G8, Siulp e legal forum denunciano i lacrimogeni

Genova, la guerra chimica al dissenso

Checchino Antonini

 

Ottobre 2001. Pochi giorni dopo l'11 settembre, il ministero della Salute italiano emana una circolare «ad alta priorità» per segnalare il pericolo concreto che i terroristi di Al Qaeda utilizzino armi chimiche «come ad esempio il Cs» esposti al quale, secondo il dicastero Sirchia, si rischia l'edema polmonare ossia il soffocamento. Ma il Cs è lo stesso gas lacrimogeno sparato, poche settimane prima a Genova, dalle forze di polizia dello stesso governo, di cui Sirchia ha l'onore di far parte, sulla folla inerme che legittimamente contestava la kermesse degli otto più potenti capi di stato del pianeta.

Ieri mattina, al nono piano del Palazzo di Giustizia genovese, quello dove si lavora alle inchieste sull'omicidio di Carlo Giuliani e sulle torture a Bolzaneto, uno degli avvocati del Genoa legal forum, Nicola Canestrini, ha presentato un dossier al pm Francesco Albini Cardona. Oltre al paradosso di un gas - temuto se nelle mani di terrorristi ma usato contro cittadini inermi - sono state depositate le prime denunce da parte di persone - manifestanti e agenti - che hanno riportato danni (ai polmoni, alla pelle, e c'è anche un tumore alle vie urinarie) a causa dei 6200 candelotti lanciati spesso ad altezza d'uomo, piovuti da balconi e dall'elicottero e mescolato all'acqua spruzzata dagli idranti.

I testimoni hanno ancora in mente il fiato corto, i polmoni e cuore che sembravano arrivare in gola, le lacrime che bruciavano col sudore intorno agli occhi e quella voglia di vomitare, e il ventre sconquassato. Sono i cosiddetti effetti primari della "Sindrome di Genova", come titola il dossier: quel gas, prodotto da un'impenetrabile azienda abruzzese, si scoprirà poco dopo grazie alle denunce di un senatore verde - Francesco Martone - e del settimanale Carta (sul suo sito c'è anche un questionario sulle condizioni dei reduci del luglio 2001), ha degli effetti genotossici. In altre parole è cancerogeno. La prima parte delle centocinquanta pagine del dossier fa il punto sugli studi medici disponibili sugli effetti del gas in questione a partire dal primo rapporto del 1989 pubblicato dall'American journal of medical association fino ai più recenti studi delle università italiane. Ricercatori pisani e genovesi (Loprieno, Abbondandolo, Viaggi) hanno dimostrato con esperimenti in vitro, gli effetti genotossici e mutageni sui geni; l'allergologo romano Baldassini, con una "Fisiopatologia del Cs", ha indagato sui «danni cromosomiali con rischio oncogeno» e sulle anemie dovute al contatto ripetuto («l'esposizione cronica») con la sostanza. E, ancora, un chimico dell'ateneo genovese, Edoardo Magnone ha lavorato sul «sinergismo tossicologico» delle sostanze prodotte dal "mix", dalla decomposizione del Cs e di altri lacrimogeni come il Cn dispersi nell'aria.

Ma quel gas è legale, in apparenza, per via del Dpr 359 del '91 che però, all'articolo 12, stabilisce anche che le sostanze utilizzate abbiano «effetti reversibili». In ambito internazionale - è scritto nella seconda parte del dossier - il Cs è messo al bando, come arma da guerra, dalla Convenzione di Ginevra del '25 ma ammesso per le operazioni di ordine pubblico. Tuttavia, una nuova Convenzione (Parigi '93, ratificata dall'Italia nel '95 ed entrata in vigore due anni dopo) proibisce uso, produzione e stoccaggio di armi chimiche tra cui uno dei metaboliti del Cs: l'acido cianidrico, più noto come cianuro. Nessuno sa ancora che cosa ci sia esattamente in un candelotto per via del segreto militare e neppure che cosa produca a lungo termine sugli esseri umani ma un rapporto di Amnesty international documenta la morte di quattro persone in Bolivia nel '98.

Dunque, il Cs ha effetti irreversibili e contiene cianuro. Per questo il Glf ne denuncia l'illegittimità sia per il diritto internazionale che per quello italiano. «I reati ipotizzati, sottoposti ora al rigoroso accertamento da parte della magistratura inquirente, sono quelli di lesioni personali gravi e gravissime, lancio di oggetti pericolosi e abuso di ufficio», spiega a Liberazione, l'avvocato Canestrini che chiede al pm il sequestro preventivo immediato come potenziali corpi di reato di tutti i depositi di Cs e Cn e una perizia sulla composizione dei candelotti. I responsabili del «più grave atto di guerra di guerra chimica avvenuto in tempo di pace nel nostro paese» (ha detto Martone denunciando il finanziamento di alcune banche italiane all'esportazione del gas Cs) sono da ricercare nella catena gerarchica che va dal ministro degli Interni all'ultimo degli agenti, peraltro di difficile identificazione come dimostrano le altre inchieste sugli "abusi in divisa". Ma poliziotti, baschi verdi e carabinieri non sapevano nulla degli effetti del Cs e lo hanno respirato anche loro. Per i loro sindacati è una violazione della legge 626, quella della sicurezza sul lavoro. E a Genova, ieri, è arrivato anche Luigi Notari, vicesegretario nazionale del Siulp, a testimoniare di un suo collega del reparto mobile operato al colon dopo essere stato costretto a inalare Cs. Ma sarebbe solo la punta di un iceberg: molti di coloro che hanno accusato i sintomi e che sono ricorsi a cure mediche sarebbero marginalizzati dai loro stessi reparti. Il governo, intanto, tace. L'interrogazione urgente "a risposta scritta" di Martone è inevasa da febbraio. Ora, con i documenti medici, con i testi del Siulp, di Amnesty e dei collettivi di controinformazione giace sul tavolo del pm genovese.

Sulla questione del gas Cs, il Glf è in corrispondenza con legali di Usa, Spagna, Svizzera e Belgio per iniziative analoghe da intraprendere in quei paesi.