N.3661/2006

Reg. Dec.

N. 3056 Reg. Ric.

Anno 2005 
 

R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

   Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n.3056/2005 proposto dal Ministero dell’economia e delle finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza - in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato ex lege presso i suoi uffici in Roma, Via dei Portoghesi n.12;

CONTRO

...OMISSIS.... ...OMISSIS...., rappresentato e difeso dall’Avv. Alfredo Zaza d’Aulisio ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. F. Cardarelli in Roma, Vicolo Orbitelli n.31;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione staccata di Latina, n.76/04 in data 26 febbraio 2004;

Visto l’atto di appello con i relativi allegati;

Visti l’atto di costituzione in giudizio e la memoria difensiva del ...OMISSIS....;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 28 aprile 2006, relatore il consigliere Carlo Deodato, ed uditi l’Avvocato dello Stato Cesaroni e l’Avv. Cardarelli su delega dell’Avv. Zaza d’Aulisio;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

Con la sentenza appellata il T.A.R. del Lazio, sezione staccata di Latina, in accoglimento del ricorso proposto dal Capitano in s.p.e. della Guardia di Finanza ...OMISSIS.... ...OMISSIS...., annullava il provvedimento di congedo del ricorrente per perdita del grado e quelli, conseguenti, relativi al suo trattamento economico.

Avverso tale decisione proponeva rituale appello il Ministero dell’economia e delle finanze, criticando la correttezza delle argomentazioni assunte a sostegno del gravato giudizio di illegittimità, negando la sussistenza dei vizi riscontrati dai primi giudici a carico del provvedimento controverso e concludendo per la riforma della sentenza impugnata.

Resisteva il ...OMISSIS...., difendendo la correttezza del giudizio reso in prima istanza, contestando la fondatezza delle doglianze dedotte a sostegno dell’appello e concludendo per la sua reiezione.

Il ricorso veniva trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 28 aprile 2006.

DIRITTO

1.- Le parti controvertono sulla legittimità del provvedimento con cui il Comando Generale della Guardia di Finanza ha disposto la cessazione dal servizio del Capitano ...OMISSIS...., a seguito dell’applicazione, da parte della Corte d’Assise d’Appello di Milano, della pena accessoria militare della rimozione dal grado (nell’ambito di un procedimento penale nel quale il militare interessato era stato condannato alla pena di anni quattro, mesi due e giorni venti di reclusione per omicidio volontario, commesso nel corso di un’operazione di polizia).

Il Tribunale di prima istanza ha, in particolare, accertato, a carico del provvedimento espulsivo,  il vizio di violazione della normativa di riferimento (e, segnatamente, degli artt. 9 della legge n.19 del 1990 e 29 del codice penale militare di pace), là dove vieta, per come interpretata ed applicata dai primi giudici, la destituzione di diritto (nella situazione considerata), ed ha, pertanto, annullato gli atti impugnati.

Il Ministero appellante formula puntuali critiche all’indirizzo degli argomenti utilizzati dai primi giudizi per fondare il gravato giudizio di illegittimità, concludendo per la riforma della decisione appellata e per la reiezione del ricorso di primo grado.

Il ...OMISSIS.... ribadisce, di contro, la sussistenza delle violazioni accertate a carico del proprio congedo, difende la correttezza del convincimento espresso dai primi giudici a sostegno della statuizione di annullamento e conclude per la conferma di quest’ultima.

2.- L’appello è infondato, alla stregua delle considerazioni che seguono, e va, quindi, respinto.

3.- Al duplice fine di ricondurre lo scrutinio della legittimità dei provvedimenti controversi entro i confini tracciati dai parametri di legalità di riferimento e di circoscrivere, dunque, il presente giudizio ai profili esclusivamente rilevanti, reputa il Collegio di dover preliminarmente individuare la disposizione legislativa alla stregua della quale dev’essere sindacata la correttezza della destituzione dell’originario ricorrente.

In conformità a tale canone metodologico, si deve, allora, identificare nell’art.29 c.p.m.p. il paradigma normativo che doveva governare l’azione amministrativa censurata (per come, peraltro, ammesso anche dalle parti) ed il cui rispetto condiziona, dunque, la legittimità della determinazione espulsiva controversa.

La disposizione menzionata si occupa, infatti, proprio di stabilire le conseguenze della pena accessoria della rimozione del grado sul rapporto di lavoro del militare colpito da quella misura e costituisce, pertanto, il parametro normativo specifico al quale riferire l’indagine relativa alla legittimità dell’impugnata cessazione dal servizio.

3.1- Una volta identificato il criterio di giudizio alla cui stregua risolvere la controversia, si deve dare conto delle diverse (ed opposte) letture ed applicazioni della disposizione menzionata prospettate dalle controparti: mentre, infatti, il Ministero appellante assume che l’art.29 c.p.m.p., là dove sancisce, quale conseguenza della rimozione dal grado, l’attribuzione al militare condannato della condizione di semplice soldato o di militare di ultima classe, non possa applicarsi al personale della Guardia di Finanza, in quanto l’ultimo livello di quest’ultima carriera (allievo finanziere) coincide con un grado non inquadrabile nel servizio permanente effettivo, ma in una posizione di ferma breve, l’originario ricorrente sostiene, al contrario, che la norma debba interpretarsi ed applicarsi in modo da assicurare la produzione dell’effetto (univocamente voluto dalla disposizione) di consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro o che debba, in alternativa, scrutinarsi la questione della sua costituzionalità (espressamente sollevata dall’odierno appellato).

3.2- Così illustrate e sintetizzate le posizioni difensive delle parti, si deve rilevare che l’art.29 c.p.m.p., per come chiaramente e testualmente formulato, postula la permanenza in servizio del militare colpito dalla rimozione e non lo priva, a differenza di quanto sancisce l’art.28 c.p.m.p. (per la diversa ipotesi della degradazione), della qualità di militare; mentre, in particolare, la prima disposizione risulta concepita e costruita proprio per realizzare l’effetto di assegnare al militare rivestito di un grado la posizione corrispondente all’ultima posizione della carriera e, quindi, di permettere la conservazione del rapporto di lavoro (seppur alla condizione deteriore appena precisata), la seconda disposizione sancisce il diverso e più grave effetto, conseguente alla degradazione, della perdita della qualità di militare e, quindi, della risoluzione definitiva della relazione di servizio con l’Amministrazione.

3.3- Orbene, l’esegesi e l’applicazione dell’art.29 c.p.m.p. (da valersi, si ripete, quale parametro di legalità della determinazione scrutinata) devono, evidentemente, conformarsi al significato letterale ed alla finalità della norma, per come sopra precisate, con la duplice conseguenza che va rifiutata ogni interpretazione che precluda, nei suoi esiti applicativi, la prosecuzione del rapporto di servizio del militare colpito dalla rimozione dal grado e che deve, al contempo, ricercarsi e preferirsi una lettura della disposizione che impedisca la destituzione di quest’ultimo.

L’opzione ermeneutica che implica la risoluzione del rapporto di lavoro, per i soli militari della Guardia di Finanza, va, in particolare, respinta, sia in quanto si risolverebbe in una (inammissibile) disapplicazione della disposizione (là dove non contempla, tra gli effetti della perdita del grado, la cessazione dal servizio, ma presuppone, al contrario, la conservazione di quest’ultimo rapporto), sia in quanto determinerebbe una sua manifesta incostituzionalità (nella misura in cui assegnerebbe ai militari della Guardia di Finanza un trattamento palesemente ed ingiustificatamente deteriore, rispetto al personale delle altre Forze Armate), da evitarsi con una (sua) doverosa interpretazione conforme al principio di eguaglianza.

3.4- Ne consegue che l’impossibilità, per i militari della Guardia di Finanza, di discendere all’ultimo grado della relativa tabella (allievo finanziere) non determina l’inapplicabilità agli stessi dell’art.29 c.p.m.p., ma impone di intendere ed applicare quest’ultima disposizione, in coerenza con la sua ratio, nel senso che la perdita del grado comporta l’assegnazione al militare colpito dalla rimozione dell’ultimo grado della carriera che presti servizio in s.p.e..

L’esegesi da ultimo riferita esonera, infatti, il Collegio dalla remissione della questione di costituzionalità al Giudice delle leggi (altrimenti doverosa) e consente, al contempo, di assicurare, anche per la carriera della Guardia di Finanza, gli effetti sostanziali alla cui produzione la disposizione in questione risulta evidentemente preordinata.

3.5- Il provvedimento di congedo del ...OMISSIS.... si rivela, in definitiva, illegittimo, nei termini già rilevati in prima istanza, proprio in quanto adottato in violazione della regola di condotta appena indicata e, cioè, in spregio al canone che imponeva, a fronte della rimozione dal grado, la conservazione del rapporto, seppur nel grado più basso in s.p.e. della scala gerarchica.   

4.- Alle considerazioni che precedono conseguono, in definitiva, la reiezione dell’appello e la conferma della decisione impugnata. 

5.- Sussistono, nondimeno, giusti motivi per disporre la compensazione delle spese processuali del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, respinge il ricorso indicato in epigrafe e compensa le spese del presente grado di giudizio;

ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 28 aprile 2006, con l'intervento dei signori:

Lucio Venturini   - Presidente

Costantino Salvatore  - Consigliere

Carlo Deodato   - Consigliere Estensore

Salvatore Cacace   - Consigliere

Sergio De Felice   - Consigliere 
 

L’ESTENSORE                   IL PRESIDENTE

Carlo Deodato                                                   Lucio Venturini                                                
 
 

IL SEGRETARIO                                                                                                       Rosario Giorgio Carnabuci

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

19 giugno 2006

(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)

     Il Dirigente

     Antonio Serrao 
 

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N.R.G.  3056/2005


 

MA