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il manifesto
04 Gennaio 2006
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indice lettere

pag.10

L'energia del futuro


 
COLLOTTI/SEGUE DALLA PRIMA
 
STENTANO GLI AIUTI NEL NORD DEL PAKISTAN, MUOIONO 35 BAMBINI NEL KASHMIR
 

LETTERE pagina 10

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L'energia del futuro


A ogni accenno di crisi energetica la lobby del nucleare cerca di imporre la propria visione del futuro energetico italiano. Il petrolio certo finirà (probabilmente tra 50 anni) ma neanche le miniere di uranio sono inesauribili; inoltre le scorie nucleari saranno un pericolo per molte delle future generazioni. Perché allora, anziché rincorrere una tecnologia nella quale siamo in ritardo e che comporta investimenti ingenti (che interessano la detta lobby ) non puntare a essere all'avanguardia in nuove tecnologie che richiedono meno investimenti fissi e che possono essere realizzate in modo diffuso sul territorio nazionale? Per esempio perché non mobilitare un gruppo di scienziati interdisciplinari (indipendenti da petrolieri e «nucleari»), con fondi adeguati, e sviluppare le «celle fotovoltaiche organiche» per produrre elettricità basandosi sul principio della fotosintesi clorofilliana? Secondo alcuni esperti questa potrebbe essere l'energia del futuro. D'altra parte nei recenti «bandi della Commissione europea» relativi ai sistemi energetici sostenibili, finanziati con 20 milioni di euro e con scadenza 10 gennaio 2006 , tali celle sono incluse nei programmi di ricerca; spero che l'Italia abbia partecipato. Un saluto e l'auspicio che su questo argomento il manifesto aggiorni costantemente noi lettori.
Ascanio De Sanctis, Roma

Le centrali del vicino...

Così come spesso accade a ogni baleno di crisi energetica, molti «nuclearisti» nostrani prendono coraggio per caldeggiare un ritorno italiano all'atomo, a una «scelta strategica» che, a loro dire, sarebbe addirittura giustificata de facto dalla presenza di centrali francesi in prossimità dei nostri confini. A parte il problema delle scorie (perché quelle che si produrrebbero ce le dovremmo seppellire in casa, non in Francia), penso veramente che la suddetta teoria sfiori il ridicolo. Ma voi, se veniste a sapere che il vostro vicino d'appartamento si riscalda con una caldaia che potrebbe esplodere da un momento all'altro, ve ne fareste installare una identica alla sua, visto che ormai il rischio c'è già?
Gianni Fagnoli, Forlì

Se la tv è pubblica

Mi sento un abbonato Rai mobbizzato. In uno stato laico quale dovrebbe essere quello nostro e da abbonato Rai mi sento profondamente mobbizzato dai vari telegiornali quotidiani che non ne passa uno senza che venga dato ampio spazio a papa Ratzinger. Passi per le reti Mediaset per le quali la visione è gratuita e quindi liberissime di proiettare ciò che il loro palinsesto aziendale ritiene più opportuno. La Rai no! La Rai vive del nostro canone. La Rai è l'emittente radiotelevisiva dello stato italiano e non della Città del Vaticano. Le notizie papaline potrebbero essere inserite, a volte, come note di appendice se non addirittura eliminate dalle notizie di una televisione di uno stato laico.
Max Ghibli

Sconosciuta da 50 anni?

L'efficienza non corrisponde alla pubblicità. Il 12 dicembre scorso spedisco a mia madre una lettera prioritaria, che però giunge a Viterbo, stranamente, dopo 5 giorni. Sulla lettera trascrivo i dati di mia madre sia da nubile che da sposata. Il due gennaio il portalettere mi restituisce la lettera che avevo spedito con su scritto destinatario «sconoisciuto». Perché spendere tanti soldi in pubblicità se poi il servizio di poste italiane risulta inefficiente? Inefficiente e vi spiego anche il perché. Mia madre in via Leonardo da Vinci a Viterbo ci abita soltanto da 50 anni con tanto di nome sia sul citofono che sulla buca delle lettere. Mi rifiuto di credere che la nostra posta sia affidata a degli analfabeti che non sanno neanche leggere i nomi sulle buche delle lettere. Altrimenti non si spiega. Si riuscirà a sapere chi sarà stato questo fantomatico portalettere che nella mattinata del 17 dicembre scorso ha sancito che mia madre dopo 50 anni di residenza e domicilio in via Leonardo da Vinci sia di colpo scomparsa? Un fatto solo è certo che ora dovrò riaffrancare nuovamente la lettera , rispedirla e con la speranza che questa volta il portalettere sappia leggere.
Massimiliano Valdannini

Per un processo di pace

Gaza è un territorio a rischio. Lo confermano le ultime incursioni dell'esercito israeliano e i rapimenti degli osservatori internazionali dovuti a gruppi di palestinesi che agiscono al di fuori di qualsiasi tipo di legalità. Facciamo appello alla comunità internazionale affinché intervenga per garantire la sicurezza degli oltre un milione di donne e uomini palestinesi di Gaza. Chiediamo che vengano garantiti i diritti umani, la libera circolazione di persone e merci e gli investimenti necessari ad assicurare un'economia autonoma e lavoro per i palestinesi. Solo questo potrà favorire un reale processo di pace in Medioriente.
Donne in nero di Roma, gruppo Palestina/Israele

La funzione della fiscalità

Caro manifesto, ti scrivo in merito all'articolo apparso in terza pagina il 27 dicembre scorso a firma di Marco Bascetta e intitolato «Catechismo fiscale». L'autore si impegna a svelare l'attuale legame tra l'imposizione fiscale e quella morale, in particolare sulla concezione «pedagogica» della tassazione, volta cioè a indurre nel cittadino comportamenti moralmente giudicati «virtuosi», e quindi depenalizzati, astenendosi invece da quelli «viziosi», sottoposti per questo motivo a elevati pesi fiscali. Devo dire che l'analisi di Bascetta è decisamente illuminante rispetto all'attuale disegno politico conservatore che caratterizza questo governo e, più di tutti, i rinnovati vertici e movimenti del cattolicesimo integralista. Tuttavia, a mio giudizio, la scelta di estendere la critica dalla volontà conservatrice di «moralizzazione» dello stato a beneficio di una particolare impostazione culturale e politica (per essere più chiari: a beneficio della chiesa e dei partiti cattolici), all'intera concezione storica della finanza e dell'economia, di tutte le forze, di destra o sinistra che siano, risulta eccessiva e pericolosa. Posto prima di tutto che a volte le definizioni per principi astratti sono fuorvianti, nel caso della tassa sulla pornografia ad esempio, che a me sembra più che condivisibile non perché confacente a quel «proibizionismo sessuale» che caratterizza la morale cattolica, ma, anzi proprio per la ragione contraria: la pornografia a mio parere, è uno dei prodotti più disgustosi dell'impostazione maschilista e repressiva della sociètà, per cui non solo la donna è oggetto dell'atto sessuale, ma proprio il tabù del sesso porta alla necessità di renderlo pubblico, e allo stesso tempo cruento, estremo, inverosimile quasi. In sostanza il desiderio sessuale diventa una perversione dell'animo, che certo non avrebbe ragion d'essere senza una concezione peccaminosa della sessualità. Perdonato questo mio «fuori tema», la critica di Bascetta mi sembra, dicevo, eccessiva e pericolosa. Eccessiva perché io non bollerei così alla leggera programmi storici della sinistra, come la tassazione sulla rendita finanziaria, o più in generale la difesa del lavoro produttivo, come «moralisti» e inutili per l'effettiva redistribuzione della ricchezza, ma anzi volti a «una standardizzazione prescrittiva dei comportamenti che si dispongono lungo una scala gerarchica e censitaria». Torna, per me, il problema dell'inaderenza della definizione per principio alla realtà: se il discorso di Bascetta risulta pienamente valido e condivisibile per quanto riguarda le recenti scelte fiscali della destra, che negano la possibilità di esprimersi alle realtà sociali differenti da quella cattolica (penso agli attacchi alla legge di tutela dell'aborto, a quella così proibitiva sulla fecondazione assistita, agli incentivi sulle nascite...) e anzi tendono a privilegiare proprio la chiesa, tuttavia ritengo la critica fortemente inadeguata se riferita alle scelte fiscali tipiche della sinistra come la tassazione sulle rendite e i beni di lusso. Scelte che io non ritengo volte a rinforzare il divario sociale e economico fra le classi (negando l'autodeterminazione dei ceti più bassi perché non in grado di accedere a determinati beni «di lusso»), ma proprio a rendere effettiva quella redistribuzione della ricchezza fra le classi, in modo da permettere così a tutti l'accesso a beni altrimenti elitari, che l'autore ritiene reale obiettivo, ormai dimenticato da tutte le forze politiche, della programmazione finanziaria. Inoltre è pericoloso, a mio giudizio, affermare la necessità di abolire la tassazione indiretta sui beni «di lusso» per potervi permettere l'accesso, anche sporadico, alla maggioranza della popolazione. Pericoloso perché ricorda molto quel laissez faire, laissez passer del primo liberismo, per cui lo stato non doveva «interferire» con la libertà di espressione economica del singolo, limitandosi a garantirgli i diritti, «sacri e inviolabili», di libertà e proprietà. Insomma il principale oggetto della critica dei futuri teorici del socialismo, in cui affondano ancora le radici della sinistra moderna. Io sono fra quelli, in conclusione, che ritengono l'intervento statale, o, per meglio dire, fiscale, fondamentale a garantire l'equità fra i cittadini e l'abbattimento del divario fra le classi, e ritengo quindi che quelle operazioni economiche che mirano a prendere di più dai «ricchi», e a chiedere di più per «le cose da ricchi», siano fondamentali per questo processo, e irrinunciabili per la sinistra.
Riccardo Antoniucci

La figura di Gorbachev

L'articolo di Rita di Leo dal titolo «Il rex destruens dell'impero sovietico», pubblicato sul manifesto del 28 dicembre scorso, presenta in modo caricaturale, credo, la figura di Michail Gorbachev, visto come un rinnegato che ha distrutto l'impero sovietico, ha tradito i lavoratori e la società sovietica, si è venduto al capitalismo e ridotto a fare il mero testimonial per la pizza Hut, etc. Non una parola da parte di Rita di Leo sui meriti di Gorbachev, sulle speranze e sul disgelo che si accompagnarono alla sua politica. Non una parola, soprattutto, sul regime fallimentare e oppressivo dell'Urss, che andava comunque superato. Certo, Gorbachev è stato e rimane uno sconfitto, che non ha ottenuto ciò che desiderava, ma gli si deve rendere il giusto e, soprattutto, non lo si deve ridurre a una macchietta nelle mani dei capitalisti, altrimenti ricadiamo nella più rozza propaganda staliniana o neo-staliniana.
Franco Toscani, Piacenza

Dopo aver tentato in grandissima buona fede di riformare l'Urss, Gorbachev si è convinto non esservi alternative alla società capitalistica, ha agito di conseguenza e per ciò stesso - sempre in grandissima buona fede, ha mandato in frantumi 150 anni di utopie e di illusioni, lotte e dolori di chi vi credeva.

rita di leo