Pubblichiamo la parte
riguardante i problemi della sicurezza contenuta nel programma dell’Unione,
concordato dai partiti del centro sinistra
La situazione della sicurezza in Italia è paradossale: con un numero di
addetti ed un livello di spesa simili a quelli di altri Paesi europei, si
ottengono risultati insoddisfacenti per i cittadini come per gli operatori
del settore. Il problema principale è di strategia politica, di capacità
organizzativa e di efficacia e qualità della spesa.
Sul piano della strategia politica servono strumenti adatti per analizzare
le vecchie e le nuove minacce alla sicurezza, individuando i più efficaci
mezzi di prevenzione e contrasto. È importante indicare le priorità e i
punti critici sui quali intervenire con un’azione non solo emergenziale, ma
che assicuri uno sviluppo coordinato e coerente delle misure e degli
interventi.
Sul piano della capacità organizzativa e dell’efficacia della spesa, occorre
correggere ad una situazione nella quale le risorse umane e finanziarie
vengono utilizzate in modo irrazionale e poco efficace, con duplicazioni e
sovrapposizioni.
Il cattivo uso delle risorse porta a situazioni inaccettabili sia per i
cittadini, sia per gli operatori della sicurezza: manca il personale dove ve
ne sarebbe più bisogno, i materiali più essenziali sono insufficienti, gli
strumenti tecnologici sono inadeguati. In questo modo si ostacola l’efficace
attuazione delle politiche della sicurezza. La crescente domanda di
sicurezza da parte della collettività, a fronte di vecchi e nuovi rischi e
pericoli, richiede la messa in opera di un programma di riorganizzazione,
coordinamento e modernizzazione che rafforzi il rispetto della legalità, il
contrasto della criminalità, la prevenzione delle minacce terroristiche.
La politica del centrodestra al riguardo si è mostrata del tutto
indifferente: a vuoti annunci si sono affiancate misure che contrastano con
il rispetto della legalità, l’inerzia rispetto alla criminalità economica,
un abbassamento della guardia nel contrasto alla criminalità organizzata,
l’utilizzo delle Forze di polizia per operazioni repressive del tutto
ingiustificate; basti pensare ai fatti di Genova, per i quali ancora oggi
non sono state chiarite le responsabilità politica e istituzionale (al di là
degli aspetti giudiziari) e sui quali l’Unione propone, per la prossima
legislatura, l’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta.
Basiamo il nostro programma in materia di sicurezza su alcuni punti
principali:
- dovremo ricostruire una capacità strategica di analisi delle minacce e dei
rischi reali alla sicurezza, non solo nell’ottica dell’ordine pubblico, ma
con la costruzione di un quadro d’insieme, nel quale trovi posto anche
l’individuazione dei mercati dell’illecito, l’analisi delle attività
economiche più sensibili, l’esame delle professioni a rischio, le nuove
forme di criminalità e la loro nuova dimensione, spesso sovranazionale;
- svilupperemo misure di controllo del territorio che consentano di
ricostruire i flussi e i percorsi delle attività criminali e ricreino
condizioni di vivibilità e sana imprenditorialità: per raggiungere questo
obiettivo servirà la collaborazione delle Istituzioni rappresentative del
territorio e della società civile;
- dovremo attuare una distinzione fra legalità e ordine pubblico: le misure
che garantiscono il rispetto della legalità dovranno avere una dimensione
sociale e collettiva che richiederà un grado ampio di cooperazione
interistituzionale;
- daremo massima priorità al contrasto alla criminalità. Le organizzazioni
criminali (la mafia, la ’ndrangheta, la sacra corona unita, la camorra e le
nuove mafie di importazione) soffocano la vita civile, impediscono lo
sviluppo, limitano e ostacolano l’esercizio dei diritti e delle libertà,
tendono a condizionare lo stesso funzionamento della Democrazia,
infiltrandosi nelle Istituzioni e nelle Amministrazioni, imponendo un
modello di relazioni sociali feroce e primitivo e violando le regole che la
società si è data. La priorità sarà massima in quei territori dove la
criminalità ha “occupato” la società e l’economia e ostacola in misura
decisiva lo sviluppo, la convivenza civile, la crescita e l’innovazione. Qui
lo Stato sarà particolarmente presente e forte, in stretta cooperazione con
le Istituzioni locali e la società civile, per garantire il rispetto delle
regole e combattere la sopraffazione, la violenza e il condizionamento sui
cittadini e sulle imprese;
- daremo maggiore attenzione sia ai reati connessi all’attività
amministrativa, come la corruzione, sia alla criminalità economica, che
falsa le condizioni di concorrenza e di mercato;
- stabiliremo uno stretto legame con le politiche di governo del territorio
e dell’ambiente, dell’immigrazione e dell’accoglienza, della giustizia,
dell’occupazione e del contrasto al lavoro irregolare, dei servizi sociali.
L’allarme sociale deriva da una crescente insicurezza degli individui e
delle comunità a fronte di nuovi rischi e pericoli, ma anche a fronte di una
vita quotidiana all’interno della quale si moltiplicano i conflitti e
sembrano non più efficaci le tradizionali istanze di composizione e di
mediazione. Risponderemo a questa insicurezza con un’azione articolata su
più piani: non basta, infatti, la pur necessaria riorganizzazione delle
attività e delle Forze di polizia, ma serve un collegamento integrato con le
altre politiche:
- integrando le politiche di prevenzione – che spettano alle istituzioni
democratiche e alla società civile - con le politiche di ordine pubblico e
di repressione;
- individuando gli obiettivi in ragione del loro diretto impatto su
specifici segmenti della criminalità e su determinati territori;
- orientando gli investimenti verso alcune priorità istituzionali ed
economico sociali;
- assicurando strumenti efficaci di raccolta, elaborazione e diffusione
delle informazioni;
- introducendo sistemi di valutazione e verifica delle politiche e dei
risultati ottenuti.
Valorizzare gli operatori
della sicurezza
Tra i molti delusi dal governo Berlusconi si trovano anche gli operatori del
settore sicurezza, centinaia di migliaia di dipendenti civili e militari che
versano in condizioni certamente peggiori rispetto a quelle in cui si
trovavano a lavorare solo all’inizio del governo di centrodestra. A poco è
valsa la promessa elettorale di città più sicure. L’unica sicurezza è una
Finanziaria che chiude la stagione del berlusconismo con l’ennesimo taglio
alle spese correnti, costringendo le Forze dell’ordine a confrontarsi con
imbarazzanti condizioni operative.
Sono anche più significative le proteste sollevate dalle Forze armate e
dalle Forze dell'ordine, anche quelle impegnate nelle missioni italiane
all’estero, per le condizioni di inadeguatezza nelle quali versano i
contingenti.
La crisi di questa categoria di lavoratori pubblici si riflette sul servizio
offerto ai cittadini. In tutto ciò il governo è latitante, come riassumono
le vergognose parole pronunciate nell’ottobre 2005 da Berlusconi a seguito
dell’omicidio Fortugno: “Cosa poteva fare di più il governo!”.
Bisognerà invece muovere da tre presupposti principali:
- migliorare le condizioni di lavoro delle Forze dell’ordine e delle Forze
armate;
- realizzare uno straordinario sforzo di coordinamento per consentire a
questi vasti apparati di elevare lo standard delle proprie prestazioni;
- c’è una grande quantità di risorse, umane e finanziarie, che possono
meglio essere impiegate.
Tutto questo può essere fatto, ma occorrono una visione chiara ed una
proposta seria, che tengano conto dei limiti di carattere finanziario in cui
versa il Paese, restituendo però a questi lavoratori la piena percezione
dell’importanza che ricoprono e dell’impegno che il governo investirà nel
potenziare il settore in cui operano.
Partiamo dall’esigenza di coordinare e semplificare un sistema troppo
complesso. Il coordinamento deve agire almeno su piani differenti: quello
delle funzioni operative; quello dell’ordinamento del personale.
Con le iniziative concernenti le funzioni operative miglioreremo il
coordinamento:
- a livello di sistema, garantendo la reale integrazione delle banche dati
in possesso delle Forze dell’ordine;
- a livello territoriale, assicurando finalmente la totale funzionalità
delle Centrali operative unificate anche in forza del completamento
dell’interconnessione radio tra i Corpi;
- sul piano degli impieghi, con un programma di valutazione degli utilizzi
incoerenti e irragionevoli di personale.
Le iniziative di coordinamento e la semplificazione dell’ordinamento del
personale si concretizzeranno nei seguenti interventi:
- modifiche al modello contrattuale, individuando un Comparto unico, ma
diviso in due aree, una per le Forze armate ed una per le Forze dell’ordine,
razionalizzando le procedure attraverso una attribuzione unitaria delle
stesse alla Presidenza del Consiglio dei Ministri;
- ripensamento del sistema della rappresentanza militare, attribuendo
soggettività giuridica ai Cocer che attualmente sono uno strumento di
partecipazione interno alle Amministrazioni militari, ma non hanno potestà
di contrattazione. Devono invece poter prendere parte alla contrattazione,
pur riconoscendone la specialità;
- contrattualizzazione della dirigenza, alla stregua di quanto avviene nelle
Amministrazioni ministeriali;
- miglioramento dei meccanismi di mobilità territoriale;
- riapertura del canale di ingresso attraverso il concorso pubblico, e
intervento sui meccanismi di scivolo dalle Forze armate a quelle
dell’ordine, perché la formazione sia democratica ed aperta agli esterni.
Dovremo inoltre bilanciare l’esigenza di salvaguardare dei canali di uscita
dalla carriera militare operativa con l’esigenza di una formazione
riorientata al lavoro nelle Forze dell’ordine;
- definizione di regole per migliorare la riconoscibilità degli operatori
delle Forze dell'ordine nel corso delle operazioni di ordine pubblico, per
una maggiore efficacia e trasparenza di queste attività;
- completamento della riforma della Polizia Penitenziaria, avviata nel 1990
ma non ancora conclusa.
Gli interventi rivestono carattere di priorità e dovranno avere inizio
immediato per potersi realizzare nel medio termine. Ciò richiederà nella
maggior parte dei casi non un intervento legislativo, ma un esercizio di
volontà amministrativa.
Un’intelligence moderna
La riforma del sistema di intelligence non è più rinviabile. Le drammatiche
trasformazioni del quadro geopolitico internazionale impongono la
definizione di un nuovo assetto che superi quello ormai datato che risale al
1977. Per affrontare in maniera consapevole e preparata le nuove minacce che
ormai incombono anche sui Paesi europei bisogna risolvere un problema di
qualità e di efficacia dell’attività di intelligence.
Il centrodestra non ha saputo sciogliere questo nodo, producendo solo
propaganda ed una proposta di riforma cui non è seguito nulla a causa delle
divisioni interne alla maggioranza. In tale maniera è rimasto inevaso uno
dei temi più rilevanti per la Democrazia italiana dei prossimi anni: quello
del delicato rapporto tra libertà e sicurezza.
Sono sei gli indirizzi della nostra proposta in materia di intelligence:
1) la semplificazione della responsabilità politica delle agenzie;
2) il rafforzamento del potere di controllo parlamentare;
3) una chiara definizione delle “garanzie funzionali” per gli operatori;
4) una diversa distinzione dei compiti delle agenzie;
5) una selezione del personale più moderna;
6) la revisione del segreto di Stato.
Con questa proposta puntiamo a:
- semplificare il sistema della responsabilità politica superando la logica
della doppia dipendenza (politica dal Presidente del Consiglio dei Ministri
per entrambe le agenzie, funzionale dal Ministro dell’Interno per il Sisde e
dal Ministro della difesa per il Sismi) per un modello che si fondi su
un’unica e diretta dipendenza dal Presidente del Consiglio, che terrà i
rapporti con gli organismi di controllo parlamentare e la direzione di un
nuovo e ristretto comitato interministeriale composto, oltre al Presidente
stesso, dai Ministri degli Esteri, dell’Interno, della Difesa e
dell’Economia.
- rafforzare l’attività parlamentare di controllo, sia con una migliore
modulazione dei relativi poteri, sia con la garanzia di presenze
particolarmente qualificate in modo da aumentare l’efficacia della
Commissione di controllo. Più in generale occorre limitare le possibilità
per il governo di rifiutare di fornire informazioni per ragioni di
segretezza, assicurando al contempo la riservatezza necessaria per
l'adempimento dei compiti istituzionali dei servizi;
- definire in maniera compiuta le garanzie funzionali, cioè quali
fattispecie di comportamenti possano essere ammesse ai fini investigativi e,
corrispettivamente, quali beni non possono essere in nessun caso lesi o
messi in pericolo, escludendo espressamente i beni di rango costituzionale e
quelli di valore più elevato;
- fatto salvo il potere di direzione del Presidente del Consiglio dei
Ministri, riformare le attuali competenze delle agenzie individuando i
criteri territoriali e per materie che garantiscano un utilizzo più
efficiente e razionale delle risorse;
- ripensare le modalità di selezione del personale, verso una sempre
maggiore qualità degli operatori, valutando possibilità e modalità di
ingressi dall’esterno della Pubblica amministrazione, nei nuovi bacini di
competenze necessari per le attività di intelligence;
- riformare il segreto di Stato, in modo da determinare preventivamente, in
via legislativa o regolamentare, i criteri per la sua apposizione e dare un
chiaro fondamento normativo al potere del governo di dichiarare segreti o
riservati atti, documenti, notizie ed attività, prevedendo entro un termine
definito la sua decadenza obbligatoria e automatica.
Tale riforma risponde ad una esigenza che non consente attese: la
realizzeremo in via prioritaria. |