Modifiche al dlgs 626/94
E' stata approvata la Legge comunitaria 422/2000 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.16 del 20 gennaio 2001, Supplemento Ordinario n.14) che modifica la definizione di lavoratore al videoterminale e le modalità della sorveglianza sanitaria relativa.
Il testo coordinato con tutte le modifiche.
Le modifiche apportate al 626/94 dalla legge
422/2000 (art.21)
1. Al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 51, comma 1, la lettera c) è sostituita dalla seguente:
"c) lavoratore: il lavoratore che utilizza un'attrezzatura munita di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per venti ore settimanali, dedotte le interruzioni di cui all'articolo 54";
b) all'articolo 55, i commi 3 e 4 sono sostituiti dai seguenti:
"3. I lavoratori sono sottoposti a sorveglianza sanitaria, ai sensi dell'articolo 16.
3-bis. Le visite di controllo sono effettuate con le modalità di cui ai commi 1 e 2.
3-ter. La periodicità delle visite di controllo, fatti salvi i casi particolari che richiedono una frequenza diversa stabilita dal medico competente, è biennale per i lavoratori classificati come idonei con prescrizioni e per i lavoratori che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età; quinquennale negli altri casi.
4. Il lavoratore è sottoposto a controllo oftalmologico a sua richiesta, ogniqualvolta sospetti una sopravvenuta alterazione della funzione visiva, confermata dal medico competente, oppure ogniqualvolta l'esito della visita di cui ai commi 1 e 3 ne evidenzi la necessità";
c) l'articolo 58 è sostituito dal seguente:
"Art. 58 (Adeguamento alle norme) – 1. I posti di lavoro dei lavoratori di cui all'articolo 51, comma 1, lettera c), devono essere conformi alle prescrizioni minime di cui all'allegato VII".
Decreto Legislativo 19 settembre 1994 Numero 626
Testo coordinato con le modifiche del D.Lgs. 242/96, D.Lgs. 359/99, del D.Lgs. 66/2000, della Legge 422/2000 e della Legge 1/2002
Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269 /CEE, 90/270/CEE,90/394/CEE, 90/679/CEE,93/88/CEE,97/42/CEE e 1999/38/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro
Supplemento Ordinario N. 141 alla Gazzetta Ufficiale N. 265 del 12/11/94
TITOLO I
Capo 1
Disposizioni Generali
ART. 1
Campo di applicazione
1. Il presente decreto legislativo prescrive misure per la tutela della
salute e per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, in tutti i settori
di attività privati o pubblici.
2. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia e dei servizi di protezione
civile, nonché nell’ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie, di
quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con
compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle università, degli
istituti di istruzione universitaria, degli istituti di istruzione ed educazione
di ogni ordine e grado, degli archivi, delle biblioteche, dei musei e delle aree
archeologiche dello Stato, delle rappresentanze diplomatiche e consolari e dei
mezzi di trasporto aerei e marittimi, le norme del presente decreto sono
applicate tenendo conto delle particolari esigenze connesse al servizio
espletato e delle attribuzioni loro proprie, individuate con decreto del
Ministro competente di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza
sociale, della sanità e della funzione pubblica.
3. Nei riguardi dei lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877,
nonché dei lavoratori con rapporto contrattuale privato di portierato, le norme
del presente decreto si applicano nei casi espressamente previsti.
4. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano nelle regioni a
statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano compatibilmente
con i rispettivi statuti e relative norme di attuazione.
4 bis. Il datore di lavoro che esercita le attività di cui ai commi 1, 2,
3 e 4 e, nell’ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, i dirigenti e i
preposti che dirigono o sovraintendono le stesse attività, sono tenuti
all’osservanza delle disposizioni del presente decreto.
4ter. Nell’ambito degli adempimenti previsti dal presente decreto, il
datore di lavoro non può delegare quelli previsti dall’art.4, commi 1, 2, 4,
lettera a), e 11 primo periodo.
ART. 2
Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si
intendono per:
a) lavoratore: persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un
datore di lavoro, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari, con
rapporto di lavoro subordinato anche speciale. Sono equiparati i soci lavoratori
di cooperative o di società, anche di fatto, che prestino la loro attività
per conto delle società e degli enti stessi, e gli utenti dei servizi di
orientamento o di formazione scolastica, universitaria e professionale avviati
presso datori di lavoro per agevolare o per perfezionare le loro scelte
professionali. Sono altresì equiparati gli allievi degli istituti di istruzione
ed universitari, e i partecipanti a corsi di formazione professionale nei quali
si faccia uso di laboratori, macchine, apparecchi ed attrezzature di lavoro in
genere, agenti chimici, fisici e biologici. I soggetti di cui al precedente
periodo non vengono computati ai fini della determinazione del numero dei
lavoratori dal quale il presente decreto fa discendere particolari obblighi;
b) datore di lavoro: il soggetto titolare del rapporto di lavoro
con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e
l’organizzazione dell’impresa, ha la responsabilità dell’impresa stessa ovvero
dell’unità produttiva, quale definita ai sensi della lettera i), in quanto
titolare dei poteri decisionali e di spesa.
Nelle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, per datore di lavoro si intende il dirigente
al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente
qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest’ultimo sia preposto ad un
ufficio avente autonomia gestionale;
c) servizio di prevenzione e protezione dai rischi: insieme delle
persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati all’attività
di prevenzione e protezione dai rischi professionali nell’azienda, ovvero unità
produttiva;
d) medico competente: medico in possesso di uno dei seguenti titoli:
1) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei
lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene
industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro o in clinica del lavoro o in
igiene e medicina
preventiva o in medicina legale e delle assicurazioni ed altre specializzazioni
individuate, ove necessario, con decreto del Ministro della sanità di concerto
con il Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica;
2) docenza o libera docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva
dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene
industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro;
3) autorizzazione di cui all’art. 55 del decreto legislativo 15 agosto 1991,
n. 277;
e) responsabile del servizio di prevenzione e protezione: persona designata
dal datore di lavoro in possesso di attitudini e capacità adeguate;
f) rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: persona, ovvero persone,
eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli
aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro, di seguito
denominato rappresentante per la sicurezza;
g) prevenzione: il complesso delle disposizioni o misure adottate o previste
in tutte le fasi dell’attività lavorativa per evitare o diminuire i rischi
professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità
dell’ambiente esterno;
h) agente: l’agente chimico, fisico o biologico, presente durante il lavoro
e potenzialmente dannoso per la salute;
i) unità produttiva: stabilimento o struttura finalizzata alla produzione
di beni o servizi, dotata di autonomia finanziaria e tecnico funzionale.
ART. 3
Misure generali di tutela
1. Le misure generali per la protezione della salute e per la sicurezza dei
lavoratori sono:
a) valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza;
b) eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al
progresso tecnico e, ove ciò non è possibile, loro riduzione al minimo;
c) riduzione dei rischi alla fonte;
d) programmazione della prevenzione mirando ad un complesso che integra in
modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive ed
organizzative dell’azienda nonché l’influenza dei fattori dell’ambiente di
lavoro;
e) sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno
pericoloso;
f) rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro,
nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e
produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo;
g) priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di
protezione individuale;
h) limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono
essere, esposti al rischio;
i) utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici, sui luoghi di
lavoro;
l) controllo sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi specifici;
m) allontanamento del lavoratore dall’esposizione a rischio, per motivi
sanitari inerenti la sua persona;
n) misure igieniche;
o) misure di protezione collettiva ed individuale;
p) misure di emergenza da attuare in caso di pronto soccorso, di lotta
antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave ed immediato;
q) uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
r) regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed impianti,
con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla
indicazione dei fabbricanti;
s) informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori
ovvero dei loro rappresentanti, sulle questioni riguardanti la sicurezza e la
salute sul luogo di lavoro;
t) istruzioni adeguate ai lavoratori.
2. Le misure relative alla sicurezza, all’igiene ed alla salute durante il
lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori.
ART. 4
Obblighi del datore di lavoro del dirigente e del preposto
1. Il datore di lavoro, in relazione alla natura dell’attività dell’azienda
ovvero dell’unita’ produttiva, valuta, nella scelta delle attrezzature di lavoro
e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione
dei luoghi di lavoro, i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori,
ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi
particolari.
2. All’esito della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro
elabora un documento contenente:
a) una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute
durante il lavoro, nella quale sono specificati i criteri adottati per la
valutazione stessa;
b) l’individuazione delle misure di prevenzione e di protezione e dei
dispositivi di protezione individuale, conseguente alla valutazione di cui
alla lettera a);
c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il
miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza.
3. Il documento è custodito presso l’azienda ovvero l’unita’ produttiva.
4. Il datore di lavoro:
a) designa il responsabile del servizio di prevenzione e protezione
interno o esterno all’azienda secondo le regole di cui all’art. 8;
b) designa gli addetti al servizio di prevenzione e protezione interno o
esterno all’azienda secondo le regole di cui all’art. 8;
c) nomina, nei casi previsti dall’art. 16, il medico competente.
5. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per la sicurezza e
la salute dei lavoratori, e in particolare:
a) designa preventivamente i lavoratori incaricati dell’attuazione
delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei
lavoratori in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di pronto
soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza;
b) aggiorna le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti
organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e della
sicurezza del lavoro, ovvero in relazione al grado di evoluzione della tecnica
della prevenzione e della protezione;
c) nell’affidare i compiti ai lavoratori tiene conto delle
capacita’ e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla
sicurezza;
d) fornisce ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione
individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione;
e) prende le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che
hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un
rischio grave e specifico;
f) richiede l’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme
vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di
igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei
dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione;
g) richiede l’osservanza da parte del medico competente degli
obblighi previsti dal presente decreto, informandolo sui processi e sui rischi
connessi all’attività produttiva;
h) adotta le misure per il controllo delle situazioni di rischio in
caso di emergenza e da’ istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo
grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona
pericolosa;
i) informa il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di
un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o
da prendere in materia di protezione;
l) si astiene, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere
ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui
persiste un pericolo grave e immediato;
m) permette ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante
per la sicurezza, l’applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della
salute e consente al rappresentante per la sicurezza di accedere alle
informazioni ed alla documentazione aziendale di cui all’art. 19, comma 1,
lettera e);
n) prende appropriati provvedimenti per evitare che le misure
tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o
deteriorare l’ambiente esterno;
o) tiene un registro nel quale sono annotati cronologicamente gli
infortuni sul lavoro che comportano un’assenza dal lavoro di almeno un giorno.
Nel registro sono annotati il nome, il cognome, la qualifica professionale
dell’infortunato, le cause e le circostanze dell’infortunio, nonché la data di
abbandono e di ripresa del lavoro. Il registro è redatto conformemente al
modello approvato con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale, sentita la commissione consultiva permanente, di cui all’art. 393 del
decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e successive
modifiche, ed è conservato sul luogo di lavoro, a disposizione dell’organo
di vigilanza. Fino all’emanazione di tale decreto il registro è redatto in
conformità ai modelli già disciplinati dalle leggi vigenti;
p) consulta il rappresentante per la sicurezza nei casi previsti
dall’art. 19, comma 1, lettere b), c) e d);
q) adotta le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e
dell’evacuazione dei lavoratori, nonché per il caso di pericolo grave e
immediato. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell’attività alle
dimensioni dell’azienda, ovvero dell’unita’ produttiva, e al numero delle
persone presenti.
6. Il datore di lavoro effettua la valutazione di cui al comma 1 ed elabora
il documento di cui al comma 2 in collaborazione con il responsabile del
servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente nei casi in
cui sia obbligatoria la sorveglianza sanitaria, previa consultazione del
rappresentante per la sicurezza.
7. La valutazione di cui al comma 1 e il documento di cui al comma 2 sono
rielaborati in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai
fini della sicurezza e della salute dei lavoratori.
8. Il datore di lavoro custodisce, presso l’azienda ovvero l’unita’
produttiva, la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore sottoposto a
sorveglianza sanitaria, con salvaguardia del segreto professionale, e ne
consegna copia al lavoratore stesso al momento della risoluzione del rapporto di
lavoro, ovvero quando lo stesso ne fa richiesta.
9. Per le piccole e medie aziende, con uno o più decreti da emanarsi
entro il 31 marzo 1996 da parte dei Ministri del lavoro e della previdenza
sociale, dell’industria, del commercio e dell’artigianato e della sanità,
sentita la commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni
e per l’igiene del lavoro, in relazione alla natura dei rischi e alle dimensioni
dell’azienda, sono definite procedure standardizzate per gli adempimenti
documentali di cui al presente articolo. Tali disposizioni non si applicano
alle attività industriali di cui all’art. 1 del decreto del Presidente della
Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, e successive modifiche, soggette
all’obbligo di dichiarazione o notifica ai sensi degli articoli 4 e 6 del
decreto stesso, alle centrali, termoelettriche, agli impianti e laboratori
nucleari, alle aziende estrattive ed altre attività minerarie, alle aziende per
la fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni, e
alle strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.
10. Per le medesime aziende di cui al comma 9, primo periodo, con uno o
più decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell’industria,
del commercio e dell’artigianato e della sanità, sentita la commissione
consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l’igiene del
lavoro, possono essere altresì definiti:
a) i casi relativi a ipotesi di scarsa pericolosità, nei quali è
possibile lo svolgimento diretto dei compiti di prevenzione e protezione in
aziende ovvero unita’ produttive che impiegano un numero di addetti superiore a
quello indicato nell’allegato I;
b) i casi in cui è possibile la riduzione a una sola volta all’anno della
visita di cui all’art. 17, lettera h), degli ambienti di lavoro da parte del
medico competente, ferma restando l’obbligatorietà di visite ulteriori, allorché
si modificano le situazioni di rischio.
11. Fatta eccezione per le aziende indicate nella nota (1) dell’allegato
I, il datore di lavoro delle aziende familiari, nonché delle aziende che
occupano fino a dieci addetti non è soggetto agli obblighi di cui ai commi 2 e
3, ma è tenuto comunque ad autocertificare per iscritto l’avvenuta effettuazione
della valutazione dei rischi e l’adempimento degli obblighi ad essa collegati.
L’autocertificazione deve essere inviata al rappresentante per la sicurezza.
Sono in ogni caso soggette agli obblighi di cui ai commi 2 e 3 le aziende
familiari nonché le aziende che occupano fino a dieci addetti, soggette a
particolari fattori di rischio, individuate nell’ambito di specifici settori
produttivi con uno o più decreti del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, di concerto con i Ministri della sanità, dell’industria, del commercio
e dell’artigianato, delle risorse agricole alimentari e forestali e
dell’interno, per quanto di rispettiva competenza.
12. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione
necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto, la sicurezza dei locali
e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici
uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico
dell’amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro
fornitura e manutenzione. In tal caso gli obblighi previsti dal presente
decreto, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte
dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta
del loro adempimento all’amministrazione competente o al soggetto che ne ha
l’obbligo giuridico.
ART. 5
Obblighi dei lavoratori
1. Ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della
propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su
cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente
alla sua formazione ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
2. In particolare i lavoratori:
a) osservano le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro,
dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed
individuale;
b) utilizzano correttamente i macchinari, le apparecchiature, gli utensili,
le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e le altre
attrezzature di lavoro, nonché i dispositivi di sicurezza;
c) utilizzano in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro
disposizione;
d) segnalano immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto
le deficienze dei mezzi e dispositivi di cui alle lettere b) e c), nonché le
altre eventuali condizioni di pericolo di cui vengono a conoscenza, adoperandosi
direttamente, in caso di urgenza, nell’ambito delle loro competenze e
possibilità, per eliminare o ridurre tali deficienze o pericoli, dandone notizia
al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
e) non rimuovono o modificano senza autorizzazione i dispositivi di
sicurezza o di segnalazione o di controllo;
f) non compiono di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di
loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri
lavoratori;
g) si sottopongono ai controlli sanitari previsti nei loro confronti;
h) contribuiscono, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti,
all’adempimento di tutti gli obblighi imposti dall’autorità competente o
comunque necessari per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori durante
il lavoro.
ART. 6
Obblighi dei progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori e
degli installatori
1. I progettisti dei luoghi o posti di lavoro e degli impianti rispettano i
principi generali di prevenzione in materia di sicurezza e di salute al momento
delle scelte progettuali e tecniche e scelgono macchine nonché dispositivi di
protezione rispondenti ai requisiti essenziali di sicurezza previsti nelle
disposizioni legislative e regolamentari vigenti.
2. Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione
in uso di macchine, attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti alle
disposizioni vigenti in materia di sicurezza. Chiunque concede in locazione
finanziaria beni assoggettati a forme di certificazione o di omologazione
obbligatoria è tenuto a che gli stessi siano accompagnati dalle previste
certificazioni o dagli altri documenti previsti dalla legge.
3. Gli installatori e montatori di impianti, macchine o altri mezzi tecnici
devono attenersi alle norme di sicurezza e di igiene del lavoro, nonché alle
istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti dei macchinari e degli altri mezzi
tecnici per la parte di loro competenza.
ART. 7
Contratto di appalto o contratto d'opera
1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori all’interno
dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, ad imprese appaltatrici o a
lavoratori autonomi:
a) verifica, anche attraverso l’iscrizione alla camera di commercio,
industria e artigianato, l’idoneità tecnico - professionale delle imprese
appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in
appalto o contratto d’opera;
b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi
specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle
misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria
attività.
2. Nell’ipotesi di cui al comma 1 i datori di lavoro:
a) cooperano all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai
rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto;
b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono
esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare
rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte
nell’esecuzione dell’opera complessiva.
3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione e
il coordinamento di cui al comma 2. Tale obbligo non si estende ai rischi
specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o dei singoli
lavoratori autonomi.
Capo II Servizio di prevenzione e protezione
ART. 8
Servizio di prevenzione e protezione
1. Salvo quanto previsto dall’art. 10, il datore di lavoro organizza
all’interno dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, il servizio di
prevenzione e protezione, o incarica persone o servizi esterni all’azienda,
secondo le regole di cui al presente articolo.
2. Il datore di lavoro designa all’interno dell’azienda ovvero dell’unità
produttiva, una o più persone da lui dipendenti per l’espletamento dei compiti
di cui all’articolo 9, tra cui il responsabile del servizio in possesso di
attitudini e capacità adeguate, previa consultazione del rappresentante per la
sicurezza.
3. I dipendenti di cui al comma 2 devono essere in numero sufficiente,
possedere le capacità necessarie e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo
svolgimento dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a
causa dell’attività svolta nell’espletamento del proprio incarico.
4. Salvo quanto previsto dal comma 2, il datore di lavoro può
avvalersi di persone esterne all’azienda in possesso delle conoscenze
professionali necessarie per integrare l’azione di prevenzione e protezione.
5. L’organizzazione del servizio di prevenzione e protezione all’interno
dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti
casi:
a) nelle aziende industriali di cui all’art. 1 del decreto del Presidente
della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175 e successive modifiche, soggette
all’obbligo di dichiarazione o notifica, ai sensi degli articoli 4 e 6 del
decreto stesso;
b) nelle centrali termoelettriche;
c) negli impianti e laboratori nucleari;
d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di
esplosivi,polveri e munizioni
e) nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori dipendenti;
f) nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori dipendenti.
g) nelle strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.
6. Salvo quanto previsto dal comma 5, se le capacità dei dipendenti
all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, sono insufficienti, il
datore di lavoro può far ricorso a persone o servizi esterni all’azienda, previa
consultazione del rappresentante per la sicurezza.
7. Il servizio esterno deve essere adeguato alle caratteristiche
dell’azienda, ovvero unità produttiva, a favore della quale è chiamato a
prestare la propria opera, anche con riferimento al numero degli operatori.
8. Il responsabile del servizio esterno deve possedere attitudini e capacità
adeguate.
9. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con decreto di
concerto con i Ministri della sanità e dell’industria, del commercio e
dell’artigianato, sentita la commissione consultiva permanente, può individuare
specifici requisiti, modalità e procedure, per la certificazione dei servizi,
nonché il numero minimo degli operatori di cui ai commi 3 e 7.
10. Qualora il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni egli non
è per questo liberato dalla propria responsabilità in materia.
11. Il datore di lavoro comunica all’ispettorato del lavoro e alle unità
sanitarie locali territorialmente competenti il nominativo della persona
designata come responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno
ovvero esterno all’azienda. Tale comunicazione è corredata da una dichiarazione
nella quale si attesti con riferimento alle persone designate:
a) i compiti svolti in materia di prevenzione e protezione;
b) il periodo nel quale tali compiti sono stati svolti;
c) il curriculum professionale.
ART. 9
Compiti del servizio di prevenzione e protezione
1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali
provvede:
a) all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e
all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti
di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica
conoscenza dell’organizzazione aziendale;
b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive
e i sistemi di cui all’art. 4, comma 2, lettera b) e i sistemi di controllo di
tali misure;
c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali;
d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e di
sicurezza di cui all’art. 11;
f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all’art. 21.
2. Il datore di lavoro fornisce ai servizi di prevenzione e protezione
informazioni in merito a:
a) la natura dei rischi;
b) l’organizzazione del lavoro, la programmazione e l’attuazione delle
misure preventive e protettive;
c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;
d) i dati del registro degli infortuni e delle malattie professionali;
e) le prescrizioni degli organi di vigilanza.
3. I componenti del servizio di prevenzione e protezione e i rappresentanti
dei lavoratori per la sicurezza sono tenuti al segreto in ordine ai processi
lavorativi di cui vengono a conoscenza nell’esercizio delle funzioni di cui al
presente decreto.
4. Il servizio di prevenzione e protezione è utilizzato dal datore di
lavoro.
ART. 10
Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti
di prevenzione e protezione dai rischi
1. Il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti propri del
servizio di prevenzione e protezione dai rischi nonché di prevenzione incendi e
di evacuazione, nei casi previsti nell’allegato I, dandone preventiva
informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed alle
condizioni di cui ai commi successivi. Esso può avvalersi della facoltà di cui
all’art. 8, comma 4.
2. Il datore di lavoro che intende svolgere i compiti di cui al comma 1,
deve frequentare apposito corso di formazione in materia di sicurezza e salute
sul luogo di lavoro, promosso anche dalle associazioni dei datori di lavoro e
trasmettere all’organo di vigilanza competente per territorio:
a) una dichiarazione attestante la capacità di svolgimento dei compiti di
prevenzione e protezione dai rischi;
b) una dichiarazione attestante gli adempimenti di cui all’art.4, commi
1, 2, 3 e 11;
c) una relazione sull’andamento degli infortuni e delle malattie
professionali della propria azienda elaborata in base ai dati degli ultimi tre
anni del registro infortuni o, in mancanza dello stesso, di analoga
documentazione prevista dalla legislazione vigente;
d) l’attestazione di frequenza del corso di formazione in materia di
sicurezza e salute sul luogo di lavoro.
ART. 11
Riunione periodica di prevenzione e protezione dai rischi
1. Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano più di 15
dipendenti, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di
prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta all’anno una
riunione cui partecipano:
a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;
b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
c) il medico competente ove previsto;
d) il rappresentante per la sicurezza.
2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all’esame dei
partecipanti:
a) il documento, di cui all’art. 4, commi 2 e 3;
b) l’idoneità dei mezzi di protezione individuale;
c) i programmi di informazione e formazione dei lavoratori ai fini della
sicurezza e della protezione della loro salute.
3. La riunione ha altresì luogo in occasione di eventuali significative
variazioni delle condizioni di esposizione al rischio, compresa la
programmazione e l’introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi sulla
sicurezza e salute dei lavoratori.
4. Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano fino a 15
dipendenti, nelle ipotesi di cui al comma 3, il rappresentante dei lavoratori
per la sicurezza può chiedere la convocazione di una apposita riunione.
5. Il datore di lavoro, anche tramite il servizio di prevenzione e
protezione dai rischi, provvede alla redazione del verbale della riunione che è
tenuto a disposizione dei partecipanti per la sua consultazione.
Capo III
Prevenzione incendi, evacuazione dei lavoratori pronto soccorso
ART. 12
Disposizioni generali
1. Ai fini degli adempimenti di cui all’art. 4, comma 5, lettera q), il
datore di lavoro:
a) organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in
materia di pronto soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione
dell’emergenza;
b) designa preventivamente i lavoratori incaricati di attuare le misure
di cui all’art.4, comma 5, lettera a);
c) informa tutti i lavoratori che possono essere esposti ad un pericolo
grave ed immediato circa le misure predisposte ed i comportamenti da adottare;
d) programma gli interventi, prende i provvedimenti e dà istruzioni affinché
i lavoratori possano, in caso di pericolo grave ed immediato che non può essere
evitato, cessare la loro attività, ovvero mettersi al sicuro, abbandonando
immediatamente il luogo di lavoro;
e) prende i provvedimenti necessari affinché qualsiasi lavoratore, in caso
di pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza ovvero per quella di
altre persone e nell’impossibilità di contattare il competente superiore
gerarchico, possa prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale
pericolo, tenendo conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili.
2. Ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b), il datore di
lavoro tiene conto delle dimensioni dell’azienda ovvero dei rischi specifici
dell’azienda ovvero dell’unità produttiva.
3. I lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la
designazione. Essi devono essere formati, essere in numero sufficiente e
disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni ovvero dei
rischi specifici dell’azienda ovvero dell’unità produttiva.
4. Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni debitamente motivate, astenersi
dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di
lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato.
ART. 13
Prevenzione incendi
1. Fermo restando quanto previsto dal decreto del Presidente della
Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, i Ministri dell’interno, del lavoro e della
previdenza sociale, in relazione al tipo di attività, al numero dei lavoratori
occupati ed ai fattori di rischio, adottano uno o più decreti nei quali sono
definiti:
a) i criteri diretti ad individuare:
1) misure intese ad evitare l’insorgere di un incendio e a limitarne le
conseguenze qualora esso si verifichi;
2) misure precauzionali di esercizio;
3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature
antincendio;
4) criteri per la gestione delle emergenze;
b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione
antincendio di cui all’art. 12, compresi i requisiti del personale addetto e la
sua formazione.
2. Per il settore minerario il decreto di cui al comma 1 è adottato dai
Ministri dell’interno, del lavoro e della previdenza sociale e dell’industria,
del commercio e dell’artigianato.
ART. 14
Diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato
1. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non può
essere evitato, si allontana dal posto di lavoro ovvero da una zona pericolosa,
non può subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi
conseguenza dannosa.
2. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato e nell’
impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, prende misure
per evitare le conseguenze di tale pericolo, non può subire pregiudizio per tale
azione, a meno che non abbia commesso una grave negligenza.
ART. 15
Pronto soccorso
1. Il datore di lavoro, tenendo conto della natura dell’attività e delle
dimensioni dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, sentito il medico
competente ove previsto, prende i provvedimenti necessari in materia di pronto
soccorso e di assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre
eventuali persone presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari
rapporti con i servizi esterni, anche per il trasporto dei lavoratori
infortunati.
2. Il datore di lavoro, qualora non vi provveda direttamente, designa uno o
più lavoratori incaricati dell’attuazione dei provvedimenti di cui al comma 1.
3. Le caratteristiche minime delle attrezzature di pronto soccorso, i
requisiti del personale addetto e la sua formazione sono individuati in
relazione alla natura dell’attività, al numero dei lavoratori occupati e ai
fattori di rischio, con decreto dei Ministri della sanità, del lavoro e della
previdenza sociale, della funzione pubblica e dell’industria, del commercio e
dell’artigianato, sentita la commissione consultiva permanente e il Consiglio
superiore di sanità.
4. Fino all’emanazione del decreto di cui al comma 3 si applicano le
disposizioni vigenti in materia. Capo IV
Sorveglianza sanitaria
ART. 16
Contenuto della sorveglianza sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria è effettuata nei casi previsti dalla normativa
vigente.
2. La sorveglianza di cui al comma 1 è effettuata dal medico competente e
comprende:
a) accertamenti preventivi intesi a constatare l’assenza di
controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati, ai fini della
valutazione della loro idoneità alla mansione specifica;
b) accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori
ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica.
3. Gli accertamenti di cui al comma 2 comprendono esami clinici e biologici
e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico
competente.
ART. 17
Il medico competente
1. Il medico competente:
a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e
protezione di cui all’art. 8, sulla base della specifica conoscenza
dell’organizzazione dell’azienda ovvero dell’unità produttiva e delle situazioni
di rischio, alla predisposizione dell’attuazione delle misure per la tutela
della salute e dell’integrità psico-fisica dei lavoratori;
b) effettua gli accertamenti sanitari di cui all’art. 16;
c) esprime i giudizi di idoneità alla mansione specifica al lavoro, di cui
all’art. 16;
d) istituisce ed aggiorna, sotto la propria responsabilità, per ogni
lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, una cartella sanitaria e di
rischio da custodire presso il datore di lavoro con salvaguardia del segreto
professionale;
e) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato degli accertamenti
sanitari cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a
lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo
la cessazione dell’attività che comporta l’esposizione a tali agenti. Fornisce
altresì, a richiesta, informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per
la sicurezza;
f) informa ogni lavoratore interessato dei risultati degli accertamenti
sanitari di cui alla lettera b) e, a richiesta dello stesso, gli rilascia copia
della documentazione sanitaria;
g) comunica, in occasione delle riunioni di cui all’art. 11, ai
rappresentanti per la sicurezza, i risultati anonimi collettivi degli
accertamenti clinici e strumentali effettuati e fornisce indicazioni sul
significato di detti risultati;
h) congiuntamente al responsabile del servizio di prevenzione e protezione
dai rischi, visita gli ambienti di lavoro almeno due volte all’anno e partecipa
alla programmazione del controllo dell’esposizione dei lavoratori i cui
risultati gli sono forniti con tempestività ai fini delle valutazioni e dei
pareri di competenza;
i) fatti salvi i controlli sanitari di cui alla lettera b), effettua le
visite mediche richieste dal lavoratore qualora tale richiesta sia correlata ai
rischi professionali;
l) collabora con il datore di lavoro alla predisposizione del servizio di
pronto soccorso di cui all’art. 15;
m) collabora all’attività di formazione e informazione di cui al capo VI.
2. Il medico competente può avvalersi, per motivate ragioni, della
collaborazione di medici specialisti scelti dal datore di lavoro che ne sopporta
gli oneri.
3. Qualora il medico competente, a seguito degli accertamenti di cui
all’art. 16, comma 2, esprima un giudizio sull’inidoneità parziale o
temporanea o totale del lavoratore, ne informa per iscritto il datore di lavoro
e il lavoratore.
4. Avverso il giudizio di cui al comma 3 è ammesso ricorso, entro trenta
giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all’organo di
vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori
accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso.
5. Il medico competente svolge la propria opera in qualità di:
a) dipendente da una struttura esterna pubblica o privata convenzionata con
l’imprenditore per lo svolgimento dei compiti di cui al presente capo;
b) libero professionista;
c) dipendente del datore di lavoro.
6. Qualora il medico competente sia dipendente del datore di lavoro, questi
gli fornisce i mezzi e gli assicura le condizioni necessarie per lo svolgimento
dei suoi compiti.
7. Il dipendente di una struttura pubblica non può svolgere l’attività di
medico competente qualora esplichi attività di vigilanza.
Capo V
Consultazione e partecipazione dei lavoratori
ART. 18
Rappresentante per la sicurezza
1. In tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o designato il
rappresentante per la sicurezza.
2. Nella aziende, o unità produttive, che occupano sino a 15 dipendenti il
rappresentante per la sicurezza è eletto direttamente dai lavoratori al loro
interno. Nelle aziende che occupano fino a 15 dipendenti il rappresentante per
la sicurezza può essere individuato per più aziende nell’ambito territoriale
ovvero del comparto produttivo. Esso può essere designato o eletto dai
lavoratori nell’ambito delle rappresentanze sindacali, cosi` come definite dalla
contrattazione collettiva di riferimento.
3. Nelle aziende, ovvero unità produttive, con più di 15 dipendenti il
rappresentante per la sicurezza è eletto o designato dai lavoratori nell’ambito
delle rappresentanze sindacali in azienda. In assenza di tali rappresentanze, è
eletto dai lavoratori dell’azienda al loro interno.
4. Il numero, le modalità di designazione o di elezione del rappresentante
per la sicurezza, nonché il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per
l’espletamento delle funzioni, sono stabiliti in sede di contrattazione
collettiva.
5. In caso di mancato accordo nella contrattazione collettiva di cui al
comma 4, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le parti,
stabilisce con proprio decreto, da emanarsi entro tre mesi dalla comunicazione
del mancato accordo, gli standards relativi alle materie di cui al comma 4. Per
le amministrazioni pubbliche provvede il Ministro per la funzione pubblica
sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano
nazionale.
6. In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui al comma 1 è il
seguente:
a) un rappresentante nelle aziende ovvero unità produttive sino a 200
dipendenti;
b) tre rappresentanti nelle aziende ovvero unità produttive da 201 a 1000
dipendenti;
c) sei rappresentanti in tutte le altre aziende ovvero unità produttive.
7. Le modalità e i contenuti specifici della formazione del rappresentante
per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale
di categoria con il rispetto dei contenuti minimi previsti dal decreto di cui
all’art. 22, comma 7.
ART. 19
Attribuzioni del rappresentante per la sicurezza
1. Il rappresentante per la sicurezza:
a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
b) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione
dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della
prevenzione nell’azienda ovvero unità produttiva;
c) è consultato sulla designazione degli addetti al servizio di prevenzione,
all’attività di prevenzione incendi, al pronto soccorso, alla evacuazione dei
lavoratori;
d) è consultato in merito all’organizzazione della formazione di cui
all’art. 22, comma 5;
e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente la
valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché quelle
inerenti le sostanze e i preparati pericolosi, le macchine, gli impianti,
l’organizzazione e gli ambienti di lavoro, gli infortuni e le malattie
professionali;
g) riceve una formazione adeguata, comunque non inferiore a quella
prevista dall’art. 22;
h) promuove l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di
prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica dei lavoratori;
i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle
autorità competenti;
l) partecipa alla riunione periodica di cui all’art. 11;
m) fa proposte in merito all'attività di prevenzione
n) avverte il responsabile dell’azienda dei rischi individuati nel corso
della sua attività;
o) può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure
di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro e i mezzi
impiegati per attuarle non sono idonei a garantire la sicurezza e la salute
durante il lavoro.
2. Il rappresentante per la sicurezza deve disporre del tempo necessario
allo svolgimento dell’incarico senza perdita di retribuzione, nonché dei mezzi
necessari per l’esercizio delle funzioni e delle facoltà riconosciutegli.
3. Le modalità per l’esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono
stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.
4. Il rappresentante per la sicurezza non può subire pregiudizio alcuno a
causa dello svolgimento della propria attività e nei suoi confronti si applicano
le stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali.
5. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso, per l’espletamento della
sua funzione, al documento di cui all’art. 4, commi 2 e 3, nonché al registro
degli infortuni sul lavoro di cui all’art. 4, comma 5, lettera o).
ART. 20
Organismi paritetici
1. A livello territoriale sono costituiti organismi paritetici tra le
organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, con funzioni di
orientamento e di promozione di iniziative formative nei confronti dei
lavoratori. Tali organismi sono inoltre prima istanza di riferimento in merito a
controversie sorte sull’applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione
e formazione, previsti dalle norme vigenti.
2. Sono fatti salvi, ai fini del comma 1, gli organismi bilaterali o
partecipativi previsti da accordi interconfederali, di categoria, nazionali,
territoriali o aziendali.
3. Agli effetti dell’art. 10 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29,
gli organismi di cui al comma 1 sono parificati alla rappresentanza indicata nel
medesimo articolo.
Capo VI
Informazione e formazione dei lavoratori
ART. 21
Informazione dei lavoratori
1. Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva
un’adeguata informazione su:
a) i rischi per la sicurezza e la salute connessi all’attività dell’impresa
in generale;
b) le misure e le attività di protezione e prevenzione adottate;
c) i rischi specifici cui è esposto in relazione all’attività svolta, le
normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia;
d) i pericoli connessi all’uso delle sostanze e dei preparati pericolosi
sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e
dalle norme di buona tecnica;
e) le procedure che riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio,
l’evacuazione dei lavoratori;
f) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed il medico
competente;
g) i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli
articoli 12 e 15.
2. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al comma 1, lettere
a), b), c), anche ai lavoratori di cui all’art. 1, comma 3.
ART. 22
Formazione dei lavoratori
1. Il datore di lavoro, assicura che ciascun lavoratore, ivi compresi i
lavoratori di cui all’art. 1, comma 3, riceva una formazione sufficiente ed
adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento
al proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni.
2. La formazione deve avvenire in occasione:
a) dell’assunzione;
b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;
c) dell’introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie,
di nuove sostanze e preparati pericolosi.
3. La formazione deve essere periodicamente ripetuta in relazione
all’evoluzione dei rischi ovvero all’insorgenza di nuovi rischi.
4. Il rappresentante per la sicurezza ha diritto ad una formazione
particolare in materia di salute e sicurezza, concernente la normativa in
materia di sicurezza e salute e i rischi specifici esistenti nel proprio ambito
di rappresentanza, tale da assicurargli adeguate nozioni sulle principali
tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi.
5. I lavoratori incaricati dell’attività di prevenzione incendi e lotta
antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave ed
immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e, comunque, di gestione
dell’emergenza, devono essere adeguatamente formati.
6. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti di cui al
comma 4 deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui
all’art. 20, durante l’orario di lavoro e non può comportare oneri economici a
carico dei lavoratori.
7. I Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita
la commissione consultiva permanente, possono stabilire i contenuti minimi della
formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e dei datori di
lavoro di cui all’art. 10, comma 3, tenendo anche conto delle dimensioni e della
tipologia delle imprese.
Capo VII
Disposizioni concernenti la Pubblica Amministrazione
ART. 23
Vigilanza
1. La vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di sicurezza
e salute nei luoghi di lavoro è svolta dall’unita’ sanitaria locale e, per
quanto di specifica competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco,
nonché, per il settore minerario, dal Ministero dell’industria, del commercio e
dell’artigianato, e per le industrie estrattive di seconda categoria e le
acque minerali e termali dalle regioni e province autonome di Trento e di
Bolzano.
2. Ferme restando le competenze in materia di vigilanza attribuite dalla
legislazione vigente all’ispettorato del lavoro, per attività lavorative
comportanti rischi particolarmente elevati, da individuare con decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e
della previdenza sociale e della sanità, sentita la Commissione consultiva
permanente, l’attività di vigilanza sull’applicazione della legislazione in
materia di sicurezza può essere esercitata anche dall’ispettorato del lavoro che
ne informa preventivamente il servizio di prevenzione e sicurezza dell’unita’
sanitaria locale competente per territorio.
3. Il decreto di cui al comma 2 è emanato entro dodici mesi dalla data di
entrata in vigore del presente decreto.
4. Restano ferme le competenze in materia di sicurezza e salute dei
lavoratori attribuite dalle disposizioni vigenti agli uffici di sanità aerea e
marittima ed alle autorità marittime, portuali ed aeroportuali, per quanto
riguarda la sicurezza dei lavoratori a bordo di navi e di aeromobili ed in
ambito portuale ed aeroportuale, ed ai servizi sanitari e tecnici istituiti per
le Forze armate e per le Forze di polizia; i predetti servizi sono competenti
altresì per le aree riservate o operative e per quelle che presentano analoghe
esigenze da individuarsi, anche per quel che riguarda le modalità di attuazione,
con decreto del Ministro competente di concerto con i Ministri del lavoro e
della previdenza sociale e della sanità. L’Amministrazione della giustizia può
avvalersi dei servizi istituiti per le Forze armate e di polizia, anche mediante
convenzione con i rispettivi ministeri, nonché dei servizi istituiti con
riferimento alle strutture penitenziarie.
ART. 24
Informazione, consulenza, assistenza
1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, il
Ministero dell’interno tramite le strutture del Corpo nazionale dei vigili del
fuoco, l’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro, anche
mediante i propri dipartimenti periferici, il Ministero del lavoro e della
previdenza sociale, per mezzo degli ispettorati del lavoro, il Ministero
dell’industria, del commercio e dell’artigianato, per il settore estrattivo,
tramite gli uffici della direzione generale delle miniere, l’Istituto italiano
di medicina sociale, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro e gli enti di patronato svolgono attività di
informazione, consulenza e assistenza in materia di sicurezza e salute nei
luoghi di lavoro, in particolare nei confronti delle imprese artigiane e delle
piccole e medie imprese delle rispettive associazioni dei datori di lavoro.
2. L’attività di consulenza non può essere prestata dai soggetti che
svolgono attività di controllo e di vigilanza.
ART. 25
Coordinamento
1. Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanarsi, su proposta dei
Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, previa
deliberazione del Consiglio dei Ministri, entro un anno dalla data di entrata in
vigore del presente decreto, sono individuati criteri al fine di assicurare
unità ed omogeneità di comportamenti in tutto il territorio nazionale
nell’applicazione delle disposizioni in materia di sicurezza e salute dei
lavoratori e di radioprotezione.
ART. 26
Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli
infortuni e l'igiene del lavoro (1)
1. L’art. 393 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.
547, è sostituito dal seguente:
"Art. 393 (Costituzione della commissione). - 1. Presso il Ministero del
lavoro e della previdenza sociale è istituita una commissione consultiva
permanente per la prevenzione degli infortuni e per l’igiene del lavoro. Essa è
presieduta dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale o dal direttore
generale della Direzione generale dei rapporti di lavoro da lui delegato, ed è
composta da:
a) cinque funzionari esperti designati dal Ministro del lavoro e della
previdenza sociale, di cui tre ispettori del lavoro, laureati uno in ingegneria,
uno in medicina e chirurgia e uno in chimica o fisica;
b) il direttore e tre funzionari dell’Istituto superiore per la prevenzione
e sicurezza del lavoro;
c) un funzionario dell’Istituto superiore di sanità;
d) il direttore generale competente del Ministero della sanità ed un
funzionario per ciascuno dei seguenti Ministeri: industria, commercio ed
artigianato; interno; difesa; trasporti; risorse agricole, alimentari e
forestali; ambiente e della Presidenza del Consiglio dei Ministri -
Dipartimento della funzione pubblica e degli affari regionali;
e) sei rappresentanti delle regioni e province autonome designati dalla
Conferenza Stato-regioni;
f) un rappresentante dei seguenti organismi: Istituto nazionale
assicurazioni e infortuni sul lavoro; Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
Consiglio nazionale delle ricerche; UNI; CEI; Agenzia nazionale protezione
ambiente; Istituto italiano di medicina sociale;
g) otto esperti nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza
sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei lavoratori
maggiormente rappresentative a livello nazionale;
h) otto esperti nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza
sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro,
anche dell’artigianato e della piccola e media impresa, maggiormente
rappresentative a livello nazionale;
i) un esperto nominato dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su
designazione delle organizzazioni sindacali dei dirigenti d’azienda maggiormente
rappresentative a livello nazionale.
Ai predetti componenti, per le riunioni o giornate di lavoro, non spetta
il gettone di presenza di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11
gennaio 1956, n.5, e successive modificazioni.
2. Per ogni rappresentante effettivo è designato un membro supplente.
3. All’inizio di ogni mandato la commissione può istituire comitati speciali
permanenti dei quali determina la composizione e la funzione.
4. La commissione può chiamare a far parte dei comitati di cui al comma 3
persone particolarmente esperte, anche su designazione delle associazioni
professionali, dell’università e degli enti di ricerca, in relazione alle
materie trattate.
5. Le funzioni inerenti alla segreteria della commissione sono disimpegnate
da due funzionari del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
6. I componenti della commissione consultiva permanente ed i segretari sono
nominati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale su
designazione degli organismi competenti e durano in carica tre anni.".
2. L’art. 394 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.
547, è sostituito dal seguente:
"Art. 394 (Compiti della commissione). - 1. La commissione consultiva
permanente ha il compito di:
a) esaminare i problemi applicativi della normativa in materia di sicurezza
e salute sul posto di lavoro e predisporre una relazione annuale al riguardo;
b) formulare proposte per lo sviluppo e il perfezionamento della
legislazione vigente e per il suo coordinamento con altre disposizioni
concernenti la sicurezza e la protezione della salute dei lavoratori, nonchè per
il coordinamento degli organi preposti alla vigilanza;
c) esaminare le problematiche evidenziate dai comitati regionali sulle
misure preventive e di controllo dei rischi adottate nei luoghi di lavoro;
d) proporre linee guida applicative della normativa di sicurezza;
e) esprimere parere sugli adeguamenti di natura strettamente tecnica
relativi alla normativa CEE da attuare a livello nazionale;
f) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall’art. 48 del
decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
g) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall’art. 8 del
decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 77;
h) esprimere parere sul riconoscimento della conformità alle vigenti
norme per la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro di mezzi e
sistemi di sicurezza;
i) esprimere il parere sui ricorsi avverso le disposizioni impartite dagli
ispettori del lavoro nell’esercizio della vigilanza, sulle attività comportanti
rischi particolarmente elevati, individuate ai sensi dell’art. 43, comma 1,
lettera g), n. 4, della legge 19 febbraio 1991, n. 142, secondo le modalità di
cui all’art. 402;
l) esprimere parere, su richiesta del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale o del Ministero della sanità o delle regioni, su qualsiasi
questione relativa alla sicurezza del lavoro e alla protezione della salute dei
lavoratori.
2. La relazione di cui al comma precedente, lettera a), è resa pubblica ed è
trasmessa alle commissioni parlamentari competenti ed ai presidenti delle
regioni.
3. La commissione, per l’espletamento dei suoi compiti, può chiedere dati o
promuovere indagini e, su richiesta o autorizzazione del Ministero del lavoro e
della previdenza sociale, effettuare sopralluoghi.".
3. L’art. 395 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1995, n.
547, è soppresso.
ART. 27
Comitati regionali di coordinamento
1. Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanarsi entro un anno dalla
data di entrata in vigore del presente decreto, sentita la Conferenza Stato -
regioni, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della
sanità, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sono individuati
criteri generali relativi all’individuazione di organi operanti nella materia
della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro al fine di realizzare
uniformità di interventi ed il necessario raccordo con la commissione consultiva
permanente.
2. Alle riunioni della Conferenza Stato-regioni, convocate per i pareri di
cui al comma 1, partecipano i rappresentanti dell’ANCI, dell’UPI e dell’UNICEM.
ART. 28
Adeguamenti al progresso tecnico
1. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di
concerto con i Ministri della sanità e dell’industria, del commercio e
dell’artigianato, sentita la commissione consultiva permanente:
a) è riconosciuta la conformità alle vigenti norme per la sicurezza e la
salute dei lavoratori sul luogo di lavoro di mezzi e sistemi di sicurezza;
b) si dà attuazione alle direttive in materia di sicurezza e salute dei
lavoratori sul luogo di lavoro della Comunità europea per le parti in cui
modificano modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di altre
direttive già recepite nell’ordinamento nazionale;
c) si provvede all’adeguamento della normativa di natura strettamente
tecnica e degli allegati al presente decreto in relazione al progresso
tecnologico.
Capo VIII
Statistiche degli infortuni e delle malattie professionali
ART. 29
Statistiche degli infortuni e delle malattie professionali
1. L’INAIL e l’ISPESL si forniscono reciprocamente i dati relativi agli
infortuni ed alle malattie professionali anche con strumenti telematici.
2. L’ISPESL e L’INAIL indicono una conferenza permanente di servizio per
assicurare il necessario coordinamento in relazione a quanto previsto dall’art.
8, comma 3, del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, nonchè per
verificare l’adeguatezza dei sistemi di prevenzione ed assicurativi, e per
studiare e proporre soluzioni normative e tecniche atte a ridurre il fenomeno
degli infortuni e delle malattie professionali.
3. I criteri per la raccolta ed elaborazione delle informazioni relative ai
rischi e ai danni derivanti da infortunio durante l’attività lavorativa sono
individuati nelle norme UNI, riguardanti i parametri per la classificazione dei
casi di infortunio, ed i criteri per il calcolo degli indici di frequenza e
gravità e loro successivi aggiornamenti.
4. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del
Ministro della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, possono
essere individuati criteri integrativi di quelli di cui al comma 3 in relazione
a particolari rischi.
5. I criteri per la raccolta e l’elaborazione delle informazioni relative ai
rischi e ai danni derivanti dalle malattie professionali, nonchè ad altre
malattie e forme patologiche eziologicamente collegate al lavoro, sono
individuati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del
Ministro della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, sulla base
delle norme di buona tecnica.
TITOLO II
Luoghi di lavoro
ART. 30
Definizioni
1. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui al presente titolo si
intendono per luoghi di lavoro:
a) i luoghi destinati a contenere posti di lavoro, ubicati all’interno
dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, nonchè ogni altro luogo nell’area
della medesima azienda ovvero unità produttiva comunque accessibile per il
lavoro.
2. Le disposizioni del presente titolo non si applicano:
a) ai mezzi di trasporto;
b) ai cantieri temporanei o mobili;
c) alle industrie estrattive;
d) ai pescherecci;
e) ai campi, boschi e altri terreni facenti parte di una impresa agricola o
forestale, ma situati fuori dall’area edificata dell’azienda.
3. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti, le prescrizioni di
sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro sono specificate nell’allegato XI.
4. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, di eventuali lavoratori portatori di handicap
5. L’obbligo di cui al comma 4 vige, in particolare, per le porte, le vie
di circolazione, le scale, le docce, i gabinetti e i posti di lavoro utilizzati
od occupati direttamente da lavoratori portatori di handicap.
6. La disposizione di cui al comma 4 non si applica ai luoghi di lavoro già
utilizzati prima dell’1 gennaio 1993, ma debbono essere adottate misure idonee a
consentire la mobilità e l’utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene
personale.
ART. 31
Requisiti di sicurezza e di salute
1. Ferme restando le disposizioni legislative e regolamentari vigenti e
fatte salve le disposizioni di cui all’art. 8, comma 4, del decreto legislativo
30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre
1993, n. 517, i luoghi di lavoro costruiti o utilizzati anteriormente
all’entrata in vigore del presente decreto devono essere adeguati alle
prescrizioni di sicurezza e salute di cui al presente titolo entro il 1 gennaio
1997.
2. Se gli adeguamenti di cui al comma 1 richiedono un provvedimento
concessorio o autorizzatorio il datore di lavoro deve immediatamente iniziare il
procedimento diretto al rilascio dell’atto ed ottemperare agli obblighi entro
sei mesi dalla data del provvedimento stesso.
3. Sino a che i luoghi di lavoro non vengano adeguati, il datore di
lavoro, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza, adotta misure
alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente.
4. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adeguamenti di
cui al comma 1, il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante per
la sicurezza, adotta le misure alternative di cui al comma 3. Le misure, nel
caso di cui al presente comma, sono autorizzate dall’organo di vigilanza
competente per territorio.
ART. 32
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro provvede affinché:
a) le vie di circolazione interne o all’aperto che conducono a uscite o ad
uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di
consentirne l’utilizzazione in ogni evenienza;
b) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a
regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente
possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute
dei lavoratori;
c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a
regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate;
d) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o
all’eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al
controllo del loro funzionamento.
ART. 33
Adeguamenti di norme
1. L’art. 13 del decreto del Presidente della Repubblica 27
aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 13 (Vie e uscite di emergenza). - 1. Ai fini del presente decreto si
intende per:
a) via di emergenza: percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle
persone che occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro;
b) uscita di emergenza: passaggio che immette in un luogo sicuro;
c) luogo sicuro: luogo nel quale le persone sono da considerarsi al sicuro
dagli effetti determinati dall’incendio o altre situazioni di emergenza.
c bis) larghezza di una porta o luce netta di una porta: larghezza di
passaggio al netto dell’ingombro dell’anta mobile in posizione di massima
apertura se scorrevole, in posizione di apertura a 90 gradi se incernierata
(larghezza utile di passaggio);
2. Le vie e le uscite di emergenza devono rimanere sgombre e consentire di
raggiungere il più rapidamente possibile un luogo sicuro.
3. In caso di pericolo tutti i posti di lavoro devono poter essere evacuati
rapidamente e in piena sicurezza da parte dei lavoratori.
4. Il numero, la distribuzione e le dimensioni delle vie e delle uscite di
emergenza devono essere adeguate alle dimensioni dei luoghi di lavoro, alla loro
ubicazione, alla loro destinazione d’uso, alle attrezzature in essi installate,
nonchè al numero massimo di persone che possono essere presenti in detti luoghi.
5. Le vie e le uscite di emergenza devono avere altezza minima di m 2,0 e
larghezza minima conforme alla normativa vigente in materia antincendio.
6. Qualora le uscite di emergenza siano dotate di porte, queste devono
essere apribili nel verso dell’esodo e, qualora siano chiuse, devono poter
essere aperte facilmente ed immediatamente da parte di qualsiasi persona che
abbia bisogno di utilizzarle in caso di emergenza. L’apertura delle porte
delle uscite di emergenza nel verso dell’esodo non è richiesta quando possa
determinare pericoli per passaggio di mezzi o per altre cause, fatta salva
l’adozione di altri accorgimenti adeguati specificamente autorizzati dal Comando
provinciale dei Vigili del fuoco competente per territorio
7. Le porte delle uscite di emergenza non devono essere chiuse a chiave, se
non in casi specificamente autorizzati dall’autorità competente.
8. Nei locali di lavoro e in quelli destinati a deposito è vietato adibire,
quali porte delle uscite di emergenza, le saracinesche a rullo, le porte
scorrevoli verticalmente e quelle girevoli su asse centrale.
9. Le vie e le uscite di emergenza, nonchè le vie di circolazione e le porte
che vi danno accesso non devono essere ostruite da oggetti in modo da poter
essere utilizzate in ogni momento senza impedimenti.
10. Le vie e le uscite di emergenza devono essere evidenziate da apposita
segnaletica, conforme alle disposizioni vigenti, durevole e collocata in luoghi
appropriati.
11. Le vie e le uscite di emergenza che richiedono un’illuminazione devono
essere dotate di un’illuminazione di sicurezza di intensità sufficiente, che
entri in funzione in caso di guasto dell’impianto elettrico.
12. Gli edifici che sono costruiti o adattati interamente per le lavorazioni
che presentano pericoli di esplosioni o specifici rischi di incendio alle
quali sono adibiti più di cinque lavoratori devono avere almeno due scale
distinte di facile accesso o rispondere a quanto prescritto dalla specifica
normativa antincendio. Per gli edifici già costruiti si dovrà provvedere in
conformità, quando non ne esista la impossibilita’ accertata dall’organo di
vigilanza: in quest’ultimo caso sono disposte le misure e cautele ritenute più
efficienti. Le deroghe già concesse mantengono la loro validità salvo diverso
provvedimento dell’organo di vigilanza.
13. Per i luoghi di lavoro già utilizzati prima dell’1 gennaio 1993 non si
applica la disposizione contenuta nel comma 4, ma gli stessi debbono avere un
numero sufficiente di vie ed uscite di emergenza.".
2. L’art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 27
aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 14 (Porte e portoni). - 1. Le porte dei locali di lavoro devono, per
numero, dimensioni, posizione, e materiali di realizzazione, consentire una
rapida uscita delle persone ed essere agevolmente apribili dall’interno durante
il lavoro.
2. Quando in un locale le lavorazioni ed i materiali comportino pericoli
di esplosione o specifici rischi di incendio e siano adibiti alle
attività che si svolgono nel locale stesso più di 5 lavoratori, almeno una porta
ogni 5 lavoratori deve essere apribile nel verso dell’esodo ed avere larghezza
minima di m 1,20.
3. Quando in un locale si svolgono lavorazioni diverse da quelle previste al
comma 2, la larghezza minima delle porte è la seguente:
a) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano
fino a 25, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di
m 0,80;
b) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano
in numero compreso tra 26 e 50, il locale deve essere dotato di una porta avente
larghezza minima di m 1,20 che si apra nel verso dell’esodo;
c) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano
in numero compreso tra 51 e 100, il locale deve essere dotato di una porta
avente larghezza minima di m 1,20 e di una porta avente larghezza minima di m
0,80, che si aprano entrambe nel verso dell’esodo;
d) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano
in numero superiore a 100, in aggiunta alle porte previste alla lettera c) il
locale deve essere dotato di almeno 1 porta che si apra nel verso dell’esodo
avente larghezza minima di m 1,20 per ogni 50 lavoratori normalmente ivi
occupati o frazione compresa tra 10 e 50, calcolati limitatamente all’eccedenza
rispetto a 100.
4. Il numero complessivo delle porte di cui al comma 3 può anche essere
minore, purchè la loro larghezza complessiva non risulti inferiore.
5. Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima di m 1,20 è
applicabile una tolleranza in meno del 5% (cinque per cento). Alle porte per
le quali è prevista una larghezza minima di m. 0,80 è applicabile una tolleranza
in meno del 2% (due per cento);
6. Quando in un locale di lavoro le uscite di emergenza di cui all’art. 13,
comma 5, coincidono con le porte di cui al comma 1, si applicano le disposizioni
di cui all’art. 13, comma 5.
7. Nei locali di lavoro ed in quelli adibiti a magazzino non sono ammesse le
porte scorrevoli, le saracinesche a rullo, le porte girevoli su asse centrale,
quando non esistano altre porte apribili verso l’esterno del locale.
8. Immediatamente accanto ai protoni destinati essenzialmente alla circolazione dei veicoli devono esistere, a meno che il passaggio dei pedoni sia sicuro, porte per la circolazione dei pedono che devono essere segnalate in modo visibile ed essere sgombre in permanenza.
9. Le porte e i portoni apribili nei due versi devono essere
trasparenti o essere muniti di pannelli trasparenti.
10.Sulle porte trasparenti deve essere apposto un segno indicativo
all’altezza degli occhi.
11.Se le superfici trasparenti o traslucide delle porte e dei portoni non
sono costituite da materiali di sicurezza e c’è il rischio che i lavoratori
possano rimanere feriti in caso di rottura di dette superfici, queste devono
essere protette contro lo sfondamento.
12. Le porte scorrevoli devono disporre di un sistema di sicurezza che
impedisca loro di uscire dalle guide o di cadere.
13. Le porte ed i portoni che si aprono verso l’alto devono disporre di un
sistema di sicurezza che impedisca loro di ricadere.
14. Le porte ed i portoni ad azionamento meccanico devono funzionare senza
rischi di infortuni per i lavoratori. Essi devono essere muniti di dispositivi
di arresto di emergenza facilmente identificabili ed accessibili e poter essere
aperti anche manualmente, salvo che la loro apertura possa avvenire
automaticamente in caso di mancanza di energia elettrica.
15. Le porte situate sul percorso delle vie di emergenza devono essere
contrassegnate in maniera appropriata con segnaletica durevole conformemente
alla normativa vigente. Esse devono poter essere aperte, in ogni momento,
dall’interno senza aiuto speciale.
16. Quando i luoghi di lavoro sono occupati le porte devono poter essere
aperte.
17. I luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1 gennaio 1993 devono
essere provvisti di porte di uscita che, per numero ed ubicazione, consentono la
rapida uscita delle persone e che sono agevolmente apribili dall’interno durante
il lavoro. Comunque, detti luoghi devono essere adeguati quanto meno alle
disposizioni di cui ai precedenti commi 9 e 10. Per i luoghi di lavoro costruiti
o utilizzati prima del 27 novembre 1994 non si applicano le disposizioni dei
commi 2, 3, 4, 5 e 6 concernenti la larghezza delle porte. In ogni caso la
larghezza delle porte di uscita di detti luoghi di lavoro deve essere conforme a
quanto previsto dalla concessione edilizia ovvero dalla licenza di abitabilità.
3. L'art. 8 del decreto del Presidente
della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 8 (Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi). - 1.
Le vie di circolazione, comprese scale, scale fisse e banchine e rampe di
carico, devono essere situate e calcolate in modo tale che i pedoni o i veicoli
possano utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente alla loro
destinazione e che i lavoratori operanti nelle vicinanze di queste vie di
circolazione non corrano alcun rischio.
2. Il calcolo delle dimensioni delle vie di circolazione per persone ovvero
merci dovrà basarsi sul numero potenziale degli utenti e sul tipo di impresa.
3. Qualora sulle vie di circolazione siano utilizzati mezzi di trasporto,
dovrà essere prevista per i pedoni una distanza di sicurezza sufficiente.
4. Le vie di circolazione destinate ai veicoli devono passare ad una
distanza sufficiente da porte, portoni, passaggi per pedoni, corridoi e scale.
5. Nella misura in cui l’uso e l’attrezzatura dei locali lo esigano per
garantire la protezione dei lavoratori, il tracciato delle vie di circolazione
deve essere evidenziato.
6. Se i luoghi di lavoro comportano zone di pericolo in funzione della
natura del lavoro e presentano rischi di cadute dei lavoratori o rischi di
cadute d’oggetti, tali luoghi devono essere dotati di dispositivi per impedire
che i lavoratori non autorizzati possano accedere a dette zone.
7. Devono essere prese misure appropriate per proteggere i lavoratori
autorizzati ad accedere alle zone di pericolo.
8. Le zone di pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente visibile.
9. I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al passaggio
non devono presentare buche o sporgenze pericolose e devono essere in condizioni
tali da rendere sicuro il movimento ed il transito delle persone e dei mezzi di
trasporto.
10. I pavimenti ed i passaggi non devono essere ingombrati da materiali che
ostacolano la normale circolazione.
11. Quando per evidenti ragioni tecniche non si possono completamente
eliminare dalle zone di transito ostacoli fissi o mobili che costituiscono un
pericolo per i lavoratori o i veicoli che tali zone devono percorrere, gli
ostacoli devono essere adeguatamente segnalati.".
4. L’intestazione del titolo II del decreto del
Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituita dalla seguente:
"Titolo II - DISPOSlZIONI PARTICOLARI".
5. L'art. 6, del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 6. (Altezza, cubatura e superficie). 1. I limiti minimi per altezza, cubatura e superficie dei locali chiusi destinati o da destinarsi al lavoro nelle aziende industriali che occupano più di cinque lavoratori, ed in ogni caso in quelle che eseguono le lavorazioni indicate nell'articolo 33, sono i seguenti:
a) altezza netta non inferiore a m 3;
b) cubatura non inferiore a mc 10 per lavoratore;
c) ogni lavoratore occupato in ciascun ambiente deve disporre di una superficie di almeno mq 2.
2. I valori relativi alla cubatura e alla superficie si intendono lordi cioè senza deduzione dei mobili, macchine ed impianti fissi.
3. L'altezza netta dei locali è misurata dal pavimento all'altezza media della copertura dei soffitti o delle volte.
4. Quando necessità tecniche aziendali lo richiedono, l'organo di vigilanza competente per territorio può consentire altezze minime inferiori a quelle sopra indicate e prescrivere che siano adottati adeguati mezzi di ventilazione dell'ambiente. L'osservanza dei limiti stabiliti dal presente articolo circa l'altezza, la cubatura e la superficie dei locali chiusi di lavoro è estesa anche alle aziende industriali che occupano meno di cinque lavoratori quando le lavorazioni che in esse si svolgono siano ritenute, a giudizio dell'organo di vigilanza, pregiudizievoli alla salute dei lavoratori occupati.
5. Per i locali destinati o da destinarsi a uffici, indipendentemente dal tipo di azienda, e per quelli delle aziende commerciali, i limiti di altezza sono quelli individuati dalla normativa urbanistica vigente."
6. L’art. 9 del decreto del Presidente
della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 9 (Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi). - 1. Nei luoghi di lavoro
chiusi, è necessario far si` che tenendo conto dei metodi di lavoro e degli
sforzi fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi dispongano di aria
salubre in quantità sufficiente anche ottenuta con impianti di aerazione.
2. Se viene utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere sempre
mantenuto funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere segnalato da un sistema
di controllo, quando ciò è necessario per salvaguardare la salute dei
lavoratori.
3. Se sono utilizzati impianti di condizionamento dell’aria o di
ventilazione meccanica, essi devono funzionare in modo che i lavoratori non
siano esposti a correnti d’aria fastidiosa.
4. Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo
immediato per la salute dei lavoratori dovuto all’inquinamento dell’aria
respirata deve essere eliminato rapidamente.".
7. L’art. 11 del decreto del Presidente della
Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 11 (Temperatura dei locali). - 1. La temperatura nei locali di lavoro
deve essere adeguata all’organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto
conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai
lavoratori.
2. Nel giudizio sulla temperatura adeguata per i lavoratori si deve tener
conto della influenza che possono esercitare sopra di essa il grado di umidità
ed il movimento dell’aria concomitanti.
3. La temperatura dei locali di riposo, dei locali per il personale di
sorveglianza, dei servizi igienici, delle mense e dei locali di pronto soccorso
deve essere conforme alla destinazione specifica di questi locali.
4. Le finestre, i lucernari e le pareti vetrate devono essere tali da
evitare un soleggiamento eccessivo dei luoghi di lavoro, tenendo conto del tipo
di attività e della natura del luogo di lavoro.
5. Quando non è conveniente modificare la temperatura di tutto l’ambiente,
si deve provvedere alla difesa dei lavoratori contro le temperature troppo alte
o troppo basse mediante misure tecniche localizzate o mezzi personali di
protezione.".
8. L’art. 10 del decreto del Presidente della
Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 10 (Illuminazione naturale ed artificiale dei luoghi di lavoro). - 1.
A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessita’ delle lavorazioni
e salvo che non si tratti di locali sotterranei, i luoghi di lavoro devono
disporre di sufficiente luce naturale. In ogni caso, tutti i predetti locali
e luoghi di lavoro devono essere dotati di dispositivi che consentono
un’illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare la sicurezza, la salute
e il benessere di lavoratori.
2. Gli impianti di illuminazione dei locali di lavoro e delle vie di
circolazione devono essere installati in modo che il tipo d’illuminazione
previsto non rappresenta un rischio di infortunio per i lavoratori.
3. I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente esposti a
rischi in caso di guasto dell’illuminazione artificiale, devono disporre di
un’illuminazione di sicurezza di sufficiente intensità.
4. Le superfici vetrate illuminanti ed i mezzi di illuminazione artificiale
devono essere tenuti costantemente in buone condizioni di pulizia e di
efficienza.".
9. L’art. 7 del decreto del Presidente della
Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 7 (Pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari dei locali scale e
marciapiedi mobili, banchina e rampe di carico). - 1. A meno che non sia
richiesto diversamente dalle necessità della lavorazione, è vietato adibire a
lavori continuativi i locali chiusi i che non rispondono alle seguenti
condizioni:
a) essere ben difesi contro gli agenti atmosferici, e provvisti di un
isolamento termico sufficiente, tenuto conto del tipo di impresa e dell’attività
fisica dei lavoratori;
b) avere aperture sufficienti per un rapido ricambio d’aria;
c) essere ben asciutti e ben difesi contro l’umidità;
d) avere le superfici dei pavimenti, delle pareti, dei soffitti tali da
poter essere pulite e deterse per ottenere condizioni adeguate di igiene.
2. I pavimenti dei locali devono essere esenti da protuberanze, cavità o
piani inclinati pericolosi, devono essere fissi, stabili ed antisdrucciolevoli.
3. Nelle parti dei locali dove abitualmente si versano sul pavimento
sostanze putrescibili o liquidi, il pavimento deve avere superficie unita ed
impermeabile e pendenza sufficiente per avviare rapidamente i liquidi verso i
punti di raccolta e scarico.
4. Quando il pavimento dei posti di lavoro e di quelli di passaggio si
mantiene bagnato, esso deve essere munito in permanenza di palchetti o di
graticolato, se i lavoratori non sono forniti di idonee calzature impermeabili.
5. Qualora non ostino particolari condizioni tecniche, le pareti dei locali
di lavoro devono essere a tinta chiara.
6. Le pareti trasparenti o traslucide, in particolare le pareti
completamente vetrate, nei locali o nelle vicinanze dei posti di lavoro e delle
vie di circolazione, devono essere chiaramente segnalate e costituite da
materiali di sicurezza fino all’altezza di 1 metro dal pavimento, ovvero
essere separate dai posti di lavoro e dalle vie di circolazione succitati in
modo tale che i lavoratori non possono entrare in contatto con le pareti, nè
essere feriti qualora esse vadano in frantumi. Nel caso in cui vengono
utilizzati materiali di sicurezza fino all’altezza di 1 metro dal pavimento,
tale altezza è elevata quando ciò è necessario in relazione al rischio che i
lavoratori rimangano feriti qualora esse vadano in frantumi.
7. Le finestre, i lucernari e i dispositivi di ventilazione devono poter
essere aperti, chiusi, regolati e fissati dai lavoratori in tutta sicurezza.
Quando sono aperti essi devono essere posizionati in modo da non costituire un
pericolo per i lavoratori.
8. Le finestre e i lucernari devono essere concepiti congiuntamente con
l’attrezzatura o dotati di dispositivi che consentono la loro pulitura senza
rischi per i lavoratori che effettuano tale lavoro nonchè per i lavoratori
presenti nell’edificio ed intorno ad esso.
9. L’accesso ai tetti costituiti da materiali non sufficientemente
resistenti può essere autorizzato soltanto se sono fornite attrezzature che
permettono di eseguire il lavoro in tutta sicurezza.
10. Le scale ed i marciapiedi mobili devono funzionare in piena sicurezza,
devono essere muniti dei necessari dispositivi di sicurezza e devono possedere
dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili ed accessibili.
11. Le banchine e rampe di carico devono essere adeguate alle dimensioni dei
carichi trasportati.
12. Le banchine di carico devono disporre di almeno un’uscita. Ove è
tecnicamente possibile, le banchine di carico che superano m 25,0 di lunghezza
devono disporre di un’uscita a ciascuna estremità.
13. Le rampe di carico devono offrire una sicurezza tale da evitare che i
lavoratori possono cadere.
13 bis. Le disposizioni di cui ai commi 10, 11, 12 e 13 sono altresì
applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno dell’impresa, alle
vie di circolazione principali sul terreno dell’impresa, alle vie di
circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di circolazione
utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli impianti
dell’impresa, nonché alle banchine di carico".
10. L’art. 14 del decreto del Presidente
della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 14 (Locali di riposo). - 1. Quando la sicurezza e la salute dei
lavoratori, segnatamente a causa del tipo di attività, lo richiedono, i
lavoratori devono poter disporre di un locale di riposo facilmente accessibile.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando il personale
lavora in uffici o in analoghi locali di lavoro che offrono equivalenti
possibilità di riposo durante la pausa.
3. I locali di riposo devono avere dimensioni sufficienti ed essere dotati
di un numero di tavoli e sedili con schienale in funzione del numero dei
lavoratori.
4. Nei locali di riposo si devono adottare misure adeguate per la protezione
dei non fumatori contro gli inconvenienti del fumo.
5. Quando il tempo di lavoro è interrotto regolarmente e frequentemente e
non esistono locali di riposo, devono essere messi a disposizione del personale
altri locali affinchè questi possa soggiornarvi durante l’interruzione del
lavoro nel caso in cui la sicurezza o la salute dei lavoratori lo esige. In
detti locali è opportuno prevedere misure adeguate per la protezione dei non
fumatori contro gli inconvenienti del fumo.
6. L’organo di vigilanza può prescrivere che, anche nei lavori continuativi,
il datore di lavoro dia modo ai dipendenti di lavorare stando a sedere ogni
qualvolta ciò non pregiudica la normale esecuzione del lavoro.
7. Le donne incinte e le madri che allattano devono avere la possibilità di
riposarsi in posizione distesa e in condizioni appropriate.".
11. L’art. 40 del decreto del Presidente
della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è sostituito dal seguente:
"Art. 40 (Spogliatoi e armadi per il vestiario). - 1. Locali appositamente
destinati a spogliatoi devono essere messi a disposizione dei lavoratori quando
questi devono indossare indumenti di lavoro specifici e quando per ragioni di
salute o di decenza non si può loro chiedere di cambiarsi in altri locali.
2. Gli spogliatoi devono essere distinti fra i due sessi e convenientemente
arredati.
Nelle aziende che occupano fino a cinque dipendenti lo spogliatoio può
essere unico per entrambi i sessi; in tal caso i locali a ciò adibiti sono
utilizzati dal personale dei due sessi, secondo opportuni turni prestabiliti e
concordati nell’ambito dell’orario di lavoro.
3. I locali destinati a spogliatoio devono avere una capacità sufficiente,
essere possibilmente vicini ai locali di lavoro aerati, illuminati, ben difesi
dalle intemperie, riscaldati durante la stagione fredda e muniti di sedili.
4. Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentono a
ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante il tempo di
lavoro.
5. Qualora i lavoratori svolgano attività insudicianti, polverose, con
sviluppo di fumi o vapori contenenti in sospensione sostanze untuose od
incrostanti, nonché in quelle dove si usano sostanze venefiche, corrosive od
infettanti o comunque pericolose, gli armadi per gli indumenti da lavoro devono
essere separati da quelli per gli indumenti privati.
6. Qualora non si applichi il comma 1 ciascun lavoratore deve poter disporre
delle attrezzature di cui al comma 4 per poter riporre i propri indumenti.".
12. Gli articoli 37 e 39 del decreto del
Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, sono sostituiti dai seguenti:
"Art. 37 (Docce e lavabi). - 1. Docce sufficienti ed appropriate devono
essere messe a disposizione dei lavoratori quando il tipo di attività o la
salubrità lo esigono.
2. Devono essere previsti locali per docce separati per uomini e donne o
un’utilizzazione separata degli stessi. Le docce e gli spogliatoi devono
comunque facilmente comunicare tra loro.
3. I locali delle docce devono avere dimensioni sufficienti per permettere a
ciascun lavoratore di rivestirsi senza impacci e in condizioni appropriate di
igiene.
4. Le docce devono essere dotate di acqua corrente calda e fredda e di mezzi
detergenti e per asciugarsi.
Art. 39 (Gabinetti e lavabi). -
1. I lavoratori devono disporre, in prossimità dei loro posti di lavoro, dei
locali di riposo, degli spogliatoi, delle docce, di gabinetti e di lavabi
con acqua corrente calda, se necessario, e dotati di mezzi detergenti e per
asciugarsi .
2. Per uomini e donne devono essere previsti gabinetti separati; quando
ciò sia impossibile a causa di vincoli urbanistici o architettonici e nelle
aziende che occupano lavoratori di sesso diverso in numero non superiore a 10, è
ammessa un’utilizzazione separata degli stessi".
13. L’art. 11 del decreto del Presidente
della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art. 11 (Posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni). - 1. I
posti di lavoro e di passaggio devono essere idoneamente difesi contro la caduta
o l’investimento di materiali in dipendenza dell’attività lavorativa.
2. Ove non è possibile la difesa con mezzi tecnici, devono essere adottate
altre misure o cautele adeguate.
3. I posti di lavoro, le vie di circolazione e altri luoghi o impianti
all’aperto utilizzati od occupati dai lavoratori durante le loro attività devono
essere concepiti in modo tale che la circolazione dei pedoni e dei veicoli puo`
avvenire in modo sicuro.
4. Le disposizioni di cui all’art. 8, commi 1,2,3,4,5,6,7,8, sono altresì
applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno dell’impresa, alle
vie che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di circolazione utilizzate per
la regolare manutenzione e sorveglianza degli impianti dell’impresa, nonchè alle
banchine di carico (1).
5. Le disposizioni sulle vie di circolazione e zone di pericolo di cui
all’art. 8, commi 1,2,3,4,5,6,7,8, si applicano per analogia ai luoghi di
lavoro esterni.
6. I luoghi di lavoro all’aperto devono essere opportunamente illuminati con
luce artificiale quando la luce del giorno non è sufficiente.
7. Quando i lavoratori occupano posti di lavoro all’aperto, questi devono
essere strutturati, per quanto tecnicamente possibile, in modo tale che i
lavoratori:
a) sono protetti contro gli agenti atmosferici e, se necessario, contro la
caduta di oggetti;
b) non sono esposti a livelli sonori nocivi o ad agenti esterni nocivi,
quali gas, vapori, polveri;
c) possono abbandonare rapidamente il posto di lavoro in caso di pericolo o
possono essere soccorsi rapidamente;
d) non possono scivolare o cadere.".
TITOLO III
Uso delle attrezzature di lavoro
ART. 34
Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente titolo si intendono
per:
a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile od
impianto destinato ad essere usato durante il lavoro;
b) uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa
connessa ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o fuori
servizio, l’impiego, il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la
manutenzione, la pulizia, lo smontaggio;
c) zona pericolosa: qualsiasi zona all’interno ovvero in prossimità di una
attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore costituisce un
rischio per la salute o la sicurezza dello stesso.
ART. 35
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature
adeguate al lavoro da svolgere ovvero adattate a tali scopi ed idonee ai fini
della sicurezza e della salute.
2. Il datore di lavoro attua le misure tecniche ed organizzative adeguate
per ridurre al minimo i rischi connessi all’uso delle attrezzature di lavoro da
parte dei lavoratori e per impedire che dette attrezzature possano essere
utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte.
Inoltre, il datore di lavoro prende le misure necessarie affinche'
durante l'uso delle attrezzature di lavoro siano rispettate le disposizioni di
cui ai commi 4-bis e 4-ter.
3. All’atto della scelta delle attrezzature di lavoro il datore di lavoro
prende in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;
b) i rischi presenti nell’ambiente di lavoro;
c) i rischi derivanti dall’impiego delle attrezzature stesse.
c-bis) i sistemi di comando, che devono
essere sicuri anche tenuto conto dei guasti, dei disturbi e delle sollecitazioni
prevedibili in relazione all'uso progettato dell'attrezzatura.
4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinchè le attrezzature
di lavoro siano:
a) installate in conformità alle istruzioni del fabbricante;
b) utilizzate correttamente;
c) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la
rispondenza ai requisiti di cui all’art. 36 e siano corredate, ove necessario,
da apposite istruzioni d’uso.
c-bis) disposte in maniera tale da ridurre i rischi per gli utilizzatori e per le altre persone, assicurando in particolare sufficiente spazio disponibile tra gli elementi mobili e gli elementi fissi o mobili circostanti e che tutte le energie e sostanze utilizzate o prodotte possano essere addotte o estratte in modo sicuro.
4-bis. Il datore di lavoro provvede affinche' nell'uso di attrezzature di lavoro mobili, semoventi o non semoventi sia assicurato che:a) vengano disposte e fatte rispettare regole di circolazione per attrezzature di lavoro che manovrano in una zona di lavoro;
b) vengano adottate misure organizzative atte a evitare che i lavoratori a piedi si trovino nella zona di attivita' di attrezzature di lavoro semoventi e comunque misure appropriate per evitare che, qualora la presenza di lavoratori a piedi sia necessaria per la buona esecuzione dei lavori, essi subiscano danno da tali attrezzature;
c) il trasporto di lavoratori su attrezzature di lavoro mobili mosse meccanicamente avvenga esclusivamente su posti sicuri, predisposti a tale fine, e che, se si devono effettuare lavori durante lo spostamento, la velocita' dell'attrezzatura sia adeguata;
d) le attrezzature di lavoro mobili, dotate di motore a combustione, siano utilizzate nelle zone di lavoro soltanto qualora sia assicurata una quantita' sufficiente di aria senza rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori.
4-ter. Il datore di lavoro provvede affinche' nell'uso di attrezzature di lavoro destinate a sollevare carichi sia assicurato che:
a) gli accessori di sollevamento siano scelti in funzione dei carichi da movimentare, dei punti di presa, del dispositivo di aggancio, delle condizioni atmosferiche, nonche' tenendo conto del modo e della configurazione dell'imbracatura; le combinazioni di piu' accessori di sollevamento siano contrassegnate in modo chiaro per consentire all'utilizzatore di conoscerne le caratteristiche qualora esse non siano scomposte dopo l'uso; gli accessori di sollevamento siano depositati in modo tale da non essere danneggiati o deteriorati;
b) allorche' due o piu' attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati sono installate o montate in un luogo di lavoro in modo che i loro raggi di azione si intersecano, siano prese misure appropriate per evitare la collisione tra i carichi e gli elementi delle attrezzature di lavoro stesse;
c) i lavori siano organizzati in modo tale che, quando un lavoratore aggancia o sgancia manualmente un carico, tali operazioni possano svolgersi con la massima sicurezza e, in particolare, in modo che il lavoratore ne conservi il controllo diretto o indiretto;
d) tutte le operazioni di sollevamento siano correttamente progettate nonche' adeguatamente controllate ed eseguite al fine di tutelare la sicurezza dei lavoratori; in particolare, per un carico da sollevare simultaneamente da due o piu' attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati, sia stabilita e applicata una procedura d'uso per garantire il buon coordinamento degli operatori;
e) qualora attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati non possano trattenere i carichi in caso di interruzione parziale o totale dell'alimentazione di energia, siano prese misure appropriate per evitare di esporre i lavoratori ai rischi relativi; i carichi sospesi non devono rimanere senza sorveglianza salvo il caso in cui l'accesso alla zona di pericolo sia precluso e il carico sia stato agganciato e sistemato con la massima sicurezza;
f) allorche' le condizioni meteorologiche si degradano ad un punto tale da mettere in pericolo la sicurezza di funzionamento, esponendo cosi' i lavoratori a rischi, l'utilizzazione all'aria aperta di attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati sia sospesa e siano adottate adeguate misure di protezione per i lavoratori e, in particolare, misure che impediscano il ribaltamento dell'attrezzatura di lavoro.
4-quater. Il datore di lavoro, sulla base della normativa vigente, provvede affinche' le attrezzature di cui all'allegato XIV siano sottoposte a verifiche di prima installazione o di successiva installazione e a verifiche periodiche o eccezionali, di seguito denominate "verifiche", al fine di assicurarne l'installazione corretta e il buon funzionamento.
4-quinquies. I risultati delle verifiche di cui al comma 4-quater sono tenuti a disposizione dell'autorita' di vigilanza competente per un periodo di cinque anni dall'ultima registrazione o fino alla messa fuori esercizio dell'attrezzatura, se avviene prima. Un documento attestante l'esecuzione dell'ultima verifica deve accompagnare le attrezzature di lavoro ovunque queste sono utilizzate.
5. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o
responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di
lavoro si assicura che:
a) l’uso dell’attrezzatura di lavoro è riservato a lavoratori all’uopo
incaricati;
b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, il lavoratore
interessato è qualificato in maniera specifica per svolgere tali compiti.
ART. 36
Disposizioni concernenti le attrezzature di lavoro
1. Le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono
soddisfare alle disposizioni legislative e regolamentari in materia di tutela
della sicurezza e salute dei lavoratori stessi ad esse applicabili.
2.Le modalita' e le procedure tecniche delle verifiche
seguono il regime giuridico corrispondente a quello in base al quale
l'attrezzatura e' stata costruita e messa in servizio.
3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i
Ministri dell’industria, del commercio e dell’artigianato e della sanità,
sentita la commissione consultiva permanente, stabilisce
modalità e procedure per l’effettuazione delle verifiche di cui
al comma 2.
4. Nell’art. 52 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, dopo il comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
"Se ciò è appropriato e funzionale rispetto ai pericoli dell’attrezzatura di
lavoro e del tempo di arresto normale, un’attrezzatura di lavoro deve essere
munita di un dispositivo di arresto di emergenza.".
5. Nell’art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, dopo il comma 3 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
"Qualora i mezzi di cui al comma 2 svolgano anche la funzione di
allarme essi devono essere ben visibili ovvero comprensibili senza possibilità
di errore.".
6. Nell’art. 374 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547, dopo il comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
"Ove per le apparecchiature di cui al comma 2 è fornito il libretto di
manutenzione occorre prevedere l’aggiornamento di questo libretto.".
7. Nell’art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica 18 marzo 1956,
n. 303, dopo il comma 2 sono aggiunti, in fine, il seguente comma:
"Un’attrezzatura che presenta pericoli causati da cadute o da proiezione di
oggetti deve essere munita di dispositivi appropriati di sicurezza
corrispondenti a tali pericoli. Un’attrezzatura di lavoro che comporta pericoli
dovuti ad emanazione di gas, vapori o liquidi ovvero ad emissioni di polvere,
deve essere munita di appropriati dispositivi di ritenuta ovvero di estrazione
vicino alla fonte corrispondente a tali pericoli.".
8. Le disposizioni del presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo la
pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana.
8-ter. Fino a che le attrezzature di lavoro di cui al comma 8-bis non vengono adeguate il datore di lavoro adotta misure alternative che garantiscano un livello di sicurezza equivalente.
8-quater. Le modifiche apportate alle macchine definite all'articolo 1, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459, a seguito dell'applicazione delle disposizioni del comma 8-bis, e quelle effettuate per migliorare le condizioni di sicurezza sempre che non comportino modifiche delle modalita' di utilizzo e delle prestazioni previste dal costruttore, non configurano immissione sul mercato ai sensi dell'articolo 1, comma 3, secondo periodo, del predetto decreto.
ART. 37
Informazione
1. Il datore di lavoro provvede affinchè per ogni attrezzatura di lavoro a
disposizione, i lavoratori incaricati dispongano di ogni informazione e di ogni
istruzione d’uso necessaria in rapporto alla sicurezza e relativa:
a) alle condizioni di impiego delle attrezzature anche sulla base delle
conclusioni eventualmente tratte dalle esperienze acquisite nella fase di
utilizzazione delle attrezzature di lavoro;
b) alle situazioni anormali prevedibili.
1-bis. Il datore di lavoro provvede altresi' a
informare i lavoratori sui rischi cui sono esposti durante l'uso delle
attrezzature di lavoro, sulle attrezzature di lavoro presenti nell'ambiente
immediatamente circostante, anche se da essi non usate direttamente, nonche' sui
cambiamenti di tali attrezzature.
2. Le informazioni e le istruzioni d’uso devono risultare comprensibili ai
lavoratori interessati.
ART. 38
Formazione ed addestramento
1. Il datore di lavoro si assicura che:
a) i lavoratori incaricati di usare le attrezzature di lavoro ricevono una
formazione adeguata sull’uso delle attrezzature di lavoro;
b) i lavoratori incaricati dell’uso delle attrezzature che richiedono
conoscenze e responsabilità particolari di cui all’art. 35, comma 5, ricevono un
addestramento adeguato e specifico che li metta in grado di usare tali
attrezzature in modo idoneo e sicuro anche in relazione ai rischi causati ad
altre persone.
ART. 39
Obblighi dei lavoratori
1. I lavoratori si sottopongono ai programmi di formazione o di
addestramento eventualmente organizzati dal datore di lavoro.
2. I lavoratori utilizzano le attrezzature di lavoro messe a loro
disposizione conformemente all’informazione, alla formazione ed
all’addestramento ricevuti.
3. I lavoratori:
a) hanno cura delle attrezzature di lavoro messe a loro disposizione;
b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa;
c) segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto
qualsiasi difetto od inconveniente da essi rilevato nelle attrezzature di lavoro
messe a loro disposizione.
TITOLO IV
Uso dei dispositivi di protezione individuale
ART. 40
Definizioni
1. Si intende per dispositivo di protezione individuale (DPI) qualsiasi
attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di
proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o
la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a
tale scopo.
2. Non sono dispositivi di protezione individuale:
a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente
destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore;
b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;
c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze
di polizia e del personale del servizio per il mantenimento dell’ordine
pubblico;
d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto
stradali;
e) i materiali sportivi;
f) i materiali per l’autodifesa o per la dissuasione;
g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori
nocivi.
ART. 41
Obbligo di uso
1. I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati
o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di
protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del
lavoro.
ART. 42
Requisiti dei DPI
1. I DPI devono essere conformi alle norme di cui al decreto legislativo 4
dicembre 1992, n. 475.
2. I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:
a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un
rischio maggiore;
b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;
d) poter essere adattati all’utilizzatore secondo le sue necessità.
3. In caso di rischi multipli che richiedono l’uso simultaneo di più DPI,
questi devono essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche nell’uso
simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio e dei rischi
corrispondenti.
ART. 43
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:
a) effettua l’analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere
evitati con altri mezzi;
b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinché questi siano
adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle eventuali
ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI;
c) valuta, sulla base delle informazioni a corredo dei DPI fornite dal
fabbricante e delle norme d’uso di cui all’art. 45 le caratteristiche dei DPI
disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b);
d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa
negli elementi di valutazione.
2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d’uso di cui all’art.
45, individua le condizioni in cui un DPI deve essere usato, specie per quanto
riguarda la durata dell’uso, in funzione di:
a) entità del rischio;
b) frequenza dell’esposizione al rischio;
c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore;
d) prestazioni del DPI.
3. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori i DPI conformi ai requisiti
previsti dall’art. 42 e dal decreto di cui all’art. 45, comma 2.
4. Il datore di lavoro:
a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d’igiene,
mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie;
b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti,
salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente alle informazioni del
fabbricante;
c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;
d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze richiedano
l’uso di uno stesso DPI da parte di più persone, prende misure adeguate affinché
tale uso non ponga alcun problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori;
e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo
protegge;
f) rende disponibile nell’azienda ovvero unità produttiva informazioni
adeguate su ogni DPI;
g) assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario, uno
specifico addestramento circa l’uso corretto e l’utilizzo pratico dei DPI.
5. In ogni caso l’addestramento è indispensabile:
a) per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n.
475, appartenga alla terza categoria;
b) per i dispositivi di protezione dell’udito.
ART. 44
Obblighi dei lavoratori
1. I lavoratori si sottopongono al programma di formazione e addestramento
organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti necessari ai sensi dell’art.
43, commi 4, lettera g), e 5.
2. I lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente
all’informazione e alla formazione ricevute e all’addestramento eventualmente
organizzato.
3. I lavoratori:
a) hanno cura dei DPI messi a loro disposizione;
b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa.
4. Al termine dell’utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali in
materia di riconsegna dei DPI.
5. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente
o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a
loro disposizione.
ART. 45
Criteri per l'individuazione e l'uso
1. Il contenuto degli allegati III, IV e V costituisce elemento di
riferimento per l’applicazione di quanto previsto all’art. 43, commi 1 e 4.
2. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il
Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentita la
commissione consultiva permanente, tenendo conto della natura, dell’attività e
dei fattori specifici di rischio, indica:
a) i criteri per l’individuazione e l’uso dei DPI;
b) le circostanze e le situazioni in cui, ferme restando le priorità delle
misure di protezione collettiva, si rende necessario l’impiego dei DPI.
ART. 46
Norma transitoria
1. Fino alla data del 31 dicembre 1998 e, nel caso di dispositivi di
emergenza destinati all’autosalvataggio in caso di evacuazione, fino al 31
dicembre 2004, possono essere impiegati:
a) i DPI commercializzati ai sensi dell’art. 15, comma 1, del decreto
legislativo 4 dicembre 1992, n. 475;
b) i DPI già in uso alla data di entrata in vigore del presente decreto
prodotti conformemente alle normative vigenti nazionali o di altri Paesi della
Comunità europea.
TITOLO V
Movimentazione manuale dei carichi
ART. 47
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività che comportano la
movimentazione manuale dei carichi con i rischi, tra l’altro, di lesioni
dorso-lombari per i lavoratori durante il lavoro.
2. Si intendono per:
a) movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di trasporto o di
sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del
sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico che, per le
loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli,
comportano tra l’altro rischi di lesioni dorso-lombari;
b) lesioni dorso-lombari: lesioni a carico delle strutture osteomiotendinee
e nerveovascolari a livello dorso lombare.
ART. 48
Obblighi dei datori di lavoro
1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie o ricorre
ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la
necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori.
2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi
ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative
necessarie, ricorre ai mezzi appropriati o fornisce ai lavoratori stessi i mezzi
adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione
manuale di detti carichi, in base all’allegato VI.
3. Nel caso in cui la necessità di una movimentazione manuale di un carico
ad opera del lavoratore non può essere evitata, il datore di lavoro organizza i
posti di lavoro in modo che detta movimentazione sia quanto più possibile sicura
e sana.
4. Nei casi di cui al comma 3 il datore di lavoro:
a) valuta, se possibile, preliminarmente, le condizioni di sicurezza e di
salute connesse al lavoro in questione e tiene conto in particolare delle
caratteristiche del carico, in base all’allegato VI;
b) adotta le misure atte ad evitare o ridurre tra l’altro i rischi di
lesioni dorso-lombari, tenendo conto in particolare dei fattori individuali di
rischio, delle caratteristiche dell’ambiente di lavoro e delle esigenze che tale
attività comporta, in base all’allegato VI;
c) sottopone alla sorveglianza sanitaria di cui all’art. 16 gli addetti alle
attività di cui al presente titolo.
ART. 49
Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare
per quanto riguarda:
a) il peso di un carico;
b) il centro di gravità o il lato più pesante nel caso in cui il contenuto
di un imballaggio abbia una collocazione eccentrica;
c) la movimentazione corretta dei carichi e i rischi che i lavoratori
corrono se queste attività non vengono eseguite in maniera corretta, tenuto
conto degli elementi di cui all’allegato VI.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata, in
particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
TITOLO VI
Uso di attrezzature munite di videoterminali
ART. 50
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività lavorative che
comportano l’uso di attrezzature munite di videoterminali.
2. Le norme del presente titolo non si applicano ai lavoratori
addetti:
a) ai posti di guida di veicoli o macchine;
b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto;
c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario all’utilizzazione da
parte del pubblico;
d) ai sistemi denominati "portatili" ove non siano oggetto di utilizzazione
prolungata in un posto di lavoro;
e) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le
attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o
delle misure, necessario all’uso diretto di tale attrezzatura;
f) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato.
ART. 51
Definizioni
1. Ai fini del presente titolo si intende per:
a) videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo
di procedimento di visualizzazione utilizzato;
b) posto di lavoro: l’insieme che comprende le attrezzature munite di
videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di immissione
dati, ovvero software per l’interfaccia uomo-macchina, gli accessori opzionali,
le apparecchiature connesse, comprendenti l’unità a dischi, il telefono, il
modem, la stampante, il supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro,
nonchè l’ambiente di lavoro immediatamente circostante;
c) lavoratore: il lavoratore che utilizza
un'attrezzatura munita di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per
venti ore settimanali, dedotte le interruzioni di cui all'articolo 54.
ART. 52
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro, all’atto della valutazione del rischio di cui
all’art. 4, comma 1, analizza i posti di lavoro con particolare riguardo:
a) ai rischi per la vista e per gli occhi;
b) ai problemi legati alla postura ed all’affaticamento fisico o mentale;
c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
2. Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi
riscontrati in base alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo conto della
somma ovvero della combinazione della incidenza dei rischi riscontrati.
ART. 53
Organizzazione del lavoro
1. Il datore di lavoro assegna le mansioni e i compiti lavorativi
comportanti l’uso dei videoterminali anche secondo una distribuzione del lavoro
che consente di evitare il più possibile la ripetitività e la monotonia delle
operazioni.
ART. 54
Svolgimento quotidiano del lavoro
1. Il lavoratore, qualora svolga la sua attività per almeno quattro ore
consecutive, ha diritto ad una interruzione della sua attività mediante pause
ovvero cambiamento di attività.
2. Le modalità di tali interruzioni sono stabilite dalla contrattazione
collettiva anche aziendale.
3. In assenza di una disposizione contrattuale riguardante l’interruzione di
cui al comma 1, il lavoratore comunque ha diritto ad una pausa di quindici
minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al videoterminale.
4. Le modalità e la durata delle interruzioni possono essere stabilite
temporaneamente a livello individuale ove il medico competente ne evidenzi la
necessità.
5. È comunque esclusa la cumulabilità delle interruzioni all’inizio ed al
termine dell’orario di lavoro.
6. Nel computo dei tempi di interruzione non sono compresi i tempi di attesa
della risposta da parte del sistema elettronico, che sono considerati, a tutti
gli effetti, tempo di lavoro, ove il lavoratore non possa abbandonare il posto
di lavoro.
7. La pausa è considerata a tutti gli effetti parte integrante dell’orario
di lavoro e, come tale, non è riassorbibile all’interno di accordi che prevedono
la riduzione dell’orario complessivo di lavoro.
ART. 55
Sorveglianza sanitaria
1. I lavoratori, prima di essere addetti alle attività di cui al presente
titolo, sono sottoposti ad una visita medica per evidenziare eventuali
malformazioni strutturali e ad un esame degli occhi e della vista effettuati dal
medico competente. Qualora l’esito della visita medica ne evidenzi la necessità,
il lavoratore è sottoposto ad esami specialistici.
2. In base alle risultanze degli accertamenti di cui al comma 1 i lavoratori
vengono classificati in:
a) idonei, con o senza prescrizioni;
b) non idonei.
3. I lavoratori sono sottoposti a sorveglianza
sanitaria, ai sensi dell'articolo 16.
3-bis. Le visite di controllo sono effettuate con le modalità di cui ai commi 1 e 2.
3-ter. La periodicità delle visite di controllo, fatti salvi i casi particolari che richiedono una frequenza diversa
stabilita dal medico competente, è biennale per i lavoratori classificati come idonei con prescrizioni e per i lavoratori
che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età; quinquennale negli altri casi.
4. Il lavoratore è sottoposto a controllo oftalmologico a sua richiesta, ogniqualvolta sospetti una sopravvenuta
alterazione della funzione visiva, confermata dal medico competente, oppure ogniqualvolta l'esito della visita di cui
ai commi 1 e 3 ne evidenzi la necessità.
5. La spesa relativa alla dotazione di dispositivi speciali di correzione in funzione dell’attività svolta è a carico del datore di lavoro.
ART. 56
Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare
per quanto riguarda:
a) le misure applicabili al posto di lavoro, in base all’analisi dello
stesso di cui all’art. 52;
b) le modalità di svolgimento dell’attività;
c) la protezione degli occhi e della vista.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in
particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il
Ministro della sanità, stabilisce con decreto una guida d’uso dei
videoterminali.
ART. 57
Consultazione e partecipazione
1. Il datore di lavoro informa preventivamente i lavoratori e il
rappresentante per la sicurezza dei cambiamenti tecnologici che comportano
mutamenti nell’organizzazione del lavoro, in riferimento alle attività di cui al
presente titolo.
ART. 58 Adeguamento alle norme
1. I posti di lavoro dei lavoratori di cui all'articolo 51, comma 1, lettera c), devono essere conformi alle prescrizioni minime di cui all'allegato VII.
ART. 59
Caratteristiche tecniche
1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della
sanità e dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentita la
commissione consultiva permanente, sono disposti, anche in recepimento di
direttive comunitarie, gli adattamenti di carattere tecnico all’allegato VII in
funzione del progresso tecnico, della evoluzione delle normative e specifiche
internazionali oppure delle conoscenze nel settore delle attrezzature dotate di
videoterminali.
TITOLO VII
Protezione da agenti cancerogeni e mutageni
Capo I
Disposizioni Generali
ART .60
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività nelle quali
i lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni a causa della
loro attività lavorativa.
2. Le norme del presente titolo non si applicano alle attività disciplinate
dal:
c) decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, capo III.
3. Il presente titolo non si applica ai lavoratori esposti soltanto alle
radiazioni previste dal trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia
atomica.
ART. 61
Definizioni
Agli effetti del presente decreto si intende per:
agente cancerogeno:
una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali
categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi del decreto legislativo 3
febbraio 1997, n.52, e successive modificazioni;
un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la
concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti
relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato
nelle categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti dai sensi decreti legislativi 3
febbraio 1997, n.52, e 16 luglio 1998, n.285;
una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato VIII, nonché una
sostanza od un preparato emessi durante un processo previsto dall'allegato VIII;
agente mutageno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali
categorie mutagene 1 o 2, stabiliti ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio
1997, n.52, e successive modificazioni;
2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la
concentrazione di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti
relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato
nelle categorie mutagene 1 o 2, stabiliti dai sensi decreti legislativi 3
febbraio 1997, n.52, e 16 luglio 1998, n.285;
valore limite: se non altrimenti specificato, il limite della concentrazione
media, ponderata in funzione del tempo, di un agente cancerogeno o mutageno
nell'aria, rilevabile entro la zona di respirazione di un lavoratore, in
relazione ad un periodo di riferimento determinato stabilito nell'allegato
VIII-bis".
Capo II
Obblighi del datore di lavoro
ART. 62
Sostituzione e riduzione
1. Il datore di lavoro evita o riduce l’utilizzazione di un agente
cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro in particolare
sostituendolo, sempre che ciò è tecnicamente possibile, con una sostanza o un
preparato o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non è o
è meno nocivo alla salute e eventualmente alla sicurezza dei lavoratori.
2. Se non è tecnicamente possibile sostituire l’agente cancerogeno o
mutageno il datore di lavoro provvede affinché la produzione o
l’utilizzazione dell’agente cancerogeno o mutageno avvenga in
un sistema chiuso sempre che ciò è tecnicamente possibile.
3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente possibile il datore
di lavoro provvede affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto
al più basso valore tecnicamente possibile. L'esposizione non deve
comunque superare il valore limite dell'agente stabilito nell'allegato VIII-bis.
ART. 63
Valutazione del rischio
1. Fatto salvo quanto previsto all’art. 62, il datore di lavoro effettua una
valutazione dell’esposizione a agenti cancerogeni o mutageni, i
risultati della quale sono riportati nel documento di cui all’art. 4, commi
2.
2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche
delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di
agenti cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, della
loro concentrazione, della capacità degli stessi di penetrare nell’organismo per
le diverse vie di assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione
e, qualora allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie o in forma
polverulenta e se o meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o ne
impedisce la fuoriuscita. La valutazione deve tener contodi tutti i
possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi è assorbimento cutaneo.
3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui
al comma 1, adotta le misure preventive e protettive del presente titolo,
adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.
4. Il documento di cui all’art. 4, commi 2 e 3, è integrato con i seguenti
dati:
a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati
cancerogeni o mutageni o di processi industriali di cui
all’allegato VIII, con l’indicazione dei motivi per i quali sono impiegati
agenti cancerogeni o mutageni;
b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni o
mutageni prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o
sottoprodotti;
c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti
cancerogeni o mutageni;
d) l’esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa;
e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di
protezione individuale utilizzati;
f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni
o mutageni e le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati
come sostituti.
5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1
in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della
sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni
dall’ultima valutazione effettuata.
6. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso anche ai dati di cui al
comma 4, fermo restando l’obbligo di cui all’art. 9, comma 3.
ART. 64
Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. Il datore di lavoro:
a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle
varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di agenti cancerogeni
o mutageni non superiori alle necessità delle lavorazioni e che gli
agenti cancerogeni o mutageni in attesa di impiego, in forma
fisica tale da causare rischio di introduzione, non sono accumulati sul luogo di
lavoro in quantitativi superiori alle necessità predette;
b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono
essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni , anche
isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di
avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali "vietato fumare", ed accessibili
soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi connessi con la loro
mansione o con la loro funzione. In dette aree è fatto divieto di fumare;
c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi è
emissione di agenti cancerogeni o mutageni nell’aria. Se ciò
non è tecnicamente possibile, l’eliminazione degli agenti cancerogeni o
mutageni deve avvenire il più vicino possibile al punto di emissione
mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell’art. 4, comma 5, lettera n).
L’ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato sistema di
ventilazione generale;
d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni o mutageni
per verificare l’efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per
individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non
prevedibile o da un incidente, con metodi di campionatura e di misurazione
conformi alle indicazioni dell’allegato VIII del decreto legislativo 15 agosto
1991, n. 277;
e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle
attrezzature e degli impianti;
f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono comportare
esposizioni elevate;
g) assicura che gli agenti cancerogeni o mutageni sono
conservati, manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza;
h) assicura che la raccolta e l’immagazzinamento, ai fini dello smaltimento
degli scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti agenti cancerogeni
o mutageni , avvengano in condizioni di sicurezza, in
particolare utilizzando contenitori ermetici etichettati in modo chiaro, netto,
visibile;
i) dispone, su conforme parere del medico competente, misure protettive
particolari per quelle categorie di lavoratori per i quali l’esposizione a
taluni agenti cancerogeni o mutageni presenta rischi
particolarmente elevati.
ART. 65
Misure igieniche
1. Il datore di lavoro:
a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici appropriati ed
adeguati;
b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti protettivi
da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) provvede affinchè i dispositivi di protezione individuale siano custoditi
in luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo
altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi, prima di ogni nuova
utilizzazione.
2. È vietato assumere cibi e bevande o fumare nelle zone di lavoro di cui
all’art. 64, lettera b).
ART. 66
Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze
disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:
a) gli agenti cancerogeni o mutageni presenti nei cicli
lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per la salute connessi al loro
impiego, ivi compresi i rischi supplementari dovuti al fumare;
b) le precauzioni da prendere per evitare l’esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la necessità di indossare e impiegare indumenti di lavoro e protettivi e
dispositivi individuali di protezione ed il loro corretto impiego;
e) il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure da adottare
per ridurre al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in
particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L’informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima
che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione e vengono ripetute,
con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle
lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
4. Il datore di lavoro provvede inoltre affinché gli impianti, i
contenitori, gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni o mutageni
siano etichettati in maniera chiaramente leggibile e comprensibile. I
contrassegni utilizzati e le altre indicazioni devono essere conformi al
disposto della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modifiche ed
integrazioni.
ART. 67
Esposizione non prevedibile
1. Se si verificano eventi non prevedibili o incidenti che possono
comportare un’esposizione anomala dei lavoratori, il datore di lavoro adotta
quanto prima misure appropriate per identificare e rimuovere la causa
dell’evento e ne informa i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza.
2. I lavoratori devono abbandonare immediatamente l’area interessata, cui
possono accedere soltanto gli addetti agli interventi di riparazione ed ad altre
operazioni necessarie, indossando idonei indumenti protettivi e dispositivi di
protezione delle vie respiratorie, messi a loro disposizione dal datore di
lavoro. In ogni caso l’uso dei dispositivi di protezione non può essere
permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, è limitata al minimo
strettamente necessario.
3. Il datore di lavoro comunica al più presto all’organo di vigilanza il
verificarsi degli eventi di cui al comma 1 e riferisce sulle misure adottate per
ridurre al minimo le conseguenze.
ART. 68
Operazioni lavorative particolari
1. Nel caso di determinate operazioni lavorative, come quella di
manutenzione, per le quali, nonostante l’adozione di tutte le misure di
prevenzione tecnicamente applicabili, è prevedibile un’esposizione rilevante dei
lavoratori addetti, il datore di lavoro previa consultazione del rappresentante
per la sicurezza:
a) dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle suddette aree
anche provvedendo, ove tecnicamente possibile, all’isolamento delle stesse ed
alla loro identificazione mediante appositi contrassegni;
b) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi di protezione
individuale che devono essere indossati dai lavoratori adibiti alle suddette
operazioni.
2. La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori addetti è in ogni
caso ridotta al minimo compatibilmente con le necessità delle lavorazioni.
Capo III
Sorveglianza sanitaria
ART. 69
Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive
specifiche
1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all’art. 63 ha evidenziato
un rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta
misure preventive e protettive per singoli lavoratori sulla base delle
risultanze degli esami clinici e biologici effettuati.
3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l’allontanamento del
lavoratore secondo le procedure dell’art. 8 del decreto legislativo 15 agosto
1991, n. 277.
4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti
in modo analogo ad uno stesso agente, l’esistenza di una anomalia imputabile a
tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
5. A seguito dell’informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro
effettua:
a) una nuova valutazione del rischio in conformità all’art. 63;
b) ove sia tecnicamente possibile, una misurazione della concentrazione
dell’agente in aria, per verificare l’efficacia delle misure adottate.
6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla
sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo
all’opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione
dell’attività lavorativa.
ART. 70
Registro di esposizione e cartelle sanitarie
1. I lavoratori di cui all'articolo 69 sono iscritti
in un registro nel quale è riportata, per ciascuno di essi, l'attività svolta,
l'agente cancerogeno o mutageno utilizzato e, ove noto, il valore
dell'esposizione a tale agente. Detto registro è istituito ed aggiornato dal
datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del medico competente. Il
responsabile del servizio di prevenzione ed i rappresentanti per la sicurezza
hanno accesso a detto registro.
2. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all'articolo 69,
provvede ad istituire e aggiornare una cartella sanitaria e di rischio,
custodita presso l'azienda o l'unità produttiva sotto la responsabilità del
datore di lavoro.
3. Il datore di lavoro comunica ai lavoratori interessati, su richiesta, le
relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e,
tramite il medico competente, i dati della cartella sanitaria e di rischio.
4. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro invia
all'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro - ISPESL la
cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato unitamente alle
annotazioni individuali contenute nel registro e ne consegna copia al lavoratore
stesso.
5. In caso di cessazione di attività dell'azienda, il datore di lavoro consegna
il registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio all'ISPESL.
6. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma i e le
cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro almeno fino
a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a quarant'anni dalla
cessazione di ogni attività che espone ad agenti cancerogeni o mutageni.
7. I registri di esposizione le annotazioni individuali e le cartelle sanitarie
e di rischio sono custoditi e trasmessi con salvaguardia del segreto
professionale e dei trattamento dei dati personali.
8. Il datore di lavoro, in caso di esposizione del lavoratore ad agenti
cancerogeni, oltre a quanto previsto ai commi da 1 a 7:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL ed all'organo di
vigilanza competente per territorio, e comunica loro ogni tre anni, e comunque
ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le variazioni intervenute;
b) consegna, a richiesta, all'Istituto superiore di sanità copia del registro di
cui al comma 1;
c) in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegna copia del registro
di cui al comma I all'organo di vigilanza competente per territorio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato
attività con esposizione ad agenti cancerogeni, il datore di lavoro chiede all'ISPESL
copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1,
nonché copia della cartella sanitaria e di rischio, qualora il lavoratore non ne
sia in possesso ai sensi del comma 4.
9. I modelli e le modalità di tenuta del registro e delle cartelle sanitarie e
di rischio sono determinati con decreto del Ministro della sanità, di concerto
con i Ministri per la funzione pubblica e del lavoro e della previdenza sociale,
sentita la commissione consultiva permanente.
10. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della sanità dati di sintesi
relativi al contenuto dei registri di cui al comma 1 ed a richiesta li rende
disponibili alle regioni.
ART. 71
Registrazione dei tumori
1. I medici, le strutture sanitarie pubbliche e private, nonché gli istituti
previdenziali assicurativi pubblici o privati, che refertano casi di neoplasie
da loro ritenute causate da esposizione lavorativa ad agenti cancerogeni,
trasmettono all’ISPESL copia della relativa documentazione clinica ovvero
anatomopatologica e quella inerente l’anamnesi lavorativa.
2. L'ISPESL realizza, nei limiti delle ordinarie
risorse di bilancio, sistemi di monitoraggio dei rischi cancerogeni di origine
professionale utilizzando i flussi informativi di cui al comma 1, le
informazioni raccolte dai sistemi di registrazione delle patologie attivi sul
territorio regionale, nonché i dati di carattere occupazionale, anche a livello
nominativo, rilevati nell'ambito delle rispettive attività istituzionali
dall'Istituto nazionale della previdenza sociale - INPS, dall'Istituto nazionale
di statistica - ISTAT, dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro - INAIL e da altre istituzioni pubbliche. L'ISPESL rende
disponibile al Ministero della sanità ed alle regioni i risultati del
monitoraggio con periodicità annuale.
3. Con decreto dei Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza
sociale, sentita la commissione consultiva permanente, sono determinate le
caratteristiche dei sistemi informativi che, in funzione del tipo di neoplasia
accertata, ne stabiliscono la raccolta, l’acquisizione, l’elaborazione e
l’archiviazione, nonchè le modalità di registrazione di cui al comma 2, e le
modalità di trasmissione di cui al comma 1.
4. Il Ministero della sanità fornisce, su richiesta, alla Commissione CE,
informazioni sulle utilizzazioni dei dati del registro di cui al comma 1.
ART. 72
Adeguamenti normativi
1. La Commissione consultiva tossicologica nazionale
individua periodicamente le sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la
riproduzione che, pur non essendo classificate ai sensi del decreto legislativo
3 febbraio 1997, n. 52, rispondono ai criteri di classificazione ivi stabiliti e
fornisce consulenza ai Ministeri del lavoro e della previdenza sociale e della
sanità, su richiesta, in tema di classificazione di agenti chimici pericolosi.
2. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della
sanità, sentita la commissione consultiva permanente e la Commissione consultiva
tossicologica nazionale:
a) sono aggiornati gli allegati VIII e VIlI-bis in funzione del progresso
tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie o internazionali
e delle conoscenze nel settore degli agenti cancerogeni o mutageni;
b) è pubblicato l'elenco delle sostanze in funzione dell'individuazione
effettuata ai sensi del comma l
TITOLO VIII
Protezione Da Agenti Biologici Capo I
ART. 73
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività lavorative
nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici.
2. Restano ferme le disposizioni particolari di recepimento delle norme
comunitarie sull’impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati e
sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati.
Il comma 1 dell’art.7 del decreto legislativo 3 marzo 1993, n.91, è
soppresso.
ART. 74
Definizioni
1. Ai sensi del presente titolo si intende per:
a) agente biologico: qualsiasi microorganismo anche se geneticamente
modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare
infezioni, allergie o intossicazioni;
b) microorganismo: qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in
grado di riprodursi o trasferire materiale genetico;
c) coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro di cellule
derivate da organismi pluricellulari.
ART. 75
Classificazione degli agenti biologici
1. Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppi a seconda
del rischio di infezione:
a) agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità
di causare malattie in soggetti umani;
b) agente biologico del gruppo 2: un agente che può causare malattie in
soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco probabile che si
propaga nella comunità; sono di norma disponibli efficaci misure profilattiche o
terapeutiche;
c) agente biologico del gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi
in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l’agente
biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci
misure profilattiche o terapeutiche;
d) agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che può provocare
malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori
e può presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità; non sono
disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche.
2. Nel caso in cui l’agente biologico oggetto di classificazione non può
essere attribuito in modo inequivocabile ad uno fra i due gruppi sopraindicati,
esso va classificato nel gruppo di rischio più elevato tra le due possibilità.
3. L’allegato XI riporta l’elenco degli agenti biologici classificati nei
gruppi 2, 3, 4.
ART. 76
Comunicazione
1. Il datore di lavoro che intende esercitare attività che comportano uso di
agenti biologici dei gruppi 2 o 3, comunica all’organo di vigilanza
territorialmente competente le seguenti informazioni, almeno 30 giorni prima
dell’inizio dei lavori:
a) il nome e l’indirizzo dell’azienda e il suo titolare;
b) il documento di cui all’art. 78, comma 5.
2. Il datore di lavoro che è stato autorizzato all’esercizio di attività che
comporta l’utilizzazione di un agente biologico del gruppo 4 è tenuto alla
comunicazione di cui al comma 1.
3. Il datore di lavoro invia una nuova comunicazione ogni qualvolta si
verificano nelle lavorazioni mutamenti che comportano una variazione
significativa del rischio per la salute sul posto di lavoro, o, comunque, ogni
qualvolta si intende utilizzare un nuovo agente classificato dal datore di
lavoro in via provvisoria.
4. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso alle informazioni di cui al
comma 1.
5. Ove le attività di cui al comma 1 comportano la presenza di
microorganismi geneticamente modificati appartenenti al gruppo II, come definito
all’art. 4 del decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91, il documento di cui al
comma 1, lettera b), è sostituito da copia della documentazione prevista per i
singoli casi di specie dal predetto decreto.
6. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono tenuti alla
comunicazione di cui al comma 1 anche per quanto riguarda gli agenti biologici
del gruppo 4.
ART. 77
Autorizzazione
1. Il datore di lavoro che intende utilizzare, nell’esercizio della propria
attività, un agente biologico del gruppo 4 deve munirsi di autorizzazione del
Ministero della sanità.
2. La richiesta di autorizzazione è corredata da:
a) le informazioni di cui all’art. 76, comma 1;
b) l’elenco degli agenti che si intende utilizzare.
3. L’autorizzazione è rilasciata dal Ministero della sanità sentito il
parere dell’Istituto superiore di sanità Essa ha la durata di 5 anni ed è
rinnovabile. L’accertamento del venir meno di una delle condizioni previste per
l’autorizzazione ne comporta la revoca.
4. Il datore di lavoro in possesso dell’autorizzazione di cui al comma 1
informa il Ministero della sanità di ogni nuovo agente biologico del gruppo 4
utilizzato, nonché di ogni avvenuta cessazione di impiego di un agente biologico
del gruppo 4.
5. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono esentati dagli
adempimenti di cui al comma 4.
6. Il Ministero della sanità comunica all’organo di vigilanza competente per
territorio le autorizzazioni concesse e le variazioni sopravvenute
nell’utilizzazione di agenti biologici del gruppo 4. Il Ministero della sanità
istituisce ed aggiorna un elenco di tutti gli agenti biologici del gruppo 4 dei
quali è stata comunicata l’utilizzazione sulla base delle previsioni di cui ai
commi 1 e 4.
Capo II
Obblighi del datore di lavoro
ART. 78
Valutazione del rischio
1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui all’art. 4,
comma 1, tiene conto di tutte le informazioni disponibili relative alle
caratteristiche dell’agente biologico e delle modalità lavorative, ed in
particolare:
a) della classificazione degli agenti biologici che presentano o possono
presentare un pericolo per la salute umana quale risultante dall’allegato XI o,
in assenza, di quella effettuata dal datore di lavoro stesso sulla base delle
conoscenze disponibili e seguendo i criteri di cui all’art. 75, commi 1 e 2;
b) dell’informazione sulle malattie che possono essere contratte;
c) dei potenziali effetti allergici e tossici;
d) della conoscenza di una patologia della quale è affetto un lavoratore,
che è da porre in correlazione diretta all’attività lavorativa svolta;
e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall’autorità sanitaria
competente che possono influire sul rischio;
f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici utilizzati.
2. Il datore di lavoro applica i principi di buona prassi microbiologica,
ed adotta, in relazione ai rischi accertati, le misure protettive e preventive
di cui al presente titolo, adattandole alle particolarità delle situazioni
lavorative.
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1
in occasione di modifiche dell’attività lavorativa significative ai fini della
sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni
dall’ultima valutazione effettuata.
4. Nelle attività, quali quelle riportate a titolo esemplificativo
nell’allegato IX, che, pur non comportando la deliberata intenzione di operare
con agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori
agli stessi, il datore di lavoro puo` prescindere dall’applicazione delle
disposizioni di cui agli articoli 80, 81, commi 1 e 2, 82, comma 3, e 86,
qualora i risultati della valutazione dimostrano che l’attuazione di tali misure
non è necessaria.
5. Il documento di cui all’art. 4, commi 2 e 3, è integrato dai seguenti
dati:
a) le fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischio di
esposizione ad agenti biologici;
b) il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla lettera a);
c) le generalità del responsabile del servizio di prevenzione e protezione
dai rischi;
d) i metodi e le procedure lavorative adottate, nonché le misure preventive
e protettive applicate;
e) il programma di emergenza per la protezione dei lavoratori contro i
rischi di esposizione ad un agente biologico del gruppo 3 o del gruppo 4, nel
caso di un difetto nel contenimento fisico.
6. Il rappresentante per la sicurezza è consultato prima dell’effettuazione
della valutazione di cui al comma 1 ed ha accesso anche ai dati di cui al comma
5.
ART. 79
Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. In tutte le attività per le quali la valutazione di cui all’art. 78
evidenzia rischi per la salute dei lavoratori il datore di lavoro attua misure
tecniche, organizzative e procedurali, per evitare ogni esposizione degli stessi
ad agenti biologici.
2. In particolare, il datore di lavoro:
a) evita l’utilizzazione di agenti biologici nocivi, se il tipo di attività
lavorativa lo consente;
b) limita al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente esposti, al
rischio di agenti biologici;
c) progetta adeguatamente i processi lavorativi;
d) adotta misure collettive di protezione ovvero misure di protezione
individuali qualora non sia possibile evitare altrimenti l’esposizione;
e) adotta misure igieniche per prevenire e ridurre al minimo la propagazione
accidentale di un agente biologico fuori dal luogo di lavoro;
f) usa il segnale di rischio biologico, rappresentato nell’allegato X, e
altri segnali di avvertimento appropriati;
g) elabora idonee procedure per prelevare, manipolare e trattare campioni di
origine umana ed animale;
h) definisce procedure di emergenza per affrontare incidenti;
i) verifica la presenza di agenti biologici sul luogo di lavoro al di fuori
del contenimento fisico primario, se necessario o tecnicamente realizzabile;
l) predispone i mezzi necessari per la raccolta, l’immagazzinamento e lo
smaltimento dei rifiuti in condizioni di sicurezza, mediante l’impiego di
contenitori adeguati ed identificabili eventualmente dopo idoneo trattamento dei
rifiuti stessi;
m) concorda procedure per la manipolazione ed il trasporto in condizioni di
sicurezza di agenti biologici all’interno del luogo di lavoro.
ART. 80
Misure igieniche
1. In tutte le attività nelle quali la valutazione di cui all’art. 78
evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro assicura che:
a) i lavoratori dispongano dei servizi sanitari adeguati provvisti di docce
con acqua calda e fredda, nonché, se del caso, di lavaggi oculari e antisettici
per la pelle;
b) i lavoratori abbiano in dotazione indumenti protettivi od altri indumenti
idonei, da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) i dispositivi di protezione individuale siano controllati, disinfettati e
puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire
quelli difettosi prima dell’utilizzazione successiva;
d) gli indumenti di lavoro e protettivi che possono essere contaminati da
agenti biologici vengano tolti quando il lavoratore lascia la zona di lavoro,
conservati separatamente dagli altri indumenti, disinfettati, puliti e, se
necessario, distrutti.
2. È vietato assumere cibi o bevande e fumare nelle aree di lavoro in cui
c’è rischio di esposizione.
ART. 81
Misure specifiche per le strutture sanitarie e veterinarie
1. Il datore di lavoro, nelle strutture sanitarie e veterinarie, in sede di
valutazione dei rischi, presta particolare attenzione alla possibile presenza di
agenti biologici nell’organismo dei pazienti o degli animali e nei relativi
campioni e residui e al rischio che tale presenza comporta in relazione al tipo
di attività svolta.
2. In relazione ai risultati della valutazione, il datore di lavoro
definisce e provvede a che siano applicate procedure che consentono di
manipolare, decontaminare ed eliminare senza rischi per l’operatore e per la
comunità, i materiali ed i rifiuti contaminati.
3. Nei servizi di isolamento che ospitano pazienti od animali che sono, o
potrebbero essere, contaminati da agenti biologici del gruppo 3 o del gruppo 4,
le misure di contenimento da attuare per ridurre al minimo il rischio di
infezione sono indicate nell’allegato XII.
ART. 82
Misure specifiche per i laboratori e gli stabulari
1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all’allegato XI, punto 6,
nei laboratori comportanti l’uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 o 4 a fini
di ricerca, didattici o diagnostici, e nei locali destinati ad animali da
laboratorio deliberatamente contaminati con tali agenti, il datore di lavoro
adotta idonee misure di contenimento in conformità all’allegato XII.
2. Il datore di lavoro assicura che l’uso di agenti biologici sia eseguito:
a) in aree di lavoro corrispondenti almeno al secondo livello di
contenimento, se l’agente appartiene al gruppo 2;
b) in aree di lavoro corrispondenti almeno al terzo livello di contenimento,
se l’agente appartiene al gruppo 3;
c) in aree di lavoro corrispondenti almeno al quarto livello di
contenimento, se l’agente appartiene al gruppo 4.
3. Nei laboratori comportanti l’uso di materiali con possibile
contaminazione da agenti biologici patogeni per l’uomo e nei locali destinati ad
animali da esperimento, possibili portatori di tali agenti, il datore di lavoro
adotta misure corrispondenti almeno a quelle del secondo livello di
contenimento.
4. Nei luoghi di cui ai commi 1 e 3 in cui si fa uso di agenti biologici non
ancora classificati, ma il cui uso può far sorgere un rischio grave per la
salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a
quelle del terzo livello di contenimento.
5. Per i luoghi di lavoro di cui ai commi 3 e 4, il Ministero della sanità,
sentito l’Istituto superiore di sanità, può individuare misure di contenimento
più elevate.
ART. 83
Misure specifiche per i processi industriali
1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all’allegato XI, punto 6,
nei processi industriali comportanti l’uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 e
4, il datore di lavoro adotta misure opportunamente scelte tra quelle elencate
nell’allegato XIII, tenendo anche conto dei criteri di cui all’art. 82, comma 2.
2. Nel caso di agenti biologici non ancora classificati, il cui uso può far
sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro
adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento.
ART. 84
Misure di emergenza
1. Se si verificano incidenti che possono provocare la dispersione
nell’ambiente di un agente biologico appartenente ai gruppi 2, 3 o 4, i
lavoratori devono abbandonare immediatamente la zona interessata, cui possono
accedere soltanto quelli addetti ai necessari interventi, con l’obbligo di usare
gli idonei mezzi di protezione.
2. Il datore di lavoro informa al più presto l’organo di vigilanza
territorialmente competente, nonché i lavoratori ed il rappresentante per la
sicurezza, dell’evento, delle cause che lo hanno determinato e delle misure che
intende adottare, o che ha già adottato, per porre rimedio alla situazione
creatasi.
3. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente
o al preposto, qualsiasi infortunio o incidente relativo all’uso di agenti
biologici.
ART. 85
Informazioni e formazione
1. Nelle attività per le quali la valutazione di cui all’art. 78 evidenzia
rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro fornisce ai lavoratori,
sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in
particolare per quanto riguarda:
a) i rischi per la salute dovuti agli agenti biologici utilizzati;
b) le precauzioni da prendere per evitare l’esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la funzione degli indumenti di lavoro e protettivi e dei dispositivi di
protezione individuale ed il loro corretto impiego;
e) le procedure da seguire per la manipolazione di agenti biologici del
gruppo 4;
f) il modo di prevenire il verificarsi di infortuni e le misure da adottare
per ridurne al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in
particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L’informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima
che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione, e ripetute, con
frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle
lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
4. Nel luogo di lavoro sono apposti in posizione ben visibile cartelli su
cui sono riportate le procedure da seguire in caso di infortunio od incidente.
Capo III
Sorveglianza sanitaria
ART. 86
Prevenzione e controllo
1. I lavoratori addetti alle attività per le quali la valutazione dei rischi
ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti alla sorveglianza
sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta
misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali, anche per motivi
sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione, fra le quali:
a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non
sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione, da
somministrare a cura del medico competente;
b) l’allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure dell’art.
8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277.
2 bis. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori
esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l’esistenza di anomalia imputabile
a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
2 ter. A seguito dell’informazione di cui al comma 3 il datore di lavoro
effettua una nuova valutazione del rischio in conformità all’art.78.
2 quater. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate
informazioni sul controllo sanitario cui sono sottoposti e sulla necessita’ di
sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell’attività che
comporta rischio di esposizione a particolari agenti biologici individuati
nell’allegato XI, nonché sui vantaggi e inconvenienti della vaccinazione e della
non vaccinazione.
ART. 87
Registri degli esposti e degli eventi accidentali
1. I lavoratori addetti ad attività comportanti uso di agenti del gruppo 3
ovvero 4 sono iscritti in un registro in cui sono riportati, per ciascuno di
essi, l’attività svolta, l’agente utilizzato e gli eventuali casi di esposizione
individuale.
2. Il datore di lavoro istituisce ed aggiorna il registro di cui al comma 1
e ne cura la tenuta tramite il medico competente. Il responsabile del servizio
di prevenzione e protezione e il rappresentante per la sicurezza hanno accesso a
detto registro.
3. Il datore di lavoro:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all’Istituto superiore di
sanità, all’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro e
all’organo di vigilanza competente per territorio, comunicando ad essi, ogni tre
anni e comunque ogni qualvolta questi ne fanno richiesta, le variazioni
intervenute;
b) comunica all’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro
e all’organo di vigilanza competente per territorio la cessazione del rapporto
di lavoro dei lavoratori di cui al comma 1 fornendo al contempo l’aggiornamento
dei dati che li riguardano e consegna al medesimo Istituto le relative cartelle
sanitarie e di rischio;
c) in caso di cessazione di attività dell’azienda, consegna all’Istituto
superiore di sanità e all’organo di vigilanza competente per territorio, copia
del registro di cui al comma 1 e all’Istituto superiore per la prevenzione e
sicurezza sul lavoro copia del medesimo registro nonché le cartelle sanitarie e
di rischio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno esercitato attività che
comportano rischio di esposizione allo stesso agente richiede all’ISPESL copia
delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1, nonché
copia della cartella sanitaria e di rischio;
e) tramite il medico competente comunica ai lavoratori interessati le
relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e
nella cartella sanitaria e di rischio ed al rappresentante per la sicurezza i
dati collettivi anonimi contenuti nel registro di cui al comma 1.
4. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le
cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro fino a
risoluzione del rapporto di lavoro e dall’ISPESL fino a dieci anni dalla
cessazione di ogni attività che espone ad agenti biologici. Nel caso di agenti
per i quali è noto che possono provocare infezioni consistenti o latenti o che
danno luogo a malattie con recrudescenza periodica per lungo tempo o che possono
avere gravi sequele a lungo termine tale periodo è di quaranta anni.
5. La documentazione di cui ai precedenti commi è custodita e trasmessa con
salvaguardia del segreto professionale.
6. I modelli e le modalità di tenuta del registro di cui al comma 1 e delle
cartelle sanitarie e di rischio sono determinati con decreto del Ministro della
sanità e del lavoro e della previdenza sociale sentita la commissione consultiva
permanente.
7. L’ISPESL trasmette annualmente al Ministero della sanità dati di sintesi
relativi alle risultanze del registro di cui al comma 1.
ART. 88
Registro dei casi di malattia e di decesso
1. Presso l’ISPESL è tenuto un registro dei casi di malattia ovvero di
decesso dovuti all’esposizione ad agenti biologici.
2. I medici, nonché le strutture sanitarie, pubbliche o private, che
refertano i casi di malattia, ovvero di decesso di cui al comma 1, trasmettono
all’ISPESL copia della relativa documentazione clinica.
3. Con decreto dei Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza
sociale, sentita la commissione consultiva, sono determinati il modello e le
modalità di tenuta del registro di cui al comma 1, nonché le modalità di
trasmissione della documentazione di cui al comma 2.
4. Il Ministero della sanità fornisce alla commissione CE, su richiesta,
informazioni su l’utilizzazione dei dati del registro di cui al comma 1.
TITOLO IX
Sanzioni
ART.89
Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro e dai dirigenti
1. Il datore di lavoro e ‘ punito con l’arresto da tre a sei mesi o con
l’ammenda da lire tre milioni a otto milioni per la violazione degli articoli 4,
commi 2, 4, lettera a), 6, 7 e 11, primo periodo; 63, commi 1, 4 e 5; 69, comma
5, lettera a); 78, commi 3 e 5; 86, comma 2-ter.
2. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da lire tre milioni a
lire otto milioni per la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere b), d),
e), h), l), n) e q); 7, comma 2; 12, commi 1, lettere d) ed e) e 4; 15, comma 1;
22, commi da 1 a 5; 30, commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e 4; 32; 35, commi 1, 2,
4, 4-bis, 4-ter, 4-quater e 5; 36,
comma 8-ter;38; 41; 43, commi 3, 4, lettere a), b), d) e g) e 5; 48; 49, comma
2; 52, comma 2; 54; 55, commi 1, 3 e 4; 56, comma 2; 58; 62; 63, comma 3; 64;
65, comma 1; 66, comma 2; 67, commi 1 e 2; 68; 69, commi 1, 2 e 5, lettera b);
77, comma 1; 78, comma 2; 79; 80, comma 1; 81, commi 2 e 3; 82; 83; 85, comma 2;
86, commi 1 e 2;
b) con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da lire un milione
a lire cinque milioni per la violazione degli articoli 4, commi 4, lettere b) e
c), 5, lettere c), f), g), i), m) e p); 7, commi 1 e 3; 9, comma 2; 10;
12, comma 1, lettere a), b) e c); 21; 37; 43, comma 4, lettere c), e) ed f);
49, comma 1; 56, comma 1; 57; 66, commi 1 e 4; 67, comma 3; 70, comma 1; 76,
commi 1, 2 e 3; 77, comma 4; 84, comma 2; 85, commi 1 e 4; 87, commi 1 e 2.
3. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti con la sanzione
amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni per la
violazione degli articoli 4, commi 5, lettera o), e 8; 8, comma 11; 11; 70,
commi 3,4,5,6 e 8; 87, commi 3 e 4.
ART. 90
Contravvenzioni commesse dai preposti
1. I preposti sono puniti:
a) con l’arresto sino a due mesi o con l’ammenda da lire cinquecentomila a
lire due milioni per la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere b), d),
e), h), l), n) e q); 7, comma 2; 12, commi 1, lettere d) ed e), e 4; 15,
comma 1; 30, commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e 4; 32; 35, commi 1, 2, 4,
4-bis, 4-ter, 4-quater e 5;
36,comma 8-ter;38;41; 43, commi 3, 4, lettere a), b) e d);
48; 52, comma 2; 54; 55, commi 1, 3 e 4; 58; 62; 63, comma 3; 64; 65, comma 1;
67, commi 1 e 2; 68; 69, commi 1 e 2; 78, comma 2; 79; 80, comma 1; 81, commi 2
e 3; 82; 83; 86, commi 1 e 2;
b) con l’arresto sino a un mese o con l’ammenda da lire trecentomila a lire
un milione per la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere c), f), g), i) e
m); 7, commi 1, lettera b), e 3; 9, comma 2; 12, comma 1, lettere a) e c); 21;
37; 43, comma 4, lettere c), e) ed f); 49, comma 1; 56, comma 1; 57; 66, commi 1
e 4; 85, commi 1 e 4.
ART. 91
Contravvenzioni commesse dai progettisti, dai fabbricanti e
dagli installatori
1. La violazione dell’art. 6, comma 2, è punita con l’arresto fino a sei
mesi o con l’ammenda da lire quindici milioni a lire sessanta milioni.
2. La violazione dell’art. 6, commi 1 e 3, è punita con l’arresto fino ad un
mese o con l’ammenda da lire seicentomila a lire due milioni.
ART. 92
Contravvenzioni commesse dal medico competente
1. Il medico competente è punito:
a) con l’arresto fino a due mesi o con l’ammenda da lire un milione a lire
sei milioni per la violazione degli articoli 17, comma 1, lettere b), d), h) e
l); 69, comma 4; 86, comma 2 bis:
b) con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da lire cinquecentomila a
lire tre milioni per la violazione degli articoli 17, comma 1, lettere e), f),
g) ed i), nonché del comma 3; 69, comma 6 e 70, comma 2.
ART. 93
Contravvenzioni commesse dai lavoratori
1. I lavoratori sono puniti:
a) con l’arresto fino ad un mese o con l’ammenda da lire quattrocentomila a
lire un milione e duecentomila per la violazione degli articoli 5, comma 2;
12, comma 3, primo periodo ;39; 44; 84, comma 3;
b) con l’arresto fino a quindici giorni o con l’ammenda da lire duecentomila
a lire seicentomila per la violazione degli articoli 67, comma 2; 84, comma 1.
ART. 94
Violazioni amministrative
1. Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 65, comma 2, e 80,
comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire centomila a
lire trecentomila.
TITOLO X
Disposizioni transitorie e finali
ART. 95
Norma transitoria
1. In sede di prima applicazione del presente decreto e comunque non oltre
il 31 dicembre 1996 il datore di lavoro che intende svolgere direttamente i
compiti di prevenzione e protezione dai rischi è esonerato dalla frequenza del
corso di formazione di cui al comma 2 dell’art. 10, ferma restando l’osservanza
degli adempimenti previsti dal predetto art. 10, comma 2, lettere a), b) e c).
ART. 96
Decorrenza degli obblighi di cui all'art. 4
1. È fatto obbligo di adottare le misure di cui all’art. 4 nel termine di
dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
ART. 96 bis
Attuazione degli obblighi
1. Il datore di lavoro che intraprende un’attività lavorativa di cui
all’art. 1 è tenuto a elaborare il documento di cui all’art. 4, comma 2, del
presente decreto entro tre mesi dall’effettivo inizio dell’attività.
ART. 97
Obblighi d'informazione
1. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale trasmette alla
commissione:
a) il testo delle disposizioni di diritto interno adottate nel settore della
sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro;
b) ogni cinque anni, una relazione sull’attuazione pratica delle
disposizioni dei titoli I, II, III e IV;
c) ogni quattro anni, una relazione sull’attuazione pratica delle
disposizioni dei titoli V e VI.
2. Le relazioni di cui al comma 1 sono trasmesse anche alle commissioni
parlamentari.
ART. 98
Norma finale
1. Restano in vigore, in quanto non specificatamente modificate dal presente
decreto, le disposizioni vigenti in materia di prevenzione degli infortuni ed
igiene del lavoro.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella
Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto
obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.