N.2310/2006

Reg. Dec.

N. 3057

Reg. Ric.

Anno 2005 
 

R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

      Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

  N.

Reg. Dec.

N.  Reg.Ric.

Anno:

 
 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE

(SEZIONE QUARTA)

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso iscritto al NRG 3057/2005, proposto dal MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE – Comando generale della Guardia di finanza, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato e per legge domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

contro

……. OMISSIS ……. rappresentato e difeso dagli avvocati Vincenzo Cerulli Irelli e M. Athena Lorizio ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Roma, Via Dora, 1;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione Seconda, n. 16627 del 20 dicembre 2004.

Visto il ricorso in appello;

visto l'atto di costituzione in giudizio del soggetto intimato;

viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

visti gli atti tutti della causa;

data per letta alla pubblica udienza del 28 febbraio 2006 la relazione del consigliere Pier Luigi Lodi e uditi, per le parti, l’avvocato dello Stato Wally Ferrante e l’avv. M. Athena Lorizio;

ritenuto e considerato quanto segue:

FATTO

Con atto notificato il 29 marzo 2005, e depositato il successivo 15 aprile, il Ministero dell’economia e delle finanze – Comando generale della Guardia di finanza, ha proposto appello avverso la sentenza del T.A.R. Lazio, Sez. II, n. 16627/04, che aveva accolto il ricorso del maresciallo della Guardia di finanza …… OMISSIS ….. inteso all’annullamento della sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione, irrogatagli con atto del Comando generale n. ...OMISSIS.... in data 16 marzo 2000.

L’Amministrazione appellante afferma che non sarebbero condivisibili le conclusioni del primo Giudice, il quale non avrebbe tenuto debito conto della gravità della lesione al prestigio dell’Istituzione, derivante dal comportamento del militare inquisito per il quale, in sede penale, non erano emerse cause di esclusione della punibilità, in relazione ad una asserito alterazione momentanea dello stato psichico; il predetto Giudice, inoltre, non avrebbe considerato il carattere latamente discrezionale del potere sanzionatorio esercitato nella specie, che escluderebbe il sindacato, in sede di legittimità, della misura del provvedimento sanzionatorio adottato dalla competente Autorità al termine del previsto procedimento.

Si è costituto il maresciallo …… OMISSIS ….. deducendo l'infondatezza del gravame in fatto e diritto.

L’istanza cautelare, presentata contestualmente all’atto di appello dall’Amministrazione, è stata respinta con ordinanza n. 2445/2005 del 24 maggio 2005.

La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 28 febbraio 2006.

DIRITTO

1. - L’Amministrazione appellante non ritiene condivisibili le conclusioni cui è pervenuto il Giudice di primo grado, relative all’accoglimento del ricorso di un sottufficiale della Guardia di finanza avverso il provvedimento disciplinare della perdita del grado per rimozione, irrogato dal Comando generale del Corpo.

Sostiene, infatti, la detta Amministrazione che – contrariamene a quanto statuito in prime cure – nel caso di specie sussistevano i presupposti necessari per la irrogazione della massima sanzione disciplinare nei confronti di un graduato, tenuto conto della estrema gravità del comportamento del medesimo (condannato per furto in supermercato), posto in essere in violazione del giuramento prestato e del tutto incompatibile con la posizione ricoperta, oltreché suscettibile di provocare riflessi negativi all’esterno sulla credibilità della Guardia di finanza. Assume, ancora, la difesa dell’Amministrazione che non poteva attribuirsi determinante rilevanza ad eventuali cause di non punibilità del militare (per lo stato di incapacità psichica causata da una grave depressione) non ravvisate neppure nella sede del giudizio penale.

2. - La Sezione ritiene che l’appello sia infondato.

2.1. - In primo luogo, con riferimento alle ampie argomentazioni esposte dalla difesa dell’appellante, riguardo alla larga discrezionalità del potere disciplinare esercitato dall’Amministrazione e riguardo alla insindacabilità, trattandosi di apprezzamenti di merito, della valutazione dei fatti e delle prove che costituiscono il presupposto delle sanzioni disciplinari, nonché della misura delle sanzioni stesse, occorre ricordare che – come puntualizzato dalla giurisprudenza - al Giudice amministrativo resta comunque attribuito il compito di valutare se nell’emettere il provvedimento sanzionatorio l’Autorità competente sia o meno incorsa nei tradizionali vizi di legittimità dell’atto amministrativo, ivi compreso il vizio di eccesso di potere sotto i diversi profili in concreto configurabili (cfr. da ultimo: Cons. Stato, Sez. IV, 3 maggio 2005, n. 2112).

2.2. - Ciò posto, il Collegio è dell’avviso che, nel caso in esame, siano giustificate le statuizioni del primo Giudice che ha condiviso le rimostranze prospettate dal soggetto interessato riconducibili ai vizi di difetto di istruttoria e di motivazione della sanzione disciplinare impugnata.

2.3. - In particolare non sembra contestabile che, pur essendo stata messa il luce - nell’ampia istruttoria svoltasi nel corso del procedimento disciplinare - la particolare condizione psichica del militare, al momento della commissione del fatto, tale elemento non risulta essere stato adeguatamente apprezzato da parte dell’Autorità che ha adottato il provvedimento sanzionatorio, la quale si è limitata a qualificare apoditticamente il riferimento allo stato patologico dell’inquisito come “pretestuoso ed inconferente” in quanto “tendente ad addebitare ogni responsabilità ad un involontario gesto cleptomane dovuto”.

In realtà, riguardo al menzionato stato patologico, non può non sottolinearsi che in data 19 ottobre 1998 - pochi giorni dopo il fatto posto a base della incriminazione e dell’addebito disciplinare - il militare in questione era stato sottoposto ad esame presso l’Ospedale militare di Padova, Reparto Neuropsichiatria, ed a seguito di detto esame era stato emesso il seguente referto: “Presenta spunti ipocondriaci compatibili con lo stato depressivo, anche il gesto cleptomaniaco compiuto è riconducibile al disturbo affettivo…In conclusione sindrome depressiva”.

A tale giudizio medico, costituente espressione di discrezionalità tecnica dell’unico organo competente a compiere valutazioni in merito, possono aggiungersi altri elementi idonei a comprovare le condizioni psichiche precarie in cui si trovava, all’epoca, il militare, che risultano anch’essi trascurati dall’Autorità decidente. Al riguardo vanno in special modo ricordati i verbali e le testimonianze degli ufficiali intervenuti presso il supermercato in cui si è svolta la vicenda di cui si tratta, dai quali emerge l’evidente stato confusionale in cui versava il militare in parola.

2.4. - Inoltre, non sembra giustificata la valutazione effettuata dall’Amministrazione in ordine alla condanna del ricorrente, qualificata come “…premonitrice della tendenza a commettere illeciti ben più gravi” e segno di “scarsa affidabilità nello svolgimento dei compiti istituzionali”.

In proposito appaiono persuasive le obiezioni dell’interessato il quale ha fatto presente che trattasi di sentenza emessa a seguito di richiesta di patteggiamento, ai sensi dell’art. 444 C.p.p., con concessione della sospensione della pena proprio ritenendosi che “per l’avvenire l’imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati”. Il predetto mette in evidenza che, comunque, la richiesta di patteggiamento era stata una scelta difensiva dello stesso interessato il quale, proprio per le sue condizioni di momentanea alterazione psichica, non era in grado di affrontare lo stress connesso ai tempi ordinari di svolgimento del processo penale.

2.5 – Deve ancora considerarsi che le argomentazioni della difesa dell’Amministrazione, in ordine al riverbero negativo all’esterno per l’immagine e la credibilità della Guardia di finanza, non sembrano tenere nel dovuto conto il comportamento del militare in questione al momento del fatto, atteso che questi, in effetti, non esibì il tesserino in suo possesso, salvaguardando in tal modo il buon nome del Corpo.

2.6. - A ciò va aggiunto che, in realtà, il comportamento tenuto nel corso della vicenda in discorso - ed anche successivamente - dall’Amministrazione militare cui appartiene il militare in parola, appare del tutto incompatibile con le valutazioni assolutamente sfavorevoli espresse in sede disciplinare con riguardo ad un possibile reinserimento del medesimo militare nel Corpo, atteso che pure nel corso del procedimento disciplinare il predetto non è mai stato sospeso cautelarmene dal servizio, essendogli stati affidati, invece, delicati compiti di responsabilità presso la Polizia tributaria. D’altronde, a seguito della riammissione in servizio, per effetto delle favorevoli pronunce cautelari del Giudice amministrativo, il medesimo risulta, poi, aver continuato a svolgere regolarmente la proprie funzioni d’istituto meritando sempre qualifiche lusinghiere.

2.7. - Tutto ciò considerato può concludersi nel senso che, come correttamente osservato in prime cure, il provvedimento disciplinare in questione non risulta essere stato adottato in piena aderenza ai criteri indicati dalla circolare del Comando generale del Corpo in data 1° aprile 1999, n. 100200, secondo la quale nella motivazione del verdetto reso dalla Commissione disciplinare debbono essere convenientemente indicati anche gli elementi a favore dell’inquisito, con adeguata valutazione del loro possibile rilievo e fondamento. E le valutazioni e la motivazione in proposito dovevano essere ancora più rigorose in una fattispecie, come quella in esame, in cui l’addebito contestato al militare poteva comportare la più grave delle sanzioni previste, di natura espulsiva, relativa alla perdita del grado e, quindi, la effettiva volontarietà e consapevolezza dell’azione oggetto della contestazione doveva essere valutata in modo da evitare la permanenza di ogni dubbio in proposito.

3. - Per le ragioni sopra esposte l’appello deve essere respinto.

4. - Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese del presente grado del giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso meglio specificato in epigrafe:

- respinge l’appello e per l’effetto conferma la sentenza impugnata;

- dichiara integralmente compensate fra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 febbraio 2006, con la partecipazione di:

Stenio Riccio  - Presidente

Costantino Salvatore  - Consigliere

Pier Luigi Lodi Rel. Estensore - Consigliere

Antonino Anastasi  - Consigliere

Carlo Saltelli  - Consigliere 
 

L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE

Pier Luigi Lodi    Stenio Riccio

                           IL SEGRETARIO

     Rosario Giorgio Carnabuci

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

26 aprile 2006

(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)

     Il Dirigente

     Giuseppe Testa 
 
 
 

- - 

N.R.G.  6361/2005


 

RL