REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.4172/2007

Reg.Dec.

N. 10862 Reg.Ric.

ANNO   2003

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 10862/2003, proposto dal Ministero dell’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE dello STATO presso la quale domicilia ex lege in Roma, via dei Portoghesi 12,

contro

il sig. ...omissismsmvld.... ...omissismsmvld...., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli avv.ti Augusto SINAGRA e Franco SABATINI presso i quali elettivamente domicilia in Roma, viale Gorizia 14,

appellante incidentale

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione I ter, 23 luglio 2003, n. 6603;

     visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

     visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato e la memoria dallo stesso prodotta a sostegno delle proprie difese, nonché l’appello incidentale condizionato dal medesimo proposto;

     visti gli tutti di causa;

     relatore, alla pubblica udienza del 17 aprile 2007, il Consigliere Paolo BUONVINO;

     uditi, per le parti, l’avv. dello Stato MADDALO e l’avv. Sanci per delega dell’avv. Sabatini;

     Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:

F A T T O     e     D I R I T T O

     1) - Con il ricorso di primo grado l’odierno appellato ha chiesto l’annullamento del decreto n. 333-D/4038 del 31 agosto 1994 (con cui il Capo della Polizia lo ha sospeso disciplinarmente dal servizio per la durata di 6 mesi) e del silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza volta ad ottenere il riesame di tale determinazione.

     2) - Il TAR ha accolto il ricorso nella parte relativa alla richiesta di annullamento (immediatamente disposto) del decreto anzidetto; ha, invece, dichiarato improcedibile il ricorso stesso nella parte relativa all’impugnativa del silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza volta ad ottenere il riesame di tale provvedimento.

     In particolare, i primi giudici hanno premesso che, con il ricorso, l’agente della Polizia di Stato ricorrente, deducendo (anche attraverso la propo-sizione di “motivi aggiunti) la violazione degli artt. 108, 111 e 120 T.U.I.C.S. e l’eccesso di potere sotto svariati profili, aveva chiesto l’annullamento del decreto impugnato (con cui il Capo della Polizia lo aveva sospeso disciplinarmente dal servizio per la durata di 6 mesi) e del silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza volta ad ottenere il riesame di tale determinazione.

           Passando al merito del gravame, hanno, poi, osservato, i primi giudici, come l’impugnato provvedimento sanzionatorio fosse stato adottato sulla base di un presupposto (la frequentazione assidua, da parte del ricorrente, di persone pregiudicate o comunque dedite ad attività immorali) che – alla luce degli atti di causa – non poteva ritenersi sufficientemente provata, le dichiarazioni rese, in proposito, dalla signora  Manuela Schmitt – che la stessa Amministrazione resistente ha riconosciuto essere tossicodipendente, senza fissa dimora e con precedenti penali con reati contro il patrimonio – essendo, infatti, risultate prive di qualsivoglia riscontro obiettivo.

     Va, al riguardo, considerato – ha continuato il TAR - che, se è vero che, in assenza di una tipizzazione legale dei comportamenti presi in esame, il giudizio sulla rilevanza disciplinare dei fatti sanzionati è completamente  riservato alla p.a. e che, detto in altri termini, esula dal sindacato del giudice della legittimità ogni valutazione sulla gravità dei fatti e degli atti compiuti dall’inquisito, in quanto, nel procedimento disciplinare instaurato nei confronti dei pubblici dipendenti, il giudizio si svolge con una larga discrezionalità  in ordine al convincimento della P.A. sulla gravità delle infrazioni addebitate e della conseguente sanzione da irrogare, è altresì vero che i cennati principi valgono solo nei limiti in cui:

     a) - un determinato convincimento non risulti formato sulla base di un processo mentale illogico ed incoerente; oppure:

     b) - una determinata valutazione non contenga - come nella particolare circostanza - un evidente travisamento dei fatti.

     Va – d’altro canto – rilevato (osservano, ancora, i primi giudici sempre con riferimento al caso di specie) che, se pure il provvedimento disciplinare non deve contenere necessariamente una puntuale ed analitica confutazione delle giustificazioni addotte dal dipendente (essendo sufficiente che, da esso, risultino con chiarezza le ragioni sottostanti la sua adozione), è certamente illegittimo il provvedimento che irroga una sanzione disciplinare nel caso in cui – a fronte di specifiche e puntuali giustificazioni alle contestazioni da parte dell’interessato – la p.a., senza procedere ad una reale esternazione circa le ragioni che facciano ritenere effettivamente fondata l’incolpazione e senza dar conto dell’adeguata correlazione tra la gravità dei fatti e l’entità della sanzione irrogata, si sia limitata – in buona sostanza – a dichiararle infondate.

     E se a ciò si aggiunge, osserva, ancora, il TAR, che il fatto contestato al ...omissismsmvld.... si riferiva ad un singolo episodio, in occasione del quale il soggetto in questione avrebbe ospitato nella propria autovettura una persona obiettivamente non commendevole e che, quindi, risultava violato anche il principio generale di corrispondenza tra fatto contestato e fatto sanzionato, si può ben comprendere come l’impugnato provvedimento sanzionatorio non potesse che esser riconosciuto illegittimo e, in quanto tale (assorbita ogni ulteriore censura mossa nei suoi confronti), passibile di annullamento.

     3) – Per l’amministrazione appellante la sentenza sarebbe erronea in quanto dall’esame degli atti del procedimento risulterebbe evidente l’accuratezza e minuziosità dell’inchiesta svolta, dalla quale emergerebbero con chiarezza le assidue frequentazioni di persone pregiudicate o dedite ad attività immorale; non senza considerare che l’interessato è stato anche coinvolto in un procedimento penale per il quale all’epoca dei fatti era già intervenuta sentenza di condanna, che ha poi portato, a seguito di ulteriore procedimento disciplinare, alla destituzione dal servizio dell’incolpato (con ordinanza n. 2786 del 6 novembre 1997, rimasta inoppugnata, il TAR ha, poi, respinto la domanda cautelare volta alla sospensione dell’efficacia di detto provvedimento destitutotorio; per la definizione del merito detta controversia risulta portata all’esame del TAR alla pubblica udienza del 22 febbraio 2007).

     Tali fatti evidenzierebbero che l’Amministrazione non avrebbe potuto pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte oggetto d’impugnativa; e, comunque, il TAR non avrebbe adeguatamente ponderato che la condotta del ricorrente nella vicenda dedotta in giudizio non sarebbe stata, in generale, confacente allo status di pubblico ufficiale rivestito dall’interessato ed agli obblighi a tale status strettamente connessi; inoltre, vi sarebbe stata piena rispondenza tra i fatti addebitati e la sanzione in concreto comminata.

     4) - Resiste l’appellato che, oltre ad insistere per il rigetto dell’appello, svolge anche appello incidentale subordinato con riguardo al capo della sentenza con il quale il TAR ha dichiarato improcedibile il ricorso stesso nella parte relativa all’impugnativa del silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza volta ad ottenere il riesame di tale provvedimento.

     Con memoria conclusionale l’appellato ribadisce i propri assunti difensivi.

     5) – L’appello è infondato.

     Giova rilevare, in punto di fatto, che il funzionario istruttore – come emerge dagli atti di causa – con nota del 24 novembre 1993 aveva concluso, per quanto di competenza, l’inchiesta disciplinare, rimettendo gli atti al Questore; in data 10 marzo 1994, a seguito del deferimento dell’incolpato al Consiglio Provinciale di disciplina da parte dello stesso Questore, veniva riunito detto organo collegiale che ascoltava l’inquisito e il suo difensore; l’organo collegiale disciplinare, peraltro, riteneva di non poter esprimere alcun giudizio sulla base delle acquisite risultanze e richiedeva, quindi, un supplemento di istruttoria, essendo risultati insufficienti gli elementi di prova acquisiti; veniva disposto, in particolare, per l’acquisizione dei fascicoli relativi alle precedenti sospensioni dal servizio del dipendente e, in particolare, dei certificati medici attestanti l’assunzione di sostanze stupefacenti da parte del medesimo, nonché di ulteriori accertamenti in ordine alla natura dei rapporti correnti tra lo stesso incolpato e la persona con la quale si accompagnava nel momento in cui era stato fermato da una pattuglia dei Carabinieri.

     Per ciò che attiene al primo aspetto, lo stesso istruttore ha precisato che, effettivamente, non erano stati rispettati in pieno – a suo tempo - i diritti del prevenuto durante la fase di contestazione degli addebiti e del procedimento, tanto che i relativi provvedimenti avevano costituito oggetto di autoannullamento; che sarebbe stato utile, inoltre, sottoporre l’interessato ad un accertamento sanitario che tenesse conto, stavolta, di tutte le garanzie e cautele del caso, interessando l’ufficio provinciale sanitario competente per territorio; ciò anche in considerazione del fatto che fonti confidenziali avrebbero segnalato che l’incolpato avrebbe fatto uso di metadone, senza aver fornito, peraltro, al riguardo, le proprie generalità al SER.T.

     Concludeva l’istruttore nei sensi che seguono: “voglia pertanto il Consiglio Provinciale di Disciplina valutare, nell’interesse generale dell’Amministrazione, l’effettivo comportamento tenuto dal ...omissismsmvld.... considerando che, se da un lato risulta essere molto grave l’assidua frequenza di persone notoriamente dedite ad attività immorali, certi valori formali, quali la morale e  l’onore, debbano essere osservati costantemente dal personale della P. di S.;……..è per questo motivo che la violazione di tali valori comporta tutta una serie di ripercussioni nel mondo dell’Amministrazione della Polizia di Stato che è degna di essere presa in considerazione”.

     Ebbene, tutto quanto sopra lascia emergere:

      - che, per ciò che attiene alla prima parte dell’attività istruttoria integrativa, non è emerso con certezza alcun elemento utile a suffragare la contestata incolpazione; da un lato, in quanto i precedenti disciplinari, per errori nella conduzione dei pregressi procedimenti, non hanno comportato l’adozione di alcun provvedimento sanzionatorio nei confronti dell’interessato o, meglio, hanno portato al loro annullamento da parte della stessa P.A. (sicché si tratta di elementi ormai superati, inutilizzabili nel corso del nuovo procedimento disciplinare, non essendosi potuta consolidare alcuna certezza in merito alla rilevanza e oggettiva sussistenza dei fatti stessi, tanto più che, all’epoca, neppure è stato ritenuto che potesse essere rinnovato il procedimento disciplinare, non emergendo fatti e circostanze che consentissero di rilevare valide ed esplicite responsabilità dell’interessato – d.m. 28 novembre 1986 n. 333/D/4038 citato dall’originario ricorrente e i cui contenuti non sono stati, nel corso del giudizio, contestati dalle Amministrazioni odierne appellanti); dall’altro lato, in quanto non risultano successivamente effettuati nuovi accertamenti sanitari, pur auspicati dall’istruttore, atti a comprovare che l’interessato fosse dedito all’uso di sostanze stupefacenti; infine, in quanto l’asserito uso di metadone (che confermerebbe il pregresso uso di sostanze stupefacenti da parte dell’interessato) è stato affermato da un non meglio identificato informatore, ma non risulta essere stato altrimenti confermato o corroborato da sufficienti elementi o anche semplici indizi di prova;

      - che per ciò che attiene alle affermazioni della persona che si trovava in macchina con l’interessato nel momento in cui una pattuglia dei Carabinieri lo ha fermato per essere l’incolpato passato con il semaforo rosso, la stessa ha reso testimonianza spontanea per rogatoria innanzi agli uffici della Questura di Cagliari, ma ciò è avvenuto senza alcuna garanzia di contraddittorio; non risulta, inoltre, che siano stati fatti riscontri oggettivi in merito alla fondatezza delle dichiarazioni così rese; queste, inoltre, evidenzierebbero solo che i due si conoscevano da alcuni anni, ma non che vi fosse una frequentazione costante; al contrario, l’incontro di cui si tratta è confermato essere stato solo occasionale, i due non vedendosi da tempo in considerazione del fatto che il ...omissismsmvld.... prestava servizio a Bari; inoltre, è stata accordata piena e incontestata validità ad affermazioni rese - a nove mesi di distanza dai fatti - da un soggetto direttamente coinvolto nella vicenda ed avente significativi precedenti relativi a tossicodipendenza e reati contro il patrimonio (sicché, a maggior ragione, le dichiarazioni rese avrebbero dovuto costituire oggetto di scrupoloso controllo); infine, è vero che la dichiarante ha puntualizzato i fatti avvenuti nove mesi prima, ma la precisione di tali dichiarazioni postume non sembra pienamente conciliarsi con le affermazioni contenute nella relazione dei Carabinieri, stesa all’epoca dei fatti, secondo cui la dichiarante stessa avrebbe versato, al momento, in stato palesemente confusionale.

     In definitiva, tutta l’incolpazione poggia su presupposti logico-giuridici e fattuali privi di sufficiente consistenza, sicché appare priva di valido supporto l’affermazione, contenuta nell’atto impugnato e costituente presupposto essenziale dello stesso, secondo cui l’incolpato “frequentava assiduamente persone pregiudicate o dedite ad attività immorale o contro il buon costume, senza necessità di servizio”.

     A ciò si aggiunga che l’asserito pubblico scandalo che discenderebbe da tali assidue frequentazioni è solo affermato, ma in alcuna misura comprovato; ciò tanto più ove si consideri che le frequentazioni stesse non sono state, a loro volta, sufficientemente provate, essendo emerso solo l’incontro occasionale tra l’incolpato e la dichiarante.

     6) – Per tali motivi l’appello in epigrafe appare infondato e, per l’effetto, deve essere respinto, mentre va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse l’appello incidentale condizionato svolto dall’appellato.

     Le spese del grado possono essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l’appello principale in epigrafe; dichiara improcedibile l’appello incidentale.

     Spese del grado compensate.

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 17 aprile 2007 con l’intervento dei sigg.ri:

GIOVANNI  RUOPPOLO –        Presidente

CARMINE    VOLPE –                Consigliere

PAOLO   BUONVINO  –             Consigliere est.

LANFRANCO BALUCANI -       Consigliere

DOMENICO  CAFINI –                Consigliere

Presidente

GIOVANNI RUOPPOLO

Consigliere       Segretario

PAOLO BUONVINO     GIOVANNI CECI 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA 
 

il...27/07/2007

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

MARIA RITA OLIVA 
 
 
 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 
 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa  
 

al Ministero.............................................................................................. 
 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 
 

                                    Il Direttore della Segreteria

 
 

N.R.G. 10862/2003


 

FF