REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.4455/2007

Reg.Dec.

N. 11974 Reg.Ric.

ANNO   2001

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello proposto dal Ministero dell’ Interno – Dipartimento della PS –Capo della Polizia- Consiglio Provinciale di Disciplina presso la Questura di Vicenza –Questore di Vicenza in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’ Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio per legge presso la sede della stessa in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

...omissismsmvld.... ...omissismsmvld...., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli avv.ti Paolo Francesco Brunello e Maria Paola Giorgi, con domicilio eletto presso la seconda in Roma, via delle Grazie n. 3;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sez. I^, n. 1756/00 del 20.10.2000;

     Visto il ricorso con i relativi allegati;

     Visto l'atto di costituzione in giudizio di ...omissismsmvld.... ...omissismsmvld....;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Nominato relatore per la pubblica udienza del 15 maggio 2007 il Consigliere Polito Bruno Rosario;

     Udito l’ Avvocato dello Stato Russo;

     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

     1). Con decreto in data 06.03.2000 il Capo della Polizia, in esito a procedimento disciplinare instaurato nei confronti dell’ Ispettore Capo r.e. ...omissismsmvld.... ...omissismsmvld.... a seguito di condanna con sentenza definitiva per il reato di cui all’art. 318, primo comma, c.p. (sentenza della Corte di Cassazione del 24.10.1997) infliggeva la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio ai sensi dell’art. 7, n. 1, del d.P.R. n. 737/1981 per aver compiuto “atti che rivelano la mancanza del senso dell’onore e del senso morale, arrecando grave pregiudizio all’ amministrazione della pubblica sicurezza” e per i quali è intervenuta condanna in sede penale.

     Contro detto provvedimento l’ ...omissismsmvld.... proponeva ricorso avanti al T.A.R. per il Veneto deducendo motivi di violazione di legge e di eccesso di potere in diversi profili.

     Il T.A.R. adito, con la sentenza semplificata di estremi indicati in epigrafe, accoglieva il ricorso riconoscendo la fondatezza dell’assorbente motivo di “violazione dei termini previsti dall’ordinamento (90 giorni ex art. 9, comma secondo, della legge n. 19/1990) per la conclusione del procedimento disciplinare a seguito di condanna penale, che sono ampiamente decorsi nella presente fattispecie”.

     Avverso detta decisione il Ministero dell’ Interno ha proposto atto di appello per i seguenti motivi:

     - vizio di ultrapetizione non essendo stato dedotta nel ricorso avanti al T.A.R. la violazione dell’art. art. 9, comma secondo, della legge n. 19/1990;

     - che non risulta violato l’art. 120 del d.P.R. n. 3/1957 sugli effetti estintivi del procedimento disciplinare per inerzia protrattasi oltre 90 giorni;

     - che risultano in ogni caso osservati i termini di legge per l’inizio e la conclusione del procedimento disciplinare.

     Il sig. ...omissismsmvld.... si è costituito in giudizio ed ha eccepito, in via preliminare, la nullità della notifica dell’ atto di appello perché effettuata in luogo diverso dal domicilio eletto nel ricorso introduttivo del giudizio, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza appellata, e nel merito ha contrastato i motivi dedotti dal Ministero dell’ Interno ed insistito per la conferma della decisione gravata.

     All’udienza del 30 marzo 2007 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

     1). Può prescindersi dall’esame dell’eccezione di nullità della notifica del ricorso stante l’infondatezza nel merito dei motivi di appello.

     2). Diversamente da quanto dedotto dal Ministero istante il T.A.R. non è incorso nel vizio di ultrapetizione nel pronunziarsi sul ricorso proposto dal sig. ...omissismsmvld.....

     Con il primo mezzo dell’ atto introduttivo del giudizio l’istante ha invero contestato, ancorché con richiamo alle norme del codice disciplinare del personale della Polizia di Stato, il tardivo inizio del procedimento disciplinare, con effetto di decadenza dal potere di irrogare la sanzione destitutoria, ed in ogni caso la perenzione dello stesso in base alla regola dettata dall’art. 120 del t.u. n. 3/1957, che impone che fra ciascun atto del procedimento non intercorra un termine superiore ai novanta giorni.

     E’ invero pacifico il principio secondo il quale non incorre nel vizio di ultrapetizione la sentenza che utilizzi parametri normativi di riferimento o considerazioni diverse da quelle indicate dal ricorrente, atteso che il motivo di ricorso individua il vizio e gli elementi contenutistici che lo caratterizzano, mentre il giudice – muovendo dal contenuto sostanziale della domanda di annullamento - nella valutazione della fondatezza della censura può assumere parametri diversi da quelli indicati, purché restino fermi l’identificazione e la qualificazione del vizio dedotto (cfr. “ex multis” Cons. St., Sez. VI^, n. 1770 del 27.03.2001).

     Nella specie il T.A.R., si è limitato a procedere all’esatta individuazione del quadro normativo di riferimento, restando aderente al contenuto della domanda diretta a contestare l’inosservanza di termini che condizionano con effetto di decadenza l’esercizio della potestà di irrogare sanzioni disciplinari.

     3). Ciò posto, nei casi di procedimento disciplinare che segua a fatti per i quali è intervenuta condanna in sede penale, anche nei confronti del personale appartenente ai ruoli della Polizia di Stato trova applicazione l’art. 9 della legge 07.02.1990, sui termini per l’inizio e la conclusione dell’ azione disciplinare ( cfr. C.d.S., A.P., n. 10 del 27.06.2006; Sez. IV^, n. 1298 del 7 ottobre 1998; n. 785 del 9 agosto 1997).

     Nella specie l’ Amministrazione dà atto di aver acquisito conoscenza della sentenza penale di condanna per il reato di cui all’art. 318, primo comma, c.p. l’ 8.06.1998.

     In data 29.07.1998 è stato nominato il funzionario istruttore e l’ atto di contestazione degli addebiti per l’infrazione disciplinare di cui agli artt. 5, n. 4, e 7, n. 1, del d.P.R. n. 737/1981 è stata notificata all’ inquisito il 20.08.1998. L’ inizio dell’ azione disciplinare è pertanto, avvenuto in osservanza del termine di 180 dalla data di conoscenza della sentenza irrevocabile di condanna stabilito dall’art. 9, comma secondo, della legge n. 19/1990.

     In prosieguo il Capo della Polizia con decreto del 26.05.1999, sul riscontro di vizio ritenuto inficiante gli atti del procedimento, ne disponeva l’ annullamento a partire dall’atto di contestazione degli addebiti.

     La contestazione di addebiti – che nel momento in cui è notificata all’ inquisito segna l’inizio del procedimento disciplinare, non rilevando a tal fine le attività di istruttoria interna in precedenza eventualmente compiute dall’ Amministrazione - era, quindi, notificata “ex novo” all’ ...omissismsmvld.... il 14.07.1999.

     La riedizione del procedimento disciplinare, il cui atto iniziale si identifica nella contestazione di illecito determinato, ha però avuto luogo quando era ormai decorso il termine di 180 stabilito dall’ art. 9, secondo comma, della legge n. 19/1990 per il suo inizio, nonché quello complessivo di 270 giorni per la sua conclusione a partire dalla data di conoscenza da parte dell’ Amministrazione della sentenza penale di condanna (08.06.1998).

     Sotto ulteriore profilo, in sede di ricorso avanti al T.A.R., il sig. ...omissismsmvld.... ha altresì correttamente invocato l’effetto di estinzione del procedimento disciplinare in base all’art. 120 del t.u. n. 3/1957.

     Ed invero, anche ad accedere alla tesi dell’ Amministrazione appellante secondo la quale dopo il provvedimento di autotutela del Capo della Polizia è rimasto in vita l’atto di nomina del funzionario istruttore a suo tempo adottato il 29.07.1998, una volta eliminati dal mondo giuridico con effetto “ex tunc” gli atti di procedura in precedenza adottati, il nuovo atto dell’azione disciplinare è intervenuto quanto rispetto al precedente era abbondantemente trascorso il termine di 90 giorni stabilito dall’art. 120 del t.u. n. 3/1957.

     L’appello va, quindi, respinto.

     Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio fra le parti.

P.Q.M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l’appello in epigrafe.

     Spese compensate.

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma, dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez. VI - nella Camera di Consiglio del 15 maggio 2007, con l'intervento dei Signori:

Claudio Varrone,   Presidente

Paolo Buonvino   Consigliere

Domenico Cafini   Consigliere

Francesco Caringella   Consigliere

Bruno Rosario Polito   Consigliere relatore ed estensore 
 
 

Presidente

CLAUDIO VARRONE

Consigliere       Segretario

BRUNO ROSARIO POLITO    GLAUCO SIMONINI 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA 
 

il...14/08/2007

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Per il Direttore della Sezione (Dott.ssa Maria Rita Oliva)

GLAUCO SIMONINI 
 
 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 
 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa  
 

al Ministero.............................................................................................. 
 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 
 

                                    Il Direttore della Segreteria

 
 

N.R.G. 11974/2001


 

FF