La ricorrenza di un fatto importante quale
fu l’avvento della legge 121/81, chiederebbe un riscontro gioioso, cosa che
non è proprio possibile in un Paese che in questi venti anni ha visto
intersecarsi diversi fattori - alcuni colposi, altri sicuramente dolosi -
tutti mirati alla destrutturazione di quella legge e di ciò che nei
contenuti ideali rappresentava. Una Riforma che portava altresì una
sindacalizzazione di una categoria tanto delicata per lo Stato, quale è
quella dei poliziotti, non poteva che essere osteggiata in un’Italia
fondamentalmente conservatrice e legata a revanscismi militaristici più
puntati al formalismo dei lustrini e delle sciabole che non al maturamento
di un valido apparato investigativo.
Le ultime visibili pressioni per smantellare le Specialità della Polizia di
Stato, per dequalificare i ruoli tecnici, per incentivare la diaspora dei
funzionari verso altre Amministrazioni ed ancora l’incremento contrattuale
eccessivamente spostato sulle indennità connesse a servizi di prevenzione
del territorio e di ordine pubblico, tutto si mostra propedeutico ad una
ridefinizione della Polizia di Stato che, anziché valorizzarne le dimostrate
capacità, cerca di farle scomparire.
Una scomparsa che trova ampio conforto in coloro che da sempre ritengono più
affidabile l’Arma dei Carabinieri, soprattutto perché a status militare e
non sindacalizzata. Ma ben noto è il fatto che i giochi di potere si
programmino nelle stanze dei Comandi e non fra coloro che quotidianamente
garantiscono sicurezza ai cittadini lavorando gomito a gomito sulle
questioni del vivere comune.
Pertanto, su quesiti del tipo: “ma quando l’Italia attuerà i criteri di
Schengen in merito alla smilitarizzazione di tutti i Corpi di Polizia?”
Oppure: “ perché non si adotta il programma del partito della Rifondazione
Comunista che propone di unificare i Corpi e le risorse?” Si poggia la
domanda più significativa: “Chi e perché, ha interesse che la situazione
anomala dell’Italia perduri in questi termini relativamente a tale settore?”
Possibile che si debba necessariamente pensare di adattare sulla devolution
il concetto della sicurezza, appiattito ai modelli americani? E perché,
anche se quello fosse un passaggio obbligato, comunque lo si vuole rendere
antagonistico fra le due maggiori forze di Polizia e non si prevede invece
appunto di unificarne i settori identici?
Con tanti dubbi del genere, si può comprendere come la ricorrenza di una
legge che veramente faceva in origine pensare ad una progressiva maturazione
democratica dei Corpi di Polizia, di fatto si sia trasformata in un dramma.
Udire senatori della Repubblica, come il leghista Speroni, affermare che la
regionalizzazione della Polizia di Stato è una cosa che si decide in
Parlamento ed anche se non piace ai più di centomila lavoratori della Ps
deve essere comunque accettato, fa capire come il valore della parola
democrazia, sia probabilmente molto diversamente interpretabile a seconda
che il potere lo si gestisca o lo si subisca.
Non è credibile il modello che si vuole imporre, ma se veramente chi governa
il Paese vuole dare un servizio alla collettività, sfuggendo ai perversi
giochi del potere autarchico, faccia propri i programmi - condivisibili per
i contenuti da chiunque abbia una coscienza democratica - del partito della
Rifondazione Comunista.
Forse così, con una Riforma unificante e che magari del modello americano
prenda i criteri gerarchici, probabilmente si potrebbe veramente
festeggiarne poi la ricorrenza. |