REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER L’ABRUZZO

Sezione staccata di Pescara

N.D..203/03.......

N.R.G.564/1999

composto dai magistrati:

-Antonio CATONI presidente

-Michele ELIANTONIO consigliere

-Dino NAZZARO consigliere relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio proposto con ric. n. 564 del 1999 da ROMANDINI Riccardo, costituito con gli avv. Fabrizio FOGLETTI e Franco SABATINI, come in ricorso;

CONTRO

I MINISTERI DELLA DIFESA E DELL’INTERNO, quali rappresentati, in giudizio con l’Avvocatura dello Stato;

PER L’ANNULLAMENTO

Del provvedimento 13.5.1999 della Commissione Medica II° di conferma del giudizio negativo in punto di concessione di equo indennizzo, per la infermità di “persistenti aspetti di labilità emotiva”;

visto il ricorso (notificato 10.7.1999 e depositato 22.7.1999), la costituzione dell’Avvocatura, le memorie ed i documenti depositati;

uditi all’udienza del 9 gennaio 2003 il consigliere Dino NAZZARO, gli avv. Giulio CERCEO, per gli avv. Foglietti e Sabatini, e F. TORTORA;

ritenuta la causa per la decisione e considerato, quanto segue, in

FATTO e DIRITTO

Il ricorrente, già assistente capo della Polizia dello Stato, dispensato dal servizio e collocato in pensione, impugna l’atto in epigrafe, quale atto finale e definitivo, censurandone la sua illogicità e contraddittorietà, unita ad una carenza di motivazione.

IL Romandini afferma di aver partecipato, quando era in servizio, ad episodi di elevata intensità emotiva, che avrebbero inciso concausalmente sulla sua integrità psico-fisica, come asseverato dalla consulenza medica di parte, che evidenzia il carattere di “reattività” della malattia (sindrome ansioso-depressivo reattiva).

L’Amministrazione, richiamata la natura tecnica del giudizio, conclude per l’infondatezza del gravame.

La comunicazione del 13.5.1999, circa la conferma del giudizio medico negativo di I°, rappresenta la decisione finale circa la non dipendenza da causa di servizio della infermità “persistenti aspetti di labilità emotiva”, che pure era stata alla base della sua dispensa dal servizio.

La C.M.O. di I° , invero, aveva concluso per la “non dipendenza da causa di servizio” e per la “non tempestività” della domanda ai fini della concessone dell’equo indennizzo; la “intempestività”, invero, era stata anche rilevata dal dirigente l’ufficio sanitario provinciale della Questura di Pescara, che pure aveva espresso parere favorevole (nota 23.5.1998).  

IL gravame è, peraltro, tutto incentrato sulla “concausalità” tra malattia ed attività di servizio, sostenendosi nella memoria del 17.12.2002 che il giudizio medico definitivo ha impedito l’ulteriore esame della domanda da parte dell’Amministrazione per quanto concerne la tempestività della domanda.

Se, invero, il giudizio medico è l’atto finale e decisorio (C.S., IV, n. 66/17.1.1992, n. 397/13.4.1992, n. 152/22.2.1994) è evidente che esso vale per la integralità del suo contenuto, senza che vi sia bisogno di altro atto dell’Amministrazione, necessario solo se per l’ipotesi di pareri presupposti e non conclusivi.

L’art. 5-bis del d.l. 21.9.1987, convertito in l. 20.11.1987 n. 472 (ora abrogato dall’art. 20 d.p.r. 29.10.2001 n. 461), stabilisce che sono da “considerarsi definitivi nei riguardi del personale della difesa e delle forze di polizia … ai fini del riconoscimento delle infermità per dipendenza da causa di servizio, salvo il parere del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie …in sede di liquidazione della pensione privilegiata e dell’equo indennizzo” e la stessa giurisprudenza ha ritenuto necessario, nelle procedure ove deve decidersi sulle due indicate prestazioni, il parere del CPPO, che potrebbe essere difforme da quello delle commissioni mediche (C.S., IV, n. 1388/11.12.1997).

Tale regola non può valere solo in ipotesi di parere favorevole della C.M., ma anche allorquando esso sia sfavorevole, diversamente la funzione del CPPO sarebbe esclusivamente negativa, di eventuale modifica del giudizio medico positivo; se è vero che il CPPO è un organo particolarmente qualificato, cui compete una supervisione ed una sintesi conclusiva nell’interesse generale, non può, né deve escludersi una sua funzione positiva anche nelle fattispecie come quelle in discussione, con esito negativo per il dipendente.

In base a tali considerazioni il gravame sarebbe inammissibile, perché prodotto contro un parere infraprocedimenale e mancherebbe una decisione autoritativa, da parte dell’Amministrazione, in punto di “non tempestività della domanda”.

Esaminando, peraltro, la domanda del dipendente (29.8.1997 – 1.9.1997 prot. 4221\2.12) deve osservarsi che la stessa è diretta al “riconoscimento di dipendenza da causa di servizio” delle infermità dedotte, riservandosi, evidentemente, all’esito positivo dell’istanza, di avanzare le ulteriori domande per le due prestazioni particolari (equo indennizzo e pensione privilegiata).

In tale prospettiva il gravame è ammissibile ed il parere della C.M. di II° istanza  è l’atto finale conclusivo, comunicato dall’Amministrazione in quanto tale; esso,come si legge nel ricorso, è del tutto sintetico e potrebbe apparire immotivato, ma, poiché si è espresso “in conformità con il giudizio della citata C.M.O.” del 18.2.1998, è evidente che la motivazione va ritrovata in tale richiamato verbale n. 5472, che pone in rilievo due aspetti: a) l’esito della consulenza psichiatrica che ha diagnosticato “aspetti di labilità emotiva”, che si è ritenuto essere una componente personologica e caratteriale dell’individuo, geneticamente determinata ed indipendente dal vissuto, la quale rappresenta il modo naturale con cui il soggetto affronta il quotidiano, di qui la non dipendenza da causa di servizio; b) la non presentazione della domanda nei termini di legge.

Per il primo aspetto il giudizio medico è motivato e logicamente chiaro, anche perché esso non attiene ad una nevrosi reattiva, quale illustrata nella C.T. di parte; per il secondo argomento non sussiste, invero, una specifica censura di gravame, come già rilevato in precedenza, per cui il ricorso, qualora fosse stato fondato per il primo argomento, sarebbe stato inammissibile, sussistendo comunque un altro motivo ostativo.

L’infondatezza delle censure avverso il “giudizio tecnico” viene ad assorbire il rilevato aspetto processuale.

Conclusivamente il ricorso va respinto e le spese di causa equamente compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara,

-respinge il ricorso in epigrafe;

-spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del 9 gennaio 2003 .

-Antonio CATONI presidente 
 

-Dino NAZZARO consigliere estensore

IL Segretario di udienza 
 

Pubblicata mediante deposito in segreteria in data 23.01.2003

IL Direttore di Segreteria