei medici del lavoro, sia nel settore privato che nel settore pubblico; ricorda a tale proposito la possibilità di nominare sul luogo di lavoro una persona di fiducia alla quale i lavoratori possono eventualmente rivolgersi;
13. esorta la Commissione ad esaminare la possibilità di chiarificare o estendere il campo di
applicazione della direttiva quadro per la salute e la sicurezza sul lavoro oppure di elaborare una nuova direttiva quadro, come strumento giuridico per combattere il fenomeno delle molestie, nonché come meccanismo di difesa del rispetto della dignità della persona del lavoratore, della sua intimità e del suo onore; sottolinea pertanto che è importante che la questione del miglioramento dell'ambiente di lavoro venga affrontata in modo sistematico e con l'adozione di misure preventive;
14. sottolinea che una base statistica migliore può agevolare e ampliare la conoscenza e la ricerca e segnala il ruolo che l'Eurostat e la Fondazione di Dublino possono svolgere in tale contesto; esorta la Commissione, la Fondazione di Dublino e l'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro a prendere iniziative affinché vengano condotti studi approfonditi in materia di mobbing;
15. sottolinea l'importanza di studiare più da vicino il fenomeno del mobbing sul posto di lavoro in relazione sia agli aspetti attinenti all'organizzazione del lavoro sia a quelli legati a fattori quali genere, età, settore e tipo di professione; chiede che lo studio in questione comprenda un'analisi della situazione particolare delle donne vittime di mobbing;
16. constata che uno Stato membro ha già adottato una normativa mirante a lottare contro il
mobbing sul posto di lavoro e che altri Stati sono impegnati nella ratifica di una legislazione volta a reprimere tale fenomeno, richiamandosi il più delle volte alle legislazioni adottate per reprimere le molestie sessuali; esorta gli Stati membri a prestare attenzione al problema del mobbing sul luogo di lavoro e a tenerne conto nel contesto delle rispettive legislazioni nazionali e di altre azioni;
17. esorta le istituzioni europee a fungere da modello sia per quanto riguarda l'adozione di misure per prevenire e combattere il mobbing all'interno delle loro stesse strutture che per quanto riguarda l'aiuto e l'assistenza a individui o gruppi di lavoro, prevedendo eventualmente un adeguamento dello statuto dei funzionari nonché un'adeguata politica di sanzioni;
18. constata che le persone esposte al mobbing nelle istituzioni europee beneficiano attualmente di un aiuto insufficiente e si compiace al riguardo con l'amministrazione per aver istituito da tempo un corso destinato in particolare alle donne amministratrici intitolato "La gestione al femminile" e, più recentemente, un comitato consultivo sul mobbing;
19. chiede che si esamini in quale misura la consultazione a livello comunitario tra le parti sociali può contribuire a combattere il mobbing sul posto di lavoro e ad associare a tale lotta le
organizzazioni dei lavoratori;
20. esorta le parti sociali negli Stati membri a elaborare, tra di loro e a livello comunitario, strategie idonee di lotta contro il mobbing e la violenza sul luogo di lavoro, procedendo altresì a uno scambio di esperienze in merito secondo il principio delle "migliori pratiche" ;
21. ricorda che il mobbing comporta altresì conseguenze nefaste per i datori di lavoro per quanto riguarda la redditività e l'efficienza economica dell'impresa a causa dell'assenteismo che esso provoca, della riduzione della produttività dei lavoratori indotta dal loro stato di confusione e di difficoltà di concentrazione nonché dalla necessità di erogare indennità ai lavoratori licenziati;
22. sottolinea l'importanza di ampliare e chiarire la responsabilità del datore di lavoro per quanto concerne la messa in atto di misure sistematiche atte a creare un ambiente di lavoro soddisfacente;
23. chiede che abbia luogo una discussione in merito alle modalità di sostegno alle reti e
organizzazioni di volontariato impegnate nella lotta al mobbing;
24. invita la Commissione a presentare, entro il marzo 2002, un libro verde recante un'analisi
dettagliata della situazione relativa al mobbing sul posto di lavoro in ogni Stato membro e, sulla
base di detta analisi, a presentare successivamente, entro l'ottobre 2002, un programma d'azione
concernente le misure comunitarie contro il mobbing sul posto di lavoro; chiede che tale piano
d'azione venga corredato di uno scadenzario;
25. incarica la sua Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione, al Consiglio, alla Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro ed all'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro.