I monitor possono nuocere alla vista?
I risultati di una ricerca giapponese sul rischio glaucoma per coloro che trascorrono molte ore davanti al monitor.
 
Stare per molte ore davanti ad un monitor potrebbe avere effetti negativi su coloro che soffrono di miopia. Lo afferma una ricerca condotta da un gruppo di ricercatori della Toho University School of Medicine di Tokyo, che ha voluto valutare l’eventuale legame tra uso del computer e anomalie del campo visivo e accertare se vi sia un incremento di rischio di glaucoma tra coloro che fanno un uso intensivo del computer.

Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Epidemiology and Community Health.

Il campione esaminato era costituito da 10202 lavoratori con una età media di 43 anni che sono stati sottoposti a check-up e che hanno risposto ad un questionario riguardante le loro abitudini nell’uso del computer.

I risultati della ricerca, benché limitata, evidenziano tra gli utenti che soffrivano già di difetti di refrazione (es. miopia) un incremento del rischio anomalie al campo visivo, forse connesse al glaucoma.

 
Privacy per i dati sanitari dei dipendenti
Il Garante accoglie il ricorso presentato da un dipendente di una amministrazione comunale.

In ogni azienda, sia essa pubblica o privata, le procedure di circolazione dei documenti contenenti dati sensibili dei dipendenti e le modalità di comunicazione di tali informazioni devono salvaguardare il diritto alla riservatezza degli interessati.
Purtroppo, tuttavia, i casi di violazione della privacy dei dipendenti sono ancora all’ordine del giorno in molti ambienti; sul tavolo del Garante della privacy infatti pervengono con frequenza ricorsi in materia.

Nell’ultima newsletter del Garante ad esempio è stato presentato il caso di un dipendente comunale , al quale sono stati comunicati dal messo comunale, spillati ad una comunicazione, gli esiti degli accertamenti sanitari per il riconoscimento di infermità da causa di servizio al quale si era sottoposto.
Il dipendente aveva chiesto al datore di lavoro la ragione di tale procedura ma, non avendo ricevuto risposte soddisfacenti, si è rivolto all’Autorità di protezione dei dati personali.

Il Garante ha accolto il ricorso, ritenendo illecite sia le modalità di circolazione dei dati all’interno dell’ente (redazione di documenti, invio di note, loro protocollazione), sia quelle di comunicazione all’interessato.
L’Autorità ha ordinato all’ente locale di conformarsi alla normativa sulla privacy. In particolare ha richiamato l’amministrazione all’adozione di soluzioni che permettano di svolgere le funzioni istituzionali eliminando ogni occasione di superflua conoscibilità dei dati sulla salute, anche da parte degli incaricati del trattamento, compresi i messi notificatori. Ad esempio la consegna dei dati sanitari in busta chiusa, oppure l’invito a ritirare personalmente un documento presso l’ufficio competente, oppure la comunicazione telematica direttamente all’interessato.

“Quando le amministrazioni pubbliche trattano informazioni personali,[…], hanno l’obbligo di adottare ogni cautela e precauzione per prevenire violazioni dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità degli interessati. Dati sanitari, quindi, in busta chiusa e allegati alle note di trasmissione solo se indispensabili.”

Il Garante ha disposto inoltre che entro la fine di novembre il comune dovrà comunicare all’Autorità misure di sicurezza, istruzioni al personale, procedure adottate per la tutela dei dati.