REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N. 4499/06

Reg.Dec.

N. 5729  Reg.Ric.

ANNO  2001

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 5729 del 2001, proposto da ...OMISSIS... ...OMISSIS..., rappresentato e difeso dall’avv. Bruno Aguglia, elettivamente domiciliato presso lo studio del medesimo in Roma, Via Cicerone n. 44;

contro

il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è per legge domiciliato, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez. I ter, n. 3565 del 3 maggio 2000.

     Visto il ricorso con i relativi allegati;

     Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello Stato;

     Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Relatore alla pubblica udienza del 28 aprile 2006 il Cons. Giuseppe Minicone;

     Uditi l’avv. Aguglia e l’avv. dello Stato Guida;

     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

     Con ricorso notificato il 5 luglio 1994, il sig. ...OMISSIS... ...OMISSIS..., agente della Polizia di Stato, impugnava, innanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, il decreto ministeriale n. 333-D/29710 dell’8 marzo 1994, con il quale era stata confermata la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per la durata di mesi due, inflittagli dal Capo della Polizia con decreto del 12 marzo 1993, per l’avvenuto accertamento, in occasione di un concorso pubblico ad allievo commissario in prova, della presenza, in un campione di urina, di metaboliti dei preparati di cannabis.

     Di tale sanzione chiedeva l’annullamento, deducendo:

     - eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione nonché per sviamento, per essere il procedimento disciplinare da porre in relazione con un precedente episodio analogo, dal quale era stato prosciolto, nel quale era stato coinvolto lo stesso medico legale esecutore delle analisi: in entrambi i casi, del resto, l’accertamento svolto privatamente non aveva confermato le risultanze del giudizio di detto sanitario;

     - violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del DPR n. 737 del 1981, giacché l’accertamento della positività non sarebbe avvenuto attraverso un referto medico legale, tale non potendosi considerare né la dichiarazione dell’analista né la certificazione rilasciata, dopo due mesi, dall’Istituto di Medicina legale dell’Università di Roma “La Sapienza”;

     - violazione dell’art. 19 del DPR n. 737 del 1981, per essere mancata un’adeguata istruttoria, come dimostrato dalla diversità di valori riscontrati dall’analista e dall’Istituto Universitario e dalla valutazione di dipendenza della positività dall’uso di marijuana e hashish, effettuata solo dal funzionario istruttore.

     Il giudice adito, con la sentenza in epigrafe, ha respinto il ricorso, in quanto infondato in tutti i suoi motivi.

     Avverso detta decisione ha proposto appello l’interessato, reiterando i motivi di doglianza già svolti in primo grado, apoditticamente disattesi, a suo avviso, dal T.A.R..

     Si è costituito il Ministero dell’Interno, chiedendo il rigetto dell’appello.

     Con memoria, l’interessato ha riepilogato e ribadito le proprie ragioni di doglianza.

     Alla pubblica udienza del 28 aprile 2006 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

     1. Il sig. ...OMISSIS... ...OMISSIS..., agente della Polizia di Stato, appella la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio ha respinto il suo ricorso avverso il decreto ministeriale n. 333-D/29710 dell’8 marzo 1994, con il quale è stata confermata la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per la durata di mesi due, inflittagli dal Capo della Polizia con decreto del 12 marzo 1993, per l’avvenuto accertamento, in occasione di un concorso pubblico ad allievo commissario in prova, della presenza, in un campione di urina, di metaboliti dei preparati di cannabis.

     2. Con il primo motivo di gravame, l’appellante si duole del mancato accoglimento, da parte del T.A.R., della sua tesi, secondo la quale l’accertamento di positività all’assunzione della canapa indiana sarebbe stato frutto di sviamento di potere, dovuto ad un presunto “complotto” ai suoi danni, iniziato già con l’instaurazione di un precedente procedimento disciplinare per analoga positività riscontrata alcuni anni prima, conclusosi, poi, con il suo proscioglimento da ogni addebito.

     Tale “complotto” sarebbe ascrivibile ad una relazione sentimentale che sarebbe risultata sgradita a persone influenti.

     2.1. L’assunto non può essere condiviso, non essendo sostenuto da alcun elemento concreto atto, nonché a comprovarlo, anche soltanto ad offrire elementi indiziari di verosimiglianza.

     Ed invero, né in primo grado (come ha già rilevato il T.A.R.) né in questa sede di appello, l’istante ha potuto o voluto indicare quali soggetti operanti all’interno dell’Amministrazione nutrissero avversione nei suoi confronti e, soprattutto, fossero potuti intervenire nel procedimento di analisi risultato sfavorevole per l’uso della droga.

     La circostanza che il medico analista sia lo stesso che aveva effettuato il precedente accertamento non è certo circostanza idonea a fondare l’accusa, a lui mossa dal ricorrente, di preordinata alterazione dei campioni di urina sia perché l’identità di persona appare giustificata funzionalmente dal rivestire la stessa la posizione di Dirigente Superiore Medico presso l’Ufficio del Ministero dell’Interno competente ad eseguire lo specifico accertamento, sia perché non viene indicata alcuna relazione (soggettiva o oggettiva) tra tale funzionario ed i protagonisti dell’episodio sentimentale cui l’istante fa cenno, tale da far supporre un sentimento di rancore di questo nei suoi confronti, sia perché, infine, neppure nel precedente procedimento risulta comprovata alcuna accusa concreta a carico dello stesso.

     Neppure, d’altra parte, vengono addotti altri episodi verificatisi durante il servizio, che possano accreditare l’ipotesi di una prava volontà di soggetti influenti di colpire le aspirazioni di carriera dell’appellante, risolvendosi, quindi, l’assunto del “complotto”, in mere illazioni, come tali non apprezzabili in questa sede giurisdizionale.

     3. Ugualmente indimostrata è l’accusa di assenza di garanzie circa la provenienza del campione di urina inviato all’Istituto di Medicina Legale.

     La circostanza, invero, è stata oggetto si specifica indagine da parte del funzionario istruttore, il quale ha evidenziato l’osservanza di procedure rigorose in sede di prelievo e l’affidabilità dell’intero procedimento.

     3.1. E ancora una volta, a fronte di tali conclusioni, l’istante oppone illazioni e sospetti non aventi sufficiente spessore giuridico.

     Da un lato, infatti, lo scostamento di valori tra le analisi effettuate dal Ministero e dall’Istituto di Medicina legale dell’Università di Roma appare scarsamente significativo, superando entrambi, di gran lunga la soglia minima di positività; dall’altro, non può costituire fattore idoneo a smentire i risultati ufficiali l’assenza di positività attestata dall’analisi effettuata presso un laboratorio privato, attesa la mancata dimostrazione, con la necessaria certezza giuridica, della provenienza del campione esaminato da quest’ultimo.

     3.2. Né, d’altra parte, l’interessato ha ritenuto di avvalersi della facoltà a lui spettante di chiedere la revisione delle analisi con la partecipazione di un consulente di fiducia.

     Adduce l’istante che tale revisione non avrebbe garantito una maggiore obiettività, attesa la possibilità di alterazione del campione da parte di chi aveva effettuato il prelievo; ma, anche tale argomento non fa che riproporre sospetti privi di qualunque apprezzabile fondamento.

     4. Che, poi, il certificato rilasciato dal titolare della Cattedra di tossicologia forense non abbia il requisito di referto medico legale richiesto dall’art. 6 n. 8 del DPR 737/1981, è affermazione che non può essere condivisa.

     Ed invero, premesso che il concetto di medicina legale non è suscettibile di una definizione univoca, indicando, in generale, il campo della scienza medica volta al raggiungimento di risultati scientifici utilizzabili ai fini dell’applicazione di norme giuridiche, non può non riconoscersi valore e natura di referto medico legale ad un’analisi effettuata presso l’Istituto di Medicina legale di un Organismo universitario, preordinato professionalmente e strutturalmente proprio alle finalità tecnico-scientifiche di cui sopra, da parte di un sanitario specializzato nel campo delle tossicologie.

     5. Da ultimo, l’appellante lamenta genericamente che la sentenza impugnata abbia respinto la censura di incompetenza del funzionario istruttore a stabilire che l’eventuale presenza di metaboliti di cannabis nelle urine era dovuto esclusivamente a fumo e non poteva invece derivare dall’assunzione di qualche medicinale, senza, ancora una volta, offrire argomenti di un qualche spessore medico-giuridico a sostegno della tesi che valori come quelli accertati a sua carico possano essere frutto di circostanze accidentali.

     Ed invero, l’istante si limita a prospettare l’implausibilità della circostanza che egli si fosse presentato agli accertamenti dopo aver fumato hashish o marijuana, affermazione questa non condivisibile, ove solo si consideri la non raggiunta univocità, in sede scientifica, circa i tempi di smaltimento da parte dell’organismo, delle sostanze in questione.

     6. Per tutte le considerazioni svolte, l’appello deve essere respinto.

     Si ravvisano motivi di equità per compensare integralmente le spese del grado di giudizio.

P.Q.M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione VI), definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, come specificato in motivazione, lo respinge.

     Spese compensate.

     Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma, addì 28 aprile 2006, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione VI) in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:

Giorgio GIOVANNINI  Presidente

Luigi MARUOTTI   Consigliere

Giuseppe ROMEO   Consigliere

Giuseppe MINICONE  Consigliere Est.

Rosanna DE NICTOLIS  Consigliere 
 
 

Presidente

f.to Giorgio Giovannini

Consigliere       Segretario

f.to Giuseppe Minicone    f.to Vittorio Zoffoli 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA 
 

il..................13/07/2006...................

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

f.to Maria Rita Oliva 
 
 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 
 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa  
 

al Ministero.............................................................................................. 
 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 
 

                                    Il Direttore della Segreteria

 
 

N.R.G. 5729/2001


 

FF