febbraio-marzo/2006 - Contributi
 
Hai fatto carriera
di Antonio Ciaramella - Direttivo nazionale Siulp

Il Siulp aveva annunciato che non potevamo e non possiamo accettare nessun taglio che penalizzi la qualità del servizio reso dai poliziotti, specialmente in questo particolare momento di emergenza terroristica e riemersione del fenomeno mafioso, non proprio casuale, in prossimità delle consultazioni elettorali.
Eppure in questo clima di emergenza si ha l’impressione che la priorità sicurezza da “nazionale” sia divenuta “internazionale”. Di conseguenza, la Polizia di Stato, organo deputato prioritariamente alla sicurezza interna, viene trascurata e subisce tutti i tagli possibili contrariamente ad altre Forze, le quali attingono anche ai fondi previsti per la Difesa. Infatti, non viene riconosciuta la specificità delle Forze di polizia che ci ha consentito finora l’attribuzione di risorse supplettive, in occasione dei rinnovi contrattuali, rispetto all’intera categoria del pubblico impiego.
Invero, altro fatto anomalo, alcuni capitoli di spesa per l’Interno rimangono imperturbabilmente confermati e salvaguardati, più per favorire la preservazione degli apparati che l’operatività dei dipendenti. Infatti, tale operatività è frustrata dal perentorio taglio alle indennità accessorie (missioni, ecc.), alle spese necessarie per il rinnovo della strumentazione e della tecnologia nonché al blocco delle assunzioni di personale, ovvero mantenendo in una assurda posizione di precarietà 2.400 agenti di Polizia ausiliari e l’ingresso esclusivo in Polizia, a partire dal 2006, dei militari di leva che chiedono la mobilità (riconoscimento conclusivo per invogliare i giovani agli anni di sacrificio all’estero e sui fronti di intervento internazionale più disparati).
Infine, per sottolineare la diversità di trattamento, nella Finanziaria c’è la previsione per le esigenze dell’Arma dei Carabinieri (articolo 1, commi da 178 a 181) soltanto misure per incrementare la funzionalità dell’Amministrazione della Pubblica sicurezza attraverso una più razionale valorizzazione delle risorse dirigenziali della Polizia di Stato. Insomma, in parole povere, non un fondo economico ma misure ed il riconoscimento del trattamento economico prefettizio ai dirigenti generali di livello B, senza specificare quando e come e soprattutto gli altri ruoli dirigenziali e direttivi, che fine fanno?
A fronte di questo quadro desolante, cosa c’è di meglio che far tacere la truppa rumoreggiante con una bella carriera? Non resta che alimentare, impunemente ed ipocritamente, false aspettative agli operatori di Polizia.
A questo ingrato compito aderiscono, specie ad ottobre, i sindacatini dignitari di corte, quelli che una volta venivano definiti “gialli” ovvero dalla parte del padrone; i quali sopravvivono grazie alla paterna condiscendenza dell’Amministrazione che assicura loro una pietosa rappresentatività, non modificando l’art. 35 della legge 121/81. Degni del peggiore personaggio goldoniano “servo di due padroni”, per mesi hanno martellato la categoria promettendo folgoranti carriere verticali. All’apparir del vero, miseri caddero... ma ormai ottobre è passato e gli iscritti son stati gabbati!
Loro degno compare resta l’Amministrazione, assolutamente latitante nelle opportune sedi parlamentari per correggere gli obbrobri del “Riordinamento delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate”. Il risultato è il licenziamento di un provvedimento di riordino, recentemente partorito dalla Commissione Affari Costituzionali, che non accoglie alcun sufferimento delle parti sociali, quelle serie chiamate per un mero consulto, e penalizza definitivamente la nostra categoria.
A parte l’intervento in Finanziaria per la valorizzazione del ruolo dirigenti, che ha tutto l’aspetto di una elargizione ottriata, il provvedimento, che dovrà essere esaminato dalla Commissione Bilancio, non prevede alcun avanzamento ordinamentale e verticale ma pochi spiccioli per i soli ruoli apicali, per altro fumosa perché ancora non si conosce la scheda tecnica che dettaglia tale graziosa elargizione.
Molte sono, quindi, le perplessità che suscitano questo tortuoso tormentone di fine legislatura. I miglioramenti economici potevano essere fatti con la sottoscrizione di un mediocre contratto di lavoro senza scomodare la Commissione Affari Costituzionali che, per altro, non si è mostrata molto lungimirante in merito alla questione sicurezza confermando la nostra convizione che la sicurezza debba essere trattata da una apposita Commissione Interni.
La conclusione è il disprezzo dell’opposizione, che sottolinea la carenza di fondi per un vero riordino e promette colpi di emendamenti in aula, e la perseveranza del governo ormai proteso a definire a fine legislazione tutte le riforme e riformine possibili e promesse, al fine, evidentemente, di recuperare consensi nei partiti della coalizione e nei cittadini, che a dire dei sondaggi sono ormai perduti.
Il provvedimento prevede inoltre l’allungamento dei termini per l’approvazione del d.lgs, se tutto va bene a fine giugno 2006; nessun concorso o norme transitorie relative ad avanzamenti in ruolo, un fondo economico di soli 119 milioni di euro, di cui 74 al ruolo unico agenti, assistenti, sovrintendenti; 34 al ruolo unico dirigenti ed il restante 11 per la valorizzazione degli agenti e dei dirigenti.
Questo significa, al di là del gioco delle tre carte che qualche sindacato persevera nell’argomentare per salvare la faccia, per quanto riguarda il ruolo unico agenti, assistenti, sovrintendenti, significa 600 euro annui agli assistenti capo con dieci anni di servizio ed 800 ai sovrintendenti. Quindi, niente concorso aperto e avanzamento verticale, ma mera riqualificazione economica. Con l’aggravante che non si conosce l’entità numerica dei beneficiari ma si ha la consapevolezza dello sbilanciamento del ruolo in Polizia (20.000) contro quello dei Carabinieri (49.000).
Con questo finto riordino si disincentiva qualsiasi legittima aspirazione di avanzamento, in quanto in un ruolo unificato, ovviamente, questo avverrà soltanto per anzianità, corsi di formazione ed aggiornamento con esame finale, resta, amara consolazione, la salvaguardia del luogo di lavoro. Peggio ancora per gli altri ruoli, agli ispettori spetta la previsione di interventi perequativi anche a carattere economico che si tramuta nel solito contentino di un’altro grado: commissario. Contentino perché è una semplice dicitura di comodo che verrà applicata ai ruoli apicali degli ispettori superiori in cambio dell’abolizione del precedente appellativo “sostituto”, in quanto assorbirà le funzioni attualmente previste ai ruoli direttivi.
Nel ruolo unico dei dirigenti, sparisce ogni attribuzione economica o avanzamento ai commissari capi mentre ai vice questori aggiunti ci sarà il solito premio in denaro dopo un numero di anni di mancato avanzamento al ruolo superiore, forse tre, e così per gli altri gradi. In cambio, sganciamento del ruolo da ogni potere contrattuale ovvero concertazione sindacale con scadenza quadriennale e certezza di miglioramenti economici ma assoluto servilismo al potere dell’Amministrazione che gli fa apparire la chimera dell’aggancio ai ruoli prefettizi, che di fatto sono riservati soltanto ai dirigenti superiori classe B.
Per queste motivazioni, il Direttivo nazionale ha deciso la mobilitazione generale.
 

febbraio-marzo/2006 - Laboratorio
 
Una strategia per la sicurezza

Pubblichiamo la parte riguardante i problemi della sicurezza contenuta nel programma dell'Unione, concordato dai partiti del centro sinistra

Pubblichiamo la parte riguardante i problemi della sicurezza contenuta nel programma dell’Unione, concordato dai partiti del centro sinistra

La situazione della sicurezza in Italia è paradossale: con un numero di addetti ed un livello di spesa simili a quelli di altri Paesi europei, si ottengono risultati insoddisfacenti per i cittadini come per gli operatori del settore. Il problema principale è di strategia politica, di capacità organizzativa e di efficacia e qualità della spesa.
Sul piano della strategia politica servono strumenti adatti per analizzare le vecchie e le nuove minacce alla sicurezza, individuando i più efficaci mezzi di prevenzione e contrasto. È importante indicare le priorità e i punti critici sui quali intervenire con un’azione non solo emergenziale, ma che assicuri uno sviluppo coordinato e coerente delle misure e degli interventi.
Sul piano della capacità organizzativa e dell’efficacia della spesa, occorre correggere ad una situazione nella quale le risorse umane e finanziarie vengono utilizzate in modo irrazionale e poco efficace, con duplicazioni e sovrapposizioni.
Il cattivo uso delle risorse porta a situazioni inaccettabili sia per i cittadini, sia per gli operatori della sicurezza: manca il personale dove ve ne sarebbe più bisogno, i materiali più essenziali sono insufficienti, gli strumenti tecnologici sono inadeguati. In questo modo si ostacola l’efficace attuazione delle politiche della sicurezza. La crescente domanda di sicurezza da parte della collettività, a fronte di vecchi e nuovi rischi e pericoli, richiede la messa in opera di un programma di riorganizzazione, coordinamento e modernizzazione che rafforzi il rispetto della legalità, il contrasto della criminalità, la prevenzione delle minacce terroristiche.
La politica del centrodestra al riguardo si è mostrata del tutto indifferente: a vuoti annunci si sono affiancate misure che contrastano con il rispetto della legalità, l’inerzia rispetto alla criminalità economica, un abbassamento della guardia nel contrasto alla criminalità organizzata, l’utilizzo delle Forze di polizia per operazioni repressive del tutto ingiustificate; basti pensare ai fatti di Genova, per i quali ancora oggi non sono state chiarite le responsabilità politica e istituzionale (al di là degli aspetti giudiziari) e sui quali l’Unione propone, per la prossima legislatura, l’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta.
Basiamo il nostro programma in materia di sicurezza su alcuni punti principali:
- dovremo ricostruire una capacità strategica di analisi delle minacce e dei rischi reali alla sicurezza, non solo nell’ottica dell’ordine pubblico, ma con la costruzione di un quadro d’insieme, nel quale trovi posto anche l’individuazione dei mercati dell’illecito, l’analisi delle attività economiche più sensibili, l’esame delle professioni a rischio, le nuove forme di criminalità e la loro nuova dimensione, spesso sovranazionale;
- svilupperemo misure di controllo del territorio che consentano di ricostruire i flussi e i percorsi delle attività criminali e ricreino condizioni di vivibilità e sana imprenditorialità: per raggiungere questo obiettivo servirà la collaborazione delle Istituzioni rappresentative del territorio e della società civile;
- dovremo attuare una distinzione fra legalità e ordine pubblico: le misure che garantiscono il rispetto della legalità dovranno avere una dimensione sociale e collettiva che richiederà un grado ampio di cooperazione interistituzionale;
- daremo massima priorità al contrasto alla criminalità. Le organizzazioni criminali (la mafia, la ’ndrangheta, la sacra corona unita, la camorra e le nuove mafie di importazione) soffocano la vita civile, impediscono lo sviluppo, limitano e ostacolano l’esercizio dei diritti e delle libertà, tendono a condizionare lo stesso funzionamento della Democrazia, infiltrandosi nelle Istituzioni e nelle Amministrazioni, imponendo un modello di relazioni sociali feroce e primitivo e violando le regole che la società si è data. La priorità sarà massima in quei territori dove la criminalità ha “occupato” la società e l’economia e ostacola in misura decisiva lo sviluppo, la convivenza civile, la crescita e l’innovazione. Qui lo Stato sarà particolarmente presente e forte, in stretta cooperazione con le Istituzioni locali e la società civile, per garantire il rispetto delle regole e combattere la sopraffazione, la violenza e il condizionamento sui cittadini e sulle imprese;
- daremo maggiore attenzione sia ai reati connessi all’attività amministrativa, come la corruzione, sia alla criminalità economica, che falsa le condizioni di concorrenza e di mercato;
- stabiliremo uno stretto legame con le politiche di governo del territorio e dell’ambiente, dell’immigrazione e dell’accoglienza, della giustizia, dell’occupazione e del contrasto al lavoro irregolare, dei servizi sociali.
L’allarme sociale deriva da una crescente insicurezza degli individui e delle comunità a fronte di nuovi rischi e pericoli, ma anche a fronte di una vita quotidiana all’interno della quale si moltiplicano i conflitti e sembrano non più efficaci le tradizionali istanze di composizione e di mediazione. Risponderemo a questa insicurezza con un’azione articolata su più piani: non basta, infatti, la pur necessaria riorganizzazione delle attività e delle Forze di polizia, ma serve un collegamento integrato con le altre politiche:
- integrando le politiche di prevenzione – che spettano alle istituzioni democratiche e alla società civile - con le politiche di ordine pubblico e di repressione;
- individuando gli obiettivi in ragione del loro diretto impatto su specifici segmenti della criminalità e su determinati territori;
- orientando gli investimenti verso alcune priorità istituzionali ed economico sociali;
- assicurando strumenti efficaci di raccolta, elaborazione e diffusione delle informazioni;
- introducendo sistemi di valutazione e verifica delle politiche e dei risultati ottenuti.

Valorizzare gli operatori
della sicurezza
Tra i molti delusi dal governo Berlusconi si trovano anche gli operatori del settore sicurezza, centinaia di migliaia di dipendenti civili e militari che versano in condizioni certamente peggiori rispetto a quelle in cui si trovavano a lavorare solo all’inizio del governo di centrodestra. A poco è valsa la promessa elettorale di città più sicure. L’unica sicurezza è una Finanziaria che chiude la stagione del berlusconismo con l’ennesimo taglio alle spese correnti, costringendo le Forze dell’ordine a confrontarsi con imbarazzanti condizioni operative.
Sono anche più significative le proteste sollevate dalle Forze armate e dalle Forze dell'ordine, anche quelle impegnate nelle missioni italiane all’estero, per le condizioni di inadeguatezza nelle quali versano i contingenti.
La crisi di questa categoria di lavoratori pubblici si riflette sul servizio offerto ai cittadini. In tutto ciò il governo è latitante, come riassumono le vergognose parole pronunciate nell’ottobre 2005 da Berlusconi a seguito dell’omicidio Fortugno: “Cosa poteva fare di più il governo!”.
Bisognerà invece muovere da tre presupposti principali:
- migliorare le condizioni di lavoro delle Forze dell’ordine e delle Forze armate;
- realizzare uno straordinario sforzo di coordinamento per consentire a questi vasti apparati di elevare lo standard delle proprie prestazioni;
- c’è una grande quantità di risorse, umane e finanziarie, che possono meglio essere impiegate.
Tutto questo può essere fatto, ma occorrono una visione chiara ed una proposta seria, che tengano conto dei limiti di carattere finanziario in cui versa il Paese, restituendo però a questi lavoratori la piena percezione dell’importanza che ricoprono e dell’impegno che il governo investirà nel potenziare il settore in cui operano.
Partiamo dall’esigenza di coordinare e semplificare un sistema troppo complesso. Il coordinamento deve agire almeno su piani differenti: quello delle funzioni operative; quello dell’ordinamento del personale.
Con le iniziative concernenti le funzioni operative miglioreremo il coordinamento:
- a livello di sistema, garantendo la reale integrazione delle banche dati in possesso delle Forze dell’ordine;
- a livello territoriale, assicurando finalmente la totale funzionalità delle Centrali operative unificate anche in forza del completamento dell’interconnessione radio tra i Corpi;
- sul piano degli impieghi, con un programma di valutazione degli utilizzi incoerenti e irragionevoli di personale.
Le iniziative di coordinamento e la semplificazione dell’ordinamento del personale si concretizzeranno nei seguenti interventi:
- modifiche al modello contrattuale, individuando un Comparto unico, ma diviso in due aree, una per le Forze armate ed una per le Forze dell’ordine, razionalizzando le procedure attraverso una attribuzione unitaria delle stesse alla Presidenza del Consiglio dei Ministri;
- ripensamento del sistema della rappresentanza militare, attribuendo soggettività giuridica ai Cocer che attualmente sono uno strumento di partecipazione interno alle Amministrazioni militari, ma non hanno potestà di contrattazione. Devono invece poter prendere parte alla contrattazione, pur riconoscendone la specialità;
- contrattualizzazione della dirigenza, alla stregua di quanto avviene nelle Amministrazioni ministeriali;
- miglioramento dei meccanismi di mobilità territoriale;
- riapertura del canale di ingresso attraverso il concorso pubblico, e intervento sui meccanismi di scivolo dalle Forze armate a quelle dell’ordine, perché la formazione sia democratica ed aperta agli esterni. Dovremo inoltre bilanciare l’esigenza di salvaguardare dei canali di uscita dalla carriera militare operativa con l’esigenza di una formazione riorientata al lavoro nelle Forze dell’ordine;
- definizione di regole per migliorare la riconoscibilità degli operatori delle Forze dell'ordine nel corso delle operazioni di ordine pubblico, per una maggiore efficacia e trasparenza di queste attività;
- completamento della riforma della Polizia Penitenziaria, avviata nel 1990 ma non ancora conclusa.
Gli interventi rivestono carattere di priorità e dovranno avere inizio immediato per potersi realizzare nel medio termine. Ciò richiederà nella maggior parte dei casi non un intervento legislativo, ma un esercizio di volontà amministrativa.

Un’intelligence moderna
La riforma del sistema di intelligence non è più rinviabile. Le drammatiche trasformazioni del quadro geopolitico internazionale impongono la definizione di un nuovo assetto che superi quello ormai datato che risale al 1977. Per affrontare in maniera consapevole e preparata le nuove minacce che ormai incombono anche sui Paesi europei bisogna risolvere un problema di qualità e di efficacia dell’attività di intelligence.
Il centrodestra non ha saputo sciogliere questo nodo, producendo solo propaganda ed una proposta di riforma cui non è seguito nulla a causa delle divisioni interne alla maggioranza. In tale maniera è rimasto inevaso uno dei temi più rilevanti per la Democrazia italiana dei prossimi anni: quello del delicato rapporto tra libertà e sicurezza.
Sono sei gli indirizzi della nostra proposta in materia di intelligence:
1) la semplificazione della responsabilità politica delle agenzie;
2) il rafforzamento del potere di controllo parlamentare;
3) una chiara definizione delle “garanzie funzionali” per gli operatori;
4) una diversa distinzione dei compiti delle agenzie;
5) una selezione del personale più moderna;
6) la revisione del segreto di Stato.
Con questa proposta puntiamo a:
- semplificare il sistema della responsabilità politica superando la logica della doppia dipendenza (politica dal Presidente del Consiglio dei Ministri per entrambe le agenzie, funzionale dal Ministro dell’Interno per il Sisde e dal Ministro della difesa per il Sismi) per un modello che si fondi su un’unica e diretta dipendenza dal Presidente del Consiglio, che terrà i rapporti con gli organismi di controllo parlamentare e la direzione di un nuovo e ristretto comitato interministeriale composto, oltre al Presidente stesso, dai Ministri degli Esteri, dell’Interno, della Difesa e dell’Economia.
- rafforzare l’attività parlamentare di controllo, sia con una migliore modulazione dei relativi poteri, sia con la garanzia di presenze particolarmente qualificate in modo da aumentare l’efficacia della Commissione di controllo. Più in generale occorre limitare le possibilità per il governo di rifiutare di fornire informazioni per ragioni di segretezza, assicurando al contempo la riservatezza necessaria per l'adempimento dei compiti istituzionali dei servizi;
- definire in maniera compiuta le garanzie funzionali, cioè quali fattispecie di comportamenti possano essere ammesse ai fini investigativi e, corrispettivamente, quali beni non possono essere in nessun caso lesi o messi in pericolo, escludendo espressamente i beni di rango costituzionale e quelli di valore più elevato;
- fatto salvo il potere di direzione del Presidente del Consiglio dei Ministri, riformare le attuali competenze delle agenzie individuando i criteri territoriali e per materie che garantiscano un utilizzo più efficiente e razionale delle risorse;
- ripensare le modalità di selezione del personale, verso una sempre maggiore qualità degli operatori, valutando possibilità e modalità di ingressi dall’esterno della Pubblica amministrazione, nei nuovi bacini di competenze necessari per le attività di intelligence;
- riformare il segreto di Stato, in modo da determinare preventivamente, in via legislativa o regolamentare, i criteri per la sua apposizione e dare un chiaro fondamento normativo al potere del governo di dichiarare segreti o riservati atti, documenti, notizie ed attività, prevedendo entro un termine definito la sua decadenza obbligatoria e automatica.
Tale riforma risponde ad una esigenza che non consente attese: la realizzeremo in via prioritaria.

 

febbraio-marzo/2006 - Panorama sindacale
 
Le notizie dei sindacati
di

Siulp

Il Segretario provinciale di Roma Francesco Carta ha dichiarato quanto segue: “Desta grande preoccupazione la situazione organica della Polizia presso l’Aeroporto di Fiumicino. Fino ad oggi le esigenze di sicurezza dello Scalo sono state ampiamente garantite, sebbene con grandi sacrifici da parte degli uomini della Polaria, ciò nonostante, il cosiddetto Piano di Sicurezza Nazionale prevedesse almeno il 30% di poliziotti oltre l’attuale pianta organica. Dal decorso nove gennaio, altri 40 uomini hanno lasciato la Polizia di Fiumicino, il 90% dei quali prelevati proprio dal settore Sicurezza.
Verrebbe da pensare che siano cessate le segnalazioni di allarme e che l’aeroporto Leonardo da Vinci non sia più considerato un obiettivo sensibile; tuttavia, non è affatto così. La situazione permane immutata ed il livello d’attenzione, dopo il fatidico 11 settembre 2001, è sempre altissimo ma ora inizia a costare veramente troppo, soprattutto quando questo avviene con il sacrificio degli uomini oltre qualsivoglia accordo sindacale. Non è più possibile chiedere la fruizione di qualche giorno libero. Diventa critica la situazione anche delle ferie, basti pensare che alcuni dei quaranta colleghi trasferiti, in virtù del loro status di agenti ausiliari trattenuti, non avendone fruito nel corso del 2005, hanno perso, per legge, parte del proprio congedo ordinario.
Tutto ciò sta via via assumendo aspetti paradossali, con la ricerca continua, da parte della dirigenza locale, di espedienti, per sopperire alla mancanza di uomini nelle varie postazioni come le chiusure di qualche passaggio di servizio o l’attribuzione agli addetti al controllo passaporti di ulteriori mansioni di sicurezza. Non si comprende come il ministero dell’Interno non provveda all’immediato reintegro della forza mancante o, in ultima analisi, alla rivisitazione sostanziale del Piano Sicurezza locale, per una volta tenendo conto del reale numero di uomini a disposizione e soprattutto dei loro legittimi diritti contrattuali”.
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La Segreteria provinciale di Ancona comunica: “Nei giorni scorsi il questore di Ancona ha incontrato i Segretari provinciali per informali sulla certezza che il suo mandato come maggior responsabile della questura di Ancona terminerà entro maggio e che i contatti con gli stessi, molto probabilmente, si ridurranno a causa di una serie di circostanze illustrateci che ritengo inutile qui citare.
Non nascondiamo che ci è sorto il legittimo dubbio che da qui a maggio si venga a creare un ‘sostanziale’ vuoto di potere, che solo in parte potrà essere riempito con l’opera di delegazione che necessariamente si avrà; questo non certo per una inesistente incampacità soggettiva del delegato, ma per un oggettivo limite dell’incarico stesso.
Il problema che ci poniamo diventa delicato e le problematiche sorte o che sorgeranno si prospettano di non facile soluzione, rischiando di trovare soluzione esclusivamente con passaggi traumatici. Gli interessi di cui il sindacato è portatore non possono avere incertezze nella loro soluzione o nell’individuazione degli interlocutori deputati ad affrontarli e risolverli.
Questa è una questura in cui vi sono alcune questioni aperte e parte di esse sono laceranti; nate e proliferate sotto questa gestione, lasciarle in sospeso può significare, parafrasando un linguaggio pertinente all’attuale momento politico, una sola cosa: ‘aver sciolto anticipatamente le Camere’; questo non è concesso ad un questore della Repubblica.
Su questo siamo stati chiari nell’incontro avuto con il questore di Ancona, anche se forse siamo apparsi brutali o indelicati. Non abbiamo motivo di dubitare delle rassicurazioni avute, ma come sempre saranno i fatti il terreno in cui, per ognuno di noi, si misureranno le buone intezioni.
Sarebbe verapente spiacevole, anche per noi, reclamare pubblicamente e formalmente una ‘fine anticipata del mandato’ rispetto alla sua naturale scadenza, ma ci auguriamo che non diventi una scelta obbligata”.
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La Segreteria provinciale di Bologna comunica: “Il Siulp stronca l’intesa tra questura e Atc per potenziare la presenza dei poliziotti a bordo degli autobus dicendo, in sostanza, che questo genere di progetti non è affatto la cosiddetta ‘sicurezza partecipata’ ma una misura di puro e semplice presidio.
Una scelta preoccupante con i poliziotti sottratti ad altri servizi e chiamati di fatto a scortare letteralmente gli autobus cittadini. Una scelta poco condivisibile sia sotto il profilo dell’efficacia, sia perché ancora una volta emerge in maniera inquietante quella tendenza a militarizzare il territorio nella speranza di creare un invalicabile confine tra microcriminalità e i cittadini.
Per il Siulp, la sicurezza partecipata si sta riducendo ad una serie di messaggi mediatici, puntualmente divulgati dopo ogni incotro che la questura ha con soggetti istituzionali e non sul tema della sicurezza. Secondo il Siulp, poi, non si rassicurano i cittadini con risorse umane, peraltro sottratte ad altri servizi, utilizzati come un semaforo rosso per i borseggiatori che si orienterebbero fatalmente in altri luoghi. Anni di dibattiti sulla sicurezza a poco sono serviti se si spera di ridurre la microcriminalità senza sollecitare anche altre forme di prevenzione spesso molto più efficaci in particolare a bordo degli autobus. Ad esempio, una macchiana obliteratrice posta alla fermata dell’autobus permetterebbe di evitare quei fatali momenti di distrazione, soprattutto da parte di persone anziane, vittime dei borseggiatori.
In ogni caso, per ora, il progetto per i bus dimostra, secondo il Siulp, che in assenza di una strategia organica e complessiva che valorizzi la professionalità dei lavoratori di Polizia, le risposte alle domande di sicurezza viaggiano ancora sull’onda di una immaginaria emergenza che sposta l’attenzione sul fenomeno che, di volta in volta, viene sottoposto all’attenzione del questore”.