I frutti della riforma
Uno dei fattori culturali venuti alla luce, con i fatti relativi al rapimento e
liberazione di Giuliana Sgrena e la conseguente tragica scomparsa di Nicola
Calipari, è l'incredibile fenomeno di incontro e di condivisione di
atteggiamenti e obiettivi avvenuti fra un particolare modo di fare giornalismo,
nello specifico i giornalisti del manifesto, e settori dell'intelligence
e delle forze di polizia in genere. Una reciproca considerazione e
legittimazione dei ruoli, che per la cultura laica del nostro paese rappresenta
una visibile e straordinaria novità positiva. Nonostante quello che in futuro
dovremo aspettarci di negativo dalla ricostruzione di questa storia, non dovrà
mai venire meno il giudizio sulle persone, sul rigore e l'etica professionale
dimostrata dai due maggiori protagonisti della vicenda, che giorno dopo giorno
si tenta di far passare come soggetti perlomeno imprudenti. Questo forte e
comune senso di appartenenza e di identità comunitaria che si è determinata
nella vicenda in cui la burocrazia «sicuritaria» ha saputo interpretare
nell'azione i toni e i sentimenti della stragrande maggioranza dei cittadini, al
di fuori anche della mediazione di circostanza degli apparati della politica,
che in gran parte sono apparsi come messi di fronte ai fatti. L'identità
comunitaria riscontrata nell'ambito degli ambienti dell'informazione e della
sicurezza rappresenta un fecondo rivolo della nuova storia repubblicana e non è
frutto di aspetti congiunturali e casuali, ma il risultato di quell'incontro di
culture complesse e di esercizi di reciproco ascolto e di laicità culturale e
professionale al di fuori delle emotività del paese. Non si può fare a meno di
riscontrare nella storia delle forti tracce lasciate dalla legge 121/81, riforma
della polizia. I cittadini hanno potuto riscontrare anche nel momento del
ricordo e del dolore elementi culturali che travalicavano le ritualità di
circostanza e l'abusato ruolo totemistico delle forze di sicurezza per
raccogliere un segnale di concreta erogazione di un diritto, quello alla
sicurezza, che proprio per la sua delicata caratteristica necessita di una
riappropriazione collettiva che, per propria natura, deve essere il frutto di
una condivisione culturale generale. Un fatto di cronaca dal simbolismo
«inclusivo» di valori come quelli di pace e mediazione ed «escludente» di
termini come quelli di guerra e ricatto, una partecipazione «civica» delle forze
di polizia che in qualche maniera dovrebbe riavvicinare alle istituzioni
sicuritarie quella gran massa di giovani ancora perplessi dalle storie di
«cultura separata» che aveva trovato un suo protagonismo nelle pagine della
cronaca del G8 di Genova.
Luigi Notari, segretario
nazionale Siulp