REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N. 4057/2009

Reg.Dec.

N. 5661 Reg.Ric.

ANNO   2007

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 5661/2007, proposto da @@@@@@@ @@@@@@@ rappresentato e difeso dagli Avv. -

contro

MINISTERO DELL'INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio in Roma via dei Portoghesi n. 12;

per l'annullamento

della sentenza del T.R.G.A. – Sezione Autonoma della Provincia di @@@@@@@ n. 184/2007.

     Visto il ricorso con i relativi allegati;

     Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero intimato;

     Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Alla pubblica udienza del 3 marzo 2009 relatore il Consigliere -

     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO E DIRITTO

     I. Con la sentenza n. 184 del 2007 il Tar di @@@@@@@ ha respinto il ricorso dell’agente della Polizia di Stato, @@@@@@@ @@@@@@@, avverso il decreto del Capo della Polizia dell’1.8.2006 con il quale il dipendente è stato trasferito per incompatibilità ambientale dalla Questura di @@@@@@@ – Commissariato di P.S. di @@@@@@@ al Compartimento di polizia ferroviaria di @@@@@@@ – Posto Polfer di  @@@@@@@.

     Dal provvedimento impugnato risulta che l’assistente di polizia era stato già segnalato il 2.5.2005 dalla Questura di @@@@@@@ per un trasferimento a seguito di indagini relative al fenomeno dello spaccio di sostanze stupefacenti e a causa di un asserito rapporto di frequentazione tra il pubblico dipendente e un pregiudicato; che il @@@@@@@ era stato deferito all’autorità giudiziaria per  rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio (art. 326 c.p.), reato poi archiviato il 3.3.2006; che per la frequentazione col pregiudicato il 16.5.2006 gli era stata inflitta la sanzione disciplinare della pena pecuniaria nella misura di 2/30 di una mensilità di stipendio; che i rapporti col pregiudicato avevano leso il prestigio dell’ufficio e fatto venir meno la fiducia di cui devono godere le forze di polizia; che, avviato l’iter procedurale per il trasferimento, la Questura di @@@@@@@ aveva valutato le controdeduzioni dell’interessato (secondo il quale egli si era limitato ad accompagnare a casa in macchina in una sola occasione il predetto pregiudicato), e aveva ritenuto che, per l’archiviazione del procedimento penale e per l’esito di quello disciplinare, non erano più sussistenti i motivi di incompatibilità ambientale che avevano suggerito la proposta di trasferimento; che invece la Direzione interregionale di Polizia aveva confermato l’esigenza del trasferimento d’autorità; che non era plausibile l’asserita  semplice conoscenza del pregiudicato; che era stata valutata anche la situazione familiare del dipendente e si era deciso per il suo trasferimento.

     Il Tar ha ritenuto  che la peculiare disciplina per il personale di P.S. è caratterizzata da una serie di limitazioni non previste per il personale civile dello Stato; che nella gestione del personale di polizia sussiste un ampio potere discrezionale della p.a.; che il trasferimento è motivato con la situazione oggettiva del disagio che si è prodotto nell’ambito dell’ambiente di lavoro a @@@@@@@ ove il @@@@@@@ presta servizio, tale da compromettere il servizio stesso; che ai fini della legittimità del trasferimento per incompatibilità non è nemmeno richiesto che vi siano comportamenti penalmente sanzionabili, essendo sufficiente che essi siano comunque di nocumento al prestigio dell’ufficio; che il trasferimento non ha finalità sanzionatorie ma è subordinato ad una valutazione ampiamente discrezionale dei fatti; che l’inosservanza del termine per la conclusione del procedimento (2 mesi oltre la scadenza dei 120 giorni), censurata dal ricorrente, non è causa di illegittimità del provvedimento conclusivo.

     II. La sentenza è appellata dal dipendente della Polizia di Stato, il quale, criticando la motivazione del giudice di prime cure, ripropone gli originari motivi di ricorso:

     1) violazione dell’art. 55, comma 4, del d.p.r. 335 del 1982, dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990: la p.a. ha deciso sulla base di una falsa rappresentazione della realtà e con motivazione viziata e illogica; il giudice isola taluni fatti addotti dal Capo della polizia rivelatisi falsi e indimostrati; l’asserita situazione di disagio dell’ufficio si è rivelata del tutto insussistente; il rapporto con il pregiudicato non è mai esistito, essendosi il dipendente limitato a dare un passaggio a costui; la motivazione è arbitraria; l’immagine e il prestigio dell’ufficio possono essere lesi da fatti e circostanze note a soggetti non appartenenti alla p.a., ma nessuna notorietà ha avuto quell’unico episodio; il trasferimento è stato adottato per un “rapporto” di frequentazione inesistente;

     2) violazione dell’art. 55, comma 3, del d.p.r. n. 335 del 1982 e dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990: nel trasferimento d’ufficio si deve tener conto delle esigenze di servizio e della situazione familiare del dipendente, potendo essere disposto anche in soprannumero; non è stata valutata la possibilità di scegliere una sede più vicina alla famiglia, come @@@@@@@ o @@@@@@@;

     3) violazione dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990: erra la sentenza nell’affermare che il termine per la conclusione del procedimento non è perentorio e che la sua violazione non comporta la decadenza del potere di decidere, perché si tratta di termini che sono stati fissati dalla stessa p.a.

     III. Si è costituito nel presente grado di giudizio il Ministero dell’interno, il quale ha ribadito il carattere ampiamente discrezionale del provvedimento adottato e la correttezza dell’operato della p.a. che ha anche vagliato la situazione familiare del dipendente.

     IV. Con successiva memoria di udienza l’appellante ha insistito nelle sue tesi difensive, evidenziando la manifesta sproporzione tra il provvedimento adottato e il singolo episodio storicamente acclarato.

     V. Con ordinanza n. 4461 del 28.8.2007 è stata respinta l’istanza cautelare.

     All’udienza del 3 marzo 2009 la causa è passata in decisione.

     VI. L’appello deve essere accolto per la fondatezza del primo motivo di carattere assorbente.

     Ed invero la giurisprudenza consolidata sul trasferimento per incompatibilità ambientale di un pubblico dipendente anche appartenente alla Polizia di Stato, pur riconoscendo l’ampia discrezionalità di cui dispone la p.a., ha affermato che siffatto provvedimento non si sottrae al sindacato del giudice amministrativo sotto il profilo della logicità, della completezza della motivazione e dell’eventuale travisamento dei presupposti, non potendosi inoltre prescindere dalla riferibilità della situazione di disagio dell’ufficio al comportamento del dipendente, con aggancio all’episodio storico che ne ha determinato l’adozione.

     Va anche ricordato che il trasferimento per incompatibilità ambientale non è di carattere  punitivo  e non si può basare su un eventuale provvedimento disciplinare irrogato per una qualsiasi ragione; scopo del trasferimento per incompatibilità è quello di ripristinare il corretto e sereno funzionamento dell’ufficio, restituendo allo stesso il prestigio, l’autorevolezza o l’immagine perduti (Cons. di Stato, IV, n. 2970 del 2003).

     Ciò è stato sostenuto anche per il personale della Polizia di Stato, per il quale, pur a seguito della smilitarizzazione avvenuta per effetto della legge n. 121 del 1981, permangono margini di esercizio del potere dell’Amministrazione più estesi di quelli presenti nei rapporti ordinari d’impiego, con una discrezionalità che si avvicina a quella amplissima esercitata nei confronti del personale militare.

     Deve comunque sussistere una precisa correlazione tra il comportamento del dipendente e la situazione di incompatibilità riferibile alla sua presenza in loco (es: situazione di conflittualità con i superiori e con i colleghi; scarso inserimento del dipendente nella realtà operativa dell’ufficio; ecc.)

     VII. Nella specie va sottolineato che le motivazioni addotte dalla p.a. non sono sufficienti per sostenere il trasferimento per incompatibilità ambientale.

     In relazione all’ipotesi di reato ex art. 326 c.p. è stata disposta l’archiviazione in data 7.9.2005 con la seguente motivazione “rilevato che dalle indagini preliminari non sono emersi contatti tra l’indagato” @@@@@@@ e il soggetto pregiudicato.

     Quanto al procedimento disciplinare, dai relativi atti (Consiglio di disciplina del 13.3.2006) risulta che “non è stata comprovata” la esistenza di rapporti di amicizia o di frequentazione del dipendente con il pregiudicato, essendosi il primo limitato a dare un passaggio in macchina al secondo in un’unica circostanza che sarebbe avvenuta nel marzo 2005.

     Particolare rilievo assume, poi,  la nota della Questura di @@@@@@@ del 14.3.2006 nella quale si afferma che “non sussistono più i motivi di incompatibilità ambientale per l’assistente della Polizia @@@@@@@”. Parimenti è da sottolineare che nella stessa data la Direzione interregionale di Padova, ignorando il parere della Questura di cui sopra, esprime invece l’avviso che si proceda al trasferimento. Ciò dimostra la mancanza del dovuto collegamento tra uffici, necessario per la corretta adozione delle determinazioni concernenti i pubblici dipendenti.

     In proposito, è significativo che l’ufficio che ha più conoscenze per valutare l’eventuale nocumento al servizio è certamente la Questura di @@@@@@@, che è più vicina alla sede di servizio del dipendente, mentre l’ufficio di Padova non può essere al corrente dell’effettiva situazione che si è creata altrove.

     Ancora, se si esaminano le date degli atti che si sono succeduti si rileva che, a fronte di un episodio verificatosi nel maggio 2005, il trasferimento è stato adottato il 1.8.2006 e che il dipendente era in missione a Belluno fin dal 5.9.2005, più volte prorogata fino al 1.8.2006, quando gli si ordina di rientrare presso la Questura di appartenenza “al fine di effettuare il previsto trasferimento”.

     Ciò dimostra la fragilità della motivazione del trasferimento, perché la destinazione in missione presso altro ufficio, distante da @@@@@@@, implica che nessuna lesione al prestigio dell’ufficio di appartenenza può essere avvenuta, non essendo il dipendente presente per lungo tempo in quell’ufficio.

     E’ ancora da sottolineare il comportamento tenuto dall’Amministrazione, la quale ha ottemperato alla sospensiva, disposta dal Tar in data 19.12.2006, soltanto con atto del 5.3.2007 con il quale ha reintegrato il dipendente presso il Commissariato di @@@@@@@ di appartenenza.

     VIII. Orbene, nel richiamare la giurisprudenza amministrativa  che ha riconosciuto che, nei riguardi di un agente di pubblica sicurezza, preposto per compiti di istituto alla tutela della sicurezza pubblica e che, come tale, deve riscuotere la fiducia nell’ambiente di lavoro e nella collettività che alle forze di polizia affida la propria sicurezza, è sufficiente che dal provvedimento emergano elementi logici e chiari, che siano adeguati a rendere la figura dell’agente offuscata da ombre idonee a nuocere, attraverso la sua persona, al prestigio dell’ufficio, e che la valutazione da parte della p.a. dei fatti i quali possono far ritenere nociva, per il prestigio dell’ufficio, l’ulteriore  permanenza nella sede di servizio va correlata alla delicatezza delle funzioni che sono affidate alle forze di polizia (Cons. di Stato, VI, n.  1922 del 2008), il Collegio osserva come nel caso concreto sia mancata una ponderazione e una motivazione idonea, logica e non inficiata da travisamenti dei fatti per sostenere un provvedimento fondato su una presunta “frequentazione con un pregiudicato” che, sulla base degli atti, si è rivelata inesistente.

     IX. In accoglimento dell’appello va riformata la sentenza impugnata e va accolto il ricorso di primo grado con conseguente annullamento del provvedimento gravato in prime cure. Sono fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

     Sussistono giusti motivi per l’integrale compensazione delle spese processuali per entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

     il Consiglio di Stato, sezione sesta, definitivamente pronunciando, sull’appello in epigrafe lo accoglie e, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla il provvedimento gravato in prime cure; spese compensate.

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma, il 3 marzo 2009 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:


 

Presidente
 
 
 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 
 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa  
 

al Ministero.............................................................................................. 
 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 
 

                                    Il Direttore della Segreteria

 
 

N.R.G. 5661/2007


 

FF