Aspetti sanitari del Decreto sulla tutela dalle vibrazioni


Il D.Lgs n. 187/2005 non prevede nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, si limita a specificare gli obblighi cui i datori di lavoro  erano già tenuti in base al D.Lgs n. 626/1994, secondo il quale per il rischio «vibrazioni» era già prevista la sorveglianza sanitaria con periodicità annuale delle visite mediche. Nel settore pubblico, il rischio vibrazioni riguarda un numero limitatissimo di attività collegate ad opifici di tipo industriale.

Le vibrazioni si trasmettono all’uomo per contatto e possono colpire l’intero corpo oppure alcuni distretti di esso. L’azione delle vibrazioni sull’organismo può assumere caratteristiche diverse a seconda:
Del tipo di oscillazione (frequenza, accelerazione, durata , direzione di applicazione)
Delle caratteristiche meccaniche del corpo umano (frequenza caratteristica dei singoli organi, caratteristiche di smorzamento, impendenza e trasmissibilità dei tessuti, ecc...)
Delle modalità di trasmissione (< 2 Hz il corpo umano risponde come una massa unica e omogenea; tra 2 e 80 Hz il corpo si comporta come un insieme di masse suscettibili di movimento relativo, collegate tra di loro da strutture elastiche viscose; > 80 Hz le vibrazioni vengono efficacemente smorzate dai tessuti corporei e dalla zona interessata, gli effetti sono diversi in funzione delle parti anatomiche di ingresso delle vibrazioni e si suddividono in VIBRAZIONI GENERALIZZATE e VIBRAZIONI LOCALIZZATE)

Le VIBRAZIONI GENERALIZZATE  interessano il corpo intero:
Tra 1 e 5 Hz si presentano disturbi come nausea, malessere generale, pallore, sudorazione, vomito che scompaiono alla cessazione delle vibrazioni
Tra 2 e 10 Hz si presentano disturbi come iperventilazione riflessa
Tra 6 e 20 Hz si presentano disturbi a carico della colonna lombare e dorsale
Tra 20 e 40 Hz si presentano disturbi di riduzione della sensibilità dell’occhio alla luce e un restringimento del campo visivo

Le VIBRAZIONI LOCALIZZATE  interessano alcune parti del corpo, si trasmettono essenzialmente al sistema mano-braccio e rappresentano un importante fattore di rischio con conseguenti alterazioni vascolari, osteo-articolari e neurologiche.
> 80 Hz hanno una zona di propagazione limitata all’area di contatto con l’utente vibrante

Le malattie che possono essere provocate dalle vibrazioni generalizzate e localizzate sono:
Malattie vascolari che insorgono tipicamente dopo un’esposizione di 2-5 anni a vibrazioni di alta frequenza

Malattie osteo-articolari che sono molto frequenti nei soggetti esposti professionalmente alle vibrazioni

Malattie neuro-muscolari che si manifestano con l’ipertono muscolare di origine riflessa, alterazioni ipotrofiche dei muscoli degli arti superiori e sindrome del tunnel carpale.

Nello specifico i disturbi che si presentano quando si è sottoposti a vibrazioni localizzate sono:
Neuropatia da vibranti: dovuta ad alterazioni a carico di diversi tipi di fibre mieliniche e amieliniche e di due classi di meccanorecettori cutanei
Osteoartropatia da vibranti: ovvero artrosi dei polsi , osteofitosi dei gomiti
Angiopatia da vibranti: ovvero vasospasmo digitale
Altre possibili patologie da vibranti: a carico delle articolazioni, dei muscoli, dei tendini e dei tessuti molli del distretto cervico-brachiale, ipoacusia da trauma acustico

I disturbi che si presentano quando si è sottoposti a vibrazioni generalizzate sono:
Patologie del rachide lombare

Disturbi cervico-brachiali
Disturbi digestivi
Effetti sull’apparato riproduttivo
Disturbi circolatori
Effetti cocleo-vestibolari

Gli obiettivi generali della sorveglianza sanitaria sono l’informazione e la formazione dei lavoratori sui potenziali rischi associati all’esposizione a vibrazioni meccaniche, la valutazione del loro stato di salute generale e l’individuazione precoce dei sintomi e dei segni clinici che possono essere causati da una prolungata esposizione a vibrazioni


 
Malessere da lavoro: quando chiedere i danni

Si chiama sindrome "burnout" ed è il malessere da lavoro, che può originarsi da patologie della persona o anche dall’ambiente lavorativo. In questo caso, se il datore di lavoro può essere in qualche modo ritenuto responsabile, è possibile rivolgersi al giudice per chiedere di tutelare i propri diritti e chiedere il risarcimento dei danni subiti. A ribadirlo è l’associazione di consumatori Altroconsumo, che evidenzia innanzitutto il diritto alla salute, garantito dall’art.32 della Costituzione, sia come diritto primario dell’individuo che come interesse collettivo e, in secondo luogo, i limiti imposti dall’art. 41 della Costituzione all’attività imprenditoriale, che non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, libertà e dignità umana. Inoltre, sottolinea Altroconsumo, per i rapporti di lavoro subordinato, l’art. 2087 del codice civile stabilisce che il datore di lavoro è tenuto ad adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. In giurisprudenza esistono numerose sentenze che trattano di  "stress lavorativo" e "tutela della salute psichica del dipendente". Tra i casi più eclatanti riportati dall’Associazione, un infarto di un lavoratore riconducibile al troppo stress dovuto al carico lavorativo, un incidente stradale causato da un calo di concentrazione dopo un lungo turno di lavoro e una malattia del cuore congenita ma aggravata dal troppo lavoro.


Lo stress cronico sul lavoro può far ammalare e dietro l’angolo ci sono malattie quali la sindrome metabolica, un insieme di fattori che predispongono fortemente a rischio cardiovascolare e diabete adulto. È quanto evidenziato da un’indagine di Tarani Chandola, del Department of Epidemiology and Public Health, presso lo University College di Londra. Il lavoro, che ha coinvolto 10.308 lavoratori tra i 35 e i 55 anni tenuti sotto osservazione per 14 anni, è apparso sul British Medical Journal.

Lo stress cronico sul posto di lavoro è stato più volte additato come un nemico della salute, con alcuni studi che addirittura lo hanno messo in relazione, ma senza capirne veramente i motivi di fondo, con problemi cardiovascolari. Da questa ricerca potrebbe ora arrivare la spiegazione biologica e quindi anche l’evidenza conclusiva del fatto che condurre una vita professionale molto stressante fa ammalare.

Gli esperti hanno considerato il campione di lavoratori stimando a più riprese il loro livello di stress lavoro-dipendente e poi li hanno visitati stimando vari fattori che sono componenti della sindrome metabolica, quali obesità, pressione alta, livelli alti di colesterolo nel sangue.
Per valutare tutti i fattori potenzialmente legati alla sindrome metabolica gli epidemiologi hanno anche tenuto conto di posizione sociale e comportamenti non salutari sposati dal campione, come il vizio del fumo, il consumo di alcolici, la sedentarietà.

Pur tenendo conto di questi fattori è emerso che gli uomini con lavori che rappresentano una fonte cronica di stress sono il doppio più a rischio di ammalarsi di sindrome metabolica e le donne ancora più degli uomini. A rischiare di più sono gli individui con impieghi di basso livello, confermando il dato che la sindrome metabolica è una malattia diversamente distribuita nei diversi strati sociali e che colpisce soprattutto quelli più bassi. Una possibile spiegazione di questo legame nefasto tra stress lavorativo e malattia potrebbe essere che lo stress prolungato compromette il sistema nervoso.  Alternativamente lo stress cronico potrebbe ridurre la resistenza biologica e quindi compromettere l’equilibrio fisiologico del corpo. Questo studio, hanno concluso i ricercatori, fornisce evidenza della plausibilità biologica del legame tra stress e malattie cardiache.

paola mariano