Per il primo periodo, dagli inizi del ‘900 fino al fascismo, andiamo a scoprire chi erano i poliziotti.
Si trattava di gente che veniva dagli strati più poveri della popolazione, scelti proprio perché poveri e disposti ad affrontare una vita di “pane amaro”; come sottolineava Bettino Ricasoli presidente del consiglio di uno dei primi governi dell’Italia unita. Dovevano essere celibi o vedovi, affermava Silvio Spaventa, perché la famiglia era un peso e una distrazione per i doveri del servizio.
Tutto questo, secondo il senatore del regno Astengo, era invece alla base del malfunzionamento della polizia e della “disistima generale” che pesava sull’Istituzione stessa. Ma la voce di Astengo rimarrà inascoltata da tutti i governi che si succederanno, compreso quello fascista.
Infatti durante la dittatura la polizia fu trattata pure peggio, i poliziotti continuarono a fare la fame e a sopportare i più gravosi impegni di servizi. Nessuna particolare benevolenza del regime per un apparato che avrebbe dovuto essere il “pilastro” del regime stesso; diversamente da quando avvenne, ad esempio, per le forze armate. Questa continuità storica di maltrattamento della polizia esclude già di per sé una “complicità” con il regime ma che si rafforza con altri elementi che negano la “fascistizzazione” della polizia. E consideriamo proprio l’argomento principe a favore della tesi della fascistizzazione della polizia: l’OVRA; il potente, onnipresente, mostruoso apparato di polizia segreta del regime in grado di controllare, perseguitare, terrorizzare milioni d’italiani. Storicamente risulta che l’Ovra come apparato a sé, costruito in funzione della repressione dell’antifascismo non è mai esistito. Non esiste, una circolare, un decreto, una legge, un foglio di carta intestata, un documento ufficiale qualsiasi che testimonia la sua esistenza. In realtà le quattro lettere OVRA, non sono una sigla, non sono un acronimo, non hanno alcun significato; salvo quello attribuitogli dalla fantasia del Duce. Quindi si può affermare che storicamente una “polizia fascista” non è mai esistita.
Per i poliziotti e per la polizia la Repubblica democratica non introdurrà grandi cambiamenti rispetto al passato: forse c’è qualche peggioramento. Un dato su tutti; nel 1949 su 26 dipendenti riformati per malattie contratte in servizio, 22 erano malati di tubercolosi, mentre in Italia vi erano 42 casi ogni centomila abitanti. In questo periodo la morbosità di questa patologia coincideva con il tasso di mortalità. Dunque ancora una volta non c’è traccia di un potentissimo apparato repressivo agli ordini di Scelba. Anzi per gli anni 48 – 49 – 50 ci sono 67 poliziotti morti in servizio di cui 16 in ordine pubblico e 46 Carabinieri di cui 14 in ordine pubblico. D’altra parte lo stesso ritratto di Scelba disegnato dalla saggistica e dalla storiografia risulta notevolmente sfocato rispetto ai fatti. A testimoniarlo è Giuseppe Di Vittorio, leader carismatico della CGIL comunista quando ammette in Parlamento che le vertenze sindacali con la mediazione dei prefetti, quindi di Scelba, vengono risolte per il 90% in favore dei contadini. Altro argomento d’interesse è dato dalla diversità <<storica>> di comportamento di polizia e Carabinieri assai poco conosciuta e ancor meno descritta.
Antonio Sannino