Campi statici: normativa, valutazione del rischio e sorveglianza sanitaria

RIASSUNTO. L’esposizione lavorativa a campi magnetici statici riguarda in maniera preponderante il personale addetto all’assistenza del paziente durante gli esami di risonanza magnetica (RM) (infermieri e medici). Queste categorie di lavoratori possono risultare esposte a campi superiori a 200 mT, che rappresenta il valore di riferimento per l’esposizione lavorativa a corpo intero stabilito dall’ICNIRP e il valore d’azione per i lavoratori fissato dalla direttiva europea 2004/40/CE. L’introduzione di apparati RM in grado di generare campi di 3 - 4 T rende gli operatori maggiormente suscettibili di essere esposti a campi superiori ai valori limite di esposizione lavorativa. La legislazione italiana prevede l’obbligo di sorveglianza sanitaria per i lavoratori che operano nelle aree ad accesso controllato degli impianti RM (area dell’impianto nella quale i valori di campo magnetico disperso superano 0,5 mT). In questo contributo gli autori discutono il razionale ed i criteri per la messa in atto della sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti a campi magnetici statici.

 

Introduzione
I campi elettrici e magnetici statici si collocano all’estremità inferiore dello spettro elettromagnetico (frequenza di oscillazione pari a 0). Ai soli campi magnetici statici è attribuita potenziale rilevanza sanitaria. Il campo magnetico statico esercita una forza su materiali ferromagnetici, determinandone lo spostamento per rotazione o traslazione (effetto magnetomeccanico), ed agisce su cariche in movimento (es. elettroliti del sangue) alterando i parametri di flusso (effetto magnetoidrodinamico). Può inoltre interagire con specie chimiche che presentano elettroni spaiati (specie paramagnetiche), influenzandone la reattività chimica.

Effetti biologici
A livello biologico il campo statico può essenzialmente influenzare, in funzione dell’intensità, l’attività elettrica dei tessuti eccitabili (nervoso e muscolare) ed i parametri emodinamici (1, 2). Vertigini, nausea, sapore metallico e fosfeni possono essere indotti in volontari dal movimento della testa se è presente un campo statico di intensità superiore a 2 Tesla (T). È stato verificato che la pressione arteriosa subisce un aumento percentuale del 2% per ogni Tesla applicato oltre i 2 T. È stato inoltre calcolato che le differenze di potenziale necessarie per indurre depolarizzazione del nodo seno-atriale possono essere indotte da campi superiori a 5 T. I pochi studi condotti sull’uomo, riguardanti in genere lavoratori esposti nell’industria a campi statici con intensità variabili da pochi mT a decine di mT, sono deboli sul piano metodologico e hanno fornito risultati frammentari e contraddittori sia su effetti di tipo acuto sia su eventuali possibili effetti a lungo termine. Gli studi condotti sull’animale non hanno fornito alcuna coerente evidenza di effetto a livello nervoso, comportamentale, cardiovascolare e riproduttivo per esposizione a corpo intero a campi inferiori a 2 T, anche se la probabilità di insorgenza di alcuni di questi effetti aumenta al progressivo aumentare dei valori di campo oltre tale soglia (1, 2). Gli effetti diretti sui tessuti del campo magnetico statico vanno distinti da quelli legati all’azione esercitata su dispositivi ferromagnetici o elettronici impiantati, quali pacemaker, clips vascolari, protesi metalliche etc. Gli effetti magnetomeccanici o legati all’interferenza con i circuiti elettronici si verificano infatti a livelli molto inferiori rispetto a quelli necessari per indurre effetti diretti.

Esposizione
L’esposizione professionale ai campi magnetici statici prodotti da fonti artificiali quali dispositivi per elettrolisi, linee di alimentazione per trazione elettrica, elettromagneti industriali, acceleratori di particelle etc. è molto variabile sia in termini di intensità che di tempi. Orientativamente, nella maggior parte dei casi può essere compresa tra pochi mT e qualche decina di mT. In ambito medico, la fonte prioritaria e indubbiamente rappresentata dalle apparecchiature diagnostiche a risonanza magnetica (RM), dove la presenza di un forte campo statico si accompagna alla generazione di campi magnetici rapidamente variabili e di un campo a radiofrequenze. Le considerazioni che seguono sono di fatto circoscritte ai lavoratori del settore RM sulla base di:
1) ampia diffusione;
2) potenziale maggior esposizione al campo magnetico statico in termini di intensità rispetto ad altri settori occupazionali;
3) tendenza all’introduzione e all’utilizzo di apparecchiature che generano campi statici di valore più elevato (es. RM a 3 e a 4 T), specie nel settore dell’imaging neurologico, rispetto alla maggior parte degli apparati attuali (1,5 T), 4) presenza di regolamentazione sul piano normativo (comprese disposizioni e indicazioni per la sorveglianza sanitaria), in particolare D.M. 29 novembre 1985, D.M. 2 agosto 1991, D.M. 3 agosto 1993, D.P.R. 8 agosto 1994 n. 542. 
L’esposizione degli operatori al campo statico riguarda di fatto il personale infermieristico e medico (anestesisti) che assiste alcune categorie di pazienti nel corso dell’esame RM, in quanto ciò richiede di stazionare in stretta prossimità del magnete. In relazione ad apparati che generano campi di 1 e 1,5 T, per gli infermieri sono stati misurati valori medi di esposizione nel corso della giornata lavorativa di 4 - 40 mT, per medici (anestesisti) di 5 - 30 mT. L’esposizione massima del tronco si colloca nel range 70 - 200 mT e le mani dell’operatore possono, se posizionate in corrispondenza del magnete, essere esposte per breve periodo a campi di 200 - 700 mT (3). All’aumentare del valore del campo generato dal magnete l’esposizione media degli operatori diviene verosimilmente più elevata ed i valori massimi sono maggiormente suscettibili di superare significativamente il valore di 200 mT, fissato come limite per l’esposizione a corpo intero. Questa situazione può configurarsi a seguito dell’introduzione nella pratica clinica di apparati RM generanti campi di 3 - 4 T (4).

Normativa tecnica e legislazione
L’ICNIRP(1) ha stabilito per il campo magnetico statico un limite di esposizione occupazionale a corpo intero pari a 200 mT (come media ponderata durante la giornata lavorativa), un valore limite di picco a corpo intero pari a 2 T e un limite per l’esposizione dei soli arti a 5 T. La recente direttiva 2004/40/CE relativa alla protezione dei lavoratori esposti a campi elettromagnetici durante il lavoro, sulla base delle linee guida ICNIRP stabilisce un valore d’azione (limite) per il campo statico pari a 200 mT a corpo intero (5). In assenza di limiti di esposizione professionali individuati con atto normativo per la generalità dei lavoratori esposti a campi elettromagnetici, la legislazione italiana prevede limiti per soli lavoratori operanti in zona ad accesso controllato RM (area in cui i valori di campo disperso superano i 0,5 mT) concettualmente ed operativamente diversi da quelli ICNIRP. Per apparecchiature che generano campi fino a 2 T il limite a corpo intero è 200 mT, ma su una durata massima di esposizione di 1 h/die (2 T se non sono superati i 15 min./die). Per gli arti il limite è 2 T (1 h/die). Nel caso di apparecchiature che generano campi superiori a 2 T i valori sono i medesimi, con l’aggiunta del limite di 4 T per gli arti con tempi non superiori a 15 min./die. In relazione alla attuale impostazione della tutela della salute nei luoghi di lavoro (valutazione dei rischi) si ribadisce l’importanza di un accurato monitoraggio dell’esposizione dei lavoratori, finalizzato in particolare a verificare l’entità, la frequenza e la durata delle esposizioni a corpo intero, anche in previsione del recepimento della direttiva citata.

Sorveglianza sanitaria
Fatte salve le disposizioni generali previste agli art. 3, 4 e 16 del D.Lgs 626/94, la normativa specifica citata prevede l’obbligo di sorveglianza sanitaria per il solo personale operante nella zona ad accesso controllato RM, la cui periodicità deve essere almeno annuale. In fase di visita preventiva è senza dubbio essenziale accertare la presenza di condizioni di non idoneità (stato di portatore di pacemakers, protesi metalliche e altri dispositivi impiantati sensibili all’azione del campo statico) mediante la somministrazione del questionario preliminare ad un esame RM previsto per il paziente. Per quanto riguarda la gravidanza, allo stato attuale delle conoscenze non emergono elementi determinanti a controindicare l’esposizione delle lavoratrici in tale condizione al campo magnetico statico. Per rilevare lo stato di salute, anche in riferimento alla formulazione del giudizio di idoneità, si propone di integrare l’anamnesi personale e familiare con l’esecuzione di un esame obiettivo di laboratorio e di un ECG, da ripetere in fase di accertamenti periodici. L’osservazione che eritrociti falcemici in vitro possono riallinearsi nello stato deossigenato lungo le linee di forza di campo magnetico per intensità di 350 mT non ha mai ottenuto conferme in vivo (6,7). Inoltre, i pazienti falcemici sottoposti a RM non hanno mai fatto registrare effetti avversi legati all’applicazione del campo. Non si ritiene quindi giustificata la ricerca dello stato di portatore del tratto falcemico ai fini del giudizio di idoneità, anche in relazione ai limiti di esposizione citati.

Bibliografia
1) International Commission on Non Ionizing Radiation Protection. Guidelines on limits of exposure to static magnetic fields. Health Phys. 1994; 66: 100-106.
2) National Radiological Protection Board. Proposals for limiting exposure to electromagnetic fields (0-300 GHz). 2003:
www.nrpb.org.
3) Huurto LK, Toivo TT, Jokela K. Survey of occupational exposure to static magnetic fields at MRI clinics. Presented at the International NIR Workshop and Symposium. Seville (Spain), 20-22 May 2004. 
4) Takahashi M, Uematsu H, Hatabu H. MR imaging at high magnetic fields. Eur. J. Radiol. 2003; 46: 45-52.
5) Direttiva 2004/40/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (diciottesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE). G.U. Comunità Europea 24 maggio 2004 n. L. 184/1.
6) Brody AS, Embury SH, Mentzer WC, Winkler ML, Gooding CA. Preservation of sickle cell blood-flow patterns during MR imaging: an in vivo study. AJR Am. J. Roentgenol. 1988; 151: 139-141.
7) Santini MT, Buoni C, Indovina P, Passariello R. Magnetic resonance imaging in patients with sickle cell anemia. Radiol. Med. 1993; 86: 755-758.

Autori: R. Moccaldi 1, C. Grandi 2, S. Iavicoli 2
1 CNR, Servizio di Prevenzione e Protezione, Roma
2 ISPESL, Dipartimento di Medicina del Lavoro, Monteporzio Catone (RM)

Fonte: G Ital Med Lav Erg 2004; 26:4, Suppl SIMPOSIO SATELLITE - RADIAZIONI NON IONIZZANTI 

 

Radiazione ultravioletta e laser: valutazioni di rischio e sorveglianza sanitaria 

RIASSUNTO. Nella relazione vengono proposti il valore ed il significato della valutazione del rischio e della sorveglianza sanitaria nei soggetti esposti alle energie elettromagnetiche non ionizzanti. In particolare per le radiazioni ultraviolette e per le energie laser, alla luce delle disposizioni legislative nazionali più recenti e delle Direttive del Consiglio di Europa del 2004, sono esposte le definizioni, le sorgenti e i cicli tecnologici, le grandezze e le unità di misura, i meccanismi di azione e gli effetti biologici, i limiti di esposizione, le misure di prevenzione, le indicazioni sulla sorveglianza sanitaria.

 

Introduzione
La valutazione del rischio è basata sul riconoscimento dei problemi, sulla identificazione e valutazione dei fattori causali, sulla identificazione delle attività lavorative caratterizzate dall’esposizione al rischio, sul coinvolgimento dei lavoratori. Il medico addetto alla sorveglianza sanitaria deve contribuire alla valutazione dell’esposizione, che si effettua con indagini analitiche di tipo quantitativo con metodi standardizzati e confrontabili. Deve pertanto prevalere la tendenza all’affinamento e al perfezionamento dei procedimenti metrologici di valutazione, sui quali sono forniti validi aggiornamenti. A questo proposito si sottolinea il grande rilievo dei contenuti delle Direttive 89/391/CEE e 2004/2/CE del Parlamento Europeo, pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 16/03/2004, che confermano i "valori limite di esposizione" e i "valori di azione", ripropongono gli obblighi dei datori di lavoro (Art. 4, comma 6: "il datore di lavoro deve essere in possesso di una valutazione dei rischi a norma dell’art. 9, paragrafo 1, lettera a) della Direttiva 89/391/CEE".…"la valutazione dei rischi è regolarmente aggiornata, in particolare se vi sono stati notevoli mutamenti che potrebbero averla resa superata, oppure quando i risultati della sorveglianza sanitaria la rendano necessaria". Art 5, comma 2: "…In caso di superamento dei valori di azione, il datore di lavoro adotta misure intese a prevenire tale superamento (riduzione di intensità e tempi di esposizione..."), ed infine danno indicazioni sulla sorveglianza sanitaria (Art. 8: "Adeguata sorveglianza sanitaria è effettuata a norma degli articoli 14 e 15 della direttiva 89/391/CEE per i lavoratori che potrebbero subire effetti negativi per la salute o la sicurezza, soprattutto per i lavoratori particolarmente a rischio"). Dall’esito della valutazione del rischio dipendono le decisioni di sorveglianza sanitaria: quest’ultima è mirata alla valutazione, in sede preventiva e periodica, dello stato funzionale degli organi e dei tessuti che presentano particolare sensibilità agli effetti termici e alle correnti ioniche e che sono indicati dalla letteratura come "target" di possibili danni delle energie elettromagnetiche non ionizzanti. I protocolli per la sorveglianza sanitaria sono quelli proposti dalle Linee Guida della Società Italiana di Medicina del Lavoro ed Igiene Industriale nel 2003 (6). Dopo queste premesse, saranno presi in esame in maniera più specifica quegli effetti che sono stati riscontrati e studiati in letteratura per le radiazioni ultraviolette e i laser. Verranno esposte le definizioni, i limiti di esposizione e le indicazioni sulla sorveglianza sanitaria.

Radiazioni ultraviolette
Sono onde elettromagnetiche con lunghezza compresa tra 100 e i 400 nm (tra la luce visibile e i Raggi X). Le tecniche di misura dell’esposizione a sorgenti U.V. debbono tenere conto della distribuzione spettrale della radiazione. Si possono utilizzare spettroradiometri di tipo portatile, o apparecchiature meno sofisticate che permettono di ottenere il valore diretto dell’irradianza efficace, purché l’emissione radiativa della sorgente sia contenuta all’interno della curva di risposta spettrale dello strumento. Sono altresì sfruttabili le reazioni fotochimiche delle radiazioni U.V. con l’uso di pellicole al polisulfone come badge per monitorare le lunghezze d’onda responsabili dell’eritema da radiazioni naturali (7). Come per le radiazioni ionizzanti, anche per l’ultravioletto possiamo distinguere danni di tipo deterministico, acuti e cronici, e di tipo stocastico. Gli organi bersaglio sono rappresentati dalla cute e dagli occhi (5). Lo standard ACGIH intende tutelare i lavoratori per gli effetti biologici a breve termine e non tiene conto dei potenziali effetti cancerogeni. Propone due valori per l’occhio (1):
– UV-A: 10 W/m2 (irradianza totale).
– UV-B e UV-C: 10 J/m2 (irradianza efficace, integrata per lunghezza d’onda).
Le linee guida dell’IRPA definiscono limiti analoghi, fornendo la radianza efficace anche per gli UV-A. Il medico competente effettuerà accertamenti sanitari per gli esposti a rischio specifico secondo i risultati della valutazione, che terrà conto anche del fototipo del lavoratore esposto, con una periodicità che, a norma del DPR 303/56 (art. 33, voce 46), deve essere semestrale. Per i lavoratori con una esposizione ambientale elevata potrà essere indicato l’approfondimento specialistico di tipo dermatologico e oculistico. La visita oculistica comprenderà l’esame dell’acutezza visiva e del fondo, nonché la biomicroscopia con la lampada a fessura; 
la retinografia potrà costituire una integrazione della documentazione clinica. Per la visita dermatologica potrà risultare utile l’indagine fotografica e un esame alla luce di Wood.

Luce laser
Il laser (acronimo di "Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation") può essere considerato un generatore quantistico di radiazione ottica basato sull’utilizzo dell’energia radiante per stimolare l’emissione di fotoni delle medesima energia da parte di atomi "eccitati". Un dispositivo laser consiste di
tre elementi di base:
a) il materiale attivo (liquido, solido o gassoso) che caratterizza la lunghezza d’onda della radiazione prodotta, collocato nella cavità risonante;
b) una sorgente di energia utilizzata per la transizione degli atomi del materiale attivo allo stato eccitato (detto anche sistema di pompaggio);
c) il risonatore ottico, che contiene due specchi, attraverso i quali la riflessione è alla base dall’amplificazione della radiazioni.
La caratteristica fondamentale del processo è il fatto che i fotoni emessi sono in fase nel tempo e nello spazio ed hanno direzioni di propagazione parallele: i fasci emergenti dall’apparecchiatura sono altamente collimati e ciò rende la radiazione prodotta altamente "energetica" (l’energia delle radiazioni viene concentrata sul una piccola superficie). Le caratteristiche fisiche di una apparecchiatura laser sono la lunghezza d’onda (µm), la potenza tipica o irradianza (W/m2 o mW/cm2), l’energia tipica o esposizione radiante (J/ m2 o mJ/cm2). La C.I.E. ha proposto indici di tipo volumetrico, espressi rispettivamente in W/m3 e in J/m3. Va infine segnalato il modo di funzionamento (continuo, pulsato-Q switched, bloccato). Le apparecchiature di misura sono ancora gli spettroradiometri, tarati per le specifiche lunghezze d’onda, che forniscono i valori di energia radiante (J) e di potenza radiante o di flusso (W) (3). La durata dell’impulso condiziona gli effetti fotobiologici indotti.
Per esposizioni alla luce laser dell’ordine dei nanosecondi sarà prevalente l’effetto termoacustico, mentre per esposizioni intermedie (da 100 millisecondi ad alcuni secondi) o prolungate (oltre i 100 secondi) saranno prevalenti rispettivamente l’effetto termico e quello fotochimico. L’effetto termoacustico è prodotto quando l’energia laser incidente di tipo pulsato produce, attraverso l’espansione termica, onde di pressione (transienti acustici) che possono dislocare e danneggiare a distanza i tessuti. L’effetto termico determina principalmente una denaturazione delle proteine attraverso l’assorbimento del calore. L’effetto fotochimico produce attivazione molecolare mediante la cattura di quanti di energia (3). Accanto ai rischi propri della luce laser, definibili come primari, debbono essere considerati ulteriori rischi di vario tipo, definibili come associati, e più precisamente:
a) contaminazione ambientale da materiale bersaglio vaporizzato da operazioni di taglio e perforatura, da gas di sistemi laser flussati, da vapori di criogenici, da coloranti, da policlorodifenili;
b) radiazioni ottiche collaterali (U.V. o I.R. emessi da tubi del flash, da tubi di scarica dei laser in continuo, da sorgenti di pompaggio ottico);
c) elettricità (specie dai laser ad alto voltaggio);
d) radiazioni ionizzanti (emissioni di raggi X da tubi elettronici con voltaggi maggiori di 5 kV);
e) refrigeranti criogenici (ustioni da freddo, esplosione, incendio, asfissia, intossicazioni);
f) rumore (condensatori di laser pulsati di potenza elevata).
Per gli utilizzatori di apparecchi laser la C.I.E ha pubblicato varie guide per le diverse applicazioni (Fascicolo 1284G): lavorazioni materiali (A), laser show (B), telecomunicazioni (C), applicazioni medicali (D), applicazioni in laboratorio (E). Per la consultazione dei limiti specifici si rimanda a tale fascicolo (2). La normativa per la tutela prevede la definizione di esposizione massima permissibile (EMP) e di limite di esposizione ammissibile (LEA) (4). La sorveglianza sanitaria, pur non prevista esplicitamente dalle disposizioni legislative attuali, prevede solo per gli esposti (superamento dei valori di riferimento proposti dalla C.I.E.) un controllo con periodicità annuale dello stato generale della salute e controlli specialistici oculistici e dermatologici. La visita oculistica dovrà comprendere, tra l’altro, l’esame della acutezza visiva, del campo visivo e del fondo, nonché la biomicroscopia con la lampada a fessura. La retinografia costituirà un’interessante integrazione della documentazione clinica. Anche per la visita dermatologica potrà risultare utile l’indagine fotografica e un esame alla luce di Wood.

Bibliografia
1) ACGIH (American Conference of Governmental Industrial Hygienists). Thresold Limit Values for Physical Agents in the Work Environment. Radiofrequency-Microwave Radiation - Laser - Light and Near - Infrared Radiation - Ultraviolet Radiation - Static Magnetic Fields. 95-106, 2001.
2) Commission Internationale D’Eclairage. Fascicolo 1284G - Applicazioni Laser. Norme CEI-EN 60825-1, IV Ed., 2003.
3) International Elettrotecnical Commission (IEC Standard): Radiation Safety of Laser Products, Equipement Classification, Requirements and User’s Guide. Publication 825, 1984.
4) Legge n. 36 del 22 febbraio 2001 - Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana 9 marzo 2001.
5) Mariutti G. Radiazione ultravioletta: esposizione, effetti, rischio e protezione. Atti Convegno Nazionale "Rischio Ultravioletto", Trento, 2000.
6) Ottenga F, Giovanazzi A, L’Abbate N, Righi E, Terrana T, Trenta G. Linee guida per la sorveglianza sanitaria degli esposti a radiazioni non ionizzanti. Pime Ed., Pavia, 2003.
7) Repacholi MH, Muc AM. The Intersun Project of WHO. Atti Convegno Nazionale "Rischio Ultravioletto", Trento, 2000.

Autori: F. Ottenga, M. Guidi
Sezione di Medicina del Lavoro, Università degli Studi di Pisa
Fonte: G Ital Med Lav Erg 2004; 26:4, Suppl SIMPOSIO SATELLITE - RADIAZIONI NON IONIZZANTI