Dopo la nomina, una tempesta tra gli anglicani
Vescovo gay, scisma vicino
 
 
La Chiesa anglicana è sul piede di guerra: vento di scisma sulla consacrazione del primo vescovo della storia, dichiaratamente omosessuale.

La nomina di Gene Robinson a vescovo del New Hampshire - avvenuta domenica scorsa - ha scatenato "l'ira funesta" degli anglicani più conservatori che non ne hanno riconosciuto la validità, minacciando un violento scisma. La consacrazione rischia di aprire una crisi epocale nel cuore della Chiesa anglicana.

Il canonico, 56enne, divorziato, padre di due ragazzi e compagno del quarantenne Mark Andrew, è stato nominato di fronte ad una folla di circa quattromila persone, di cui 50 vescovi statunitensi, riunita nello stadio della città di Durham. Imponenti misure di sicurezza hanno provato a fronteggiare le feroci proteste, ma le polemiche più violente sono giunte dai principali esponenti della Chiesa africana.

Fuoco e fiamme sulla Chiesa episcopale, il ramo statunitense della comunità anglicana, accusata di voler «dichiarare l'indipendenza» dalle diocesi britanniche. Decine di vescovi, adirati dalla possibilità di veder vacillare l'unità dei 70 milioni di fedeli anglicani, si sono armati di invettive contro quella che definiscono: «la deprecabile consacrazione». L'ala più reazionaria e bacchettona della Chiesa Anglicana ha atteso ben poco prima di indire una nuova crociata: «La pratica dell'omosessualità non è compatibile con i precetti delle sacre scritture» - hanno scritto i vescovi nel documento. «Noi deploriamo la scelta dei religiosi che hanno preso parte alla consacrazione che ha diviso la chiesa» - ha detto l'arcivescovo Peter Akinola, leader della congregazione nigeriana, in una nota a nome di di 50 milioni di anglicani di America latina, Africa e Asia. «Questo atto produrrà una profonda spaccatura» - ha concluso.

Anche la comunità di Tanzania si è unita al coro, poco celestiale, dei vescovi che chiedono l'annullamento della consacrazione, dicendo che «viola la parola di Dio». Ire degne del più ardente dei gironi infernali. Le polemiche più severe vengono dal Kenya dove c'è già chi intravede lo zampino del diavolo: «Il demonio si è chiaramente impossessato della Chiesa. Dio non può essere preso in giro» - ha detto l'arcivescovo del Kenya, Benjamin Nzimbi, che ha tagliato i ponti con la chiesa episcopale degli Stati Uniti. Non meno duro il commento del suo laconico connazionale, Thomas Kogo: «La nomina di Robinson è assolutamente contraria alle prescrizioni della Bibbia».

Rincarata la dose anche dal Sud America: «Gli Stati Uniti hanno dichiarato l'indipendenza - ha commentato l'arcivescovo Greg Venables - Penso che le possibilità di una riconciliazione siano davvero poche».

I vertici della Chiesa australiana si sono uniti alla posizione conservatrice dell'arcivescovo di Sidney, Peter Jensen, che ha tuonato: «E' un giorno davvero triste per la Chiesa... sono preoccupato, non è un vescovo». In questa orgia persecutoria di invettive, spicca il giudizio di Rowan Williams, l'arcivescovo di Canterbury, capo spirituale della Chiesa Anglicana e notorio innovatore, il quale tenta di minimizzare l'entità delle dichiarazioni: «Non so se arriveremo ad una riconciliazione ma pregherò affinché non avvenga una spaccatura definitiva».

Intanto però, Gene Robinson, scampato alle preghiere al vetriolo dei vescovi, incassa la sua vittoria: «Spero che gay e lesbiche siano, da ora in poi, accettati come corpo integrante della Chiesa».

Giada Valdannini