Cpt, la polizia arresta Pisanu
Il segretario nazionale del Siulp: centri di
permanenza incostituzionali, vanno chiusi
Per De Matteis «la nostra legge sull'immigrazione è un atto di inciviltà».
Duro con il governo anche il segretario del Silp, Giardullo
ANTONIO
MASSARI
Ormai è un cerchio
che si stringe intorno al governo e al ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu:
non solo dodici presidenti di regione e una gran fetta di giuristi e società
civile, ma anche un terzo della Polizia si dichiara contrario ai Centri di
permanenza temporanea. Parole dure. Denunce d'incostituzionalità e violazione
dei diritti, critiche alla politica sull'immigrazione, polemiche sull'utilizzo
dei poliziotti. «Intendiamoci: che vuol dire permanenza?», esordisce Giuseppe
De Matteis, segretario nazionale del Siulp
che, con più di 30mila iscritti, è il sindacato più rappresentativo della
categoria. «Nel nostro diritto questa parola non esiste», prosegue, «la
permanenza» non è un caso previsto dalla legge. Se l'immigrato scappa dal
centro, però, ci tocca andarlo a riprendere, e allora diciamolo chiaramente:
«permanenza» sta per detenzione. Ma è una detenzione in assenza di qualsiasi
condanna o provvedimento del giudice: quindi i Cpt sono incostituzionali. Non
rispettano pienamente l'articolo 13, secondo il quale la libertà personale e
inviolabile e la detenzione è ammessa soltanto per atto motivato dall'autorità
giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge». Eccolo qui il
cerchio che si stringe. E se è stato semplice bollare come «irresponsabile» il
presidente pugliese Nichi Vendola, e con lui gli undici governatori che l'11
luglio, a Bari, parteciperanno al «Forum nazionale per la chiusura dei Centri
di permanenza temporanea», ora che a delegittimare i Cpt ci si mette anche un
terzo della Polizia per Pisanu sarà difficile trovare le parole adeguate.
«La contrarietà ai Cpt, da parte del Siulp,
c'è sempre stata», puntualizza De Matteis, «l'equivoco nasce con la legge 40
del 1998, quando la parola «permanenza spunta come una sorta di mediazione,
per non trasformare l'immigrazione in una questione di Polizia. Invece permane
una mentalità repressiva nell'uso della polizia: se ci fosse stata una legge
ulteriore, se avessero aggiustato il tiro, la storia sarebbe andata
diversamente. Evidentemente non s'è voluto affrontare il problema e non
possiamo far altro che ribadire il concetto: se l'immigrato commette un reato
è un conto, perché c'è la legge e va chiaramente rispettata. Ma se non
commette alcun reato non ci può essere altro che accoglienza: il Cpt, quindi,
non ha motivo di esistere. Peraltro si continua a confondere il Cpt con il
centro d'accoglienza, mischiando al loro interno gente che ha bisogno
d'assistenza con gente destinata all'espulsione: la commistione tra
accoglienza e detenzione è disastrosa».
E' una critica ad ampio raggio, che non risparmia nessuno: «Le stime dei
flussi migratori su cui si fondano le nostre leggi sono ormai inattuali»,
continua il segretario nazionale Siulp, «come
se non bastasse, si punta a gestire il fenomeno con la Polizia: è un atto
d'inciviltà. In questi giorni è riemersa l'equazione tra clandestino e
criminale. Si tratta di un'equazione inaccettabile. Vorrei precisare che il
problema più grave non è costituito tanto dalla clandestinità, quanto da chi
la sfrutta. Detto questo, è chiaro che non possiamo rinunciare
all'identificazione degli immigrati, che, come qualsiasi cittadino, possono
essere sia vittime, sia autori di un delitto».
Non è solo, De Matteis, nel criticare i Centri di permanenza temporanea: «Sono
l'anello debole della legislazione», dice Claudio Giardullo, segretario
generale del Silp, il terzo sindacato della categoria per numero di iscritti.
«I Cpt pongono un serio problema rispetto ai diritti, alle modalità con cui
sono trattati gli immigrati, alla giustificazione giuridica del trattenimento:
che le associazioni, per esempio, non possano entrare nei centri per
effettuare i loro controlli è assolutamente inaccettabile. Allo stato, si
tratta di luoghi illegittimi e vanno trasformati immediatamente in
qualcos'altro, cioè in veri e propri centri di accoglienza».
C'è un punto, però, sul quale il segretario del Silp preferisce fare
chiarezza: «Premesso che la Bossi Fini, piuttosto che contrastarla, ha
favorito la clandestinità, vorrei sottolineare come l'equazione, tra immigrato
irregolare e criminale, è adoperata sempre più spesso. L'equazione è
inaccettabile anche perché propone un rovesciamento di prospettiva: è la
clandestinità a spingere l'immigrato verso la violazione delle leggi e non il
contrario. Detto ciò, resta il fatto che bisogna riflettere profondamente su
questo punto: è un chiaro segnale del clima in cui viviamo.
«Quindi - conclude Giardullo - penso che non basta protestare contro i Cpt:
abbiamo bisogno di proposte valide e di una legge davvero adeguata, per
evitare che la Destra, con questo clima, possa portare avanti una battaglia
politica che peggiori la situazione, trasformando, per esempio, l'immigrazione
clandestina in un vero e proprio reato».
fonte : quotidiano Il
manifesto 25 giugno 2005