REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

n. 2754/2006 Reg.dec.

n. 10685/2001 Reg.Ric.

    

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 10685 del 2001, proposto dal signor ...OMISSIS... ...OMISSIS... rappresentato e difeso dall’avvocato Bruno Mandrelli ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via G.G. Belli n. 27, presso lo studio dell’avvocato Gian Michele Gentile;

contro

il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

nonché contro

il Capo della Polizia, non costituitosi in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, 27 luglio 2001 n. 985, e per l’accoglimento del ricorso di primo grado n. 964 del 2000;

     Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;

     Vista la nota di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno, depositata in data 2 novembre 2005;

     Visti gli atti tutti del giudizio;

      Data per letta la relazione del Consigliere di Stato Luigi Maruotti alla pubblica udienza del 14 febbraio 2006;

      Uditi l’avvocato Gian Michele Gentile per delega dell’avvocato Mandrelli per l’appellante e l’avvocato dello Stato Fabio Tortora per le Amministrazioni appellate;

      Considerato in fatto e in diritto quanto segue:

Premesso in fatto

      1. Con l’atto n. 333/D/54035 del 6 luglio 2000, il Capo della Polizia ha disposto la destituzione dal servizio del signor ...OMISSIS... ...OMISSIS... agente scelto della Polizia di Stato.

     Col ricorso n. 964 del 2000 (proposto al TAR per il Lazio), il signor ...OMISSIS... ha impugnato l’atto di destituzione e ne ha chiesto l’annullamento.

     Il TAR, con la sentenza n. 985 del 2001, ha respinto il ricorso ed ha compensato tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.

     2. Col gravame in esame, il signor ...OMISSIS... ha impugnato la sentenza del TAR ed ha chiesto che, in sua riforma, il ricorso di primo grado sia accolto.

     Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio, con una nota depositata in data 2 novembre 2001.

     3. All’udienza del 14 febbraio 2006 la causa è stata trattenuta in decisione.

     Considerato in diritto

     1. Nel presente giudizio, è controversa la legittimità del provvedimento con cui il Capo della Polizia, in data 6 luglio 2000, ha destituito l’appellante dal servizio di agente scelto, per assoluta mancanza del senso dell’onore e della morale, ai sensi dell’art. 7, nn. 1 e 4, del d.P.R. 737 del 1981.

     Col gravame in esame, l’interessato ha riproposto i motivi già respinti dal TAR per le Marche ed ha dedotto che:

     a) nel corso del procedimento, il funzionario istruttore non avrebbe consentito l’adeguato contraddittorio, poiché le dichiarazioni delle frequentanti il ‘Centro studi Polizia di Stato di Fermo’ – risultate decisive per l’emanazione dell’atto di destituzione - sarebbero state acquisite in assenza di un confronto, tanto più necessario perché in sede penale le accuse sono state seguite dalla archiviazione;

     b) l’atto di destituzione sarebbe affetto da eccesso di potere per ingiustizia manifesta e sproporzione tra la contestazione e la sanzione, poiché il comportamento valutato dall’Amministrazione sarebbe qualificabile come ‘irriguardoso’ nei confronti delle frequentanti, tale da non giustificare la valutazione dell’assenza dell’onore e la severità della misura adottata;

     c) il TAR avrebbe errato nel ritenere accertata la responsabilità, poiché “l’unico elemento probatorio di una certa solidità è una singola corrispondenza del ricorrente, indirizzata ad una delle allieve nei confronti della quale (ma reciprocamente) si stava sviluppando un moto sentimentale”, mentre in realtà altri elementi probatori sarebbero insussistenti e l’Amministrazione – giungendo ad una decisione “presa a priori” - non avrebbe preso in adeguata considerazione i fatti accaduti e la circostanza che essi si sono rivelati privi di rilevanza penale.

     2. Ritiene la Sezione che le censure così riassunte – da trattare congiuntamente per la loro connessione – siano infondate e vadano respinte.

     Dalla documentazione acquisita, dettagliatamente richiamata e riportata nell’atto di contestazione degli addebiti, è emerso che l’appellante, quale agente addetto alla vigilanza e alla assistenza degli allievi del ‘Centro studi’ della Polizia di Stato di Fermo, ha ripetutamente avuto comportamenti ed espressioni del tutto sconvenienti, nei confronti di adolescenti ivi ospitate.

     Il funzionario istruttore, con la prudenza e la delicatezza che il caso ha richiesto, ha acquisito le testimonianze delle adolescenti, dalle quali è emerso come l’appellante abbia gravemente turbato il loro equilibrio.

     Ad avviso della Sezione, non sussistono i dedotti profili di illegittimità, poiché:

     a) il funzionario istruttore ha legittimamente evitato di porre a confronto l’appellante con le singole adolescenti, di cui sono state acquisite le dichiarazioni con l’assistenza della consulente psicologa, per evitare loro ulteriori traumi;

     b) le medesime dichiarazioni, per le loro modalità ed i relativi contenuti, risultano del tutto attendibili e hanno trovato riscontri non solo nella lettera cui si fa cenno nell’atto di appello, ma anche in ulteriori testimonianze da cui si evince anche quale clima si fosse ormai verificato nel ‘Centro studi’;

     c) l’appellante ha avuto modo di difendersi nel modo più pieno in relazione alle risultanze istruttorie poste a base della contestazione, anche se poi le giustificazioni non sono state considerate tali da attenuare la gravità dei fatti accaduti;

     d) la valutazione cui è giunto il Capo della Polizia si è basata su riscontri oggettivi e su una diffusa motivazione, risulta rispettosa del principio di proporzionalità ed è del tutto ragionevole nell’aver constatato – con puntuali richiami alle risultanze istruttorie - l’assoluta mancanza del senso dell’onore e della morale, incompatibile con la conservazione dello status di agente della Polizia di Stato.

     3. Per le ragioni che precedono, l’appello nel suo complesso va respinto.

     Poiché l’Amministrazione appellata si è limitata a depositare l’atto di costituzione in giudizio, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese e gli onorari del secondo grado del giudizio.

     P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello n. 10685 del 2001.

Compensa tra le parti le spese e gli onorari del secondo grado del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi il giorno 14 febbraio 2006, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, con l’intervento dei signori:

Claudio Varrone  Presidente

Luigi  Maruotti  Consigliere estensore

Giuseppe Romeo   Consigliere

Luciano Barra Caracciolo Consigliere

Domenico Cafini   Consigliere

Il Presidente

CLAUDIO VARRONE

Il Consigliere estensore    Il Segretario

LUIGI MARUOTTI    GLAUCO SIMONINI 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA 
 

il...16/05/2006.

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

MARIA RITA OLIVA 
 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)

Addì.........................copia conforme alla presente è stata trasmessa

a..............................................................................................

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n. 642

                                                                        Il Direttore della Segreteria

Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Sesta                                                    Reg.ric.n.  10685/2001