REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.175/2006

Reg.Dec.

N.  2315 Reg.Ric.

ANNO   2000

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 2315/2000 proposto dal MINISTERO DELL’INTERNO – DIPARTIMENTO DELLA PUBBLICA SICUREZZA – CAPO DELLA POLIZIA, DIREZIONE GENERALE DELLA P.S., in persona del Ministro p.t. rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso cui è “ope legis” domiciliato in Roma via dei Portoghesi n. 12;

contro

(omissis), rappresentato e difeso dagli avv.ti Elio Spro e Silvestro Lazzari ed elettivamente domiciliato in Roma via Serrapetrona n. 130 (presso il sig. Alberto Lazzari);

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia Sez. distaccata di Lecce n. 1302 del 9 dicembre 1999;

     Visto il ricorso con i relativi allegati;

     Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’appellato (omissis);

     Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Alla pubblica udienza del 31 maggio 2005 relatore il Consigliere Luciano Barra Caracciolo. Udito l’avv. dello Stato Spina e l’avv. Masiani per delega dell’avv. Lazzari;

     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

     Con la sentenza in epigrafe è stato accolto il ricorso avverso il decreto di destituzione 6 ottobre 1998, proposto dal sovrintendente di Polizia (omissis) (omissis); l’adito Tribunale riteneva fondato il 2° motivo di ricorso, in quanto il procedimento disciplinare non si era concluso nel termine perentorio di 90 giorni previsto dall’art. 9, comma 2, della l. 7 febbraio 1990 n. 19 (valevole per la pronuncia di destituzione fondata su sentenza irrevocabile di condanna in sede penale).

     Appella l’Amministrazione sostenendo che il predetto termine ex art. 9 l. 7 febbraio 1990, n. 19, avrebbe carattere ordinatorio, e comunque è da coniugare con l’obbligo del rispetto del giusto procedimento previsto dal DPR n. 737/81, riguardante il personale della Polizia di Stato. Anche la Corte Costituzionale 28 maggio 1999 n. 197, contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, avrebbe ammesso che, nel caso in cui l’Amministrazione debba procedere ad autonomi accertamenti istruttori, e non ponderare la sola rilevanza disciplinare dei fatti accertati nel corso del giudizio penale, tale termine non sia perentorio. Nel caso di specie, per la pecularietà della vicenda, l’Amministrazione avrebbe proceduto ad autonomi accertamenti istruttori, che hanno comportato lo slittamento del termine “de quo”, proprio per rispettare il principio del contraddittorio. Il (omissis) nelle giustificazioni aveva infatti dedotto che la sua condanna derivava dall’errore compiuto dal proprio difensore, che aveva depositato l’atto di appello in ritardo, provocandone la pronuncia di inammissibilità.

     Si è costituito il (omissis) deducendo l’infondatezza dell’appello.

DIRITTO

     L’appello è infondato.

     La natura perentoria del termine di 90 giorni per la conclusione del procedimento disciplinare di cui all’art. 9 comma 7, l. 7 febbraio 1990, n. 19, come affermata dall’A.P. 3 settembre 1997, n. 16, e ribadita dalla sentenza della Corte costituzionale 28 maggio 1999, n. 197, non può essere elusa o resa irrilevante, come sostiene l’appello, in base alla prospettazione difensiva dell’incolpato in sede disciplinare, il quale, richiamandosi alle vicende del pregresso processo penale chieda all’Amministrazione la rivalutazione dei fatti accertati nella sentenza di condanna in base ad ulteriori accertamenti istruttori nella sede amministrativa.

     Ciò è precluso all’Amministrazione che deve solo procedere alla ricognizione della irrevocabilità della decisione del giudice penale e della conseguente incontrovertibilità dei fatti in essa accertati; ad essi si deve poi ottenere nella valutazione della rilevanza disciplinare dei fatti stessi, senza potere od essere tenuta ad eseguire ulteriori accertamenti. Nel caso in esame, poi, a questi principi si è attenuta la stessa Amministrazione, come risulta anche dalla relazione del funzionario istruttorio del 1° agosto 1998, che smentisce le diverse allegazioni compiute invece nell’atto di appello.

     Non si ravvisano pertanto, nel caso in esame, pecularietà tali da ricondurlo alla ben diversa ipotesi di sentenza penale conseguente al c.d. “patteggiamento” che, secondo la citata decisione della Corte costituzionale, renderebbe inapplicabile il termine di 90 giorni qui in rilievo, a favore della generale disciplina posta dal T.U. 10 gennaio 1957, n. 3, (oltreché, nel caso, della richiamata disciplina procedimentale dettata per il personale della Polizia di Stato).

     Alla reiezione dell’appello segue la compensazione delle spese processuali del presente grado, attesa la natura della controversia.

P.Q.M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l’appello in epigrafe.

     Spese compensate.

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma, il 31 maggio 2005 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Giorgio GIOVANNINI   Presidente

Giuseppe ROMEO    Consigliere

Luciano BARRA CARACCIOLO  Consigliere Est.

Giuseppe MINICONE   Consigliere

Domenico CAFINI    Consigliere 
 

Presidente

GIORGIO GIOVANNINI

Consigliere       Segretario

LUCIANO BARRA CARACCIOLO   ANNAMARIA RICCI 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA 
 

il...23/01/2006

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

MARIA RITA OLIVA 
 
 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 
 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa  
 

al Ministero.............................................................................................. 
 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 
 

                                    Il Direttore della Segreteria

 
 

N.R.G. 2315/2000


 

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