REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N. 3490/2009

Reg.Dec.

N. 6862 Reg.Ric.

ANNO   2008

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso iscritto al n. r.g. 6862/2008 proposto da @@@@@@@ @@@@@@@, rappresentato e difeso dall’avvocato -

contro

Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, Questura di Brescia, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato ex lege domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per la revocazione

della sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, 19 giugno 2008 n. 3061;

     Visto il ricorso in revocazione;

     visto l'atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione resistente;

     vista l’ordinanza della Sezione 16 settembre 2008 n. 4864, con cui la domanda cautelare è stata dichiarata inammissibile;

     visti gli atti tutti di causa;

     relatore alla pubblica udienza del 24 marzo 2009 il consigliere -

     uditi l’avvocato - su delega dell’avv. -per l’appellante e l’avvocato dello Stato - per l’amministrazione appellata;

     ritenuto e considerato quanto segue:

FATTO E DIRITTO

     1. Con il ricorso in epigrafe è stata chiesta la revocazione della decisione del Consiglio di Stato, sez. VI, 19 giugno 2008 n. 3061.

     Quest’ultima decisione, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto il ricorso di primo grado proposto da @@@@@@@ @@@@@@@, all’epoca vice sovrintendente della Polizia di Stato, contro il provvedimento del Capo della Polizia di Stato, recante la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio, a seguito di condanna penale.

     Con il ricorso in revocazione si lamenta:

     a) errore di fatto revocatorio ex art. 395, n. 4, c.p.c., sotto il profilo che la decisione revocanda sarebbe stata emessa a contraddittorio non integro, in quanto l’appello in esito al quale è stata pronunciata risulta proposto dal solo Ministero dell’interno e notificato al solo @@@@@@@; dato che il giudizio di primo grado si era svolto anche nei confronti del Questore, del Consiglio di Disciplina e del Capo della Polizia, anche tali organi avrebbero dovuto essere evocati in giudizio;

     b) errore di fatto revocatorio ex art. 395, n. 4, c.p.c., sotto il profilo che la decisione porrebbe a base del suo ragionamento la circostanza di fatto, non rispondente al vero, che il @@@@@@@ avrebbe avuto la disponibilità di 920 kg di rame, quale addetto alla vigilanza del deposito ......, laddove la sera dei fatti non era in servizio e dunque non aveva la disponibilità della merce.

     1.1. La Sezione, con ordinanza 16 settembre 2008 n. 4864, ha ritenuto inammissibile la domanda cautelare articolata in sede di ricorso per revocazione.

     2. Il ricorso in revocazione è inammissibile, non sussistendo alcuno dei vizi revocatori denunciati.

     2.1. Quanto all’assunto del difetto di integrità del contraddittorio, è sufficiente osservare che Questore, Capo della Polizia, Commissione di disciplina, sono tutti organi che fanno capo ad un’unica amministrazione, il Ministero dell’interno, e che i Ministeri stanno legittimamente in giudizio in persona del Ministro in carica.

     Non si tratta, pertanto, di parti diverse e contrapposte, ma della medesima parte processuale.

     Sicché, correttamente l’appello è stato proposto dal solo Ministro dell’interno, ed è stato notificato solo al @@@@@@@. Non c’era alcuna necessità che il Ministro dell’interno notificasse l’appello a Questore, Capo della Polizia, Commissione di disciplina, perché si sarebbe trattato di inutile attività processuale di notifica a sé stesso.

     2.2. Quanto al secondo, asserito, vizio revocatorio, esso è palesemente insussistente.

     La sanzione disciplinare è stata irrogata a seguito di una sentenza penale di condanna, la quale, nel procedimento disciplinare, ha efficacia di giudicato quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso.

     La decisione revocanda, laddove afferma che il @@@@@@@ si è reso colpevole del delitto di tentato peculato <<di 920 kg di rame di proprietà dell’Ente Ferrovie dello Stato di cui aveva la disponibilità in quanto addetto alla vigilanza del deposito ........>>, non commette alcun travisamento dei fatti, atteso che si limita a riportare i fatti come testualmente ricostruiti nella sentenza penale di condanna (vedi capo di imputazione, sulla base del quale è stata emessa la sentenza di primo grado, confermata in appello).

     Posto che i fatti accertati in sede penale fanno stato, la pronuncia del Consiglio di Stato non poteva che riportare i fatti come accertati dal giudice penale.

     Sicché l’accertamento compiuto dal giudice penale non può essere rimesso in discussione tramite il grimaldello del ricorso in revocazione avverso la sentenza amministrativa in cui tale accertamento fa stato.

     3. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate in euro duemila.

P.Q.M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo dichiara inammissibile.

     Condanna la parte soccombente alle spese di lite, nella misura complessiva di euro duemila (2.000).

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 24 marzo 2009, con la partecipazione di:

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