Sentenze

Causa di servizio per netturbino con diverse patologie

 

(Sentenza n.2087 dell’11.1.2001 del Tribunale di Trani)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Trani - Sezione di appello per le controversie in materia di lavoro e previdenza - composto dai magistrati:

- Dott.ssa Doronzo Adriana Presidente

- Dott. Zecchillo Francesco Giudice relatore

- Dott. Mastrorilli Pietro Giudice

ha emesso in data 21 dicembre 2000 la seguente

SENTENZA

nella causa in materia di LAVORO in grado di appello iscritta sul ruolo generale al n. 819 R.G. 1999

T R A

C. D., da Corato, elettivamente domiciliato in Trani presso l'Avv. Raffaele Chiariello (studio legale R. Bonadies), che lo rappresenta e difende per mandato a margine dell'atto di appello, unitamente e disgiuntamente dall'Avv. Domenico Rosito.

-Appellante-

E

AZIENDA MUNICIPALIZZATA DI IGIENE E PUBBLICA UTILITA’, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Corato, rappresentata e difesa dall'Avv. Sergio Lagrasta per mandato in calce alla memoria di costituzione e risposta in appello ed in forza di delibera n. 146 del 22.04.1999, elettivamente domiciliata in Trani alla Via M. Pagano n. 12 (studio Avv. Bovio).

-Appellata-

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C. D., con ricorso depositato in data 27.04.1994, conveniva in giudizio dinanzi al Pretore del Lavoro di Trani presso la Sezione Distaccata di Corato l’Azienda Municipalizzata di Igiene Urbana perché fosse condannata al pagamento in suo favore della complessiva somma di lire 219.950.445, o di quella ritenuta di giustizia, a titolo di danno biologico (lire 20.000.000), danno morale (lire 60.000.000) e indennità a norma dell'art.41 del c.c.n.l. per i lavoratori delle aziende municipalizzate (lire 39.950.445), oltre spese mediche, da liquidare in via equitativa, rivalutazione, interessi e spese di lite.

Riferiva il ricorrente:

 

  • L'Azienda, costituitasi, contestava la fondatezza della domanda e ne chiedeva il rigetto.

    Esponeva:

    • che il C., assunto con mansioni di netturbino da svolgere all'aperto, e quindi necessariamente esposto alle intemperie, era stato adibito alle stesse mansioni espletate dai suoi colleghi di lavoro, secondo gli stessi turni, e che nessuno degli altri lavoratori si era ammalato come lui, onde le malattie dalle quali era affetto non potevano che trovare origine nella sua costituzione fisica, particolarmente predisposta a contrarre malattie da raffreddamento in misura percentualmente maggiore rispetto ad altri soggetti;

    • che, allorquando nell'anno 1983 i problemi di salute si erano riacutizzati, non compromettendo tuttavia la capacità lavorativa, il lavoratore aveva provveduto a curarsi, assentandosi dal suo posto di lavoro per 307 giorni;

    • che nell'anno 1984 la salute del lavoratore aveva subito un netto miglioramento, tant'è che aveva ripreso ad espletare la sua attività lavorativa assentandosi dal posto di lavoro solo per qualche mese, e che lo stesso era avvenuto nell'anno 1985;

    • che il lavoratore, in questo periodo, aveva sempre goduto di permessi retribuiti per cure termali e che, sottoposto dal 1986 a visita medica periodica, era sempre risultato idoneo ai servizi vari;

    • che, ciononostante, era stato esonerato dal servizio da svolgere per strada ed adibito alla custodia e alla pulizia interna del cantiere, anche in considerazione del manifestarsi sin dall'anno 1985 di un'altra patologia, il diabete mellito, per cause assolutamente indipendenti dall'attività lavorativa e generatrice della lamentata flebite all'atto inferiore destro;

    • che il lavoratore era un buon bevitore abituale di alcolici e che tale condizione ben si conciliava con l'affezione alle alte vie respiratore, il cui sistema respiratorio comunque nel corso della visita medica del 1988 all'esame spirometrico era risultato non significativamente alterato nella sua funzionalità respiratoria;

    • che pertanto nessun comportamento omissivo era imputabile all’Azienda, che si era sempre attivata per tutelare la salute del lavoratore, giammai, prima del suo collocamento in quiescenza, ritenuto dai sanitari inidoneo alle mansioni affidategli, concedendogli i richiesti permessi per cure termali e poi assegnandogli mansioni di custodia e pulizia dei cantiere, onde nessuna violazione dell'art.2087 c.c. era ravvisabile nel caso concreto, non foss'altro per l'insussistenza del nesso di causalità tra le patologie lamentate e il fatto dannoso denunciato;

    • che in definitiva nessun risarcimento del danno poteva pretendere il lavoratore, anche in considerazione del fatto che questi, quanto al danno biologico, nessuna concreta menomazione della capacità lavorativa aveva subito dall'affezione respiratoria e che, quanto al danno morale, nessuna condotta penalmente illecita era ravvisabile nel caso di specie, e che, infine, nessuna prova documentale era stata fornita in ordine alle spese mediche.

     

    Chiedeva, pertanto, il rigetto della domanda con vittoria delle spese di lite e la condanna del ricorrente al risarcimento del danno per lite temeraria.

    La consulenza tecnica d'ufficio, espletata dal dott. Di Gioia Antonio, specialista in medicina legale, accertava quanto segue:

    C. D. risulta affetto da diabete mellito, esiti di tromboflebite della gamba destra, cervicoartrosi, affezioni da causa patologica naturale ed indipendenti dall'attività lavorativa svolta; il C. è altresì affetto da faringo-laringite cronica catarrale e da bronchite cronica, patologie da causa patologica naturale per le quali può riconoscersi un nesso concausale con l'attività lavorativa svolta dallo stesso presso l'ASPU.

    Non è documentata la ricorrenza di episodi flogistici acuti a carico delle vie respiratorie.

    Non è derivata una displasia a carico delle ve aeree superiori.

    Il Pretore, con sentenza n. 15/98 del 20.02.1998, dichiarava in parte inammissibile e in parte rigettava la domanda del C..

    In particolare, quanto al danno biologico, riteneva non sussistente il nesso di causalità, e, quanto al danno morale, la non ricorrenza di un fatto reato. Inoltre, riteneva inammissibile, perché generica, la domanda di liquidazione dell’indennità a norma dell'art.41 del contratto collettivo di categoria, e non documentata la domanda di rimborso delle spese mediche.

    Interponeva appello, il C. con atto depositato in cancelleria in data 03.03.1999.

    Censurava la sentenza impugnata in quanto caratterizzata dall'assenza di congrua motivazione.

    Rilevava che l'esame della documentazione in atti evidenziava in comportamento colposo imputabile all’Azienda datrice di lavoro che, nonostante fosse venuta a conoscenza delle patologie dalle quali era affetto esso C., aveva continuato a sottoporlo al freddo, ai disagi ambientali, alle intemperie stagionali che sicuramente avevano avuto un decisivo apporto deterministico nel provocare irreversibili le affezioni morbose, sicché la datrice di lavoro non aveva tenuto conto dei suoi doveri, preordinati ad evitare sia l'insorgenza degli stati morbosi, da cui il lavoratore era affetto, sia il loro progressivo aggravarsi disattendendo, tra l’altro, le reiterate richieste di cambiamento delle mansioni.

    Pertanto, sussistevano nel caso di specie tutti i presupposti non soltanto per il risarcimento del danno biologico ma anche di quello morale, a nulla rilevando - quanto a quest'ultimo - la circostanza che non vi fosse stato alcun accertamento penale ma l’obbiettiva condotta tenuta dal responsabile, nonché per la liquidazione dell'indennità di cui all'art.41 del contratto collettivo di categoria, relativamente alla quale la domanda non poteva ritenersi generica.

    In conclusione, chiedeva, in riforma della sentenza impugnata, che, previa rinnovazione della c.t.u., anche questa oggetto di censure da parte dell'appellante, fosse interamente accolta la domanda.

    Ripristinatosi contraddittorio, l'A.M.I.U. di Corato chiedeva la conferma della sentenza impugnata all'uopo riportandosi sostanzialmente al contenuto della comparsa di costituzione depositata nel giudizio di primo grado e ribadendo l’esclusione nel caso concreto di una condotta antigiuridica fonte di responsabilità risarcitoria per essa datrice di lavoro.

    Indi, la causa è stata discussa e decisa all'udienza del 21 dicembre 2000 con lettura del dispositivo di seguito trascritto in pubblica udienza.

    MOTIVI DELLA DECISIONE

    L’appello non ha giuridico fondamento e pertanto deve essere rigettato per le ragioni che di seguito si espongono.

    1. La valutazione del tema storico.

      • C. D., a seguito di deliberazione della Giunta del Comune di Corato n. 290 del 6.03.1972, veniva nominato netturbino di ruolo con decorrenza dal 10 aprile 1972.

      • Incominciò ad accusare disturbi alle alte vie respiratore, sicché, sottoposto a visita medica in data 24.06.1983, veniva, dal prof. Franco Pinto, riconosciuto affetto da: faringite cronica ipertrofica e laringite cronica ipertrofica.

        Si consigliava da parte del professionista di evitare il lavoro in ambienti freddi e polverosi.

         

      • Il C., a partire dall'anno 1983, iniziava quindi ad assentarsi dal posto di lavoro per curarsi.

         

        In particolare, durante anno 1983, si assentò dal lavoro per complessivi 307 giorni (v. interr. del ricorrente, ud. 17.05.1996),

        Riprese servizio in quanto le sue condizioni di salute avevano subito in miglioramento, usufruendo tuttavia negli anni 1985/1986 di permessi per cicli di cure termali (v. interr. del ricorrente, ud. 7.05.1996).

        Sottoposto a visita medica per conto dell'azienda in data 20.11.1986 (v. libretto sanitario), veniva riconosciuto idoneo alle mansioni di operatore addetto ai servizi vari.

        L'esame spirometrico dava esiti nella norma.

        Da due anni tuttavia il lavoratore sapeva di essere affetto da diabete.

        A partire dall'anno 1986 il lavoratore veniva tuttavia adibito a mansioni diverse (anche in considerazione del diabete dal quale era affetto): custodia e pulizia interna del cantiere (v. ordini di servizio prodotti dall'A.M.I.U.).

        Sottoposto a successiva visita medica per conto dell'azienda in data 22.09.1988 (v. libretto sanitario), veniva ritenuto idoneo alle mansioni di operatore addetto ai servizi vari.

        L'esame spirometrico dava il seguente esito: non significative alterazioni della funzione respiratoria.

        In data 25.08.1990 il C. chiedeva all'A.M.I.U., a seguito di certificazione medica dell'U.S.L. Ba/5 del 23.08.1990, di essere assegnato a mansioni di natura sedentaria.

        In realtà, sin dal luglio '90 (v. ordini di servizio prodotti dall'A.M.I.U.) il lavoratore era stato assegnato alla sola custodia del cantiere.

        Sottoposto a successiva visita medica per conto dell'azienda in data 08.12.1990 (v. libretto sanitario), veniva riconosciuto non idoneo a mansioni di netturbino.

        Giudicato quindi non idoneo alle funzioni proprie della qualifica ricoperta ed a qualsiasi altra attività lavorativa (v. nota U.S.L. Ba/5 nr. 47 del 14.12.1990), veniva disposta con atto nr. 21 del 08.02.1991 della Commissione Amministratrice dell'A.M.I.U, la cessazione del rapporto di lavoro ai sensi del combinato disposto degli artt.41, lett. c) e 44, lett. f), del c.c.n.l. di categoria del 19.06. 987.

       

    2. La valutazione giuridica.

      Nel sistema della tutela risarcitoria di diritto civile il nesso causale del danno con l’attività svolta dal lavoratore subordinato consente di ipotizzare, per un fatto che violi contemporaneamente sia diritti che spettano alla persona in base al precetto generale del neminem laedere sia diritti che scaturiscono dal vincolo giuridico contrattuale, il concorso dell'azione extracontrattuale di responsabilità ex art.2043 cod. civ. e di quella contrattuale basata sulla violazione degli obblighi di sicurezza posti a carico del datore di lavoro dall'art.2087 cod. civ..

      La duplicità del titolo risarcitorio comporta un distinto regime per ciascuna delle due azioni per quanto riguarda la distribuzione dell'onere della prova (gravando sul datore di lavoro la dimostrazione, quando sia dedotta la violazione dei suddetti obblighi contrattuali, di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno). Ciò tuttavia non incide sull'elemento costitutivo della fattispecie di illecito, rappresentato in entrambi casi dal requisito soggettivo del dolo o della colpa che caratterizza la condotta antigiuridica, dovendosi comunque escludere la configurabilità di una responsabilità risarcitoria dell'imprenditore, in base ad un criterio puramente oggettivo di imputazione, per l'evento collegato al rischio dell'attività svolta nel suo interesse (cfr. Cass. Lav. sent. n.11120 del 26/10/1995; cfr. anche Cass. n. 05002/1992 - 01844/1992 - 11351/1993 - 08090/1994 – S.U. 04441/1987).

      In particolare, l'art.2087 cod. civ. non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva: perché possa affermarsi una responsabilità del datore di lavoro in base alla suddetta disposizione non è sufficiente, infatti, che nello svolgimento del rapporto di lavoro si sia verificato un evento dannoso in pregiudizio del lavoratore, ma occorre che tale evento sia ricollegabile ad un comportamento colposo del datore di lavoro.

      Ne consegue che incombe sul lavoratore il quale lamenti di aver subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare l'esistenza di tale danno, come pure la nocività dell'ambiente di lavoro nonché la connessione tra l'uno e l'altra.

      Incombe, invece, sul datore di lavoro l'onere di provare di aver adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del pregiudizio subito ovvero che la malattia non è ricollegabile alla violazione degli obblighi a suo carico (cfr. Cass. L. sent. n. 06388 del 27/06/1998, cfr. anche Cass. n. 12661/1995 – 10361/1997).

      Nella specie non si ravvisa violazione alcuna degli obblighi posti a carico dell'Azienda nell'esecuzione del rapporto di lavoro con il C., in particolare di quelli posti a tutela delle condizioni di lavoro.

      Va infatti osservato in primis che il lavoratore, accettando di svolgere le mansioni di netturbino, ha di fatto accettato il rischio elettivo della naturale esposizione della suo persona alle intemperie e alle polveri causate dalla raccolta della spazzatura.

      Le mansioni per le quali il C. aveva chiesto di essere assunto, e per le quali era stato assunto, comportavano quindi il rischio naturale di tale esposizione, ad aggravare la quale contribuiva la predisposizione costituzionale legata al soggetto (v. c.t.u. in atti, pag. 8).

      Né d'altronde risulta dimostrato che il lavoratore abbia svolto turni massacranti in condizioni di lavoro particolarmente disagevoli: era in vero inserito in regolari turni di lavoro come tutti gli altri dipendenti, in danno dei quali non risulta si siano verificate affezioni del tipo di quelle che hanno interessato il C..

      Nessuna violazione delle norme di sicurezza e di tutela dell'ambiente di lavoro è stata mai denunciata dal lavoratore (ovvero dai rappresentati delle OO.SS. aziendali) né d'altra parte il C. nel suo ricorso ha alligato ragioni di doglianza legate a una tale violazione.

      Sino dunque al momento (del quale in ogni caso non s'è dato da parte del lavoratore una prova certa e convincente) in cui l’Azienda è venuta a conoscenza delle patologie alle alte vie respiratorie dalle quali era affetto il C., nessuna condotta colposa può essere a quella imputata, avendo adibito il lavoratore alle mansioni per le quali era stato assunto in un ambiente di lavoro in cui (si presume, non essendo stata data la prova contraria) erano rispettate tutte le norme di sicurezza a tutela della salute dei dipendenti.

      Venuta quindi a conoscenza delle condizioni di salute del ricorrente, l’Azienda datrice di lavoro ha in ogni momento (non vi è la prova contraria) consentito al lavoratore non soltanto di assentarsi dal lavoro per ben 307 giorni nel corso (ad esempio) dell'anno 1983, onde potersi curare, ma anche, dopo il rientro del dipendente in azienda dovuto al netto miglioramento delle sue condizioni di salute, di usufruire di periodici cicli per cure termali.

      E tutto questo nella obbiettiva consapevolezza della idoneità del C., quanto meno sino alla visita medica eseguita in data 08.12.1990, della sua idoneità a svolgere le mansioni di netturbino.

      Nessuno degli elementi di cognizione raccolti nel corso del giudizio consente di affermare che la permanenza del lavoratore nello svolgimento delle mansioni di netturbino sino all'anno 1986, e di quelle di addetto alla custodia e alla pulizia interna del cantiere successivamente, abbia comportato un aggravamento delle affezioni alle alte vie respiratorie così come accertate e portate a conoscenza dell'A.M.I.U. sin dall'anno 1983.

      Anzi, a parte quanto dichiarato dallo stesso lavoratore in sede di interrogatorio sul suo rientro al lavoro negli anni 1984/1985 dovuto alle migliorate condizioni di salute, le visite effettuate nel novembre '86 e nel settembre '88 comprovano la non significativa alterazione della funzione respiratoria del lavoratore, risultando la spirometria nella norma.

      Anche l'esame spirometrico del 25.10.1990 (v. certificazione U.S.L. Ba/5) evidenzia: non significative alterazioni della funzionalità respiratoria, con un tracciato nei limiti della norma.

      All'Azienda appellata, quale datrice di lavoro del C., non è quindi imputabile alcun comportamento colposo, avendo consentito al dipendente, sin dal primo momento e per lunghi periodi, di assentarsi dal lavoro per potersi curare, concedendogli anche permessi per cicli di cure termali, sottoponendolo a periodiche visite mediche ed assegnandogli sin dal 1986 mansioni diverse da quelle iniziali (e per le quali era stato assunto), senza esposizione alle intemperie e alle polveri, e tutto questo benché il lavoratore non fosse stato dichiarato inidoneo (almeno sino all'8.12.1990) allo svolgimento delle mansioni di netturbino.

      In conclusione, nessuna responsabilità per comportamento antigiuridico nei confronti del lavoratore può essere nella specie affermata ai fini del preteso risarcimento del danno.

      Assolutamente non decisivo deve ritenersi il riconoscimento della dipendenza da cause di servizio delle patologie dalle quale era affetto il C. (tra le quali anche il diabete mellito, varici orto inferiore dx con sindrome posf-flebitica, cervicoartrosi), dovendosi al riguardo osservare che tale riconoscimento non presuppone alcuna responsabilità datoriale nella causazione delle infermità quanto piuttosto una mera riferibilità patologica al tipo di attività lavorativa espletata dal dipendente.

      Né d'altra parte può essere riconosciuta al lavoratore l'indennità di cui all'art.41 del c.c.n.l. di categoria, essendo la relativa domanda così come formulata nel ricorso (e stante l’inammissibilità per tardività della determinazione della causa petendi soltanto nelle note difensive del 12.02.1998) - assolutamente generica e non supportata dalla produzione in giudizio del contratto collettivo quale fonte della disciplina regolante il caso concreto.

      In definitiva, la sentenza impugnata deve essere confermata integralmente e le spese di lite dell'appello compensate tra le parti per ragioni di equità e in considerazione del particolare oggetto della controversia.

    P. Q. M.

    Il Tribunale, definitivamente pronunciando sull'atto di appello proposto in data 2 marzo 1999 da C. D. avverso la sentenza n. 15/98 pronunciata in data 20.02.1998 dal Pretore Circondariale di Trani presso la Sezione Distaccata di Corato tra l'appellante e l'A.M.I.U. di Corato, lo rigetta e conferma la sentenza impugnata. Dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio di appello.

    Così deciso in Trani il 2 dicembre 2000 nella Camera di Consiglio della Sezione di appello per le controversie in materia di lavoro e di previdenza del Tribunale.

     

    IL PRESIDENTE
    (F.to: Dott.ssa Doronzo Adriana)


    IL GIUDICE ESTENSORE
    (F.to: Dott. Zecchillo Francesco)

     

    Depositato oggi in Cancelleria

    Trani, 11 gennaio 2001