REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.5016/08

Reg.Dec.

N. 4177 Reg.Ric.

ANNO   2005

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 4177 del 2005 proposto dal Ministero dell’Interno in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato presso cui è per legge domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12;

contro

@@@@@@@@ @@@@@@@@, rappresentata e difesa dagli avv.ti ...

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, Milano Sezione I, n.252 del 10 febbraio 2005, resa tra le parti;

     visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

     visto l’atto di costituzione in giudizio e vista la memoria della parte appellata;

     visti gli atti tutti della causa;

     alla pubblica udienza del 17 giugno 2008, relatore il Consigliere ...

     ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

     Con ricorso notificato il 19.11.1994 e depositato al TAR per la Lombardia, la sig.ra @@@@@@@@ @@@@@@@@, agente della Polizia di Stato in servizio presso la Questura di Milano, impugnava, unitamente a tutti gli atti  comunque connessi, il decreto del Capo della Polizia 4.11.1993 n.333 – D/27579, con il quale veniva disposta la sua destituzione, motivata in relazione alla delibera del Consiglio provinciale di disciplina in data 10.9.1993, da cui risultava che la medesima aveva frequentato assiduamente “al di fuori delle esigenze di servizio … persona dedita ad attività criminosa dalla quale riceveva regali alcuni dei quali trovati presso la propria abitazione in sede di perquisizione domiciliare”, evidenziando “nel complesso un comportamento immorale ed in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento”. E ciò in quanto, da intercettazioni telefoniche  e da successiva perquisizione domiciliare, era emerso che la sig.ra @@@@@@@@ – coinvolta con l’agente @@@@@@@@ e con il proprio marito, anch’egli agente di P.S., in un’indagine relativa a spaccio e traffico di stupefacenti e poi sottoposta a procedimento penale, conclusosi tuttavia con decreto di archiviazione della notizia di reato - aveva ricevuto dal pluripregiudicato @@@@@@@@ @@@@@@@@, elemento di spicco nell’indagine stessa, i regali suddetti in cambio di favori ricevuti, regali poi sequestrati per la ritenuta provenienza illecita.

     A sostegno del gravame, la ricorrente deduceva censure di eccesso di potere sotto i profili del difetto assoluto di motivazione del decreto impugnato, del travisamento dei fatti e dell’illogicità manifesta, nonchè di violazione dei termini di cui agli artt. 19 e 20 del D.P.R. n.737 del 1981, osservando, in particolare, che dalla deposizione del collega @@@@@@@@ era risultato che la ricorrente stessa, collaborando con lui, aveva mantenuto contatti, anche in via strettamente confidenziale, con il pregiudicato anzidetto in quanto “informatore” della Polizia, e che di tale collaborazione sarebbe stato comunque a conoscenza anche l’ispettore @@@@@@@@, superiore dell’interessata e del proprio marito.

     Nel giudizio si costituiva l’Amministrazione intimata, che controdeduceva al ricorso, concludendo per la sua reiezione.

     Con la sentenza in epigrafe specificata l’adito Tribunale accoglieva il proposto gravame, ritenendo fondata l’assorbente censura di eccesso di potere per travisamento dei fatti ed illogicità manifesta come sopra formulata.

     Avverso tale pronuncia, ritenuta ingiusta e gravemente lesiva degli interessi dell’Amministrazione, è stato interposto l’odierno appello, con il quale il Ministero dell’Interno ha dedotto, nella sostanza, l’erroneità della ricostruzione dei fatti effettuata dal TAR e della ritenuta compatibilità delle condotte contestate alla ricorrente con l’obiettivo di mantenere e rafforzare i rapporti confidenziali con il menzionato  pregiudicato, rilevando, inoltre, che i primi giudici avrebbero sovrapposto all’apprezzamento delle risultanze istruttorie effettuato dall’Amministrazione procedente una propria autonoma valutazione degli elementi  acquisiti in sede istruttoria, con ciò “travalicando i limiti fissati alla cognizione del giudice amministrativo”.

     Ricostituitosi il contraddittorio nell’attuale fase di giudizio, la parte appellata ha contestato le argomentazioni ex adverso svolte dal Ministero dell’Interno, concludendo per la reiezione del ricorso in esame.

La cause è stata, infine, assunta in decisione nella pubblica udienza del 17 giugno 2008.

MOTIVI  DELLA DECISIONE

     1. Come emerge dalla esposizione che precede, il Giudice di  primo grado ha annullato il provvedimento di destituzione dal servizio, disposto dal Capo della Polizia nei confronti dell’agente di P.S. @@@@@@@@ @@@@@@@@, per avere ritenuto fondata la censura, dedotta dalla medesima, di eccesso di potere per travisamento dei fatti ed illogicità manifesta.

     Il TAR ha accolto, infatti, la tesi dell’interessata, secondo la quale ella non sarebbe incorsa negli addebiti mossi dall’Amministrazione, avendo offerto la propria disponibilità, unitamente al proprio marito, a collaborare con l’agente @@@@@@@@ (che per ragioni del suo ufficio intratteneva rapporti con il  pregiudicato @@@@@@@@, “informatore” della Polizia), disponibilità della quale sarebbe stato a conoscenza l’ispettore @@@@@@@@, suo superiore (il quale peraltro non avrebbe assunto alcuna iniziativa per interrompere tale collaborazione e poi, in sede di audizione innanzi alla Commissione di disciplina, avrebbe tenuto anche un comportamento  reticente), e secondo la quale, quindi, le proprie condotte sarebbero state pienamente compatibili con la funzione ricoperta, in quanto volte a mantenere adeguati rapporti con il pregiudicato suddetto, considerato  prezioso informatore.

     2. La pronuncia dei primi giudici viene ora contestata dal Ministero appellante che nella sostanza rileva che il TAR avrebbe sovrapposto all’apprezzamento delle risultanze emerse nel corso del procedimento svolto dall’Amministrazione una valutazione autonoma degli elementi  acquisiti in via istruttoria,  superando così i limiti “fissati alla cognizione del giudice amministrativo”e che, comunque, dalla delibera del Consiglio di Disciplina, posta alla base del provvedimento impugnato, sarebbero emerse con chiarezza le ragioni su cui si fondava il convincimento del Ministero circa la sussistenza nel caso in esame delle gravi condotte contestate all’originaria ricorrente, la cui frequentazione del pregiudicato sopra indicato “non era stata dettata da ragioni di servizio, ma esclusivamente per fini personali”. Dal che l’insussistenza, ad avviso della parte pubblica appellante, dei vizi di eccesso di potere come sopra prospettati e poi riscontrati nella sentenza impugnata.

     3. Tali rilievi dell’appello sono fondati.

     4. Premesso che rientra certamente nell’ambito della discrezionalità dell’Amministrazione che svolge il procedimento disciplinare la valutazione dei fatti e delle prove, nonché della punibilità del comportamento del dipendente nei confronti del quale è stato instaurato il procedimento stesso, con la conseguenza che la detta valutazione non può essere sindacata in sede giurisdizionale se non in caso di travisamento dei fatti e manifesta illogicità, ritiene il Collegio che tale ipotesi non si sia in effetti verificata nella specie, essendo i fatti addebitati alla sig.ra @@@@@@@@ corrispondenti al vero e tali da giustificare la sanzione disciplinare della destituzione disposta con il provvedimento impugnato col ricorso originario, provvedimento che, pertanto, non può ritenersi inficiato dai vizi di eccesso di potere denunciati dall’interessata, secondo quanto erroneamente statuito nella gravata pronuncia.

     Ed invero, in ordine alla ricostruzione dei fatti relativi alla vicenda che ha interessato l’odierna appellata, assumono  valore determinante gli elementi che possono desumersi dagli atti del procedimento disciplinare,  oltre che dal decreto di archiviazione sopra indicato, elementi ben tenuti presenti negli atti impugnati e che rendono, appunto, attendibile la ricostruzione operata dall’Amministrazione procedente nel caso di cui trattasi.

     Innanzi tutto, dal menzionato decreto di archiviazione risulta evidenziato come la condotta della sig.ra @@@@@@@@ lasciava “ampi spazi di riflessione sotto il profilo deontologico e quindi disciplinare, non essendo per nulla in linea con quello che si dovrebbe aspettare da un pubblico ufficiale”, provocando anzi, nello stesso Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, “non poca inquietudine, da un lato, per la disinvoltura con cui si intrecciavano approfonditi legami certamente ed evidentemente disdicevoli” e, dall’altro, per l’apparente “scarsa percezione della gravità della condotta in relazione alla funzione ricoperta”.

     D’altra parte, dal procedimento disciplinare svolto emerge con chiarezza che:

l’agente sig.ra @@@@@@@@ era rimasta coinvolta nell’indagine effettuata, essenzialmente attraverso intercettazioni telefoniche, sul conto di una organizzazione criminale finalizzata al traffico di stupefacenti, per avere avuto “rapporti confidenziali con tale @@@@@@@@ @@@@@@@@, membro della organizzazione, abituale assuntore di sostanze stupefacenti e pluripregiudicato” e che la medesima  aveva ricevuto “numerosi e costosi regali dal predetto in cambio favori ricevuti”, regali poi rinvenuti e sequestrati, perché di illecita provenienza, a seguito di perquisizione domiciliare disposta da parte della Procura presso il Tribunale di Bergamo (v. atto di contestazione di addebiti in data 26.3.2003);

la stessa sig.ra @@@@@@@@ aveva confermato l’assidua frequentazione del @@@@@@@@, non ignorando - come emerso da apposita intercettazione telefonica - che il predetto era elemento importante di un’organizzazione malavitosa (peraltro pregiudicato per numerosi reati, quali: associazione a delinquere,  stupefacenti, armi, rapina, furto e ricettazione) e dedito ad attività illecite (v. relazione del funzionario istruttore del 6.5.1992);

l’odierna appellata aveva ammesso di avere avuto dal @@@@@@@@ gli oggetti rinvenuti in sede di perquisizione domiciliare, parte in regalo e parte dietro pagamento di somme, peraltro del tutto sproporzionate, in difetto, al valore dei beni stessi, somme che denotavano l’illecita provenienza dei beni (v. relazione avanti citata) e di avere  ricevuto anche una somma di L. 500.000, poi restituita, ed altre somme di denaro, appositamente richieste, e tenute nell’armadio del proprio figlio senza informarne il proprio marito (v.verbale del Consiglio di disciplina del 10.9.1993);

     5. In definitiva, sulla base degli elementi dell’istruttoria svolta e sopra descritti, non può ritenersi che il provvedimento impugnato in prime cure sia inficiato dai vizi di eccesso di potere per travisamento dei fatti ed illogicità manifesta, come non correttamente statuito, in accoglimento della specifica censura formulata dalla ricorrente, dai primi giudici, la cui argomentazione essenziale, in base alla quale l’ispettore di polizia @@@@@@@@ sarebbe stato reticente e non avrebbe confutato le dichiarazioni rese dal @@@@@@@@ in ordine alla collaborazione offerta dalla odierna appellata e da suo marito nella propria attività di indagine, deve essere considerata  destituita di fondamento per quanto avanti rilevato.

     6. Alcun argomento, peraltro, può trarsi in favore della tesi, espressa nella sentenza impugnata e dalla stessa parte appellata, circa la conferma  dell’affidabilità e della fedeltà della sig.ra @@@@@@@@ nei confronti dell’Amministrazione, conferma che si sarebbe verificata ex post con il riconoscimento dell’ottimo stato di servizio della predetta da parte dei superiori nel decennio 1994-2004, qualità queste che avevano consentito all’interessata di ottenere anche la promozione della qualifica di agente a quello di assistente di polizia, giacché, come rilevato nell’appello in esame, l’avanzamento alla qualifica di assistente non presuppone una particolare valutazione ed avviene automaticamente al compimento della prescritta anzianità di servizio in assenza di cause tassative di cui alle norme nello stesso appello richiamate (art.61 del D.P.R. n.335/1982, artt. 93 e 205 del D.P.R. n.3/1957, art.15, ultimo comma, del D.Lgs. n.271/1989, artt. 61 del D.Lgs. n.33/2000 e 3 bis del D.Lgs n.197/1995).

     7. Non può intravedersi, infine, nella sanzione della destituzione, irrogata nel caso in esame, l’eccessività a cui fa cenno la memoria della parte appellata rispetto ad una vicenda nella quale la sig.ra @@@@@@@@, pur essendo rimasta coinvolta per il tempo necessario alle indagini, era stata poi prosciolta dall’accusa formulata in sede penale, posto che il giudizio di tenuità di una  sanzione disciplinare è direttamente correlato alla qualità dell’interessata e non può essere certamente connotato di “tenuità” il comportamento di un agente di polizia istituzionalmente preposto alla tutela dell’ordine, che come nella specie, in contrasto con i doveri di lealtà e correttezza assunti con il giuramento, abbia frequentato assiduamente, al di là delle specifiche esigenze di servizio, un soggetto dedito ad attività criminosa e ricevuto dal medesimo vari regali, evidenziando in tal modo un grave comportamento contrastante con i doveri assunti con il giuramento.

     Quanto alla valutazione della gravità di un tale comportamento ai fini disciplinari e alla proporzione tra la sanzione disciplinare irrogata e la gravità dei fatti contestati, si tratta, in ogni caso, di attività che costituisce manifestazione del discrezionale apprezzamento dell’amministrazione,  suscettibile di sindacato di legittimità solo per macroscopici vizi logici, che nella specie non sussistono (in tal senso, cfr. Cons. St., Sez. IV, n. 2624/2003; n.2705/2005).

     8. In conclusione, nella vicenda di cui l’agente @@@@@@@@ si è resa protagonista, avuto riguardo alle modalità di tempo e di luogo in cui è maturata e si è sviluppata, appare evidente la violazione dei doveri istituzionali, con grave pregiudizio all’Amministrazione di appartenenza; dal che la correttezza dell’operato dell’Amministrazione stessa che,  riscontrata la mancanza di affidamento sulle doti morali e professionali dell’agente anzidetta, posta alla base della destituzione, ha poi disposto, sulla base di un apprezzamento di natura tecnico discrezionale non censurabile per quanto sopra esposto, il provvedimento di destituzione oggetto della controversia..

     9. L’appello in esame va, pertanto, accolto.

     Sussistono peraltro giustificate ragioni per disporre tra le parti in causa la compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello indicato in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la sentenza impugnata.                        

     Spese compensate.

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma, il 17 giugno 2008 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

...

                            Consigliere

Presidente

.

Consigliere       Segretario


 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA 
 

Il 16/10/2008

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione


 
 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 
 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa  
 

al Ministero.............................................................................................. 
 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 
 

                                    Il Direttore della Segreteria

 
 

N.R.G. 4177/2005


 

FF