LA NUOVA FIGURA DEL DANNO ERARIALE DA MOBBING
Articolo del Prof. Sergio Sabetta

 

 

La nuova figura del danno erariale da mobbing

 

Prof. Sergio Sabetta

 

 

 

 

Sempre in materia di mobbing occorre sottolineare una recente sentenza della Corte dei conti in cui è intervenuta una condanna per danno erariale a seguito del riconoscimento giudiziario di un evento di mobbing.

La Sezione III di Appello con sentenza n. 623/2005 del 26/5/2004 – 4/2/2005 partendo dal presupposto che “…una volta che il giudice civile abbia legittimamente imposto il risarcimento di un qualunque tipo di danno è evidente che ciò determina una diminuzione patrimoniale per le risorse finanziarie dell’amministrazione interessata e non può non tradursi in un danno erariale…”, ed estendendo la circostanza ai casi in cui l’ amministrazione ha dovuto risarcire danni al lavoratore a seguito di comportamenti illeciti, assimila tale ipotesi al danno da mobbing.

Infatti afferma categoricamente che il danno in esame, ove esistente, può essere oggetto di azione di rivalsa nei confronti dell’agente pubblico che lo ha causato.

La Corte individua “…una situazione di mobbing quando un dipendente è oggetto ripetuto di soprusi da parte di superiori e, in particolare, quando vengono posti in essere pratiche dirette ad isolarlo dall’ambiente di lavoro o ad espellerlo, con la conseguenza di intaccare gravemente l’equilibrio psichico dello stesso, menomandone la capacità lavorativa e la fiducia in se stesso e provocando catastrofe emotiva, depressione e talora persino il suicidio. Egli dunque, anche se non traduce l’aggressione alla sfera psichica in una menomazione della propria integrità psicofisica, vede in ogni caso compromessa la sua capacità di autoprotezione personale, che è una delle componenti essenziali per dar vita ad un efficace sistema di sicurezza sul lavoro.

In termini civilistici, la responsabilità del datore di lavoro vale a dire l’incidenza del mobbing sul contratto di lavoro deriva dalla violazione di quella norma l’art. 2087 c.c., che impone di adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori; tale norma si assume contrattualizzata indipendentemente da una specifica previsione delle parti, e genera una responsabilità, in capo al datore di lavoro, di risarcire il danno sia al patrimonio professionale (c.d. danno da dequalificazione), sia alla personalità morale e alla salute latamente intesa (c.d. danno biologico e neurobiologico) subiti dal lavoratore, essendo indubbio che l’ obbligo previsto dalla disposizione contenuta nell’art. 2087 c.c. non è circoscritto al rispetto della legislazione tipica della prevenzione, ma in una interpretazione della norma costituzionalmente orientata ed aderente altresì ai principi comunitari, si estende anche al dovere di astenersi da comportamenti lesivi dell’integrità psicofisica del lavoratore (cfr. Cass. Civ. Sez. Lav., 17/7/1995, n.7768)”.

Tuttavia spetta al giudice verificare che le situazioni mobbizzanti siano dipese, almeno in parte, dal comportamento del singolo, non potendo escludersi il riferimento a modelli organizzativi o regole di servizio dell’amministrazione vigenti da tempo e non più conformi al contesto sociale odierno.

Occorre, inoltre, distinguere tra conflitto nei rapporti di lavoro, come conseguenza di una mera scelta gestionale, per la sua unicità e non continuità non configurabile come mobbing, dal mobbing in senso tecnico in cui vi deve essere un atteggiamento doloso, persecutorio, sistematico e continuativo, preordinato al danneggiamento della persona che si protrae strategicamente per un apprezzabile lasso di tempo (Corte dei conti, Sez. Giur. per la Regione Lombardia, n. 579/2005).

Nella quantificazione del danno da mobbing deve sottolinearsi il timore del Collegio di una duplicazione di risarcimenti in presenza del danno morale, tale da indurre a determinare l’ammontare in circa 1/3 del totale; appare evidente l’incertezza che ancora domina l’argomento con riferimento alle altre tipologie di danni e, in particolare, la difficoltà di considerare il danno da mobbing come figura a sè, ben individuata e circoscritta, rispetto ad un onnicomprensivo e precedente danno morale.