Pattuglie senza carburante, mense chiuse, organici ridotti: lo scandalo di giugno già messo a tacere
Forze dell'ordine, la questione delle risorse tocca la democrazia
 
 
Puntualmente, ad ogni scadenza elettorale, la grancassa della propaganda resuscita i fantasmi dell'insicurezza e della paura. Tossici, migranti (anzi «clandestini»), giovani delle periferie urbane, attori della protesta sociale e di piazza diventano, loro malgrado, protagonisti del dibattito politico.

Ci ricordiamo tutti la campagna elettorale della Casa delle libertà (e, per la verità, anche di una parte del centrosinistra) nel 2001: un'orgia di cifre sui reati commessi dalla cosiddetta microcriminalità e grandi promesse di risposte spietate, a "tolleranza zero". L'importante è alimentare l'ansia prodotta dalla precarietà e incanalarla verso appositi capri espiatori. Del resto, i «devianti» di ogni genere servono o no a questo? Che ci stanno a fare, se non a legittimare risposte repressive e a far sì che l'attenzione pubblica sia distolta dai veri problemi, si chiamino questi, di volta in volta, disoccupazione, povertà, fine del welfare? O guerra, conflitto di interessi, attacco alla Costituzione e alla magistratura?

Nulla di nuovo, lo sappiamo. Ma se a qualcuno venisse il dubbio che, oltre che poco originale, questo ragionamento sia anche scarsamente fondato, a rassicurarlo basterebbe una circostanza incontrovertibile, emersa con grande scalpore qualche settimana fa e subito sparita dalle pagine dei quotidiani. Alludiamo alla questione delle risorse destinate dal governo alle forze dell'ordine e ai corpi di vigilanza, a cominciare dai vigili del fuoco. Il fatto è di una chiarezza disarmante. Quanto più si specula sull'ossessione sicuritaria della "gente", tanto meno poi si opera in concreto per fornire un servizio al pubblico in termini di tutela del patrimonio artistico e ambientale e di effettiva sicurezza nei quartieri e sulle strade, nei cantieri e nelle fabbriche.

Lo scandalo delle risorse negate a polizia di Stato, vigili del fuoco e corpo forestale dello Stato è scoppiato con grande fragore alla fine di giugno. Sono emersi fatti incredibili. Pattuglie della Stradale senza possibilità di rifornirsi di carburante, divise vecchie che non vengono sostituite o sporche che non vengono lavate, motoscafi (a Venezia) in perenne avaria, mense chiuse, uffici senza cancelleria, commissariati a ranghi ridotti o in fase di liquidazione per mancanza di personale ed alcuni sotto sfratto esecutivo, poligoni di tiro dismessi, scuole di formazione abolite. Per non dire di straordinari non pagati, indennità di trasferta arbitrariamente decurtate, decine di concorsi cancellati, a fronte di una drammatica carenza degli organici. Il caso dei vigili del fuoco è emblematico. Mancano 15mila unità, mentre 3mila giovani del concorso pubblico del '98 attendono ancora di essere assunti: chissà con quante migliaia di ettari di bosco la collettività pagherà anche quest'anno tanta irresponsabilità.

Sono venute alla luce situazioni che sarebbero comiche (pare che alla Direzione investigativa antimafia di Roma le fotocopiatrici siano ferme per mancanza di carta) se ad andarci di mezzo non fosse tante volte la vera sicurezza dei cittadini, com'è accaduto a Varese, lo scorso 20 giugno, quando un pirata della strada riuscì a farla franca perché l'unica pattuglia della volante in servizio in tutta la provincia (un'auto peraltro sprovvista dell'attrezzatura di rilevazione di incidenti gravi) si trovava a oltre trenta chilometri di distanza.

Lì per lì sembrò che lo scandalo (peraltro suffragato dalle dichiarazioni del prefetto Pansa) avrebbe fatto finalmente scoppiare il bubbone, invece fu subito calma piatta. E ora non se ne parla più, il problema parrebbe dimenticato: e anche queste ultime 5.601 assunzioni (tra polizia e forze armate), propagandate con enfasi spropositata, lasciano le cose come stavano, date le dimensioni del problema.

Riteniamo tutto ciò vergognoso e gravissimo. Non solo perché ci vanno di mezzo decine di migliaia di lavoratori che svolgono attività difficili e pericolose e che meriterebbero ben altro trattamento e il rispetto dell'amministrazione. Ma anche perché questa incuria semina malcontento e rischia di acuire il senso di frustrazione e di separatezza che spesso alligna tra le forze dell'ordine, mettendone a repentaglio la sensibilità democratica.

Qui rischia di saldarsi un circolo vizioso che ci preoccupa. La destra lesina risorse, crea condizioni insostenibili per gli operatori delle forze dell'ordine, ma rischia paradossalmente di incassare i frutti avvelenati di questa esasperazione. E non c'è da farsi illusioni - Genova insegna - sull'uso che si ripromette di farne. Il panorama che emerge dalle lettere di lavoratori in divisa che di tanto in tanto Liberazione riceve e pubblica non consente dubbi in proposito. Nelle caserme e nei commissariati sono frequenti violazioni dei diritti e intimidazioni. La logica gerarchica è sovente applicata allo scopo di cementare un malinteso spirito di corpo ispirato al "cameratismo" e di impedire ogni forma di trasparenza e di esercizio critico, specie quando è in questione l'impiego della forza nella "tutela dell'ordine pubblico".

Per questo - mentre par di avvertire sullo sfondo un sinistro «tintinnar di sciabole» - è urgente che la questione della democrazia tra le forze dell'ordine e la battaglia per il riconoscimento del servizio che esse rendono al paese siano assunte con decisione dall'opposizione e da tutte le forze democratiche del paese. Ponendo al centro un'idea fondamentale. Che in democrazia le forze dell'ordine svolgono un servizio civile, non costituiscono corpi separati. E che nelle loro file operano lavoratori dotati degli stessi diritti e bisognosi delle stesse tutele di tutti gli altri.

Massimiliano Valdannini
segretario Provinciale Siulp Roma