La manutenzione periodica dei dispositivi di sicurezza
La pianificazione aziendale mediante tecniche di monitoraggio che soddisfino le
prescrizioni di Legge e le indicazioni delle Norme tecniche
L’obbligo della manutenzione periodica nelle aziende è sancito dall’articolo 3
comma 1, lettera “r ” del D. Lgs 626/94.
Già questa è una precisa novità nel panorama legislativo italiano in materia di
sicurezza sul lavoro; novità rispetto al vecchio D.P.R. 547/55 e
all’impostazione mentale ricorrente che, non di rado, relega la manutenzione in
un ruolo di secondo piano rispetto alla produzione.
Ancora oggi, a dieci anni dal varo del D.Lgs. 626/94, tale mentalità persiste in
vari contesti e sotto varie forme, a significare la difficoltà che incontra ad
affermarsi il mutamento culturale promosso dalla legislazione di derivazione
 
 
 
 
La manutenzione periodica dei dispositivi di sicurezza
La pianificazione aziendale mediante tecniche di monitoraggio che soddisfino le prescrizioni di Legge e le indicazioni delle Norme tecniche
L’obbligo della manutenzione periodica nelle aziende è sancito dall’articolo 3 comma 1, lettera “r ” del D. Lgs 626/94.
Già questa è una precisa novità nel panorama legislativo italiano in materia di sicurezza sul lavoro; novità rispetto al vecchio D.P.R. 547/55 e all’impostazione mentale ricorrente che, non di rado, relega la manutenzione in un ruolo di secondo piano rispetto alla produzione.
Ancora oggi, a dieci anni dal varo del D.Lgs. 626/94, tale mentalità persiste in vari contesti e sotto varie forme, a significare la difficoltà che incontra ad affermarsi il mutamento culturale promosso dalla legislazione di derivazione europea.
La manutenzione, così come la sicurezza, sono realtà che vanno integrate nell’attività produttiva e organizzativa aziendale. A dirlo, anzi a prescriverlo nei confronti dei datori di lavoro, è lo stesso D.Lgs. che, al medesimo articolo 3, comma 1, lettera “d”, annovera tra le misure generali di tutela la “programmazione della prevenzione, mirando ad un complesso che integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive ed organizzative dell’azienda”.

MANUTENZIONE E SICUREZZA
Il nocciolo della questione, a ben vedere, transita – deve transitare – per forza di cose attraverso scelte organizzative che esprimono la volontà aziendale in favore di tale integrazione e ne diano applicazione in concreto.
I legami tra manutenzione e sicurezza sussistono come obbligo in virtù del già citato articolo 3, comma 1, lettera “r “ del decreto, che impone la “regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine e impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza, in conformità alle indicazioni dei fabbricanti”.

I DISPOSITIVI DI SICUREZZA
I dispositivi di sicurezza sono rappresentati da tutto ciò che concorre a creare la necessaria barriera di sicurezza tra la fonte di pericolo e le persone, ovvero che determina l’affidabilità di tale barriera.
Come ogni prodotto strutturale e tecnologico, tali dispositivi sono soggetti a usura, anomalie e guasti. Per cui, nel tempo e in relazione alle condizioni (più o meno critiche) in cui si trovano a operare, i dispositivi di sicurezza sono esposti alla perdita delle proprie prestazioni iniziali. Contro tale eventualità negativa, per evitare che questo avvenga e prevenire le conseguenti situazioni di difettosità e carenze delle barriere di protezione, deve intervenire la manutenzione, attuando in modo regolare e programmato, verifiche, riparazioni, sostituzioni e quant’altro consenta di mantenere il più possibile affidabili nel tempo le prestazioni dei dispositivi di sicurezza.

QUALITA’ DEGLI INTERVENTI
Ciò che occorre fare per prevenire o contenere il degrado dei dispositivi di sicurezza è un qualcosa che dipende dai vari fattori, come:
la tipologia del dispositivo;
le modalità d’impiego;
le condizioni operative;
il verificarsi di eventuali fattori in grado di accelerare il venir meno delle prestazioni.
L’esperienza del manutentore torna senz’altro utile per procedere a un’analisi appropriata di tali fattori e di altri ancora. Ma deve pur sempre potersi appoggiare a riferimenti affidabili e osservare regole di legge, ove queste vi siano.
Il D.Lgs. 626/94, non a caso, prescrive al manutentore l’osservanza delle indicazioni fornite dai fabbricanti. E’, infatti, ormai una costante la presenza, sulle Norma tecniche di prodotto, di precisi indirizzi che richiamano il fabbricante alla necessità di fornire all’utente, per il tramite delle istruzioni d’uso, indicazioni in ordine anche alla manutenzione periodica cui li manufatto in questione dovrà essere sottoposto.
A queste indicazioni si aggiungono quelle contenute nelle Norme tecniche d’impiego (tipo quelle impiantistiche) e nelle Norme tecniche di esercizio; nonché le prescrizioni che alcuni testi legislativi riportano in ordine alle verifiche periodiche da effettuare in situazioni particolari e su dispositivi o apparecchiature particolari, laddove la barriera di sicurezza presenti particolari condizioni di criticità ambientale, funzionale o contestuale.

Pianificazione degli interventi
Per pianificare i propri interventi, il manutentore si trova quindi a disporre di riferimenti, in parte desumibili dai testi normativi e legislativi, in parte ricavati dalla propria esperienza e dai buoni risultati ottenuti in tal senso a livello nazionale. La figura 1 riassume tali riferimenti, anche se, beninteso, non sempre si annoverano tutti insieme e non sempre, stante le condizioni operative, si rendono necessari nella loro totalità.

Qualificazione del personale
La preparazione del personale adibito agli interventi deve essere commisurata alla criticità degli stessi. La presenza di una procedura preordinata, purché esaustiva in ogni sua parte, può agevolare il compito, consentendo, in certi casi, l’impiego di personale non specializzato. Resta intesa la necessità che, in caso di anomalie o incertezze di giudizio, tale personale faccia ricorso a colleghi in grado di esprimere un giudizio tecnico in merito alle anormalità riscontrate.
Allorché si tratta di intervenire manualmente sulle attrezzature, lo stesso D. Lgs. 626/9, all’articolo 35, comma 5, lettera “b”, prescrive che per riparazioni, trasformazioni o manutenzioni il lavoro debba essere qualificato in maniera specifica.

REGISTRAZIONE DEGLI INTERVENTI
In certi casi, come si vedrà meglio in seguito, la registrazione degli interventi, comprende:
l’oggetto sottoposto a verifica;
la data;
il nome del manutentore (o dei manutentori);
l’esito dell’intervento;
eventuali osservazioni, è richiesta per legge e diviene documento ufficiale in ordine al corretto esercizio dell’ impianto.
Negli altri casi, dove la legge non arriva, è un elementare criterio di buona tecnica ad esigere che, trattandosi di interventi destinati a garantire le prestazioni delle barriere di sicurezza, la loro annotazione – anche in ordine di esigenze di validazione dei materiali, delle soluzioni e delle periodicità di controllo, nonché in relazione alle responsabilità in materia di sicurezza sul lavoro – sia puntuale e impostata in modo da consentire, ove necessaria, la ricostruzione della “storia” di ogni dispositivo o dei dispositivi presenti su ogni macchina, impianto o ambiente di lavoro.

AGGIORNAMENTO DELLA DOCUMENTAZIONE
Ogni dispositivo di sicurezza è parte integrante di un più vasto sistema operativo , sia esso rappresentato da una macchina, da un impianto o altro ancora.
Tale sistema ha una propria documentazione tecnica di supporto. Nel caso delle macchine, per esempio, essa è rappresentata dal manuale d’uso.
Nel caso degli impianti elettrici essa è costituita soprattutto, ma non solo, dagli impianti elettrici. Nella documentazione i dispositivi di sicurezza rappresentano una parte rilevante, in ordine a fattori quali la locazione, la funzionalità e l’eventuale autodiagnosi dei guasti.
Ogni qualvolta l’esame periodico di affidabilità rendesse necessaria od opportune modifiche – entro i limiti concessi dalle leggi e/o nel rispetto dei criteri di non tangibilità delle impostazioni previste dal fabbricante, ovvero provvedendo a nuove documentate analisi dei rischi che sostituiscano quelle del fabbricante originario - queste (modifiche) dovranno costituire oggetto di aggiornamento della documentazione. E varrà la pena, ogni volta, di stabilire se non sia il caso di conservare nota della modifica in essa stessa; vale a dire di informare l’utente della documentazione circa le variazioni di stato intervenute, citando quindi anche le situazioni precedenti (che altrimenti verrebbero cancellati dalla memoria scritta).

ESEMPI DI MANUTENZIONE PERIODICA
A titolo esemplificativo, si riportano qui di seguito alcuni indirizzi per la pianificazione, manutentiva dei più ricorrenti dispositivi di sicurezza presenti sia sulle macchine, sia sui singoli impianti.
Per quanto attiene le macchine e, più in generale, le attrezzature, l’obbligo di una manutenzione che assicuri nel tempo la rispondenza (ovvero la permanenza) dei requisiti di sicurezza studiati in sede di progetto e realizzazione è ribadito anche nell’articolo 35, comma 4, lettera “c” del D.Lgs. 626/94.

Dispositivi di sicurezza sulle macchine
Sulle macchine si configurano dei veri e propri sistemi di sicurezza (figura 2), composti da:
sensori;
logica di controllo;
attuatori.
La funzionalità del sistema può essere garantita dalla presenza da una logica di autocontrollo, solitamente compresa entro appositi “moduli di sicurezza”. Oppure detta logica, come avviene nel caso della barriere a raggi infrarossi, può trovarsi fisicamente integrata nel contenitore stesso del deposito di sicurezza.
In ogni caso, l’autocontrollo automatico avviene secondo i criteri dettati dalla Norma UNI EN 954-1: “Parti dei sistemi di comando legati alla sicurezza. Principi generali per la progettazione”,che individua quattro categorie di sicurezza (figura 3), ad affidabilità crescente in relazione ai possibili guasti.
In casi del genere la manutenzione periodica, correlate temporaneamente alle condizioni operative della macchina, ma con frequenza almeno mensile, deve:
1) Sincerarsi del corretto funzionamento dei sensori operanti nella categoria B (funzionale) e nella categoria 1 (priva di autocontrollo);
2) Sincerarsi del corretto funzionamento del sistema di sicurezza, nei casi in cui le categorie di sicurezza adottate siano la 2, la 3 o la 4.

L’intervento si espleta mediante:
esame a vista dello stato di conservazione dei componenti (tipo gli azionatori a camme e le testina attuatici dei fine corsa elettromeccanici);
simulazione (fino a verificare, ove essenziale ai fini infortunistici, il tempo di risposta in ordine all’arresto delle parti meccaniche pericolose della macchina);
eventuale verifica strumentale dei cambiamenti di stato riscontrabili sui circuiti elettrici.

Comando di arresto d’emergenza
Tra i dispositivi di sicurezza delle macchine, l’arresto di emergenza è senz’altro quello più critico. Infatti:
viene azionato (solitamente) in extremis, per cercare di limitare la portata di un danno che sta per abbattersi sull’uomo;
chi aziona ha la necessità e l’urgenza che la macchina venga posta in sicurezza nel più breve tempo possibile;
la sua corretta funzionalità può essere verificata solo azionando, ovvero simulando l’arresto d’emergenza.
Anche nel caso in cui si trova abbinato a logiche di autocontrollo, il dispositivo di arresto di emergenza non viene automaticamente sottoposto a monitoraggio periodico, in quanto il confronto tra lo stato in cui si trovano i contatti in apertura e in chiusura del dispositivo richiede pur sempre che questo venga azionato manualmente.
Per questo motivo, prima ancora che ad una manutenzione occorre pensare a procedure di autocontrollo funzionale, assegnate come compito all’operatore addetto alla conduzione della macchina. Costui, in pratica, dovrebbe essere messo nelle condizioni di poter verificare agevolmente la corretta funzionalità del dispositivo di arresto di emergenza prima di dare inizio al proprio turno di lavoro, ovvero sempre prima di iniziare l’utilizzo della macchina.
Sotto il profilo manutentivo, stante l’opportunità della periodicità mensile, la verifica dovrebbe coinvolgere:
lo stato di conservazione dell’attuatore manuale (per esempio, a forma di fungo rosso) e dei contatti elettrici ad apertura forzata;
la simulazione dell’arresto (entro i tempi e nei modi prestabiliti, come riportato nel manuale d’uso della macchina);
l’eventuale esame a vista o strumentale del corretto funzionamento del sistema di sicurezza, se questo è dotato di autocontrollo.