Con un fragoroso silenzio, nella più
totale disattenzione da parte delle forze politiche del Paese, è stato
approvato il decreto legislativo con il quale in attuazione della delega
contenuta nell’art. 5 della legge 78/2000 si è provveduto a riordinare i
ruoli dei funzionari direttivi e dirigenti della Polizia di Stato.
La notizia artatamente si è da sempre propinata all’opinione pubblica
riguardo le contrapposizioni fra Arma dei Carabinieri (Quarta Forza armata)
e Polizia di Stato, mentre in realtà il disegno complessivo e sotterraneo
consiste nella perfetta e totale omogeneizzazione di tali fondamentali
istituzioni agli apparati burocratici.
È un riordino che per certi aspetti mette fine a quello che è stato il
movimento democratico dei poliziotti nato circa trent’anni orsono e che nel
Paese ha cercato di dare un taglio nuovo all’attività di Polizia.
Infatti la nuova rideterminazione delle qualifiche direttive, sia nella
Polizia di Stato che nei Carabinieri, armonizza la Polizia ai gradi dei
Carabinieri, per ora solo nella simbologia terminologica, ma di fatto, in
questa delicata fase culturale che il Paese attraversa in materia di
sicurezza, invece di funzioni e specificità, si sono riproposti gradi e
qualifiche.
Non è un caso che nella normativa non si parli di funzioni ma di gerarchia,
intesa come valore di riferimento, armonizzazione come conformità, mentre
questa società abbisogna invece di risposte complesse e diversificate.
La vicenda ha, per certi aspetti, dell’incredibile, e ricostruirne il
percorso può sembrare, ad una superficiale lettura, facile; in realtà,
invece, un’analisi approfondita evidenzia la difficoltà di comprendere come
le forze politiche progressiste possano sostenere scelte di cui non se ne
comprendono né i fini né i bisogni per la collettività.
In realtà i bisogni sottesi alla norma, a parere di chi scrive, sono quelli
di dare risposta ai sentimenti, come detto, di autorità, intesa come potere
a se stante, che è cosa ben diversa dall’autorevolezza capace di dare
risposte al senso di insicurezza che pervade il Paese.
Dieci anni di governi tecnici di fatto hanno portato il Paese a risentire
profondamente della concezione espressa in merito dai cosiddetti
opinionisti, della cui obiettività è dato dubitare, mentre con riferimento
alle questioni strutturali, esse in realtà risultano completamente gestite
secondo gli orientamenti espressi dagli apparati preposti alla sicurezza.
Infatti questa riforma è una riforma fatta per rispondere alle esigenze dei
vertici Carabinieri prima e della Polizia poi, esigenze come sopra detto di
chiusura e non di apertura verso la società che hanno trovato in questo
governo di centrosinistra, bisogno di legittimazione da parte degli
apparati, più che delle esigenze dei lavoratori e dei cittadini.
Uno scambio di legittimazione reciproca tanto forte da far registrare in
questi anni vere e proprie isterie della destra ingelosita dall’intensità
dei rapporti che attraverso le scellerate scelte del riordino faranno
ricadere tutte le declamate contraddizioni sui cittadini e su quanti, in
questi anni, hanno cercato di valorizzare le vere ed esclusive esigenze
antitetiche agli obiettivi di questa riforma.
Una riforma chiaramente scritta e voluta dagli apparati di Polizia, in
particolare dai vertici dell’Amministrazione, che, per quanto riguarda la
Polizia di Stato, l’hanno di propria mano redatta indifferenti dalle
esigenze espresse da tutte le organizzazioni sindacali, realizzando così una
leva che scardinerà l’impianto della 121/81.
In sintesi si tratta dell’epilogo di un continuo e incessante lavoro di
erosione della 121/81 da parte dei “poteri forti” del Viminale che non ne
aveva mai condiviso l’impianto, e, con il pretesto indilazionabile della
riforma dell’Arma, sono riusciti nell’intento.
Le responsabilità della politica sono tante, ma altrettante sono da
registrare le incapacità dei movimenti di rappresentanza che agiscono
all’interno dei Corpi separati: per quanto concerne la Polizia, ventitré
sigle sindacali, compresa quella dello scrivente, sono state incapaci di
comprendere il fenomeno quasi ritorsivo nei confronti di una legge, la
121/81, che aveva dimostrato pur nelle sue contraddizioni, di funzionare,
sia nella lotta alla mafia ed al terrorismo, ostacolando in qualche modo la
deriva autoritaria che in materia di sicurezza si sta avviando nel Paese.
Dare una risposta sui motivi degli atteggiamenti della sinistra di governo
sinceramente appare arduo, forse dovremmo scomodare Focault oppure lo
psichiatra della Asl più vicina. Ad ogni modo non vogliamo e non proviamo ad
immaginare quello che in futuro con il metodo della delega governativa potrà
fare in queste materie un governo di centrodestra.
Luigi Notari
Segretario Nazionale Siulp |