N.3887/2007

Reg. Dec.

N. 2820

Reg. Ric.

Anno 2003 
 

R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

      Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n°2820 del 2003, proposto da ...omissisvld... ...omissisvld..., rappresentato e difeso dall’avv. Marco di Raimondo ed elettivamente domiciliato in Roma nello di Lui studio, via Savoia n°86;

contro

il Ministero dell’Economia e Finanze (Comando Generale della Guardia di Finanza), in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la stessa domiciliati per legge in Roma, in via dei Portoghesi n°12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Prima Sezione, 18 novembre 2002, n°7238;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 06 marzo 2007 il Consigliere  Vito Carella;

Uditi gli avv.ti M. di Raimondo e l’avv. dello Stato Russo;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

F A T T O

Il provvedimento originariamente impugnato ha inflitto all’odierno appellante, finanziere in servizio permanente, la sanzione disciplinare di stato della perdita del grado per rimozione in quanto l’interessato ha fatto uso per quattro o cinque volte di eroina e contattato alcuni ragazzi del proprio paese, già assuntori di stupefacenti, per rifornirsi di droga.

Con la gravata sentenza, il T.A.R. in epigrafe indicato ha respinto il ricorso proposto dal ricorrente, rilevando l’infondatezza dei due mezzi di censura unitariamente considerati, perché è da escludersi l’ipotesi dell’uso episodico con riguardo alla stessa richiesta dell’istante “di essere disponibile a sottoporsi a trattamento di recupero socio-sanitario”, ed, ancora, per la grave deviazione istituzionale posta in essere.

L’appellante, con il gravame in esame, ha chiesto che il ricorso di primo grado sia accolto, deducendo violazione dell’art.40, punto 6, della legge 03.08.1961, n°833 (i rari episodi dell’uso per quattro o cinque volte, come spontaneamente dichiarato, non possono assurgere al rango di fatto giustificativo della grave sanzione applicata) e dell’art.109, comma 6, del D.P.R. 09/10/1990, n°309 (la pena disciplinare è stata irrogata in luogo di consentire al militare il suo recupero socio-sanitario).

Il Ministero appellato si è costituito in giudizio e, con la memoria del 20.02.2007, ha eccepito nel merito che la disciplina sul trattamento sanitario dei tossicodipendenti non esime certo dalle responsabilità disciplinari derivanti dal proprio rapporto d’impiego e lesive dei doveri attinenti allo stato militare, al grado rivestito, al prestigio del Corpo.

L’appellante ha ulteriormente illustrato le proprie difese con la memoria depositata il 16.02.2007. 

All’udienza del 6 marzo  2007 la causa è stata trattenuta in decisione.

  D I R I T T O

1. La questione dibattuta nel presente giudizio investe la sanzione disciplinare di Stato della perdita del grado per rimozione inflitta a militare del Corpo della Guardia di Finanza in relazione all’uso di sostanze stupefacenti e, in particolare, essa ruota intorno ai punti nodali dedotti di occasionalità dell’assunzione, della mancanza di rilevanza esterna della condotta dell’odierno appellante, di proporzionalità dell’azione amministrativa, di violazione della normativa dettata per il recupero di soggetti tossicodipendenti.

Il Giudice di primo grado ha respinto il ricorso proposto dal finanziere, esprimendo l’avviso che il potere sanzionatorio è stato esercitato legittimamente, in relazione alle spontanee dichiarazioni rese dall’inquisito e con riguardo al richiesto trattamento di recupero socio-sanitario, per la grave deviazione istituzionale commessa.

Rileva in anteprima il Collegio che la Sezione si è già pronunciata sulle tematiche controverse tra le parti, con una consolidata giurisprudenza dalla quale non vi è ragione per discostarsi ed alla quale si rinvia, ai sensi dell’art.9 della legge 21.07.2000, n°205.

2. La perdita del grado è stata inflitta all’appellante, in applicazione dell’art.40 della legge 03.08.1961 n°833, che è posta a fondamento della prima censura di gravame.

Al riguardo si può osservare, da una lettura in termini generali di detta norma, che in essa vengono per lo più individuati specifici fatti, al verificarsi dei quali, prescindendo da ogni profilo di gravità insito in essi, la perdita del grado segue automaticamente.

Da tale quadro caratteristico si distacca, però, il punto 6), oggetto di odierno esame, per il quale il militare di truppa incorre nella perdita del grado, quando è stato rimosso “per violazione del giuramento o per altri motivi disciplinari, ovvero per comportamento comunque contrario alle finalità del Corpo o alle esigenze di sicurezza dello Stato, previo giudizio di una Commissione di disciplina”.

A tenore di quest’ultima previsione la perdita del grado non segue, come negli altri casi elencati dalla stessa norma, al verificarsi di un fatto da essa direttamente individuato.

Correttamente, quindi, la disamina giurisprudenziale effettuata al riguardo giunge alla conclusione che la previsione di cui al punto n°6) è astratta e si riferisce ad una seria aperta di infrazioni (Cons. St., IV, 11 ottobre 2005, n°5622).

Occorre però liberare il campo da un possibile equivoco in cui a giudizio della Sezione si può incorrere nell’esame del “previsione in argomento”, ritenendo, cioè, che la gravità del comportamento del militare incolpato, debba influire sulla misura della sanzione in essa contemplata.

La perdita del grado, è, infatti sanzione unica ed indivisibile, non essendo stata stabilita con la caratteristica di regolarne un minimo ed un massimo, entro i quali l’Amministrazione deve esercitare il potere sanzionatorio.

Dal che consegue, in prima battuta, che il giudizio sulla gravità del fatto, postulando un potere di graduazione della sanzione in sede di sua applicazione, non può mai riverberare sulla perdita del grado di cui si sta discutendo, una volta accertatane l’esistenza in sede istruttoria.

Ovviamente si potrà sostenere che un giudizio sulla gravità del fatto necessiti al fine di stabilire se ricorre o meno la “……violazione del giuramento….ovvero un …..comportamento contrario alle finalità del Corpo…”.

Ma in realtà, l’operazione logica richiesta dal punto n°6 in esame, non è, però, basata su di un giudizio, tipicamente empirico, di disvalore, bensì sul collegamento del fatto con gli obblighi assunti dal militare con il giuramento, ovvero con le finalità del Corpo: operazione che richiede un giudizio di attinenza e di congruenza, non di gravità del comportamento.

Ovvero, se si vuole continuare a ragionare in termini di gravità, si può solo concludere che qualunque comportamento riconducibile, sulla base di un

giudizio di merito che spetta solo all’Amministrazione, alla violazione del giuramento o contrario alle finalità del Corpo, è considerato grave della previsione in esame.

Ivi, invero, i suddetti parametri rappresentano la soglia varcata la quale la perdita del grado segue in modo automatico, e non, i presupposti per esercitare il potere di graduazione della sanzione.

Solo per questa via, in effetti, la prescrizione in esame è in armonia con le altre ipotesi di perdita del grado contemplate dall’art.40 della legge n°833 del 1968, e se ne giustifica il suo inserimento in esso.

E poiché dal procedimento disciplinare emerge che il fatto contestato all’incolpato è stata argomentatamene ricondotto alla violazione del giuramento ed alla contrarietà con le finalità del Corpo, non solo non sussiste alcuna illegittimità per difetto di ragionevolezza o di proporzionalità della sanzione applicata, ma neppure per difetto della motivazione.

E’ difficile, del resto, sostenere che il consumo anche episodico di droga non contrasti con le finalità del Corpo a cui il militare appartiene se tra i compiti a cui questo attende vi è proprio il contrasto al contrabbando ed al traffico di stupefacenti (Cons. St., IV, 7 giugno 2005, n°2899).

3. Pertanto, del tutto irrilevante appare il riferimento al programma terapeutico di recupero richiesto come da secondo motivo di appello, per violazione dell’art.109 del D.P.R. n°309 del 1975 – posto che quivi in nessuna parte si prevedono riflessi attenuativi sul potere sanzionatorio verso i militari, ma soltanto condizioni per l’idoneità al servizio militare in nulla attinenti alla condotta contestata al finanziere appellante.

Sovvengono al riguardo, tra i tanti, altri perspicui precedenti della Sezione (IV, 31 gennaio 2006, n°339; 14 ottobre 2005, n°5682).

Al riguardo va in primo luogo tenuto presente che anche dopo la parziale abrogazione ad opera del referendum del 18 aprile 1993 di alcune norme del Testo Unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti (D.P.R. 09 ottobre 1990 n°309), a mente dell’art.75 del predetto Testo Unico, l’assunzione di sostanze stupefacenti rimane illecito amministrativo.

L’intero sistema normativo divisato dal Testo Unico, lungi dal porsi in un’ottica agnostica rispetto all’uso personale di sostanze stupefacenti, si incentra sull’attività di contrasto, a livello preventivo e repressivo del fenomeno. Per quanto più specificatamente attiene alle Forze Armate, gli artt. 107 e 108 configurano tutta una serie di adempimenti a carico delle strutture facenti capo al Ministero della difesa, fra cui spiccano: le attività informative sul fenomeno criminoso sul traffico di sostanze stupefacenti; le campagne sanitarie di prevenzione; le azioni di prevenzione a mezzo di consultori e servizi di psicologia delle Forze Armate.

Anche l’esigenza connessa al mantenimento del posto di lavoro del tossicodipendente, nel disegno del Legislatore, è bilanciata per particolari categorie di personale con la salvaguardia di altri non meno importanti valori.

Sotto tale angolazione viene in rilievo l’art.124, comma 4, del T.U., il quale – proprio in un contesto volto a salvaguardare il mantenimento del posto di lavoro da parte del soggetto che si sottopone a programmi di recupero – fa espressamente salve le disposizioni vigenti che richiedono il possesso di particolari requisiti psico-fisici e attitudinali per l’accesso all’impiego, nonché quelle che, per il personale delle Forze Armate e di polizia e per quello che riveste la qualità di agente di pubblica sicurezza, disciplinano la sospensione e la destituzione dal servizio.

Di tale impostazione, volta in definitiva a privilegiare le particolari esigenze organizzative ed operative delle Forze Armate e di quelle di Polizia, costituisce ad es. applicazione il D.Lvo n°215 del 201 sulla trasformazione progressiva dello strumento militare in professionale, il quale all’art.4, comma 2, lettera c) – come di recente sostituito dall’art.4 del D.Lvo n°197 del 2005 – prevede il proscioglimento dalla ferma del militare risultato positivo agli accertamenti diagnostici per l’uso anche saltuario o occasionale di sostanze stupefacenti.

In questo quadro generale di riferimento, la vicenda all’esame esibisce ulteriori profili che ad avviso del Collegio vanno adeguatamente considerati.

In tal senso si deve anzitutto rilevare che al Corpo della Guardia di Finanza l’ordinamento affida un ruolo centrale e di primissima linea nella repressione dello spaccio di stupefacenti e nel contrasto ai fenomeni di criminalità organizzata ad esso connessi: di talché non può ragionevolmente ipotizzarsi che simili compiti, essenziali per la salvaguardia della pubblica sicurezza, siano in concreto espletati da soggetti i quali a loro volta fanno uso delle sostanze la cui diffusione si tratta invece di impedire.

A ciò deve aggiungersi che secondo logica ed esperienza il consumo abituale di stupefacenti comporta – in via diretta o indiretta – una inevitabile contiguità (come avvenuto nella fattispecie) con chi vende o cede tali sostanze e dunque con soggetti operanti nell’illegalità e dediti a traffici illeciti, che il Corpo ha invece la missione istituzionale di reprimere.

Sotto il profilo ora in considerazione, dunque, il giudizio dell’Amministrazione – in ordine alla correlazione tra uso delle sostanze stupefacenti e perdita dei requisiti di affidabilità richiesti ad un militare del Corpo – non appare in definitiva viziato da illogicità né da carenza di motivazione: è del tutto evidente infatti che una volta accertato il venir meno delle doti morali necessarie per l’appartenenza alla Guardia di Finanza i buoni precedenti di carriera risultino non rilevanti ai fini disciplinari.

Ne consegue, concludendo sul punto, che l’appello è infondato anche in questa parte.

4. In conclusione, l’appello deve essere respinto in quanto totalmente infondato.

Sussistono tuttavia giusti motivi per la integrale compensazione fra le parti delle spese di giudizio.  

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo respinge.

Compensa tra le parti le spese di lite.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Roma, presso la sede di Palazzo Spada, addì  6 marzo 2007, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione IV, riunito in Camera di Consiglio con l’intervento dei signori:

Pier ...omissisvld...  LODI     -   Presidente f.f.

Antonino  ANASTASI   -  Consigliere

Vito   POLI   -   Consigliere

Carlo   SALTELLI   -   Consigliere

Vito   CARELLA   -   Consigliere, rel . est. 
 

L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE F.F.

Vito Carella       Pier ...omissisvld... Lodi  

                           IL SEGRETARIO

     Rosario Giorgio Carnabuci

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

10 luglio 2007

(art. 55, L. 27.4.1982 n. 186)

     Il Dirigente

     Giuseppe Testa

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N.R.G.  2820/2003


 

RL