REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.2844/09

Reg.Dec.

N. 6490  Reg.Ric.

ANNO   2004

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 6490/2004 proposto dal Ministero dell’interno in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato con domicilio in Roma via dei Portoghesi n. 12;

contro

@@@@@@@ @@@@@@@, non costituito;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria sede di Catanzaro, Sez. I n. 1365/2003 del 2/5/2003.

     Visto il ricorso con i relativi allegati;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Alla pubblica udienza del 24 febbraio 2009 relatore il Consigliere -

     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO E DIRITTO

     1. Con la sentenza n. 1365 del 2003 il Tar della Calabria, sede di Catanzaro, ha accolto il ricorso del sovrintendente della Polizia stradale @@@@@@@ @@@@@@@ avverso il provvedimento del Dirigente del Compartimento di polizia stradale per la Calabria del 23.3.2001, con il quale il dipendente era stato sospeso dal servizio “sino all’esito del procedimento penale” relativo al delitto di concussione continuata in concorso.

     Il Tar ha ritenuto che il provvedimento amministrativo era stato emesso ai sensi dell’art. 9, primo comma, del d.p.r. n. 737 del 1981, che regola la sospensione obbligatoria dal servizio per effetto di una misura giudiziaria restrittiva della libertà personale (custodia in carcere o arresti domiciliari), prevedendo che la stessa sia adottata dal capo dell’ufficio di appartenenza, che sia automatica e che cessi con il venir meno della restrizione. Diversa è l’ipotesi dell’art. 9, secondo comma, che disciplina la sospensione facoltativa, adottata dal Capo della Polizia, che ha contenuto discrezionale e che può protrarsi per tutta la durata del procedimento penale.

     Nel caso concreto la durata della sospensione di cui al primo comma “doveva” coincidere con la durata dell’arresto; di qui l’annullamento del provvedimento lesivo.

     2. La sentenza è appellata dal Ministero dell’interno, il quale rileva che  il terzo comma dello stesso art. 9 contempla la “facoltà” per l’amministrazione di revocare la sospensione cautelare obbligatoria dal giorno successivo a quello in cui il dipendente ha riacquistato la libertà e con riserva di riesame sul caso all’esito del giudizio penale; la particolare gravità del comportamento del dipendente ha pienamente giustificato la mancata riammissione in servizio.

     In ogni caso,  per effetto dell’ordinanza cautelare favorevole del Tar n. 675 del 6.9.2001, il dipendente è stato riammesso in servizio  dall’ 8.10.2001; a seguito poi di richiesta di rinvio a giudizio, il Capo della Polizia con decreto del 23.1.2002 ha provveduto nuovamente a sospenderlo cautelarmene  dal servizio ai sensi dell’art. 9, secondo comma, della legge n. 737 del 1981; il ricorso avverso tale ultimo provvedimento è stato respinto dal Tar con sentenza n. 852 del 2002.

     3. Non si è costituito in giudizio l’appellato, nonostante regolare notifica del gravame.

     Con ordinanza n. 4546 del 2004 è stata respinta l’istanza cautelare.

     All’udienza del 24 febbraio 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.

     4. L’appello va accolto, nonostante le vicende che si sono susseguite (di cui si dirà) ed al fine di evitare che, con pronunce di improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse a coltivare le varie impugnative, possa restare in vita una decisione comunque favorevole al dipendente.

     5. Il d.p.r. n. 737 del 1981 (in materia di “sanzioni disciplinari” per il personale della pubblica sicurezza) all’art. 9 detta disposizioni per la “sospensione cautelare in pendenza di procedimento penale”, sospensione che è una misura cautelativa che non corrisponde alla sanzione  che prende lo stesso nome.

     La norma al primo comma prevede la c.d. sospensione cautelare obbligatoria che “deve” essere adottata quando il dipendente sia arrestato; ciò si spiega per la perdita della libertà che impedisce, al soggetto colpito dalla misura restrittiva, la prosecuzione della prestazione lavorativa.

     Al secondo comma è prevista la c.d. sospensione cautelare facoltativa quando, fuori dai casi in cui vi sia l’arresto, il dipendente sia sottoposto a procedimento penale per reati particolarmente gravi.

     Al terzo comma, poi, si dispone che quando il soggetto riacquisti la libertà e “ove le circostanze lo consiglino” la sospensione cautelare “possa” essere revocata con riserva di riesame al termine del processo penale. La norma attribuisce quindi alla p.a. una facoltà e non un obbligo di riammettere in servizio il dipendente.

     6. Nel caso concreto il dipendente era stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere (22.3.2001) per il reato di concussione continuata e corruzione; con il decreto del Capo della Polizia del 23.3.2001 è stato una prima volta sospeso dal servizio ai sensi dell’art. 9 del d.p.r. n. 737 del 1981 “sino all’esito del procedimento penale”; a ciò la p.a. è pervenuta a seguito del comportamento tenuto dal sovrintendente della polizia quale era emerso in sede penale a seguito della ricostruzione operata dal GIP e di cui era stata ravvisata la particolare gravità  anche per i riflessi in sede amministrativa ancor prima dell’inizio del procedimento disciplinare.

     Si trattava di ripetuti comportamenti con i quali il dipendente, sovrintendente di polizia, in occasione di controlli stradali induceva alcuni autotrasportatori a versargli somme di danaro sotto la minaccia dell’applicazione di gravose sanzioni pecuniarie relative ad irregolarità nel trasporto o per altre violazioni al codice della strada; tali comportamenti erano particolarmente gravi se rapportati alla qualifica rivestita e all’espletamento del particolare servizio di polizia stradale.

     Per la necessità di intervenire tempestivamente, nei casi in cui sia messo in pericolo il prestigio dell’istituzione, è stato appunto previsto l’istituto della sospensione cautelare che ha una connotazione ben precisa, rappresentando non una sanzione ma una misura  cautelativa in vista di ulteriori accertamenti.

     Lo sviluppo delle vicende penali del dipendente hanno portato ad un rinvio a giudizio del medesimo per concussione e corruzione; ad un nuovo provvedimento in data 23.1.2002 di sospensione facoltativa dal servizio ai sensi dell’art. 9, secondo comma, del citato d.p.r. n. 737; al rigetto del ricorso avverso quest’ultimo provvedimento con sentenza n. 852 del 2002 del Tar della Calabria; al rigetto dell’appello del dipendente avverso quest’ultima sentenza, con decisione del Cons. di Stato, VI, n. 2722 del 2008.

     7. Al termine di queste vicende contenziose resta ferma la sospensione cautelare dal servizio del sovrintendente di polizia, essendosi confermata la natura particolarmente grave del reato e l’esigenza della p.a. di allontanare dal servizio il soggetto  il cui comportamento è stato giudicato lesivo per il prestigio dell’istituzione; non va sottaciuto che in sede penale, alla prima scarcerazione ha fatto seguito (v. relazione del Ministero depositata in primo grado)  il provvedimento del 4.4.2001 con il quale il Tribunale della libertà ha sostituito la custodia in carcere con la misura interdittiva della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio di sovrintendente della polizia di Stato e ciò costituisce elemento impeditivo  della possibile ed auspicata revoca della sospensione cautelare adottata dalla p.a.; difatti, al pari della custodia in carcere, la nuova misura irrogata dal giudice penale non consente che il soggetto continui a svolgere il servizio che gli è affidato, con la conseguenza che l’atto cautelativo emesso dall’amministrazione di appartenenza non poteva essere modificato.

     In conclusione il provvedimento impugnato resiste alle censure e, in riforma della sentenza  impugnata,  deve essere respinto il ricorso di primo grado.

     Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese anche del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

     Il Consiglio di Stato, sezione sesta, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto e in riforma dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado; spese compensate.

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2009 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:



 
 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 
 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa  
 

al Ministero.............................................................................................. 
 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 
 

                                    Il Direttore della Segreteria

 
 

N.R.G. 6490/2004


 

FF