N.  58/04   RGR. 
 

N. 213 Reg. Sent. 
 

ANNO 2004

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria

Sezione Seconda

nelle persone dei Signori:

Raffaele  PROSPERI     Presidente  f.f.

Sergio  FINA  Consigliere

Luca  MORBELLI Referendario, relatore.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n.58/04 proposto daL Comune di Ceriale in persona del Sindaco pro tempore rappresentato e difeso dagli avv.ti Marco Barilati e Natalia Rombi ed elettivamente domiciliato presso lo studio degli stessi in Genova, via Corsica n.19/11;

contro

l’Azienda Sanitaria Locale n. 2 Savonese in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentato e difeso dall’avv. Antonio Pipicelli ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Giovanna Casu in Genova, via XX Settembre n. 21/11;

e nei confronti di XXXXXXXXXXX  non costituiti in giudizio

per l'accertamento

del diritto del Comune ricorrente all’accesso ai documenti amministrativi richiesti con istanza in data 24 novembre 2003 ed in particolare copia della relazione redatta dal Servizio di salute mentale in data 4 novembre 2003  nonché copia della relativa documentazione (valutazione psichiatrica con somministrazione di test psicodiagnostica)

nonché occorrendo per l’ annullamento

della nota 28 novembre 2003 prot. APT CSM 4/40231 di diniego di accesso agli atti di cui sopra.

e per la condanna

della ASL n. 2 all’esibizione dei documenti richiesti ed al rilascio di copia degli stessi

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione ;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Uditi alla camera di consiglio del 28 gennaio 2004, relatore il Referendario Luca Morbelli, l'avv.M. Barilati per il ricorrente e l'avv.A. Pipicelli per l'amministrazione resistente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

F A T T O

     Con ricorso notificato il 24 dicembre 2003 all’ASL n. 2 Savonese e ai signori -------------, il Comune di ....... ha chiesto l’accertamento del diritto all’accesso agli atti di cui in epigrafe con conseguente annullamento del provvedimento di diniego opposto dalla resistente ASL n. 2 e ordine di esibizione dei documenti richiesti.

      Il ricorrente espone di essere stato convenuto in giudizio dai sigg. ri ............... i quali hanno chiesto il risarcimento del danno da mobbing evidenziando, in conseguenza del comportamento illecito dell’Amministrazione, l’insorgenza di sindrome ansioso depressiva in trattamento con psicofarmaci, risultante da vista psichiatrica debitamente certificata.

      Il ricorrente esponeva pertanto di avere disposto visita medica nei confronti dei due dipendenti al fine di accertare l’idoneità al porto d’armi e di avere, a fronte dell’esito positivo della stessa richiesto di acquisire ai sensi dell’art. 25 l. 241/1990gli accertamenti sulla cui base era stato formulato il giudizio di idoneità.  

 Avverso il provvedimenti di diniego impugnato il ricorrente deduce i seguenti motivi:

  1. violazione dell’art. 24 l. 241/1990 e dell’art. 2,3 , 8 del D.P.R. 35271992, violazione degli artt. 1,16 comma 1 lett. b) e comma 2 del D.lgs. 11 maggio 1999 n. 135 , difetto di motivazione , violazione degli artt. 10, 11,39 e 43 T.U.L.P.S. violazione dell’art. 1 coma 2 lett e) del D.M. 4 dicembre 1991, violazione degli artt.3 e 24 Costituzione in quanto la richiesta di accesso essendo supportata dalla necessità di tutelare l’incolumità pubblica e la difesa in giudizio dell’ente deve ritenersi prevalente rispetto alle esigenze di privacy poste dalla resistente a fondamento del diniego;

violazione dell’art. 3 comma1 del D.P.R. 27 giugno 1992 n. 352, violazione dell’art. 2 del D.P.R. 24 novembre 1971 n. 119, difetto di presupposti di istruttoria e di motivazione in quanto l’ufficio al quale è stata inoltrata la richiesta deve ritenersi competente al rilascio delle copie degli atti e comunque anche nell’ipotesi di sua incompetenza sarebbe stato comunque tenuto a trasmettere la richiesta all’ufficio competente.

     Il ricorrente concludeva pertanto chiedendo l’accoglimento del ricorso con vittoria delle spese di causa.

     Si costituiva in giudizio l’ASL n.2 che chiedeva il rigetto del ricorso

     Alla camera di consiglio del 28 gennaio 2004 il ricorso è passato in decisione.

D I R I T T O

     Il ricorso in esame è rivolto avverso il diniego di accesso alla documentazione sanitaria relativa a due dipendenti appartenenti alla polizia municipale del Comune di C.......

     In sede di contenzioso in materia di accesso il giudice è chiamato ad accertare la consistenza della situazione soggettiva giuridicamente rilevante alla cui tutela l’accesso è finalizzato e ad accertare la insussistenza di situazioni soggettive ostative all’ostensione dei documenti.

     Nel caso di specie l’accesso ha per oggetto dati ultra sensibili ai sensi del d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, dati cioè idonei, quantomeno potenzialmente, a disvelare lo stato di salute mentale dei sig.rri .............

     Il bilanciamento tra il diritto all’accesso e la privacy dei soggetti ai quali i dati di cui si richiede l’ostensione si riferiscono è stabilito e regolato dall’art. 60 del D.lgs.30 giugno 203 n. 196il quale prevede che: " Quando il trattamento concerne dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale, il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevate che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti dell’interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile”

     Nel caso di specie il ricorrente ha addotto a sostegno della richiesta e del successivo ricorso l’esigenza di tutela dell’incolumità pubblica e la tutela del diritto di difesa in giudizio.

     Sotto il primo profilo il Comune ha l’esigenza di tutelare l’incolumità pubblica, evitando che soggetti in relazione ai quali è emerso un apprezzabile e significativo dubbio sullo stato di salute, tanto da legittimare una richiesta di danni all’amministrazione, possano disporre di strumenti dall’elevata potenzialità offensiva, quali le armi da fuoco.

     Sotto il secondo profilo il Comune, convenuto in giudizio dai predetti dipendenti, deve essere posto in condizione di difendersi utilizzando la documentazione sanitaria relativa agli stessi.

     Si tratta di esigenze che rientrano a pieno titolo nella previsione del citato articolo 60 d.lgs.196/2003.

     Quanto al primo profilo, la difesa della resistente evidenzia come il dott. ....., medico competente del Comune di .......ai sensi dell’art. 17 D.lgs. 19 settembre 1994 n. 626, al quale è stata affidata la valutazione di idoneità dei sigg.ri ........ si sia espresso per ben due volte (in data 10 ottobre 2003, ed in data 4 novembre 2003) nel senso dell’idoneità degli stessi al  servizio con arma d’ordinanza. La resistente quindi in sostanza censura la richiesta del Comune che, attraverso la diretta cognizione del materiale diagnostico, tenderebbe a sostituirsi al giudizio medico.

     L’osservazione non è fondata.

     Invero il D.M. 4 marzo 1987, n. 145, recante norme concernenti l'armamento degli appartenenti alla polizia municipale ai quali è conferita la qualità di agente di pubblica sicurezza.(in G. U. 16 aprile 1987, n. 89).nel disciplinare all’art. 10 il prelevamento e versamento dell'arma stabilisce:”1.L'arma assegnata ai sensi dell'art. 6, lettera b), è prelevata, all'inizio del servizio, presso l'armeria del Corpo o servizio della polizia municipale e alla stessa deve essere versata al termine del servizio medesimo. 2.L'arma assegnata ai sensi dell'art. 6, lettera a), è prelevata presso l'armeria, previa annotazione degli estremi del documento di cui al terzo comma dell'art. 6 nel registro di cui all'art. 14. L'arma deve essere immediatamente versata nella medesima armeria quando sia scaduto o  revocato il provvedimento di assegnazione o siano venute comunque a       mancare le condizioni che ne determinarono l'assegnazione. 3. L'arma comunque assegnata deve essere immediatamente versata all'armeria allorquando viene meno la qualità di agente di pubblica sicurezza, all'atto della cessazione o sospensione del rapporto di servizio e tutte le volte in cui sia disposto con provvedimento motivato dall'amministrazione, o dal prefetto.

      In sostanza, oltre alla disciplina generale sulla licenza di porto d’armi, richiamata dall’art. 6 del  D.M. 4 marzo 1987, n. 145 il terzo comma dell’art. 10 dello stesso decreto facoltizza l’amministrazione al ritiro in qualsiasi momento dell’arma di ordinanza con l’unico limite della motivazione del relativo provvedimento. Tale disposizione è identica a quella di cui all’art. 6 comma del D.P.R. 5 ottobre 1991, n. 359 (in G. U. 11 novembre 1991, n. 264) recante il Regolamento che stabilisce i criteri per la determinazione dell'armamento in dotazione all'Amministrazione della pubblica sicurezza e al personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia.che stabilisce “(Doveri dell'assegnatario).1. L'assegnatario deve:

      a) custodire diligentemente l'arma e curarne responsabilmente ed in modo costante la manutenzione;  b) applicare sempre e ovunque le misure di sicurezza previste per il maneggio dell'arma; c) mantenere l'addestramento ricevuto, curando attivamente l'esercizio delle tecniche apprese e partecipando alle esercitazioni di tiro a tale scopo organizzate dall'Amministrazione. 2. L'armamento individuale deve essere immediatamente versato all'ufficio o al reparto di appartenenza all'atto della cessazione o sospensione del rapporto di impiego, nonchè in ogni altro caso in cui l'Amministrazione lo disponga con provvedimento motivato. 3. L'armamento di reparto deve essere immediatamente riconsegnato      all'armeria dell'ufficio, reparto o istituto di appartenenza al termine del servizio o a cessate esigenze del servizio.

     Deve quindi concludersi per la sussistenza in capo alle amministrazioni pubbliche i cui dipendenti hanno la disponibilità di armi di un generalissimo potere di ritiro delle stesse, potere che trova limite soltanto nell’obbligo di motivazione. Potere finalizzato a prevenire il pericolo per l’incolumità pubblica della disponibilità delle armi in capo a soggetti che non diano pieno ed incondizionato affidamento.

     Ma se così è allora la valutazione di idoneità al servizio effettuata dal medico competente ai sensi dell’art 16 comma 2 lett.b) del d.lgs. 626/1994 e quelle dell’amministrazione in ordine al ritiro dell’arma di ordinanza non sono coincidenti, potendo emergere dei profili che, se pure non in grado di incidere su un giudizio di idoneità o meno al servizio, possono ben consigliare l’Amministrazione a ritirare l’arma d’ordinanza dalla disponibilità del dipendente.

      Pertanto legittimamente il Comune, nell’esigenza di salvaguardare l’incolumità pubblica, e sulla base di proprie autonome valutazioni diverse e solo in parte sovrapponibili a quelle strettamente medico legali richiede la visione e la copia degli atti relativi ai soggetti in questione.

     Va, infatti, rilevato che la tutela dell’incolumità personale e dell’integrità fisica  degli amministrati, dei dipendenti e financo degli stessi interessati, costituisce un diritto della personalità o comunque un diritto fondamentale dell’individuo idoneo a prevalere sulle esigenze di riservatezza dei dipendenti interessati.

     Va da ultimo precisato come i provvedimenti, di ritiro dell’arma di ordinanza, ai quali la richiesta d’accesso è preordinata costituiscono l’unico rimedio per evitare il pericolo concreto di eventi dannosi per la pubblica incolumità e per l’integrità personale connaturata alla disponibilità dell’arma.

     Sotto il secondo profilo anche il diritto di difesa in giudizio costituisce senza dubbio, essendo tutelato dall’art. 24 Costituzione, posizione soggettiva in relazione alla quale la privacy deve ritenersi recessivo. Tanto più che in questo caso il Comune dee difendersi dall’azione intentata dai suoi dipendenti. Ora se indubitabilmente ciascuno può agire in giudizio per tutela delle sue posizioni soggettive altrettanto deve essere consentito al convenuto la possibilità di difendersi in condizioni di parità con l’attore. Tale esigenza ormai assurta a livello di norma costituzionale espressa (art.111 Cost.) non tollera eccezioni di sorta ed è applicabile ad ogni tipo di processo.

     Né ha pregio addurre come fa la difesa dell’ASL n.2 la circostanza che i documenti in questione potranno essere richiesti attivando i poteri officiosi del giudice ordinario investito della controversia. Invero a parte le eventuali preclusioni sul punto maturatesi occorre rilevare che altro è disporre preventivamente dei documenti necessari alla propria difesa altro è dovere inseguire le iniziative processuali di controparte non potendo esaminare e valutare la fondatezza delle stesse.

     In generale quindi le posizioni soggettive evidenziate dal ricorrente sono tali da soddisfare i pur rigorosi requisiti stabiliti dall’art. 60 D.lgs. 196/2003.

     Devono tuttavia essere esaminate e disattese alcune obiezioni formulate dalla difesa della resistente.

     In primo luogo deve escludersi che l’esclusività dei test utilizzati ne impedisca la comunicazione all’amministrazione comunale per la quale vigono le stesse disposizioni in tema di segreto d’ufficio proprie della amministrazione resistente.

     In secondo luogo deve escludersi la genericità della richiesta di accesso. In linea generalissima, avendo l’accesso natura di diritto soggettivo C.S sez. VI, 27 maggio 2003 n. 2938, anche l’eventuale carenza di motivazione della originaria richiesta di accesso non impedisce al giudice di accogliere il ricorso ove ravvisi la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante, della cui sussistenza nel caso di specie non può dubitarsi, per la tutela del quale la richiesta di accesso è stata formulata.

     Sotto altro profilo la richiesta di accesso iniziale in data 24 novembre 2003 appare sufficientemente motivata avuto riguardo sia all’esigenza di tutelare il diritto di difesa dell’ente ("Il diritto/dovere di curare e difendere i propri interessi giuridici con riguardo alle azioni intraprese nei suoi confronti”) sia all’esigenza di tutelare l’incolumità pubblica ("curare e garantire la sicurezza non solo dei propri dipendenti ma anche dei cittadini”. Va comunque rilevato che la successiva diffida in data 5 dicembre 2003, da ritenersi ammissibile in quanto formulata prima del termine di 30 giorni dalla richiesta decorso il quale la richiesta di accesso si intende rifiutata, appare ampiamente motivata con riferimento ad entrambi i profili evidenziati.

      In terzo luogo deve respingersi l’eccezione di incompetenza formulata dalla resistente. Invero la visita medica ed il conseguente giudizio sono stati resi dal dott. Dessì in qualità di medico competente ai sensi dell’art.17 d.lgs 626/1994. Il medico competente non costituisce di per sé organo della p.a. neppure nel caso in cui presti la propria consulenza a favore di enti e soggetti pubblici. Peraltro, nel caso di specie il dott. Dessì, pur essendo dipendente della ASL n. 2, ha operato in qualità di libero professionista in forza della convenzione stipulata con il Comune di Ceriale.

     Ne consegue che legittimamente il Comune si è rivolto al soggetto pubblico l’ASL n. 2 detentore dei documenti richiesti.

     Infine deve escludersi la limitazione alla sola visione degli atti in questione con esclusione del rilascio di copia degli stessi.

     Invero come ha chiarito la giurisprudenza amministrativa visione ed estrazione di copia degli atti costituiscono modalità congiunte dell’accesso che non può, salva la diversa volontà del richiedente, che limiti espressamente la propria istanza alla sola, essere limitato dall’amministrazione.

     "Il diritto di accesso agli atti e ai documenti amministrativi non può essere limitato alla semplice visione degli atti stessi, in quanto la L. 7 agosto 1990 n. 241 prevede l' esame e l' estrazione di copia del documento come modalità congiunte dell' esercizio del diritto, senza deroghe o eccezioni di sorta.” (TAR Veneto, 3 luglio 2002 n. 3259)

     "Il diritto di accesso ai documenti amministrativi riconosciuto dalla L. 7 agosto 1990 n. 241 prevale sull' esigenza di riservatezza del terzo ogniqualvolta l' accesso venga in rilievo per la cura o la difesa di interessi giuridici del richiedente.La visione degli atti ipotizzata nell' art. 24 L. 7 agosto 1990 n. 241 non costituisce una modalità dell' esecuzione del diritto di accesso ai provvedimenti amministrativi, cioè un accesso consistente nella mera presa visione con esclusione di estrazione di copia del documento, ma l' esame e l' estrazione di copia previsti dall' art. 25 legge cit. costituiscono modalità congiunte dell' esercizio del diritto.” (TAR Calabria, Reggio Calabria, 4 aprile 2001 n. 268)

     In conclusione il ricorso in esame deve essere accolto con conseguente ordine all’ASL n. 2 di esibire i documenti richiesti dal Comune di Ceriale con istanza in data 24 novembre 2003.

     Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando, in accoglimento del ricorso in epigrafe. annulla il provvedimento di diniego dell’accesso impugnato e, per l’effetto, ordina all’ASL n. 2 Savonese in persona del legale rappresentante pro tempore di rilasciare al ricorrente gli atti dallo stessa richiesti con l’istanza di cui in narrativa, entro trenta giorni dalla comunicazione o dalla notifica a cura di parte della presente sentenza.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Genova il 28 gennaio 2004, in Camera di Consiglio.

Raffaele  PROSPERI   Presidente f.f.

Luca  MORBELLI Referendario, estensore. 
 
 

            Depositato in Segreteria il 26 FEB. 2004

                        Il Direttore di Segreteria il

                           (Dott.ssa C. Savino)

            IL COLLABORATORE DI CANCELLERIA

                             (Paola Borghini)