La legge 12 marzo 1999, n.
68, recante “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”, ha dettato
un’apposita normativa anche a tutela dei lavoratori divenuti fisicamente
incapaci allo svolgimento delle proprie mansioni dopo l’assunzione.
A pochi anni dalla sua entrata in vigore, due ricercatrici dell’Istituto
Italiano di Medicina Sociale hanno verificato lo stato di applicazione di tali
disposizioni, raccogliendo quanto emerso in una pubblicazione.
La legislazione prevede che i dipendenti divenuti definitivamente inidonei
all’espletamento delle loro consuete attività a seguito di malattia o
infortunio, devono, se possibile, essere ricollocati in altre mansioni, anche
inferiori, con diritto alla retribuzione originaria, potendo essere licenziati
solo nell’eventualità in cui in azienda non siano reperibili mansioni
compatibili con il loro attuale stato di salute.
Per agevolare le imprese, essi potranno essere computati, inoltre, se la
riduzione della loro capacità lavorativa è superiore al 33% (infortunio o
malattia professionale), oppure pari o superiore al 60% (infortunio o malattia
extraprofessionale), nelle cosiddette quote di riserva, destinate ai disabili
da assumere obbligatoriamente attingendo dall’apposita graduatoria tenuta
dagli uffici provinciali competenti, in modo da ridurne il numero.
I lavoratori inidonei licenziati, invece, previo accertamento delle capacità
residue, potranno essere avviati, sempre a cura degli uffici provinciali
competenti, ad altre aziende, senza inserimento nella graduatoria dei disabili
disoccupati, e con diritto di precedenza rispetto a questi ultimi.
Lo svolgimento dell’indagine sullo stato di applicazione di queste
disposizioni ha incontrato numerosi ostacoli, in primo luogo la difficoltà a
conoscere le autentiche dimensioni del fenomeno.
Permangono, inoltre, difficoltà interpretative; “sarebbe anche utile –
rilevano le autrici - […] che il Ministero del lavoro confermasse o
annullasse il contenuto della circolare di chiarimento n. 4/00, nella parte in
cui - equiparando, in maniera errata, lo stato di “disabilità” alla condizione
di “inabilità allo svolgimento delle proprie mansioni” - ha favorito, e
continua a favorire una prassi ormai consolidata presso parecchi uffici
provinciali del lavoro, ma, a nostro avviso, del tutto illegittima, non solo
precisando esattamente quali lavoratori divenuti disabili dopo l’assunzione
debbono essere computati nelle quote di riserva, ma anche specificando, nel
caso in cui in esse debba essere conteggiati soltanto quelli sostanzialmente
incapaci di svolgere le proprie mansioni:
a) se gli uffici provinciali competenti, prima di includerli nelle predette
quote, abbiano il dovere di verificare la loro effettiva inidoneità
all’espletamento delle precedenti attività, oltre che la reale sussistenza in
azienda di mansioni compatibili con le loro nuove condizioni di salute, e
l’avvenuta ricollocazione;
b) quali organismi, sanitari e non, debbano essere deputati a tali
accertamenti.
Secondo quanto emerso, infatti, dalla nostra ricerca, oggi, salvo qualche
eccezione, questa indagine preventiva non viene effettuata, visto che, per
legge, i Comitati tecnici, sulla base dell’accertamento della disabilità
operato dalle Commissioni di accertamento delle Asl, o dalle équipes
multidisciplinari dell’Inail, devono occuparsi esclusivamente dei disabili da
avviare in nuove aziende, e non anche degli inidonei da ricollocare.”