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(Del 27/8/2002 Sezione: Novara Pag. 39)

 
 
LETTERE AL GIORNALE
 


Il pensiero del Siulp
al dibattito sui fatti del G8

Sono intervenuto al dibattito sui fatti del G8 di Genova alla Festa dell'Unità di Villadossola come consigliere nazionale del Siulp, insieme ad altri sindacati di polizia e Giuliano Giuliani. Ho letto quanto riportato da La Stampa con stupore. Si riprendeva un passo del mio lungo intervento, avvenuto subito dopo quello di Giuliano Giuliani, virgolettando parole da me mai pronunciate. Posso comprendere, ma non condividere, che per la scarsità dello spazio il giornalista abbia tentato in assoluta buona fede di effettuare un doppio concentrato delle mie osservazioni, ma, estrapolate dal suo contesto e modificando i termini non si rende giustizia a quanto da me pronunciato. Non ho espressamente detto «nei giorni di Genova la Polizia si è mangiata vent'anni di democratizzazione» bensì «confrontandomi con un collega ormai in pensione, che mi ha preceduto alla direzione del Siulp novarese ed oggi assessore al Comune di Borgomanero, commentavamo che in tre giorni si sono mangiati vent'anni e più di lotte e sacrifici fatti dal `Movimento per la democratizzazione e sindacalizzazione delle Guardie di Ps´ prima e del Siulp dopo (quale naturale erede dopo legge di riforma della Polizia di Stato) per i quali molti hanno pagato con la perdita del posto di lavoro, mancati avanzamenti di carriera ed anche con la prigione militare». Si può ben comprendere quanto il concentrato di questa dichiarazione offra sicuramente una visione diversa, ma non comporta di per se gravi problemi quanto la seconda. Infatti, non ho mai sottolineato che all'interno delle Forze dell'Ordine c'è ancora chi non sappia che cosa sia lo stato di diritto e «Ci sono colleghi - così è riportato - che si comportano da vendicatori, seppur in buona fede. Senza pensare, tuttavia, che soltanto la Magistratura deve occuparsi di chi commette un reato» ma bensì ed in un contesto che si riferiva alle accuse fatte da Giuliani su quanto accaduto all'interno della Scuola Diaz e delle caserme Bolzaneto a Genova e Raniero di Napoli, intervenivo dicendo che «negli anni questo sindacato ha più volte incontrato difficoltà nel convincere i colleghi di tutte le forze dell'ordine che alcuni atteggiamenti da giustiziere erano sbagliati, anche se convinti in quel momento di offrire in buona fede un servizio alla collettività tutta e non ad una sola parte di essa, e che la differenza tra uno Stato democratico da uno antidemocratico si misura nel rispetto che i suoi apparati di sicurezza operano nei confronti del corpo di un fermato e/o arrestato. In quanto dopo questa prima fase, durante la quale possono avvenire contatti fisici più o meno violenti, questi apparati hanno l'obbligo morale e giuridico di preservare all'interno delle proprie strutture l'incolumità dell'indagato e/o arrestato fino alla congegna e messa a disposizione dell'unico organo giudicante ed incaricato ad infliggere pene detentive e/o alternative, la Magistratura». Quindi oltre a non avere usato il termine «vendicatori» si può constatare che nell'articolo il mio pensiero, anche se non assolutamente stravolto, possa essere diversamente interpretato, provocando in questo caso possibili quanto non escludibili problematiche. Tommaso Di Gaudio,
segretario generale Siulp


 
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