T.A.R. LombardiaMilano Sez. III - Sentenza 24 marzo 2009, n. 1968 
 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE per la LOMBARDIA,

MILANO

SEZIONE III

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 234/07 proposto da @@@@@@@ @@@@@@@, rappresentato e difeso dall’Avv.to - con domicilio ex lege (art. 34 R.D. n. 1954/24 e art. 19 L. 1034/1971) presso la segreteria del TAR Lombardia, in Milano via Conservatorio n.13

contro

Ministero dell’Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato con domicilio ex lege presso i suoi uffici in Milano, via Freguglia n. 1 

per l’annullamento

del decreto n. 333.D/15000 del Ministero dell’Interno Dipartimento di P.S., datato 22 novembre 2006 e notificato in data 27 novembre 2006 che ha disposto il trasferimento del sovrintendente della Polizia di Stato @@@@@@@ @@@@@@@, per motivi di opportunità ed incompatibilità ambientale, con effetto immediato, dalla Questura di @@@@@@@ alla Questura di @@@@@@@.

VISTO il ricorso, i documenti depositati e la successiva  memoria depositata in data 23.02.2009;

VISTA l’atto di costituzione in giudizio, i documenti prodotti dall’amministrazione resistente, nonché la successiva memoria depositata in data 20.02.2009;

VISTI gli atti tutti di causa;

Uditi alla pubblica udienza del giorno 5 marzo 2005 il relatore, dott. - nonché i difensori delle parti come da verbale;

FATTO

Con ricorso notificato in data 13.01.2007 e depositato in data 31.01.2007, @@@@@@@ @@@@@@@ ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe chiedendone l’annullamento e deducendone l’illegittimità per violazione delle regole procedimentali, in relazione all’art. 7 della legge 1990 n. 241 e alla mancata osservanza dei termini procedimentali, nonché per difetto di motivazione, per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno chiedendo il rigetto del ricorso avversario.

Entrambe le parti hanno presentato memorie e documenti.

All’udienza del 5 marzo 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1) Il ricorrente, sovrintendente della Polizia di Stato, impugna il provvedimento con il quale il Ministero dell’Interno ne ha disposto il trasferimento, con effetto immediato, dalla Questura di @@@@@@@ alla Questura di @@@@@@@ per motivi di opportunità ed incompatibilità ambientale, ai sensi dell’art. 55 del D.P.R. 1982 n. 335.

Il provvedimento, oltre a richiamare gli atti istruttori – ed in particolare la nota della Questura di @@@@@@@ datata 25.02.2006, che ha segnalato l’opportunità del trasferimento, nonché la nota datata 28.02.2006, con la quale la Direzione Interregionale della Polizia di Stato “Lombardia – Emilia Romagna” ha espresso parere favorevole al trasferimento autoritativo del dipendente – individua la situazione di fatto posta a base della determinazione assunta.

In particolare, il decreto si riferisce all’intervenuto rinvio a giudizio di @@@@@@@ per i reati di falso ideologico e tentata truffa, asseritamente commessi ai danni di una compagnia assicuratrice in occasione di un incidente stradale, precisando che tale vicenda è stata “ampiamente riportata dagli organi di stampa” ed ha “arrecato grave nocumento all’immagine ed al prestigio dell’Amministrazione, facendo venire meno nei confronti del dipendente, quella necessaria fiducia di cui ogni appartenente alla Polizia di Stato deve sempre godere nell’ambiente in cui opera”, specificando poi che l’ulteriore permanenza di @@@@@@@ presso la sede di servizio “non consentirebbe allo stesso di adempiere ai compiti affidatigli con la dovuta serenità, con possibili gravi ripercussioni sul buon andamento dell’Ufficio”.

Tanto premesso, va rilevata l’infondatezza del primo, del secondo e del terzo motivo – che possono essere trattati congiuntamente, perché connessi sul piano logico giuridico, afferendo tutti a violazioni procedimentali – con i quali il ricorrente lamenta, da un lato, la violazione dell’art. 7 della legge 1990 n. 241, a causa della ritardata  comunicazione di avvio del procedimento, dall’altro, la mancata osservanza del termine finale del procedimento pari a 120 giorni, infine, la mancata previa acquisizione del nulla osta al trasferimento da parte dell’organizzazione sindacale di appartenenza, necessaria in quanto egli è dirigente sindacale del S.I.A.P..

Invero, l’art. 7 della legge 1990 n. 241 non stabilisce un termine entro il quale deve essere effettuata la comunicazione di avvio del procedimento e ciò si spiega considerando che la norma prevede un adempimento formale non fine a sé stesso, ma funzionale a consentire la partecipazione al procedimento amministrativo ai soggetti - tra gli altri - nei cui confronti il provvedimento finale è destinato a produrre effetti, così da favorire la completezza dell’istruttoria e consentire agli interessati di prospettare e difendere, sul piano fattuale e giuridico, la propria posizione nei confronti dell’amministrazione.

Ne deriva che la tempestività della comunicazione va apprezzata in relazione all’effettiva possibilità per l’interessato di instaurare un contraddittorio con l’amministrazione, in vista dell’emanazione del provvedimento finale.

Ciò si è verificato nel caso di specie, atteso che il ricorrente, dopo avere ricevuto la comunicazione di avvio del procedimento in data 1° aprile 2006, ha presentato una memoria all’amministrazione, datata 20.04.2006, sulla quale la Questura di @@@@@@@ ha espresso le proprie valutazioni con nota del 24.04.2006, trasmettendola poi al Ministero competente, che nel provvedimento impugnato dà atto di avere esaminato la memoria difensiva, riferendosi, tra l’altro, alla situazione familiare del dipendente.

Del resto non merita condivisione l’affermazione, espressa nel ricorso, secondo la quale l’amministrazione avrebbe dovuto sentire previamente il ricorrente, in quanto l’art. 10 della legge 1990 n. 241 stabilisce le facoltà procedimentali dei soggetti destinatari della comunicazione di avvio del procedimento, individuandole nella possibilità di prendere visione degli atti e di presentare memorie scritte e documenti, senza prescrivere alcuna possibilità di audizione personale.

Ne deriva che il ricorrente ha avuto comunicazione dell’avvio del procedimento in tempi utile per esercitare le prerogative procedimentali stabilite dall’art. 10 della legge 1990 n. 241, con conseguente infondatezza della censura proposta.

Palesemente infondata è la censura diretta a contestare la violazione da parte dell’amministrazione del termine di 120 giorni fissato per la conclusione del procedimento amministrativo nel caso di specie.

Invero, per giurisprudenza costante il termine procedimentale ha natura meramente sollecitatoria – salvo espressa disposizione di legge non sussistente nel caso di specie - sicché la sua violazione non incide né sulla legittimità del provvedimento finale, né sulla permanenza del potere dell’amministrazione di provvedere (cfr. tra le tante C.d.S., sez. VI, 20 aprile 2006, n. 2195).

Parimenti è infondato il terzo dei motivi proposti, con il quale il ricorrente lamenta che il suo trasferimento è stato disposto senza la previa acquisizione del nulla osta dell’organizzazione sindacale nell’ambito della quale riveste la qualifica di dirigente sindacale.

Sul punto va osservato che l’art. 88, commi 3 e 4, della legge 1981 n. 121 dispone che “i trasferimenti ad altre sedi di appartenenti alla Polizia di Stato che ricoprono cariche sindacali possono essere effettuati sentita l'organizzazione sindacale di appartenenza. I trasferimenti in ufficio con sede in un comune diverso di appartenenti alla Polizia di Stato che sono componenti della segreteria nazionale, delle segreterie regionali e provinciali dei sindacati di polizia a carattere nazionale maggiormente rappresentativi possono essere effettuati previo nulla osta dell'organizzazione sindacale di appartenenza”.

Tuttavia, la giurisprudenza ha precisato che l’acquisizione del nulla osta non è necessaria quando il trasferimento è disposto, come nel caso di specie, per ragioni di incompatibilità ambientale, in quanto tale potere di trasferimento presenta un carattere di specialità, che è estraneo al fisiologico esercizio dei poteri organizzativi del datore di lavoro. Esso deve celermente eliminare quelle cause che determinano obiettivamente un nocumento al prestigio ed alla funzionalità della struttura amministrativa e non può essere subordinato al preventivo assenso degli organi sindacali competenti; in altre parole, il trasferimento per incompatibilità ambientale “per la particolare caratteristica e finalità di tutela del prestigio e del corretto funzionamento dei pubblici uffici costituisce in realtà un limite al funzionamento della previsione contenuta nell’ultimo comma dell’art. 88 della l. 1.4.1981 n. 121, in quanto la stessa funzione del nulla osta sarebbe in insanabile contrasto con le esigenze di celerità” che connotano questo tipo di trasferimento (cfr. C.d.S., sez. V, 08 marzo 2001, n. 1359; C.d.S., sez. IV, 15 luglio 1999, n. 1245; T.A.R. Puglia Lecce, sez. II, 05 febbraio 2007, n. 294).

Ne deriva che nel caso di specie, in cui il trasferimento è stato disposto per ragioni di incompatibilità ambientale, l’amministrazione non era tenuta ad acquisire il nulla osta dell’organizzazione sindacale cui appartiene il ricorrente.

Va, pertanto, ribadita l’infondatezza dei motivi in esame.

2) Con il quarto, il quinto, il sesto, il settimo, l’ottavo e il nono dei motivi proposti – che possono essere trattati congiuntamente in quanto diretti a contestare le modalità di esercizio del potere discrezionale nel caso di specie – il ricorrente lamenta il difetto di motivazione e di istruttoria, nonché il travisamento dei fatti, con conseguente eccesso di potere, sotto diversi profili, anche con riferimento alla scelta del luogo di destinazione e alla mancata valorizzazione delle sue condizioni personali e familiari.

I motivi sono infondati.

Il potere esercitato dall’amministrazione nel caso de quo è previsto dall’art. 5, comma 4, del d.p.r. 1982 n. 335, ove si prevede che “il trasferimento ad altra sede può essere disposto anche in soprannumero all'organico dell'ufficio o reparto quando la permanenza del dipendente nella sede nuoccia al prestigio dell'Amministrazione o si sia determinata una situazione oggettiva di rilevante pericolo per il dipendente stesso, o per gravissime ed eccezionali situazioni personali”.

La giurisprudenza consolidata considera che il trasferimento per incompatibilità ambientale di un pubblico dipendente - ed in particolare di un agente di pubblica sicurezza - non postula la diretta imputabilità di specifici fatti al dipendente, né l’accertamento di un suo comportamento colpevole, essendo sufficiente l'oggettiva sussistenza di una situazione lesiva del prestigio dell'amministrazione che sia, da un lato, riferibile alla presenza in loco del dipendente in questione e, dall'altro, suscettibile di rimozione attraverso l'assegnazione del medesimo ad altra sede.

Tale principio assume particolare consistenza quando venga riferito al trasferimento di un dipendente della Polizia di Stato, perché allora “si configurano in capo all'amministrazione più ampi e penetranti poteri discrezionali in funzione di tutela di particolari e preminenti interessi pubblici volti ad assicurare la convivenza civile, interessi ai quali restano subordinate le esigenze particolari dei dipendenti, con correlativo rafforzamento dell'esigenza di tutela del prestigio dell'amministrazione, in relazione a peculiari compiti ad essa propri, anche in presenza di semplici situazioni di sospetto, o comunque di ombre atte ad offuscare l'immagine offerta all'esterno dell'Autorità preposta alla tutela della sicurezza pubblica” (cfr. C.d.S., sez. V, 08 marzo 2001, n. 1359; C.d.S., sez. IV, 30 giugno 2003, n. 3909; C.d.S., sez. VI, 27 giugno 2008, n. 3270; T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 17 marzo 2008, n. 1361).

Ne deriva che nella materia in questione l’amministrazione è dotata di poteri ampiamente discrezionali, sicché sul piano motivazionale è sufficiente che dal provvedimento emergano elementi logici e chiari, adeguati a rendere la figura dell'agente “offuscata da ombre idonee a nuocere, attraverso la sua persona, al prestigio dell'amministrazione e alla stessa funzionalità dei compiti di istituto”, (cfr C.d.S, sez. VI, 30 maggio 2007, n. 2759; C.d.S., sez. VI, 29 aprile 2008, n. 1922), mentre il sindacato del giudice amministrativo è limitato ai soli profili della logicità, della completezza della motivazione e dell'eventuale travisamento dei fatti, rimanendo esclusa, ovviamente, ogni indagine di merito sulla valutazione dell'amministrazione (cfr. C.d.S., sez. IV, 05 aprile 2005, n. 1489; T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 17 marzo 2008, n. 1361).

Nel caso di specie il provvedimento impugnato presenta una motivazione esaustiva, correlata ad una precisa situazione di fatto, emergente anche dagli atti istruttori cui il provvedimento rinvia.

In particolare - come già ricordato al punto sub 1 della motivazione – l’amministrazione dà atto del rinvio a giudizio disposto dall’Autorità giudiziaria nei confronti di @@@@@@@ per ritenute ipotesi di falso e tentata truffa, evidenziando la rilevanza mediatica della vicenda, nonché la consequenziale incidenza di tale situazione sia sul prestigio dell’amministrazione, sia sulle relazioni interne all’ufficio (sul punto si veda in particolare la nota della Questura di @@@@@@@ datata 25.02.2006 cui il provvedimento impugnato rinvia), sia sul rapporto fiduciario intercorrente tra il dipendente e l’amministrazione.

Si tratta di una motivazione logica e aderente alla situazione concreta, che trova riscontro nella documentazione versata in atti; del resto, è del tutto ragionevole ritenere che la sottoposizione a giudizio di un sovrintendente della Polizia di Stato, cui sia stata data rilevanza dagli organi di stampa, incida sul prestigio dell’Autorità di Pubblica sicurezza e sul rapporto fiduciario con il dipendente.

Proprio la circostanza che il provvedimento si basi su fatti specifici, dettagliatamente richiamati e idonei ad incidere sul prestigio dell’amministrazione, esclude la fondatezza della tesi adombrata dal ricorrente, secondo il quale il provvedimento perseguirebbe finalità sanzionatorie, con conseguente insussistenza del dedotto eccesso di potere per il profilo in esame.

Parimenti, il fatto che il trasferimento sia stato disposto per ragioni di incompatibilità ambientali rende del tutto legittima la scelta operata in relazione alla sede di destinazione, atteso che spetta all’amministrazione individuare la sede più idonea ad escludere il perdurare di una situazione lesiva per il prestigio e l’immagine dell’amministrazione, mentre gli interessi di natura personale e familiare dell’interessato sono destinati a recedere a fronte del prevalente interesse pubblico al buon funzionamento degli uffici (cfr. tra le tante C.d.S., sez. VI, 29 aprile 2008, n. 1922)

Del resto non va dimenticato che nel caso concreto l’amministrazione dà atto di avere tenuto conto della situazione familiare del dipendente e che, in ogni caso, il trasferimento è avvenuto nell’ambito della medesima regione, sicché anche per il profili in questione il provvedimento risulta del tutto scevro da vizi logici e si sottrae alle censure di eccesso di potere articolate dal ricorrente.

Quanto poi alla dedotta disparità di trattamento in relazione alla posizione del collega coimputato di @@@@@@@, va osservato che si tratta di una censura destituita di ogni fondamento, in quanto dalla nota della Questura di @@@@@@@ datata 25.02.2006 emerge che, al tempo dell’adozione del provvedimento impugnato, il dipendente cui si riferisce il ricorrente era già stato trasferito presso la Questura di @@@@@@@, sicché è del tutto coerente ritenere che fosse venuta meno la situazione di incompatibilità ambientale ipotizzabile nei suoi confronti, come esattamente eccepito dall’amministrazione resistente.

Né la legittimità del provvedimento può essere incisa dalla circostanza - rappresentata dal ricorrente in sede di memoria -  che @@@@@@@ sia stato assolto dai reati ascrittigli  con sentenza del Tribunale di @@@@@@@ datata 01.04.2008, atteso che si tratta di un fatto successivo al provvedimento, che al più potrebbe essere valutato dall’amministrazione in sede di autotutela.

Va, pertanto, ribadita l’infondatezza dei motivi in esame. 

3) In definitiva il ricorso è infondato nei termini dianzi esposti e deve essere respinto.

Nondimeno la natura delle questioni di fatto e di diritto sottese al ricorso consente di ravvisare giusti motivi per compensare tra le parti le spese della lite. 
 

P.Q.M

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Milano, sezione terza, respinge il ricorso.

Compensa interamente tra le parti le spese di lite. 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa. 

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 5 marzo 2009, con l’intervento dei signori magistrati: 

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