Il pensiero del Siulp
al dibattito sui fatti del G8
Sono intervenuto al dibattito sui fatti del G8 di Genova alla Festa
dell'Unità di Villadossola come consigliere nazionale del Siulp,
insieme ad altri sindacati di polizia e Giuliano Giuliani. Ho letto
quanto riportato da La Stampa con stupore. Si riprendeva un passo del
mio lungo intervento, avvenuto subito dopo quello di Giuliano
Giuliani, virgolettando parole da me mai pronunciate. Posso
comprendere, ma non condividere, che per la scarsità dello spazio il
giornalista abbia tentato in assoluta buona fede di effettuare un
doppio concentrato delle mie osservazioni, ma, estrapolate dal suo
contesto e modificando i termini non si rende giustizia a quanto da me
pronunciato. Non ho espressamente detto «nei giorni di Genova la
Polizia si è mangiata vent'anni di democratizzazione» bensì
«confrontandomi con un collega ormai in pensione, che mi ha preceduto
alla direzione del Siulp novarese ed oggi assessore al Comune di
Borgomanero, commentavamo che in tre giorni si sono mangiati vent'anni
e più di lotte e sacrifici fatti dal `Movimento per la
democratizzazione e sindacalizzazione delle Guardie di Ps´ prima e del
Siulp dopo (quale naturale erede dopo legge di riforma della Polizia
di Stato) per i quali molti hanno pagato con la perdita del posto di
lavoro, mancati avanzamenti di carriera ed anche con la prigione
militare». Si può ben comprendere quanto il concentrato di questa
dichiarazione offra sicuramente una visione diversa, ma non comporta
di per se gravi problemi quanto la seconda. Infatti, non ho mai
sottolineato che all'interno delle Forze dell'Ordine c'è ancora chi
non sappia che cosa sia lo stato di diritto e «Ci sono colleghi - così
è riportato - che si comportano da vendicatori, seppur in buona fede.
Senza pensare, tuttavia, che soltanto la Magistratura deve occuparsi
di chi commette un reato» ma bensì ed in un contesto che si riferiva
alle accuse fatte da Giuliani su quanto accaduto all'interno della
Scuola Diaz e delle caserme Bolzaneto a Genova e Raniero di Napoli,
intervenivo dicendo che «negli anni questo sindacato ha più volte
incontrato difficoltà nel convincere i colleghi di tutte le forze
dell'ordine che alcuni atteggiamenti da giustiziere erano sbagliati,
anche se convinti in quel momento di offrire in buona fede un servizio
alla collettività tutta e non ad una sola parte di essa, e che la
differenza tra uno Stato democratico da uno antidemocratico si misura
nel rispetto che i suoi apparati di sicurezza operano nei confronti
del corpo di un fermato e/o arrestato. In quanto dopo questa prima
fase, durante la quale possono avvenire contatti fisici più o meno
violenti, questi apparati hanno l'obbligo morale e giuridico di
preservare all'interno delle proprie strutture l'incolumità
dell'indagato e/o arrestato fino alla congegna e messa a disposizione
dell'unico organo giudicante ed incaricato ad infliggere pene
detentive e/o alternative, la Magistratura». Quindi oltre a non avere
usato il termine «vendicatori» si può constatare che nell'articolo il
mio pensiero, anche se non assolutamente stravolto, possa essere
diversamente interpretato, provocando in questo caso possibili quanto
non escludibili problematiche.
Tommaso Di Gaudio,
segretario generale Siulp
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