REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.5053/2005

Reg.Dec.

N.  11148 Reg.Ric.

ANNO   1998

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n 11148 del 1998 proposto da (omissis)  (omissis), rappresentato e difeso dall’avv. Salvatore Albanese ed elettivamente domiciliato in Roma, via Fani n.102, presso lo studio dell’avv. Luigi Arnaboldi;

contro

il  Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è per legge  domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per l'annullamento,

previa sospensione della esecuzione, della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano Sezione I, n. 2062 in data 2 settembre 1998, resa tra le parti;

     visto il ricorso con i relativi allegati;

     visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione appellata;

      visti gli atti tutti della causa;

     alla pubblica udienza del 17 maggio 2005, relatore il Consigliere Domenico Cafini, uditi l’avv. Arnaboldi per delega dell’avv. Albanese e l’avv. dello Stato Varrone;

     ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

     1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per la Lombardia l’agente scelto della Polizia di Stato (omissis) (omissis) chiedeva l’annullamento del decreto in data 9.4.1997 con il quale il Capo della Polizia aveva disposto nei suoi confronti l’irrogazione della sanzione della destituzione, a decorrere dal 14.4.1997, ai sensi dell’art.7, n.6, del D.P.R. 25.10.1981, n.737, su proposta del Consiglio provinciale di disciplina di Como in data 10.2.1997, che lo aveva ritenuto responsabile della mancanza contestatagli “essendo stata evidenziata a suo carico, a seguito di analisi di laboratorio, una positività di metaboliti urinari di cannabinoidi, sostanza di cui alla tabella II dell’art. 12 della legge 22.12.1975 n.685”.

     A sostegno del gravame il medesimo deduceva, con sei motivi di diritto, censure di violazione di legge (in particolare: dell’art.24, comma 6, D.Lgs. n.546/1993 nonché degli artt.20 e 21 D.P.R. n.737/1981) e di eccesso di potere sotto vari profili, concludendo per l’accoglimento del ricorso.

     Nel giudizio si costituiva il Ministero intimato che si opponeva al proposto gravame chiedendone il rigetto.

     2. Con la sentenza indicata in epigrafe il TAR adito respingeva il ricorso ritenendo infondati tutti i motivi in esso formulati.

     3.  Nei riguardi di tale pronuncia il sig. (omissis) (omissis) ha interposto l’attuale appello, deducendo i seguenti mezzi di gravame:

     a) violazione dell’art.38 del D.Lvo n.546/1993;

     b) violazione dell’art.20 del D.P.R. n.737/1981;

     c) violazione degli artt. 20 e 21 stesso D.P.R.;

     d) violazione di legge per mancata declaratoria di inesistenza della violazione addebitata per insussistenza e/o mancanza di prova sul fatto contestato – sull’inutilizzabilità delle analisi dell’11.6.1996.

     e) violazione di legge per mancata declaratoria della nullità della decisione del Capo della Polizia per sproporzione tra il fatto contestato e la sanzione irrogata, errata interpretazione ed applicazione dei presupposti legali; disparità di trattamento rispetto a casi analoghi.

     Nel ricorso l’interessato - dopo aver fatto, tra l’altro, presente (sulla base anche dei prodotti fogli di servizio della Questura di Torino in data 15-26.7.1998) di essere assegnato a quel Reparto Mobile, con adibizione a mansioni di “Responsabile del contingente”, mansioni che presuppongono da parte dell’Amministrazione una “valutazione severa delle capacità e delle condizioni dell’individuo, alle cui dipendenze sono 4 agenti di P.S.” - ha concluso per l’accoglimento dell’appello con conseguente annullamento della sentenza impugnata e, quindi, del provvedimento censurato nel giudizio di primo grado.

     Alla camera di consiglio del 9 aprile 1999 l’istanza di sospensione dell’esecuzione della gravata sentenza è stata accolta da questa Sezione con ordinanza n.738/99

     Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio ed ha depositato documenti, senza produrre, tuttavia, specifica memoria.

     4.. La causa è stata, infine,  spedita in decisione alla pubblica udienza del 17  maggio 2005.

DIRITTO

     1. Il primo mezzo di gravame, con cui l’appellante deduce la violazione dell’art.38 del D.Lgs. n.546/1993, è inammissibile, sia perchè la censura  costituisce un nuovo rilievo non essendo stata proposta nel giudizio di primo grado, sia perchè la disposizione citata – riguardante il limite di durata del procedimento disciplinare - non può essere applicata al caso di specie, nel quale i termini del detto procedimento sono specificamente indicati (per il personale appartenente alla Polizia di Stato) dal D.P.R. 25.10.1981, n.737.

     2. Con il secondo motivo dell’appello il ricorrente riproduce la censura, già dedotta nel giudizio di primo grado, volta a denunciare la violazione dell’art. 20 del D.P.R. n.737/1981 nella parte in cui stabilisce che il Consiglio di disciplina sia convocato entro dieci giorni dalla ricezione del fascicolo inviato dal funzionario istruttore.

     La doglianza è infondata.

     Ritiene il Collegio, infatti, che il termine anzidetto abbia natura ordinatoria, come tutti i termini concernenti adempimenti interni degli uffici nell’ambito del procedimento disciplinare.

     Come già chiarito in proposito dai primi giudici, non può ritenersi, peraltro, che nel caso in esame, a causa del ritardo della convocazione, l’interessato sia stato distolto dal giudice naturale precostituito per legge, cioè il Consiglio di disciplina nella composizione prevista per il 1996, per essere sottoposto allo stesso Consiglio nella composizione per l’anno successivo.

     Infatti, detto organo collegiale non ha natura giurisdizionale e la sua imparzialità risulta garantita, in ogni caso, dal rispetto delle generali disposizioni concernenti l’astensione e la ricusazione dei componenti, senza che al riguardo possa avere  incidenza alcuna la loro rotazione annuale.

     3. Infondato è anche il rilievo successivo (terzo motivo) con cui l’appellante reitera genericamente la violazione dell’art.20 e dell’art.21 del D.P.R. n.737/1981, rilevando che il Consiglio di disciplina, convocato il 27.1.1997, si era riunito per la deliberazione il 10.2.1997, ma “la decisione è stata comunicata al (omissis) ben oltre il termine di 10 gg. ordinato dalla legge”.

     Reputa la Sezione, infatti, che il termine di dieci giorni per la comunicazione del previsto decreto (di cui all’art.21, comma 4, D.P.R. n.737 cit.) corrispondente a quello indicato dall’art.114 del T.U. n.3/1957, abbia certamente carattere ordinatorio e, riguardando adempimenti successivi all’adozione del provvedimento, non può incidere - come correttamente statuito dal TAR - sulla sua legittimità.

     4. Con il quinto motivo dell’appello (che il Collegio ritiene di esaminare con priorità rispetto al quarto) l’istante deduce la violazione di legge per la “mancata declaratoria della nullità della decisione del Capo della Polizia per sproporzione tra il fatto contestato e la sanzione irrogata”, nonché la disparità di trattamento rispetto a casi analoghi.

     Anche tale motivo è destituito di fondamento.

     Al riguardo, non può condividersi l’assunto dell’interessato secondo cui la disposta sanzione della destituzione sarebbe, nella sostanza, eccessiva, tenuto conto della tenuità del fatto e della occasionalità della assunzione dello stupefacente.

     In ordine al giudizio di tenuità, deve osservarsi, invero, che esso è direttamente rapportato alla qualità del destinatario del provvedimento, nel senso che un certo fatto, da ritenersi eventualmente come di lieve entità se commesso da un qualsiasi soggetto, può non esserlo qualora venga commesso invece da un dipendente che ricopra una determinata funzione; come, appunto, nella specie  un agente della Polizia di Stato, il quale, in quanto preposto a tutelare l’ordine pubblico, è tenuto ad osservare comportamenti sempre coerenti con la qualifica posseduta, anche per il pregiudizio che potrebbe derivare inevitabilmente l’Amministrazione di appartenenza nell’ipotesi che venisse meno detta coerenza.

     Non si presenta, quindi, eccessiva la sanzione della destituzione comminata nei confronti di un agente di polizia  se faccia uso di sostanze stupefacenti e che, per ciò stesso,  viene necessariamente a contatto con fornitoti di tale sostanza.

     La valutazione dell’adeguatezza della sanzione rispetto al fatto accertato spetta, in ogni caso, all’Amministrazione della Polizia di Stato, con giudizio insindacabile in sede giurisdizionale salva la manifesta eccessività, che, per quanto avanti esposto, non si evidenzia nell’ipotesi in esame.

     Quanto, poi, alla occasionalità del fatto, il Collegio deve rilevare che l’interessato non era nuovo ad episodi del genere oggetto del provvedimento impugnato in prime cure (in relazione ai quali gli era stata irrogata in precedenza la sanzione della sospensione dal servizio), come emerge dalla documentazione depositata agli atti del giudizio, che  chiaramente smentisce la deduzione circa la occasionalità.

     E ciò costituisce ulteriore elemento per ritenere la insussistenza di una manifesta eccessività della sanzione.

     Reputa, in ogni caso, la Sezione che nella specie l’Amministrazione ha fatto applicazione della norma vincolante di cui all’art. 7, comma 2, n.6 D.P.R. n.737/1981, secondo cui  la destituzione è inflitta “per reiterazione delle infrazioni per le quali è prevista la sospensione del servizio o per persistente riprovevole condotta dopo che siano stati adottati provvedimenti disciplinari”.

     Peraltro l’art.6, comma 3, n.8 del citato D.P.R, prevede, tra le infrazioni per cui può essere comminata la sanzione della sospensione del servizio, l’uso non terapeutico di sostanze stupefacenti e psicotrope risultante dal referto medico legale.

     Nel caso di cui trattasi, quindi, L’Amministrazione, dopo avere constatato la reiterazione dell’infrazione da parte del ricorrente, ha legittimamente irrogato la sanzione prevista dalla legge, come correttamente ritenuto dal Giudice di primo grado

     5. Residua, infine, l’esame della censura proposta con il quarto motivo dell’appello con cui si  deduce la violazione di legge “per la mancata declaratoria della inesistenza della violazione addebitata per insussistenza e/o mancata prova sul fatto contestato- sull’inutilizzabilità delle analisi dell’11.6.1996”.

     La censura deve ritenersi fondata nei sensi di seguito precisati.

     Deve ritenere  il Collegio, infatti, che nella particolare vicenda all’esame  emergono dal procedimento disciplinare seguito circostanze tali da far ritenere che la valutazione dell’Amministrazione, nell’irrogazione dell’impugnata sanzione di destituzione, si sia in effetti basata su elementi istruttori in parte inadeguati e non assolutamente certi e che, quindi, la stessa Amministrazione non abbia nella specie esercitato in modo pienamente corretto il proprio potere.

     Ed invero, nel procedimento de quo risulta  che il provvedimento di destituzione impugnato in prime cure si sia fondato su un fatto (abuso di sostanze cannabinoidi da parte del ricorrente) che in realtà non risulta essere stato accertato con assoluta sicurezza, mancando in proposito prove non del tutto adeguate a dimostrare il predetto avvenuto abuso.

     Dai documenti depositati in giudizio emerge, in particolare:

     - che l’agente scelto (omissis), titolare di patente di guida per conduzione di automezzi dell’Amministrazione, veniva visitato in data 11.6.1996 presso il Centro Psicotecnico della Polizia di Stato per il rinnovo della patente stessa, scaduta di validità;

     - che in tale occasione il medesimo era sottoposto anche ad esame delle urine e una prima determinazione semiquantitativa di laboratorio eseguita su un campione delle stesse avrebbe evidenziato positività ai metaboliti urinari di cannabinoidi;

     - che l’allegato documento relativo all’esame in data 11.6.1996 risulta datato in effetti “23 maggio 1996 4:37” e, comunque, privo di intestazione riferita al ricorrente;

     - che, nel frattempo, un altro campione di urina prelevato, sempre in data 11.6.1996, veniva inviato alla Direzione Centrale Polizia Criminale - Laboratorio della Polizia Scientifica per fare “effettuare indagini strumentali per la conferma di detta positività con apparecchio ADX Abbott” e che il controllo operato in data 21.6.1996 dalla Sezione Chimica del Servizio Polizia Scientifica evidenziava che “dai tracciati allegati, gli accertamenti analitici eseguiti con tecnica GC/MS hanno rilevato la presenza del metabolita della cannabis”;

     - che in data 2.8.1996 il (omissis) era sottoposto ad altri accertamenti presso la C.M.O. dell’Ospedale Militare di Milano, questa volta orientati (diversamente da quelli iniziali) verso il c.d. Drug-test e l’analisi del capello (effettuato dal Centro tossicologico dell’Ospedale Riguarda di Milano), esami che davano risultati negativi; in tale occasione peraltro veniva espresso giudizio di non idoneità al servizio dell’interessato per la durata di 180 giorni;

     - che questi ultimi giudizi venivano confermati dalla Commissione medica di II istanza di Torino, riunitasi il 14.8.1996, che esprimeva un giudizio conforme a quello della C.M.O. di Milano.

     Dalla sequenza dei fatti ora esposti, vengono in evidenza elementi di perplessità nei dati documentali relativi alla visita effettuata dal (omissis) l’11.6.1996, elementi non fugati dall’Amministrazione attraverso una più completa attività istruttoria e, comunque, dalla medesima non chiariti nelle proprie difese in sede giudiziale (peraltro del tutto mancanti nell’attuale fase di appello).

     In relazione a ciò il Collegio ritiene, pertanto, di concordare con la tesi dell’appellante secondo cui l’indagine tecnica svolta in data 11.6.1996 “presta il fianco” ad alcuni gravi dubbi, essendo il referto elettronico datato  “23.5.1996  4:37”, e comunque non intestato al (omissis), ed essendo smentito l’esito della indagine stessa da altre analoghe analisi compiute successivamente dal medesimo presso organi medico-collegiali in diverse sedi ospedaliere, analisi peraltro più appropriate (Drug test e test sul capello) che hanno evidenziato la negatività della ricerca in riferimento al riscontro effettuato nella prima urinocoltura.

     In conclusione, la singolarità della circostanza per cui, a differenza dei successivi esami strumentali, quello dell’11.6.1996 (che aveva inizialmente  evidenziato positività ai metaboliti urinari di cannabinoidi) risulta  datato 23 maggio 1996 ore 4:37 e risulta, altresì, privo di intestazione al nome dell’interessato, consente di ritenere che la prova utilizzata nella specie dall’Amministrazione sia in effetti, come affermato dal ricorrente, “labile ed incerta”, tale comunque da non potere fondare il netto giudizio, posto alla base della impugnata destituzione disposta dal Capo della Polizia e dal TAR ritenuta legittima.

     Sotto tale profilo deve essere, pertanto, accolta la specifica censura proposta dall’appellante nel quarto motivo ora esaminato.

     6. Ne consegue che l’odierno ricorso in appello  deve essere accolto nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, salvi, in ogni caso, restando gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

     Sussistono giusti motivi per compensare le spese processuali inerenti i due gradi di giudizio tra le parti in causa.

P.Q.M.

     il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, il ricorso in appello in epigrafe indicato e, per l’effetto, riforma la sentenza gravata, con conseguente accoglimento del ricorso di primo grado ed annullamento del provvedimento con esso impugnato, salvi restando gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

     Compensa le spese dei due gradi di giudizio.

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

     Così deciso in Roma, il 17 maggio 2005 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

Giorgio GIOVANNINI    Presidente

(omissis) ROMEO     Consigliere

Luciano BARRA CARACCIOLO                            Consigliere

(omissis) MINICONE                                               Consigliere

Domenico CAFINI                Consigliere Est.                                            
 

Presidente

GIORGIO GIOVANNINI

Consigliere       Segretario

DOMENICO CAFINI     VITTORIO ZOFFOLI 
 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA 
 

il.27/09/2005

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186) 
 

Il Direttore della Sezione

MARIA RITA OLIVA 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 
 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa  
 

al Ministero.............................................................................................. 
 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 
 

                                    Il Direttore della Segreteria

 
 

N.R.G. 11148/1998


 

FF