N.1213/2007

Reg. Dec.

N. 832

Reg. Ric.

Anno 2000 
 

R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

      Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso iscritto al NRG 832\2000, proposto da ...omissisvld... ...omissisvld..., rappresentato e difeso dall’avvocato Ignazio Serra ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, viale Mazzini n. 131;

contro

Ministero della difesa e Ministero dei trasporti, ciascuno in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato ex lege domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione I, n. 109 del 25 gennaio 1999.

Visto il ricorso in appello;

visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa e del Ministero dei trasporti;

viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

visti gli atti tutti della causa;

data per letta alla pubblica udienza del 6 febbraio 2007 la relazione del consigliere Vito Poli, uditi l’avv. Serra e l’Avvocato dello Stato Ventrella;

ritenuto e considerato quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. Con sentenza del G.i.p. del Tribunale di Trani - n. 213 del 29 aprile 1996, irrevocabile il 13 giugno 1996 - al capitano di corvetta (C.P.) ...omissisvld... ...omissisvld... veniva inflitta, ex art. 444 c.p.p., la pena di anni uno e mesi quattro di reclusione per i reati di peculato continuato, falsità materiale ed ideologica continuate, soppressione di atti pubblici; nel corpo della sentenza il giudice dava atto espressamente della sussistenza dei reati e del risarcimento del danno effettuato dall’imputato.

La sentenza penale veniva notificata dal ...omissisvld... all’amministrazione in data 14 settembre 1996.

1.1. Disposta inchiesta formale (cfr. determinazione del 20 novembre 1996), si procedeva alla contestazione degli addebiti  (peculato continuato e falsità continuata) a mezzo nota datata 2 dicembre 1996 comunicata personalmente il successivo 5 dicembre.

Il ...omissisvld... prendeva visione di tutti gli atti acquisiti all’inchiesta formale e depositava memoria difensiva datata 13 dicembre 1996.

1.2. Acquisita la relazione finale redatta a conclusione dell’inchiesta formale, il Comandante in capo del Dipartimento militare marittimo di Taranto proponeva, a mente dell’art. 77, comma 2, l. n. 113 del 1954, la sanzione della sospensione disciplinare dall’impiego per mesi 12 (cfr. proposta del 16 gennaio 1997).

La direzione generale per il personale militare della marina si discostava dalla proposta, ex art. 77, comma 3, cit., a cagione della estrema gravità degli addebiti, deferendo il ...omissisvld... al consiglio di disciplina in vista della comminatoria della perdita del grado per rimozione (cfr. nota del 17 febbraio 1997).

1.3. Nominato il consiglio di disciplina, il ...omissisvld... veniva invitato ad esercitare la facoltà di ricusazione ex art. 84, l. 113 cit. (cfr. nota 21 febbraio 1997 comunicata il successivo giorno 26); con telex del 26 febbraio 1997 (inviato alle ore 12,30) quest’ultimo chiedeva un congruo termine per visionare gli atti in possesso del consiglio e predisporre le proprie difese; il richiesto termine veniva negato in ragione della inesistenza di atti nuovi non conosciuti dall’inquisito e contestualmente veniva fissata l’udienza disciplinare per il 27 febbraio 1997 (cfr. note del 26 febbraio 1997 comunicate alle ore 21,30 dello stesso giorno).

Davanti al consiglio di disciplina: veniva letta la memoria difensiva redatta dal ...omissisvld... nel corso dell’inchiesta formale; quest’ultimo rispondeva a tutte le domande ammettendo di aver prelevato somme di denaro in momenti di difficoltà economica; non forniva alcuna spiegazione in ordine alla contraffazione della firma del comandante; infine, depositava una memoria con cui insisteva per la concessione dei termini a difesa (cfr. verbale del 27 febbraio 1997).

Preso atto che il consiglio di disciplina lo aveva giudicato meritevole di non conservare il grado, il Direttore generale per il personale militare della marina, di concerto con il Comando generale delle Capitanerie di porto, comminava la sanzione della perdita del grado per rimozione (cfr. decreto del 4 marzo 1997).

1.4. Avverso tale sanzione il ...omissisvld... articolava le seguenti censure:

a) violazione degli artt. 74, l. n. 113 del 1954, 104, t.u.imp.civ. St., 15, l. n. 382 del 1978, sotto il profilo della totale genericità dell’atto di contestazione degli addebiti;

b) violazione dell’art. 77, l. n. 113 cit. perché il deferimento al consiglio di disciplina non è stato disposto dal Comandante in capo del Dipartimento marittimo militare di Taranto;

c) violazione dell’art. 111, comma 4, t.u.imp.civ.St., non essendo stato concesso il termine minimo a difesa di venti giorni fra la data di comunicazione dell’udienza disciplinare e quella di svolgimento effettivo;

d) eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica, avendo l’amministrazione negato il diritto di difesa allo scopo di impartire una lezione esemplare;

e) violazione dell’art. 9, l. n. 19 del 1990 sotto il profilo che il procedimento disciplinare si era concluso oltre il termine perentorio di 90 gg. sancito dalla norma in esame;

f) violazione dell’art. 71, comma 1, l. n. 113 cit., perché la perdita del grado andava inflitta con decreto presidenziale;

g) violazione degli artt. 77 e 88, l. n. 113 cit. sotto il profilo che la decisione di sottoporlo al consiglio di disciplina e la conseguente perdita del grado non erano state adottate dal Ministro ma da organo incompetente.

2. L’impugnata sentenza – T.a.r. per la Puglia, sezione I, n. 109 del 25 gennaio 1999 – ha respinto tutti i motivi compensando integralmente fra le parti le spese di giudizio.

3. Con ricorso notificato il 24 gennaio 2000, e depositato il successivo 3 febbraio, il capitano ...omissisvld... ...omissisvld... proponeva appello avverso la su menzionata sentenza del T.a.r. riproponendo criticamente tutte le censure articolate in prime cure.

4. Si costituivano i Ministeri della difesa e dei trasporti deducendo l'infondatezza del gravame in fatto e diritto.

5. La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 6 febbraio 2007. 

6. L’appello è parzialmente fondato e và accolto per quanto di ragione.

Attesa la delicatezza della vicenda in esame si esaminano le doglianze secondo l’ordine espositivo seguito nell’atto di appello e nella memoria conclusionale (del 22 gennaio 2007), e non secondo la tassonomia propria; con la precisazione che quelle di cui ai motivi 2, 6 e 7 del gravame saranno trattate congiuntamente, risolvendosi in distinti profili del medesimo motivo di incompetenza.

6.1. Con il primo mezzo si reitera la censura di genericità della contestazione degli addebiti.

Il mezzo è palesemente infondato:

- in base alla semplice lettura delle risultanze documentali;

- sulla scorta della pacifica circostanza che l’inquisito si è pienamente difeso nel merito percependo l’essenza delle accuse;

- in considerazione della minuziosità delle imputazioni penali indicate ed accertate nella sentenza emessa ex art. 444 c.p.p.

Parimenti infondato è l’argomento che fonda la genericità della contestazione sull’inidoneità dell’accertamento contenuto nella sentenza di applicazione della pena.

Seguendo un condivisibile indirizzo di questo Consiglio (cfr. sez. IV, n. 477 del 2006; sez. V, n. 4417 del 2006), anche prima della novella recata dalla l. n. 97 del 2001, in presenza di una sentenza c.d. di patteggiamento, non sono necessari autonomi accertamenti da parte dell’amministrazione in sede di procedimento disciplinare per i fatti non controversi e per quelli esaustivamente accertati in sede penale (come verificatosi nel caso di specie); tali conclusioni valgono anche per delimitare l’onere, gravante sulla p.a., di specificazione del contenuto della contestazione degli addebiti.

6.2. Con il terzo mezzo si lamenta la mancata concessione dei termini a difesa garantiti dall’art. 111, comma 4, t.u.imp.civ.St.

Il mezzo è inaccoglibile.

Premesso che, contrariamente a quanto affermato dal primo giudice, al giudizio disciplinare militare si applicano, in caso di lacune, tutte le garanzie procedimentali previste dal menzionato t.u. se non incompatibili con le peculiarità dell’ordinamento militare (cfr., nella giurisprudenza costituzionale, C. cost., n. 104 del 1991; nella giurisprudenza amministrativa, fra le tante, sez. IV, n. 209 del 2006; sez. IV, 1875 del 1999), nel particolare caso di specie, la mancata concessione dei termini a difesa non ha comportato alcuna lesione della posizione soggettiva del ricorrente che si è potuto difendere in modo esaustivo dalle accuse mosse.

Deve evidenziarsi, inoltre:

- che gli atti entrati nella disponibilità del consiglio di disciplina erano gli stessi già visionati dall’inquisito in sede di inchiesta formale;

- che quest’ultimo ha fatto leggere, innanzi al consiglio, la memoria difensiva presentata all’ufficiale inquirente.

6.3. Con il quarto motivo si reitera la censura di eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica.

Il mezzo è infondato sia in relazione a quanto illustrato al precedente punto 7.2., sia avuto riguardo alla straordinaria gravità degli illeciti penali commessi dall’ufficiale (prelievi abusivi per centinaia di milioni di lire nel corso di alcuni lustri, realizzati grazie alla falsificazione sistematica della documentazione contabile).

6.4. Con il quinto motivo si censura la tardiva conclusione del procedimento disciplinare, oltre il termine perentorio di 90 gg. sancito dall’art. 9, l. n. 19 del 1990.

Anche tale mezzo è infondato.

Secondo il consolidato indirizzo di questo Consiglio, il termine di 90 gg. previsto dall’art. 9 cit., si cumula con quello di 180 gg. entro cui iniziare il procedimento disciplinare, sicché all’amministrazione è concesso un termine globale di 270 gg. decorrente dalla data in cui ha avuto piena conoscenza della sentenza di condanna (cfr. Ad. plen. n. 1 del 2004; Ad. plen. n. 4 del 2000).

Conseguentemente nell’odierna fattispecie è stato rispettato il termine di 270 gg. iniziato a decorrere il 14 settembre 1996 (a seguito della notificazione della sentenza del Tribunale penale di Trani) e non esaurito alla data di adozione dell’impugnata sanzione espulsiva (4 marzo 1997).

Alle medesime conclusioni si perviene volendo seguire l’indirizzo giurisprudenziale che - in caso di sentenza c.d. di patteggiamento pronunciata prima della novella introdotta dalla l. n. 97 del 2001 (come nel caso di specie) – ritiene che l’amministrazione sia tenuta, a mente dell’art. 9, l. n. 19 cit., a rispettare il solo termine perentorio di inizio del procedimento disciplinare (180 gg. dalla comunicazione completa della sentenza irrevocabile), ma non quello di conclusione che rimarrebbe disciplinato dalla previsione generale di cui all’art. 120, t.u.imp.civ.St. che impone il rispetto del solo termine di fase di 90 gg. (cfr. ex plurimis Cons. St., Ad. plen. n. 6 del 2000).

6.5. Con il secondo, sesto e settimo mezzo viene dedotta, sotto più profili, l’incompetenza relativa della Direzione generale del personale militare ad esprimere, in luogo del Ministro della difesa, sia la determinazione di non aderire alla proposta di sanzione del Comandante in Capo del Dipartimento marittimo di Taranto, sia la volontà provvedimentale definitiva in ordine all’irrogazione della sanzione espulsiva.

In fatto giova fin d’ora precisare che non risulta, da tutti gli atti acquisiti al fascicolo d’ufficio e dalla lettura delle memorie dell’Avvocatura dello Stato, che sia stata rilasciata dal Ministro della difesa alla Direzione generale in questione, una delega di firma o una delega in senso proprio (neppure di contenuto generale).

6.5.1. Si dà atto che il ricorrente non contesta il rigetto del profilo imperniato sulla competenza del Capo dello Stato ad emanare la sanzione della perdita del grado come previsto dall’art. 71, comma 1, l. n. 113 cit. (cfr. pagina 15 del gravame).

E’ pacifico che successivamente all’entrata in vigore dell’art. 1, l. n. 13 del 1991, la forma del decreto presidenziale per l’esternazione degli atti amministrativi è limitata ai soli casi tassativi colà previsti (nell’ambito dell’ordinamento militare: la nomina degli ufficiali generali, dei vertici delle FF.AA., del Ministero della difesa, dei comandanti di grandi unità e regioni).

6.5.2. Il primo giudice ha respinto la censure in esame facendo generico riferimento alle innovazioni introdotte dal d.lgs. n. 29 del 1993 circa l’attribuzione, in via generale, agli organi di direzione amministrativa di ogni competenza in materia di gestione del personale.

Anche l’Avvocatura dello Stato si è attestata sulla medesima linea senza approfondimenti di sorta.

Tale impostazione ermeneutica  non è condivisibile.

Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. da ultimo sez. IV, 21 dicembre 2006, n. 7774; sez. III, 24 gennaio 2004, n. 1279\2003 cui si rinvia a mente dell’art. 9, l. n. 205 del 2000):

- il Ministro della difesa è il massimo organo gerarchico e disciplinare delle FF.AA. (arg. ex art. 1 e 2, l. n. 25 del 1997);

- la riforma dell’impiego pubblico (di cui al d.lgs. n. 29 del 1993, oggi d.lgs. n. 165 del 2001), pur incidendo sui rapporti e sul riparto di competenze fra livello politico e dirigenza, ha lasciato ferme le particolari disposizioni recate da alcuni ordinamenti di settore, fra cui quello della difesa (artt. 3, co. 1, 19, co. 11 e 12, 21, co. 3, d.lgs. cit.); pertanto non possono estendersi le acquisizioni giurisprudenziali secondo le quali i provvedimenti disciplinari (e in generale di gestione del personale) rientrano automaticamente fra i compiti esclusivi della dirigenza militare;

- è fatto salvo l’esercizio del potere di delega (di firma o in senso proprio) sicuramente utilizzabile in quanto modulo organizzatorio generale per tutte le amministrazioni.

Queste considerazioni appaiono ancora più corroborate  ove si ponga mente all’evoluzione normativa successiva al d.lgs. n. 29 del 1993. Il legislatore, intervenendo sulle attribuzioni dei vertici militari in materia disciplinare onde armonizzarle con la riforma di cui alla l. n. 25 del 1997, ha espressamente modificato le competenze divisate dalle leggi di stato degli ufficiali e sottufficiali (rispettivamente artt. 75 e 79, l. 113 del 1954, artt. 65 e 69 l. n. 599 del 1954), limitandosi a sostituire ai comandanti di corpo d’armata (ed equiparati) gli alti comandanti militari interforze o di Forza armata, senza in alcun modo incidere sulle speciali competenze del Ministro delle difesa. (cfr. art. 21, comma 2, d.P.R. n. 556 del 1999 recante il regolamento di attuazione dell’art. 10 della l. n. 25 del 1997).

Per tutte le su esposte argomentazioni le censure di incompetenza relativa mosse avverso gli atti in precedenza individuati devono essere accolte.

7. L’accoglimento parziale del gravame comporta, in riforma dell’impugnata sentenza, l’annullamento della perdita del grado per rimozione.

Attesa la particolare delicatezza della vicenda la sezione, onde facilitare l’esecuzione della presente decisione,  precisa che:

a) rimane fermo il potere del Ministro della difesa di rinnovare, ora per allora, il procedimento disciplinare a mente dell’art. 119, t.u.imp.civ. St., nel termine perentorio di trenta giorni decorrente dal passaggio in giudicato della presente decisione e nei limiti meglio specificati in prosieguo;

b) il Ministro della difesa ovvero l’organo a ciò delegato, qualora decida di riesercitare la potestà disciplinare, dovrà  valutare se discostarsi dalla proposta del Comandante in capo del Dipartimento militare marittimo di Taranto del 16 gennaio 1997, formulata ai sensi dell’art. 77, comma 2, l. n. 113 del 1954 e, in caso affermativo, preso atto del parere espresso dal Consiglio di disciplina nella seduta del 27 febbraio 1997, determinarsi a mente dell’art. 88, l. n. 113 del 1954; in tal caso infatti, attesa la particolarità della vicenda in esame, non sarà necessario rinnovare l’intero procedimento disciplinare a partire dalla nota della Direzione generale del 17 febbraio 1997, essendo sufficiente che il Ministro della difesa (o un suo delegato) provveda ad assumere la determinazione di cui all’art. 88 cit.

8. In conclusione l’appello deve essere accolto ai sensi e nei limiti sopra evidenziati.

Il collegio ravvisa giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.


 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso meglio specificato in epigrafe:

- accoglie in parte l’appello e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla la nota 17 febbraio 1997 ed il decreto datato 4 marzo 1997, del Direttore generale per il personale militare della Marina, ai sensi e nei limiti di cui in motivazione;

- dichiara integralmente compensate fra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6 febbraio 2007, con la partecipazione di:

Gennaro Ferrari    - Presidente

Vito Poli Rel. Estensore       - Consigliere

Bruno Mollica    - Consigliere

Carlo Deodato    - Consigliere

Sandro Aureli    - Consigliere

L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE

Vito Poli    Gennaro Ferrari 
 

IL SEGRETARIO

Giacomo Manzo

    Depositata in Segreteria

           Il  12/03/2007….

(Art. 55, L. 27.4.1982, n. 186)

Il Dirigente

Dott. Antonio Serrao

- - 

N.R.G.  832/2000


 

RL