|
Celerini in piazza contro la militarizzazione
di Piero
Sansonetti
A Roma hanno manifestato i poliziotti. Erano
parecchi. Si sono radunati davanti alla caserma di Castro Pretorio, a
due passi dall’Università. Caserma storica e temutissima, dalla quale
per decenni e decenni sono uscite le camionette che partivano
minacciose per le cariche: negli anni 50, quando attaccavano gli
edili, nel sessantotto, contro gli studenti, poi nei lunghi e violenti
anni settanta. Ieri a manifestare invece erano loro, i poliziotti:
quelli che una volta si chiamavano i celerini, quelli ai quali
trentacinque anni fa - quando erano odiatissimi, perché nemici del
“movimento”, della sinistra, del Pci - Pier Paolo Pasolini dedicò una
poesia molto bella e che suscitò la più furibonda polemica culturale
del sessantotto. Pasolini diceva che i celerini erano i “deboli”, i
lavoratori, e dunque i “giusti”, e si contrapponevano ai figli di papà
del sessantotto.
Ora non esiste più la Celere, si chiama reparto mobile, ma loro sono
sempre i celerini. E sono ancora nell’occhio del ciclone. Per le
violenze a Genova, per le violenze a Napoli. Il reparto di Roma è uno
dei più “sospetti”. Ha ricevuto un bel pacchetto di avvisi di garanzia
per l’assalto alla scuola Diaz.
La
manifestazione però non è su questo. I capi dei vari sindacati lo
ripetono a tutti. Non c’entrano niente gli avvisi di garanzia, non
c’entrano i litigi con la magistratura: la manifestazione è contro la
decisione di spostare la sede del reparto mobile da Castro Pretorio a
Ponte Galeria. Cioè dal centro di Roma a un luogo sperduto nella
campagna, a trenta chilometri dalla città e a dieci da Fiumicino. Dove
ora c’è uno dei famigerati centri di accoglienza per gli immigrati che
arrivano senza permesso. Sembra un fatto da niente, ma pare che sia
importantissimo. Spostare il reparto mobile fuori città vuol dire
puntare sempre di più a fare della polizia un corpo separato. Cioè
andare contro la riforma dell’81. Allora si fecero dei passi decisivi,
con la smilitarizzazione, per rendere più democratica la polizia, più
vicina alla gente, più “forza civile”. Adesso si va in direzione
opposta. Massimo Valdannini, che è un sindacalista del Siulp, dice che
c’è un filo che lega Genova, Napoli e questo spostamento a Ponte
Galeria: la militarizzazione. Chiedo: qual è lo scopo? È avere a
disposizione uno strumento di rottura sociale, e un centro forte di
potere come è la polizia: è decisivo in una fase della politica che
prevede l’allargamento dei conflitti, delle contrapposizioni sociali,
delle lotte.
Negli ambienti della polizia si dice che la
struttura di Ponte Galeria è stata sperimentata giusto un anno fa, in
giugno, quando centinaia di poliziotti dei reparti mobili furono
portati lì per addestrarsi alla battaglia del G8. A guidare gli
addestramenti c’era un gruppo di poliziotti americani. Le stesse fonti
dicono che i carabinieri invece si addestrarono in territorio
francese.
La manifestazione di ieri era indetta da quasi tutte le sigle
sindacali tranne la più importante, il Siulp.
La
mancata adesione del Siulp però è solo un fatto tecnico. Il Siulp
aveva indetto una manifestazione ai primi di maggio, sugli stessi
problemi e con gli stessi obiettivi. Non ci sono differenze di linea,
solo un po’ di gelosie tra sigle sindacali.
La manifestazione
di ieri però era assolutamente trasversale, dal punto di vista
politico, andava da “Rinnovamento”, il piccolo sindacato che fa
riferimento alla Ugl (cioè l’ex Cisnal, il sindacato di An e dei
post-fascisti) fino alla Cgil. Tra i poliziotti che manifestano ci
sono elettori di tutti i partiti, da An ai Ds e a Rifondazione.
Chiacchierando coi poliziotti, davanti alla caserma, è persino
difficile capire chi sia di destra e chi di sinistra. Si lamentano
tutti per le stesse cose: dicono che il loro lavoro è durissimo, i
turni pesanti, che a loro è impossibile programmare la vita - perché
uno viene avvertito solo la sera prima di cosa dovrà fare il giorno
dopo, e in ogni momento della giornata le cose possono cambiare, visto
che il reparto mobile si occupa delle emergenze e le emergenze sono
all'ordine del giorno - e poi dicono che il loro lavoro è stressante,
è pericoloso, logora i nervi. Mi pare che su tutto questo abbiano
senz’altro ragione. Però ci sono anche altri problemi. Provo a
introdurre il tema “avvisi di garanzia”. Chiedo se non sembra anche a
loro che molti poliziotti, a Napoli e a Genova, si siano comportati
male. Uno dei manifestanti, un tipo alto un metro e novanta,
muscoloso, col piglio un po’ severo e capelli nerissimi, risponde di
no. Tutti gli altri gli danno ragione. Dicono che forse qualcuno si è
comportato male, ma non tutti. E allora perché - chiedono - si parla
delle violenze della polizia senza raccontare di come i no-global
fossero violenti e scatenati? Domando: quanti erano i no-global
violenti? Lopro dicono: mille. Mille su quanti? Su centomila o forse
su duecentomila, rispondono. E allora- chiedo - perché voi volete che
le violenze di pochi poliziotti non siano attribuite a tutta la
polizia e poi addebitate a duecentomila le colpe di mille? Continuiamo
a ragionare, loro sono rigidi sulle loro posizioni, però mi pare che
inizino ad avere qualche ripensamento. Uno mi dice che quel ragazzone
con la faccia feroce, a Genova, a un certo punto, mentre i gas
lacrimogeni soffocavano tutti, si è tolto la maschera anti-gas e l’ha
data a un ragazzo no-global che stava a terra, ferito. Sicuramente è
vero, sicuramente è un gesto molto bello, che da fiducia: come
sicuramente è vero che lui, o qualcun altro, un attimo prima avevano
ferito quel ragazzo e non si sa se con qualche buona ragione o no.
Chi è il responsabile del trasferimento a Ponte Galeria? Nessuno lo sa
con precisione. Niccodemo De Franco, uno dei capi della Cgil polizia,
spiega che la decisione è stata presa al tempo del centrosinistra, poi
in campagna elettorale la destra giurò che in caso di vittoria
l’avrebbe annullata, invece l’ha confermata. Chi deve venire qui a
Castro Pretorio al posto del Reparto Mobile? Paolo Varesi, che è il
capo di “Rinnovamento”, dice che qui verranno uffici amministrativi e
diventerà la sede del capo della polizia. Di Di Gennaro. E dice che
tutto questo è insensato: «Portino fuori Roma gli uffici
amministrativi, dove si lavora a orari fissi, e la cui lontananza non
priva la città della sua polizia...». Poi Varesi mi indica il nome
della Caserma (“Ferdinando di Savoia”) scritto sopra il portone, e
commenta ridendo: «Chissà, forse vogliono rerstituirla ai Savoia ora
che rientrano in Italia...».
La polizia italiana è una forza con circa 105
mila uomini. Sono divisi in vari settori. I due settori più operativi
sono i reparti mobili e le volanti. Sono quelli che fanno il lavoro in
strada, che in qualunque momento possono essere chiamati per una
rapina, una sparatoria, una sommossa nello stadio, una manifestazione.
Guadagnano non molto. I gradi bassi hanno uno stipendio di circa due
milioni-due milioni e mezzo al mese. Poi si sale fino ai tre milioni e
trecentomila del vicequestore. E’ strano, le cose più importanti nella
vita civile di qualunque nazione sono tre: la sicurezza, l’educazione
e la salute. E i mestieri peggio pagati, in Italia, sono quello del
poliziotto, quello dell’insegnate e quello del medico ospedaliero.
Gianni Ciotti, anche lui del Siulp - di una specie di sottocorrente di
sinistra del Siulp - è molto critico verso la sinistra. Dice che la
svolta nella polizia - la svolta militarista- è avvenuta già col
centrosinistra. Dopo anni di pace sociale, le prime cariche violente
ci furono nel ‘97, col governo Prodi, a Palazzo Chigi. Furono caricati
gli handicappati. Poi Napoli, poi Genova... Qual è stato l’errore
della sinistra? Ciotti dice che l’errore è stato quello di credere che
il problema del rapporto con la polizia si risolvesse al vertice. Dice
che la sinistra ha creduto che non fosse più importante il rapporto
con la base - quello che nei decenni passati era stato curato
minuziosamente da decine di dirigenti del Pci, per esempio- visto che
c’era la possibilità di controllare la polizia nominando dei capi
“amici”. In questo modo si sono buttati dieci anni di faticose
conquiste. Poliziotti senza diritti è uguale a poliziotti più cattivi.
Meno diritti ai poliziotti, meno diritti ai cittadini. Chiedo a Ciotti
cosa pensa di De Gennaro e dell’attuale gruppo dirigente della
polizia. Francamente non mi sembra entusiasta.
Alfredo Raffuzzi invece è un
ex poliziotto. Ha settantasette anni, è romagnolo. Però ha vissuto
gran parte della sua vita professionale a Roma ed è considerato la
memoria storica della polizia romana. È un uomo di sinistra, da
ragazzo ha fatto il partigiano. Entrò in Polizia nel ‘45, come
capitano, cioè portandosi dietro il grado che aveva guadagnato nella
guerra contro i tedeschi. Poi arrivò Scelba e lo fece tornare guardia
semplice. Raffuzzi è quello che ha inventato la macchina fotografica
in grado di prendere con uno scatto solo il viso e il profilo. Con un
sistema di specchi. La sua invenzione negli anni ‘50 fu esportata in
tutto il mondo. Lui dice che il poliziotto deve essere un mediatore
sociale, e che con la riforma dell’81 si andava in questa direzione.
Ora si sta buttando tutto al vento. Racconta la sua storia. Nel ‘50
era a Modena quando ci fu la rivolta operaia. Il 9 gennaio lui guidava
un drappello di 15 poliziotti davanti alla Orsi, la fonderia che aveva
licenziato tutti. Quando arrivò il corteo, Raffuzzi iniziò a gridare
al megafono: «amici operai, vi capisco, vi conosco, non facciamoci la
guerra...». Discussero per mezz’ora, non ci fu contatto fisico. Poi,
mentre il corteo faceva marcia indietro, da una via laterale partì una
carica,chissà perché. E un brigadiere - lui lo vide - iniziò a sparare
con la rivoltella. Prima im aria poi ad altezza d’uomo. Raffuzzi vide
un ragazzo cadere a terra. Aveva ventun’anni, si chiamava Arturo
Malagoli. Una pallottola alla nuca, morto. Malagoli aveva una figlia
piccola, Marisa, che fu adottata da Nilde Jotti e da Togliatti.
Cosa pensa Raffuzzi degli avvenimento di oggi? È disperato. Dice che
vogliono trasformare di nuovo la polizia in una forza di attacco, di
repressione. Bisogna fermarli. Se si rompe la fiducia tra il
poliziotto e i cittadini è un disastro per la convivenza civile.
Raffuzzi dice di sognare il giorno che una mamma dirà al bambino: «Se
hai bisogno di aiuto rivolgiti a quello in divisa. Puoi fidarti».
Adesso invece gli dice: «Vedi quello in divisa? Attento, ha picchiato
tuo fratello...». |