REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.2624/2006

Reg.Dec.

N.  1359 Reg.Ric.

ANNO   2002

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 1359/2002, proposto da:

- ...OMISSIS... ...OMISSIS..., rappresentato e difeso dagli avv.ti Angelo Foletto e Fernando Grassi con loro elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Fernando Grassi, in viale Carso n. 14, Roma;

c o n t r o

- il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica, e la Questura di ...OMISSIS..., in persona del Questore pro tempore, entrambi rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in via dei Portoghesi n. 12, Roma;

- il Capo della Polizia-Direttore generale della pubblica sicurezza, non costituito in giudizio;

per l’annullamento e la riforma

della sentenza del T.a.r. Veneto, Venezia, sezione I, n. 2541/2001, resa inter partes e concernente la destituzione di un ispettore dai ruoli della Polizia di Stato a seguito di pena patteggiata ex art. 444, c.p.p..

     Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

     Visto l’atto di costituzione in giudizio delle p.a. appellate;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Relatore, alla pubblica udienza del 31 gennaio 2006, il Consigliere Aldo SCOLA;

     Uditi, per le parti, l’avv. Fernando Grassi e l’avvocato dello Stato Nicoli;   

     Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

F A T T O

     ...OMISSIS... ...OMISSIS..., già ispettore della Polizia di Stato in servizio presso la Questura di ...OMISSIS..., nell’ottobre 1996 veniva sospeso dal servizio, indagato (in concorso con altri) per sfruttamento della prostituzione, sottoposto agli arresti domiciliari e, quindi penalizzato (con sentenza 12 febbraio 1998 del Tribunale penale di Treviso) con anni uno di reclusione e vecchie lire 1.400.000 di multa, con rito patteggiato ex art. 444, c.p.p..

     Formatosi il giudicato, il Questore di ...OMISSIS... riavviava in data 4 marzo 1998 il procedimento disciplinare iniziato nell’aprile 1997 e con decreto 9 febbraio 1999 nominava il funzionario istruttore; seguiva il rinvio dinanzi al Consiglio provinciale di disciplina per la seduta del 29 settembre 1999, rinviata per legittimo impedimento del ...OMISSIS... (stato ansioso-depressivo, come da certificazione medica) al19 gennaio 2000 e poi (per analoghi motivi) al 21 febbraio 2000, nella quale circostanza non veniva accolta un’ennesima richiesta di rinvio, per cui il Consiglio concludeva proponendo la sanzione disciplinare della destituzione, che il Capo della Polizia infliggeva (con decorrenza 27 ottobre 1996) all’incolpato con provvedimento 10 aprile 2000, ex art. 7, nn. 1, 2 e 4, d.P.R. 25 ottobre 1981 n. 737, per mancanza di senso dell’onore e di senso morale, grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento e dolosa violazione degli stessi, con grave pregiudizio per la Polizia di Stato.

     Conseguentemente, il ...OMISSIS... impugnava quanto sopra dinanzi al T.a.r. Veneto per:

  1. violazione dell’art. 9, d.P.R. n. 737/1981; violazione di termini decadenziali, illegittimità, nullità ed invalidità della disposta destituzione, in presenza di una sentenza patteggiata notificata al Questore (già il 16 febbraio ed) il 3 marzo 1998, con un procedimento disciplinare riavviato con provvedimento notificato all’interessato solo in data 11 febbraio 1999, anziché entro i 40 giorni dall’avvenuta comunicazione della sentenza in questione, con indebito superamento anche dei termini decadenziali di 120 e 90 giorni, rispettivamente previsti per la ripresa e la conclusione del procedimento stesso (risultando inapplicabile il termine di 180 giorni previsto per la generalità dei pubblici dipendenti dall’art. 9, legge 7 febbraio 1990 n.19 (cfr., peraltro, in senso contrario, salve le sentenze penali non di condanna, C.d.S., IV, dec. n. 785/1997);
  2. violazione di un legittimo impedimento a comparire; omesso rinvio della seduta per perdurante infermità; violazione del diritto di difesa ex art. 24, Cost.; nullità ed invalidità della decisione adottata, per mancata distinta convocazione del difensore designato dl ...OMISSIS...;
  3. vizio di motivazione, violazione del principio di autonomia della procedura disciplinare; violazione di legge; omessa autonoma valutazione in sede disciplinare, in rapporto alle risultanze emerse nella sentenza patteggiata;
  4. violazione di legge per assoluto difetto di motivazione; eccesso di potere per mancata giustificazione della sproporzionata sanzione inflitta;
  5. violazione di legge; mancata valutazione dei fatti; omessa acquisizione di prove decisive; carenza di motivazione; eccesso di potere.

     L’amministrazione intimata si costituiva in giudizio e resisteva al ricorso, che veniva respinto dai primi giudici con sentenza poi impugnata dal ...OMISSIS..., che riprospettava sostanzialmente le argomentazioni già proposte in prime cure e deduceva:

  1. illegittimità, nullità ed annullabilità della destituzione dal servizio per violazione del cit. art. 9, d.P.R. n. 737/1981; violazione di termini decadenziali ed, in particolare, di quello di 120 giorni dalla pubblicazione della sentenza per la ripresa del procedimento disciplinare;
  2. violazione di termini perentorii e del diritto di difesa; nullità ed annullabilità della decisione adottata; omessa valutazione del terzo certificato medico da parte di un Tribunale privo di specifiche competenze nel campo della medicina;
  3. carenza d’idonea istruttoria; vizio di motivazione; omessa audizione di testimoni; travisamento; omessa valutazione del ricorso per cassazione proposto dalla (testimone e) coimputata Rita Suelotto; mancata considerazione dell’ininfluenza della sentenza patteggiata nella materia disciplinare, necessitante di autonomi approfondimenti.

     Le amministrazioni appellate si costituivano in giudizio e resistevano al gravame.

     Da parte sua, il ...OMISSIS..., con memoria conclusiva, argomentava ancora circa le dedotte doglianze.

     All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione.

D I R I T T O

     L’appello è infondato e va respinto.

     Correttamente, infatti, i primi giudici hanno escluso qualsiasi violazione di termini perentorii, come pure ogni ipotizzata incostituzionalità della normativa invocata dall’appellante e qualunque profilo di eccesso di potere.

     Infatti, l’art. 9, legge 7 febbraio 1990 n. 19, fissa per l’avvio del procedimento disciplinare il termine di 180 giorni, decorrenti dalla data in cui la p.a. abbia avuto notizia della irrevocabile sentenza penale di condanna, con una disposizione la cui generale efficacia espansiva la rende applicabile ad ogni settore del pubblico impiego, in luogo di quella di cui all’art. 9, d.P.R. 25 ottobre 1981 n. 737 (C.D.S., IV, n. 1298/1998), operante invece per le pronunce non implicanti condanna.

     A ciò si aggiunga che la sentenza irrogante una pena patteggiata, all’epoca pur priva (fino alla riforma degli artt. 445 e 653, c.p.p., disposta con legge 27 marzo 2001 n. 97) dell’efficacia del giudicato quanto alla sussistenza del fatto ed alla responsabilità dell’imputato (Corte cost., sent. n. 197/1999), per ogni altro profilo equivale ad una pronuncia di condanna (art. 445, comma 1, c.p.p.), con tutte le conseguenze di cui al citato art. 9, comma 2, legge n. 19/1990.

     Dunque, la sentenza emessa il 12 febbraio 1998 veniva comunicata alla competente Questura il 14 febbraio 1998, presumibilmente giungendovi il 16 febbraio 1998, mentre con nota 31 ottobre 1998 (giunta a destinazione il 4 novembre 19989) la Procura della Repubblica di Treviso comunicava l’avvenuto suo passaggio in giudicato in data 4 marzo 1998; il 9 febbraio 1999 il Questore di ...OMISSIS... nominava il funzionario istruttore, notiziandone il ...OMISSIS... con nota 11 febbraio 1999 ed inviandogli la contestazione degli addebiti il 16 febbraio 1999; il ...OMISSIS... depositava le proprie difese l’8 marzo 1999, mentre l’istruttore depositava la sua relazione il 6 aprile 1999, con successiva costituzione (il 15 giugno 1999) del consiglio di disciplina che, dopo due rinvii richiesti dall’interessato, deliberava una proposta di destituzione il 21 febbraio 2000, proposta poi trasfusa in un decreto del  Capo della Polizia del 10 aprile 2000, consegnato al ...OMISSIS... il 25 maggio 2000.

     Tanto basta a far verificare la sicura tempestività dell’azione amministrativa in sede disciplinare, secondo i parametri sopra delineati.

     Priva di pregio si rivela poi anche la dedotta questione di costituzionalità ricollegata all’art. 9, comma 2, legge n. 19/1990, cit., per la riscontrata mancanza di un termine quanto all’adempimento del pubblico ministero in rapporto all’esigenza d’informare la p.a. dell’intervenuta decisione: infatti, anche il diretto interessato può provvedere a tale incombente, risolvendo il problema senza indugi.

     Nella disciplina come sopra configurata non si ravvisa poi alcun termine perentorio per la conclusione del procedimento, purché non si superino i 90 giorni tra un provvedimento ed il successivo: il che pacificamente non si è verificato, come si desume facilmente dalla ricostruzione degli avvenimenti in precedenza effettuata.

     Passando oltre, si osserva che il consiglio provinciale disciplinare si riuniva una prima volta e poi una seconda volta (nelle date di cui in narrativa), mentre, in occasione della terza seduta, di fronte ad un’ennesima richiesta di rinvio, come sempre motivata con disturbi ansioso-depressivi (di cui ad apposito certificato medico), il consiglio decideva di procedere comunque, non potendo aderire a quella che si prospettava come una palese manovra dilatoria del ...OMISSIS..., non recando la certificazione medica l’espressa menzione del suo impedimento a comparire per difendersi in quella sede e non potendosi irrazionalmente porre a repentaglio la speditezza dell’azione amministrativa in una materia irta di delicate implicazioni come quella disciplinare, naturalmente foriera di un certo grado di apprensività.

     Quanto all’indicazione del difensore, già effettuata prima della iniziale seduta del consiglio di disciplina, la sua non obbligatorietà escludeva ogni necessità di distinte comunicazioni al suo recapito, incombente non previsto da alcuna norma.

     D’altra parte, i testimoni indotti dall’incolpato non si erano presentati a deporre, né potevano esservi costretti manu militari in una sede non penale.

     L’organo collegiale ha, poi, adeguatamente motivato, anche con richiamo alla sentenza penale ed alla conseguente relazione istruttoria, circa la ritenuta censurabilità del comportamento (addirittura necessitante di un ordine di custodia cautelare, sotto forma di arresti domiciliari) tenuto dal ...OMISSIS..., risultato cogestore di un locale pubblico utilizzato per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione; il tutto si è poi trasfuso nel decreto conclusivo, emesso previo esame di tutto quanto in precedenza esaminato, ciò che ha indotto la competente autorità ad infliggere una sanzione proporzionata alla gravità della vicenda, dopo i necessari accertamenti autonomamente condotti dalla p.a. procedente (a nulla rilevando l’asseritamente omessa valutazione del ricorso per cassazione proposto da tale Rita Suelotto, testimone mancata e coimputata nella medesima vicenda, ma ovviamente priva della qualifica di ispettore di Polizia e, quindi, titolare di una situazione procedimentale completamente diversa).

     Conclusivamente, l’appello dev’essere respinto, mentre le spese del giudizio di seconda istanza seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

         Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta,

        -    respinge  l’appello;

     - condanna l’appellante, ...OMISSIS... ...OMISSIS..., a rifondere all’amministrazione appellata le spese di costituzione e difesa nel giudizio di secondo grado, liquidate in complessivi euro cinquemila/00, oltre alle spese accessorie e generali.

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

     Così deciso in  Roma, il 31 gennaio 2006, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione VI, in camera di consiglio, con l'intervento dei signori:

Giorgio GIOVANNINI   Presidente

Luigi MARUOTTI    Consigliere

Carmine VOLPE    Consigliere

Giuseppe ROMEO    Consigliere

Aldo SCOLA     Consigliere rel. est. 
 

Presidente

GIORGIO GIOVANNINI

Consigliere       Segretario

ALDO SCOLA      GIOVANNI CECI 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA 
 

il.11/05/2006

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

MARIA RITA OLIVA 
 
 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 
 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa  
 

al Ministero.............................................................................................. 
 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 
 

                                    Il Direttore della Segreteria

 
 

N.R.G. 1359/2002


 

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