LA DIPENDENZA DELL'INFARTO DALL'ATTIVITA' LAVORATIVA PUO' ESSERE ACCERTATA ANCHE IN BASE A UNA VALUTAZIONE DI PROBABILITA' ESPRESSA DAL CONSULENTE TECNICO Il giudice deve disporre d'ufficio le altre indagini istruttorie eventualmente necessarie (Cassazione Sezione Lavoro n. 279 del 10 gennaio 2005, Pres. Sciarelli, Rel. De Matteis).
              Sergio B. è morto per infarto mentre lavorava come edile in una zona di montagna. I suoi eredi hanno chiesto all'Inail il trattamento previsto dalla legge per gli infortuni sul lavoro, sostenendo che l'infarto era stato causato da uno sforzo fisico eccessivo. L'Inail non ha accolto la domanda. Ne è seguito un giudizio davanti al Tribunale di Brescia che ha nominato un consulente tecnico al fine di accertare le cause della morte. Questi, nella sua relazione si è così espresso: "La morte sembra dovuta con altissima probabilità ad infarto del miocardio secondario a malattia coronarica …… Infatti il Sergio B. era indubbiamente soggetto ad alto rischio per i seguenti fattori: forte fumatore da più di 20 anni; iperlipoproteinemia di tipo misto (classe II/B sec. Frederickson) non trattata farmacologicamente …. Le operazioni dallo stesso eseguite nella mattinata fatidica … benché abbastanza normali per quel tipo di mansione, configurano la fattispecie di sforzo fisico eccessivo per un soggetto verosimilmente coronaropatico, anche se la sua condizione gli era ignota … Deve ammettersi la possibilità che l'intenso sforzo lavorativo abbia rivestito un ruolo di concausa, o causa concorsuale, nella morte del sig. Sergio B.". Il giudice d'appello ha ritenuto che non vi fosse prova alcuna che l'assicurato soffrisse di una patologia coronarica, la quale non era mai stata diagnosticata in vita, pur essendo il Sergio B. stato sottoposto a ripetute visite semestrali del medico aziendale integrate da esami strumentali e laboratoristici". Il Tribunale ha rigettato la domanda e la sua decisione è stata confermata dalla Corte d'Appello di Brescia.
              La circostanza che fossero presenti gravi fattori di rischio per una patologia coronarica - secondo la Corte - non consentiva di affermare se non in termini di possibilità che tale patologia fosse effettivamente presente; il giudizio di "altissima probabilità" di un infarto dei miocardio secondario a malattia coronarica come causa del decesso (causa non accertata) appariva quindi fondato su un presupposto - la malattia coronarica - che è a sua volta possibile ma non provato e comunque non certo. In altri termini - ha osservato la Corte d'Appello - l'altissima probabilità dell'infarto del miocardio postula come condizione l'esistenza della malattia coronarica; venendo meno questa condizione viene meno il fondamento del giudizio probabilistico. Gli eredi di Sergio B. hanno proposto ricorso per cassazione, censurando la decisione della Corte d'Appello per vizi di motivazione e violazione di legge. La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 279 del 10 gennaio 2005, Pres. Sciarelli, Rel. De Matteis) ha accolto il ricorso, richiamando i seguenti principi affermati in sue precedenti decisioni:
    1) la eziopatogenesi professionale può essere ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità, per accertare il quale il giudice deve valutare le conclusioni probabilistiche del consulente tecnico in tema di nesso causale, facendo ricorso anche ad ogni utile iniziativa ex officio diretta ad acquisire ulteriori elementi (assunzione di deposizioni testimoniali, richiesta di chiarimenti al consulente tecnico e quanto altro si appalesi opportuno) in relazione all'entità ed all'esposizione del lavoratore ai fattori di rischio; è invece esclusa la rilevanza della mera possibilità (Cass. 20 maggio 2000 n. 6592; Cass. 8 luglio 1994 n. 6434; Cass. 23 aprile 1997 n. 3523; Cass. 7 aprile 1998 n. 3602; Cass. 8 gennaio 2003 n. 87; Cass. 11 giugno 2004 n. 11128);
    2) l'esercizio dei poteri ufficiosi, ex art. 421 c.p.c., diretti ad accertare diritti costituzionalmente protetti, non è discrezionale, ma obbligatorio (Cass. Sez. Un 17 giugno 2004 n. 11353);
    3) il giudice di merito, se esclude il nesso eziologico tra un evento lesivo e le condizioni patologiche fatte valere dall'assicurato ai fini del riconoscimento di una rendita da infortunio sul lavoro, benché tale nesso sia stato ritenuto sussistente dalla consulenza tecnica d'ufficio, deve far ricorso a nozioni scientifiche, eventualmente avvalendosi di un altro consulente tecnico, non potendo invece contrapporre alle conclusioni della consulenza tecnica osservazioni di logica meramente probabilistica, a meno che dette conclusioni non abbiano a loro volta carattere meramente congetturale (Cass. 7 maggio 1998 n. 4639);
    4) in caso di infarto, il carattere violento della causa va individuato nella natura stessa dell'infarto, dove si ha una rottura dell'equilibrio dell'organismo del lavoratore concentrata in una minima frazione temporale (Cass. 24 ottobre 2000 n. 13982; Cass. 16 ottobre 2000 n. 13741; Cass. 27 settembre 2000 n. 12798);
    5) l'infarto va ricondotto alle situazioni tipiche ed abituali del lavoro (Cass. 13982 e 12798/2000), e non richiede atti esulanti da tali condizioni;
    6) la predisposizione morbosa non esclude il nesso causale tra sforzo e ed evento infortunistico, in relazione anche al principio di equivalenza causale di cui all'art. 41 cod. pen., che trova applicazione nella materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, con la conseguenza che un ruolo di concausa va attribuito anche ad una minima accelerazione di una pregressa malattia, salvo che questa sia sopravvenuta in modo del tutto indipendente dallo sforzo compiuto o dallo stress subito nella esecuzione della prestazione lavorativa (Cass. 21 maggio 2003 n. 8019).
              Ciò posto, - ha osservato la Cassazione - non appare convincente, sul piano motivazionale, la scissione operata dal giudice d'appello del giudizio probabilistico del consulente d'ufficio tra infarto e suoi presupposti, la Corte ha pertanto cassato la decisione impugnata rinviando la causa alla Corte d'Appello di Milano, per un nuovo esame.